IL NOME DI DIO NEL NUOVO TESTAMENTO .- Perchè è scomparso dai testi greci nel I e II sec.?
Autore: | DIDIER FONTAINE |
Formato: | 17 X 24 |
Pagine: | 345 |
Anno: | 2010 |
Editore: | AZZURRA7 EDITRICE |
L'Autore Didier Fontaine è diplomato in Lettere Classiche all'Università Jean Monnet di Saint-Étienne e in Lingue Bibliche della Facoltà teologica di Tolosa.
Per coloro che sostengono questa propaganda simile a rane "i loro nomi non sono stati scritti nel rotolo della vita [eterna, oggi disponibile sulla terra] dalla fondazione del mondo" dicono YHWH e Gesù Cristo! (Apoc. 17:8)
IL NOME DI DIO NEL NUOVO TESTAMENTO + 2 DVD con 1050 immagini sul Nome su tutta la Terra
RETROCOPERTINA LIBRO
Il nome di Dio non finisce mai di suscitare delle reazioni, positive o negative. Per esempio, alla fine del mese di agosto del 2008 il Vaticano ha raccomandato al suo gregge di non far più uso del vocabolo Yahvé nei canti liturgici, ma di conformarsi alla tradizione “storica” dei Giudei e dei Cristiani di non pronunciare il nome divino ad alta voce. Numerosi canti dovranno così essere modificati per cancellare ogni menzione del Nome (Yahvé o Geova).
Questa notizia illustra molto efficacemente l'avversione che la cristianità manifesta nei confronti del nome di Dio, un'avversione che non è recente ma che percorre tutta la sua storia, fin dai primi secoli. Tale avversione, come dimostra Didier Fontaine in questo saggio, porterà i copisti cristiani perfino ad emendare il testo del Nuovo Testamento e della Settanta, sostituendo il nome divino, che vi compariva in caratteri ebraici, con Kyrios, un termine greco più universale e quindi più gradito ai cristiani d'origine pagana rispetto a Geova, un nome considerato barbarico e che identificava il Dio cristiano con quello dei disprezzati giudei.
Al contrario, le Sacre Scritture non contengono nessuna ambiguità nei confronti del Nome.
Esse insistono con l'importanza di invocare il nome di Dio, di lodarlo, di rifugiarvisi in tempo di sconforto. Contrariamente alle affermazioni del Magistero, né gli Israeliti, né i cristiani si sono astenuti dell'usare il Nome.
Gérard Gertoux lo ha dimostrato molto bene in un volume pubblicato da queste stesse edizioni, “Storia del Nome di Dio”. In effetti, è solo a partire dal momento in cui il culto cristiano si è progressivamente corrotto che la riluttanza ad usare il nome divino si è fatta via via sempre più forte, fino al punto che, scomparso dalle traduzioni, l'Occidente lo ha completamente dimenticato.
Per comprendere in quali circostanze storiche e culturali il cristianesimo si è allontanato dalle sue origini ed ha cessato di far menzione del Nome, il presente studio si concentra sul periodo apostolico e post-apostolico.
Quale era l'eredità culturale dei primi cristiani? Conoscevano il Nome? Lo usavano? Come sono arrivati a non pronunciare più il nome divino e addirittura ad eliminarlo dai loro scritti, al punto che oggi non vi si trova più?
Il DVD allegato invece, contiene circa 900 im- magini del nome sparse in tutta la terra, e dimostrano ai nemici denigratori di Yahvé o Geova, che il nome era conosciuto e usato nei secoli passati!
Questo studio, che concilia il rigore scientifico con l'accessibilità di lettura, permetterà di sensibilizzare il pubblico italiano al problema della presenza originale del nome divino nel Nuovo Testamento e darà un senso alla dichiarazione di Gesù: “Sia santificato il tuo nome”.
PREFAZIONE di GÈRARD GERTOUX
Il nome di Dio è un oggetto di studio affascinante. Elemento centrale della maggior parte delle religioni dato che i cristiani iniziano la loro preghiera del Padre Nostro con “Sia santificato il tuo nome” e le sure del Corano iniziano con “nel nome di Dio”, il nome di Dio è allo stesso tempo completamente ignorato, al punto che il credente è incoraggiato a rendere un culto ad un Dio anonimo, il dio sconosciuto dei greci. Per uno strano paradosso il nome di Dio, essendo onnipresente, passa inosservato. Le religioni moderne hanno adottato il principio centrale dei culti misterici, prodotto di circoli gnostici e cabalistici, il nome di Dio è il Nome. D’altronde gli ebrei moderni chiamano D-io: Hashem “Il Nome”, nella stessa maniera con cui gli egiziani del passato chiamavano il loro dio supremo: Amon “il [nome] nascosto”.
E’ tuttavia facile verificare che il nome divino appare circa 7000 volte nella Bibbia ebraica nella forma del tetragramma YHWH, il famoso nome di quattro lettere, secondo Giuseppe Flavio composto, in effetti, da quattro vocali. Il testo biblico, Romani 10:13 che cita Gioele 2:32, insiste sull’invocare il nome di Dio per avere la salvezza.
Didier Fontaine ha condotto un’inchiesta appassionante per comprendere come mai questo nome, così sacro, ha cessato di essere pronunciato durante il periodo che va dal 35 al 135 della nostra era. Il processo di Gesù costituisce uno degli elementi determinanti per comprendere quest’enigma. In effetti, i capi religiosi giudei non volevano essere degli assassini, dunque hanno voluto condannare legalmente questo compatriota che consideravano come un impostore. Il principale capo d’accusa utilizzato, prima di appigliarsi al crimine di lesa maestà della legislazione romana, fu il crimine di bestemmia. La bestemmia era un crimine codificato, infatti Levitico 24:16 prevedeva la lapidazione per chiunque pronunciava il nome di Dio in maniera ingiuriosa. D’altronde nel primo secolo qualche giudeo-cristiano, come Stefano, fu lapidato per questo motivo.
Didier Fontaine, ricercatore appassionato, è riuscito a rendere semplice un argomento diventato complesso.
PREFAZIONE all'EDIZIONE ITALIANA
Il nome di Dio non finisce di suscitare reazioni, positive o meno. Alla fine di agosto del 2008 il Vaticano ha raccomandato al suo gregge di non far più uso del vocabolo Yahvé nei canti liturgici, ma di conformarsi alla tradizione “storica” dei Giudei e dei Cristiani di non pronunciare il nome divino ad alta voce. Numerosi canti dovranno così essere modificati per cancellare ogni menzione del Nome (Yahvé o Geova). Questo illustra senza ambiguità l’attitudine della cristianità davanti al nome di Dio: nessun attaccamento. Essa non l’ha mai amato.
Le Sacre Scritture non hanno alcuna ambiguità. Insistono con l’importanza di invocare il Nome (Sofonia 3:9), di lodarlo (Salmo 113:1, 135:1), di rifugiarvisi in tempo di sconforto (Salmo 116:4, Proverbi 18:10). Contrariamente alle affermazioni del Magistero, né gli Israeliti, né i cristiani si sono astenuti di far uso del Nome. In un volume già apparso in questa collana, Storia del Nome di Dio, Gérard Gertoux l’ha dimostrato molto bene. In effetti, è solo a partire dal momento in cui il culto si è corrotto che una reticenza via via sempre più grande rispetto al Nome si è fatta sentire.
Per comprendere in quali circostanze il cristianesimo si è allontanato dalle sue origini ed ha cessato di far menzione del Nome, il presente studio si concentra sul periodo apostolico. Quale eredità culturale e cultuale possedevano i primi cristiani? Conoscevano il Nome? Come sono arrivati a non pronunciare più il nome divino? A non impiegarlo del tutto?
Il nome divino nel Nuovo Testamento è sicuramente un argomento polemico. Infiamma ed alimenta le controversie perché il suo epilogo spiega come Gesù è stato identificato con Dio. Ora, compromettendo un pilastro della fede cristiana”, suscita le più vivaci reazioni.
La presente edizione, che appare oltre un anno dopo quella francese, ha beneficiato di numerosi arricchimenti. Alcune parti sono state rivedute, riscritte o rese più chiare. L’apparato di note è stato verificato e completato con l’apporto degli studi più recenti. Il terzo capitolo è stato ampliato con un’importante esposizione sulla distinzione tra kyrios (Signore) e ho kyrios (il Signore) nella Settanta. Quest’utilizzo è messo in evidenza anche nei Padri apostolici. L’appendice è stata considerevolmente arricchita per servire come punto di partenza al lettore desideroso di seguire le ricerche: in effetti, gli oltre duecentotrenta versetti biblici dove il nome divino forse era presente in origine sono stati analizzati sotto un duplice aspetto: l’impiego o meno dell’articolo davanti al termine kyrios (un indice relativamente affidabile verso il tetragramma originale), e le varianti testuali concernenti l’uso dell’articolo, o dei termini kyrios, christos, theos, tutte molto significative in quanto alle esitazioni cristologiche caratteristiche del periodo di transizione tra il giudeo-cristianesimo e il pagano-cristianesimo. Più critica, l’appendice è stata riscritta in maniera di non escludere una rilettura dell’Antico Testamento in certe occasioni, e menziona i versetti dove, escludendo la menzione kyrios e il principio kyrios = tetragramma, il nome divino non è stato restaurato nelle versioni che ripristinano il Nome.
Spero che questo studio permetterà di sensibilizzare il pubblico italiano al problema della presenza originale del nome divino nel Nuovo Testamento. Approfitto dell’occasione per ringraziare calorosamente l’editore italiano di avermi concesso una tale opportunità, ed a Sara e Stefano Pizzorni di avervi lavorato diligentemente. Ci tengo ad esprimere loro la mia calorosa riconoscenza, non solo per il loro contributo, ma anche e soprattutto per le qualità cristiane che hanno manifestato a mia moglie e a me.
Il presente studio possa glorificare il Nome, e incitare sempre più persone a seguire i passi del Signore Gesù Cristo.
Didier Fontaine, Settembre 2008
INTRODUZIONE
Il lettore della Bibbia talvolta è confuso da una constatazione imbarazzante: il Vecchio Testamento è molto differente dal Nuovo. Il primo racconta delle tumultuose relazioni tra YHWH e un popolo che egli ha eletto a discapito di tutti gli altri, popolo “dal collo duro”, le cui peregrinazioni caotiche non sono certo un motivo di vanto. E’ il racconto di spietate guerre incessanti, di conquiste, di stermini. Le bassezze dei re si susseguono alla narrazione dei massacri. Alla fin fine questa nazione, tranne che per la rivelazione del Dio Uno e l’alleanza che ha contratto con Lui, fa una ben misera figura. In seguito si stabilisce una nuova alleanza, il cui “resoconto” costituisce un Nuovo Testamento. Il Dio che vi è rappresentato non ha nome. Lo si chiama con il titolo di “Signore”. E’ un Padre benigno e pieno d’amore che ci rivela il Cristo. Ben differente, in apparenza, dalla divinità nazionale della Prima Alleanza, questo “Dio buono” dando la sua grazia a tutta l’umanità, è universale.
Nel secondo secolo della nostra era la constatazione di questa separazione era già fonte di confusione e di conflitti, come ne testimonia la celebre eresia di Marcione, secondo cui il Dio dell’Antico Testamento, divinità malvagia e inferiore, non poteva in nessun caso essere quello del Nuovo. Per gli ebrei d’oggi, la Bibbia è formata dalla Torah, dagli Scritti e dai Profeti: non ci sono dunque due divinità differenti, ma solo il Dio Uno, YHWH, dal nome impronunciabile. Per quanto riguarda i cristiani per molto tempo si sono adattati al Vecchio Testamento – con fatica, bisogna dirlo – leggendo solamente dei pezzi scelti, e utilizzando ogni sorta di messali che non contenevano che il Nuovo Testamento e i Salmi. Ai nostri giorni, se la lettura liturgica o quella personale ha compiuto un’evoluzione nel senso di un approccio più completo alle Scritture, questa sfocia invariabilmente in un latente imbarazzo.
Ciò nonostante si potrebbero superare questa difficoltà, perché la storia mostra che giudaismo e cristianesimo sono madre e figlia. Il loro legame è viscerale. Come dunque, in questa epoca di intolleranza e fanatismo, spiegare queste disparità? L’esistenza di una Bibbia ebraica, e di una Bibbia cristiana? Le differenze tra YHWH e “il Padre”?
Lo scopo di quest’opera è di mettere in risalto una delle spiegazioni della rottura tra giudei e cristiani. Una spiegazione fra le altre, certo, ma che a nostro avviso è così importante che da essa ne derivano tutte le altre. Si tratta della questione del nome divino e del suo trattamento nella Bibbia, in particolare nel Nuovo Testamento. Sovrabbondante nei testi dell’Antico Testamento – vi compare circa 7000 volte – scompare del tutto nel Nuovo Testamento (almeno dai manoscritti che ci sono pervenuti): Dio è designato dai sostantivi “Dio”, “Padre” o “Signore”. Il nome divino nella Bibbia ha sempre suscitato delle reazioni diverse e questo è molto indicativo. E’ incontestabile che questo nome appaia nel Vecchio Testamento: lo s’incontra, più che ogni altro nome, sotto le quattro lettere YHWH, in ebraico hvhy. Una superstizione giudaica (diventata tradizione) ha diffuso l’idea che questo Nome era “troppo sacro per essere pronunciato”, così come la vocalizzazione di questo Nome, da molto tempo, pone un problema e contribuisce alla ricerca di sostituti: Eterno, Signore, YHWH o YHWH-Adonai compaiono spesso al posto del glorioso nome divino.
Nel Nuovo Testamento, dunque, Dio viene chiamato frequentemente (Kyrios), Signore. Perché non lo si chiama più con il suo nome hvhy ? Il Nome è imbarazzante o è lo spirito di un universalismo sincretico che lo suggerisce? E’ tanto più curioso che nella Bibbia, Dio afferma che il suo Nome deve durare di generazione in generazione, conservarsi all’infinito, essere proclamato fra tutte le nazioni. Se dunque il Dio degli Ebrei voleva che il suo nome fosse conosciuto in tutta la terra, perché non ha fatto in modo che esso fosse preservato, e questo a partire dalla sua vocalizzazione? Si potrebbe logicamente pensare che se questa vocalizzazione si è persa, semplicemente non è importante. E’ dunque opportuno oggi usare un nome ricostruito, e restituito almeno nel Vecchio Testamento dove esso compare incontestabilmente? Ecco le due domande che saranno alla base della nostra analisi.
Tuttavia noi concentreremo la nostra attenzione su un problema più delicato, che è quello del nome divino nelle Scritture greche cristiane, in risposta all’opera di Lynn Lundquist, The Tetragrammaton and the Christian Greek Scriptures.1 Come abbiamo accennato precedentemente, in effetti, nessun manoscritto del Nuovo Testamento riporta il tetragramma, nome proprio per eccellenza del Dio d’Israele. Tra rottura e continuità gli scritti neotestamentari lasciano dunque un sensazione strana per quel che riguarda la loro eredità: il nome sacro di Dio non è ripreso che sotto la forma ellenizzata di un titolo assai comune all’epoca, (Kyrios). Ora, il problema sorge dalla confusione nell’impiego di questo titolo. (Kyrios) può infatti indicare tanto YHWH che Gesù Cristo. Questo ha inevitabilmente generato una notevole confusione sull’identità di Gesù, che è stato assimilato, attraverso questo titolo comune di Signore, a Dio stesso… A nostro avviso questa confusione sull’identità di Cristo è direttamente legata alla presenza originale del tetragramma nel Nuovo Testamento.
Qui sosterremo la tesi che Gesù ed i suoi discepoli conoscevano ed impiegavano il Nome, e che gli scritti dei primi cristiani2 contenevano il tetragramma in caratteri ebraici. Fu soprattutto il diffondersi del messaggio evangelico alla Gentilità ellenistica che causò la perdita d’interesse per il Nome e, pertanto, la sua scomparsa totale nella trasmissione dei testi. Vedremo che questa “scomparsa” è nel caso specifico un termine ingannevole.
Il problema del nome divino nel Nuovo Testamento ha un insospettabile potenziale polemico. Ne saremo coscienti nel corso di tutta la nostra ricerca, non dimenticando mai che in un certo senso tocca l’essenza stessa del cristianesimo. Per di più questo soggetto necessita di conoscenze specifiche che sono spesso assenti o, comunque, confuse agli occhi del non specialista. Ora quello che è confuso finisce per diventare una mezza verità. Sarà dunque giudizioso soffermarci innanzi tutto sulle seguenti questioni:
- Innanzitutto accenneremo all’impiego del nome divino nei tempi biblici e al problema della sua vocalizzazione (nei capitoli 1 e 2), soggetti che non interessano direttamente la nostra problematica, ma che permettono che la sua trattazione si liberi di informazioni e di analisi approssimative sulle quali è impossibile costruire qualunque ragionamento. Inoltre, non rimettendo in questione la presenza del nome divino nel Vecchio Testamento, le polemiche che tuttavia circondano la sua vocalizzazione e restituzione nelle nostre traduzioni sono molto rivelatrici,
- In secondo luogo, ci serviremo della testimonianza della Settanta. Alcuni considerano questa testimonianza senza valore; altri, al contrario, la ritengono una prova, o quasi. Senza collocarsi in questi due estremi, analizzeremo dunque in cosa questa traduzione delle scritture ebraiche, che impiegavano i cristiani, ci illumina sul comportamento nei confronti del Nome, sia nel Vecchio che nel Nuovo Testamento.
In effetti, il lettore impaziente che pensa di avere abbastanza dimestichezza con i risvolti del nome divino nella parte ebraica della Bibbia può recarsi direttamente al capitolo 4, perché è in questo capitolo che inizieremo a raccogliere gli indizi del suo uso all’epoca di Gesù e dei suoi discepoli. Il capitolo seguente risponderà alla domanda che sorge naturalmente all’esame degli indizi: se Gesù ed i suoi discepoli hanno veramente impiegato il Nome, per quale ragione non appare nel testo del Nuovo Testamento?
Rispondere precisamente a questa domanda richiede di esaminare le condizioni di trasmissione di questo testo. In generale, il credente pensa che il testo che egli scopre nella sua versione biblica è assolutamente degno di fiducia, per la buona ragione che questa Parola è considerata come “ispirata”. Ma è, anche questa, una mezza verità, che ignora quali epoche turbolente ha attraversato il testo che ha sotto gli occhi (capitolo 6) dato che i primi due secoli della nostra era sono disseminati di avvenimenti uno più grave dell’altro: la rovina di Gerusalemme nel 70, le persecuzioni dei cristiani, demarcazione e poi rottura del cristianesimo dal giudaismo, seconda rivolta giudaica e seconda rovina di Gerusalemme… non sono che alcuni dei trascorsi di questo periodo agitato. Senza parlare delle controversie cristologiche che apparvero da che il messaggio evangelico uscì dalla Palestina (capitolo 7). E’ il rendersi conto di questo contesto che permette di collocare il problema del nome divino in seno alle Scritture greche cristiane nella sua corretta prospettiva. In quel periodo, il cristianesimo si definiva, allo stesso tempo, con una contraddizione interna ed un’apertura all’esterno. La proclamazione orale si fissa per iscritto. Un canone si costituisce. Le eresie sono smascherate. Un sentimento ortodosso si forma e il movimento esce dalla sua culla. Si proietta nell’oikouménè.3 Cambia di capitale. Cambia Dio?
NOTE
1 Word Resources, Inc, 1998, 2 ed. La nostra risposta non tratterà tuttavia punto per punto gli argomenti di Lundquist, poiché sono poco numerosi ed essenzialmente attaccano la Traduzione del Nuovo Mondo facendo disinformazione circa il suo comitato di traduzione (cfr. Stafford: 1-54, Mazzaferro, The Lord and the Tetragrammaton…). Il nostro obiettivo non è polemico quanto fornire la presentazione (in nessun caso, la soluzione) del problema al pubblico italiano.
2 In quest’opera i primi cristiani sono indifferentemente chiamati “giudeo-cristiani” o “ebrei cristiani”. La nozione di “giudeo-cristianesimo” indica una realtà di un’incredibile diversità che ha originato numerosi studi a volte contradditori. Da qui si impone questa precisazione terminologica: senza voler descrivere né risolvere questa nozione intenderemo per “giudeo-cristiani” gli immediati discepoli di Gesù, ed i primi Ebrei converti fino al 70. Per “pagano-cristiani” intenderemo invece i discepoli di Gesù non Ebrei.
3 “La terra abitata
INDICE
Prefazione di Gérard Gertoux
Prefazione all’edizione italiana
Introduzione
1. L’impiego del Nome nei tempi biblici
2. Signore, Yahweh o Geova?
La sostituzione
Le ragioni della sostituzione
Il problema della vocalizzazione
Il problema etimologico
3. La testimonianza della Settanta
Interesse di questa traduzione
Presenza del Nome divino
La distinzione tra ,rioj e o` ku,rioj
Lettura sinagogale e uso privato
Alcuni pregiudizi
4. Gesù, i primi cristiani e il Nome
Quali lingue si parlavano in Palestina nel I secolo?
Impiego del Nome da parte di Gesù
Impiego del Nome da parte dei cristiani
5. Ispirazione e conservazione delle Scritture
Ispirazione divina
Preservazione
Alcuni esempi di critica testuale
6. Un periodo agitato
Giudeo-cristiani e pagano-cristiani
Il cristianesimo dei Padri apostolici
Apostasia ed Eresie
7. Controversie & Corruzioni
L’influenza della filosofia greca
Alcune cause della divinizzazione di Cristo
Controversie & Corruzioni
Alcune varianti
Lo studio di Bart Ehrman
Nota su Giovanni 1:1
Conclusioni
Appendice: Versetti biblici dove il Nome potrebbe essere ripristinato
Ringraziamenti
Abbreviazioni
Fonti fotografiche
Abbiamo inoltre raccolto in 2 DVD audio/video, oltre 1050 foto
che mostrano come veniva usato nei secoli passati,
il nome di JeHoWaH
RETROCOPERTINA
Guardando l’universo visibile, il salmista Davide fu spinto a scrivere :“I cieli dichiarano la gloria di Dio... Non ci sono detti, e non ci sono parole; non si ode voce da parte loro”. Eppure il loro “splendore”, la loro “potenza” e la loro “gloria” lasciano senza fiato le creature umane oneste intelletualmente
In modo simile, questi 2 DVD contengono oltre 1050 foto di manufatti sui quali è riportato il Nome di colui che ha fatto i cieli e la terra. Benchè “non si ode la voce da parte loro”, nei passati secoli, hanno reso testimonianza all'umanità che il nome del “solo vero Dio” era "YHWH" [Devoto-Oli:Geova].
Avrete modo di vedere come nei secoli passati, in 35 nazioni della terra, il nome del “solo vero Dio”, YHWH, veniva usato estesamente in tutte le attività umane. OGGI invece, ci sono addirittura grandi istituzioni religiose che cercano in tutti i modi di nasconderlo o ignorarlo!
LIBRO DVD LIBRO + DVD