L'INVENZIONE DEL COMPLEANNO
Autore: | JEAN CLAUDE SCHMITT |
Formato: | 14 X 21 |
Pagine: | 107 |
Anno: | 2012 |
Editore: | EDIZIONI LATERZA |
L'Autore Jean-Claude Schrnirt è professore alla prestigiosa École des Hautes Études en Sciences Sociales di Parigi. Fra le sue numerose pubblicazioni, in italiano Dizionario dell'Occidente medievale (a cura di, con J. Le Goff, 2 volumi, Torino 2003-2004). |
L'INVENZIONE DEL COMPLEANNO
RISVOLTO COPERTINA
«Il compleanno antico e pagano era concepito come un rito religioso ed è per questo che fu rifiutato dal cristianesimo; quello moderno è apparso soltanto quando ha cominciato ad affrancarsi dalla tradizione cristiana che, nel medioevo, vedeva nel battesimo una 'rinascita' e nelle feste dei santi il ricordo della loro 'nascita' alla 'vera vita'. Non c'era posto per una celebrazione religiosa della ricorrenza della nascita.
Questo cambiamento di contenuto è stato accompagnato da un cambiamento di ritmo: al tempo circolare dell' anno liturgico, supporto delle feste religiose e della memoria dei defunti, ha fatto seguito un tempo lineare, che capitalizza gli anni anziché riprodurli uno uguale all' altro. Insomma, la ricorrenza del compleanno per festeggiare la nascita dei nostri cari e la nostra con torta, candeline, regali e auguri di 'buon compleanno', è un'invenzione molto recente: le cinquantatré candeline sulla torta di compleanno di Goethe nel 1802».
Tra immagini e testo, condotti per mano da Jean-Claude Schmitt, scopriremo non senza stupore il carattere tardivo di una celebrazione a noi così cara, prima negli ambienti aristocratici dell' epoca moderna, poi nella borghesia del XlX secolo e infine, ma non prima del XX secolo, negli ambienti popolari.
PREMESSA
Da quando festeggiamo il nostro compleanno? La domanda deve essere apparsa troppo aneddotica agli storici, visto che non se la sono posta mai, o a fatica. Questo libro invita il lettore a scoprire, non senza stupore, il carattere tardivo della celebrazione del compleanno. Al punto di partenza dell'indagine, troviamo un documento stupefacente, «l'autobiografia» di Matthaus Schwarz.
All'inizio del XVI secolo, questo borghese di Augusta, direttore finanziario della celebre impresa commerciale dei Fugger, ha ricostruito, a partire dal suo ventitreesimo compleanno, attraverso la parola e l'immagine, tutta la sua esistenza sin dalla nascita; e poi, nel corso degli anni, ha continuato a descrivere i cambiamenti del suo aspetto in relazione all' abbigliamento. La ricorrenza della propria nascita è spesso la causa di queste annotazioni e immagini. Una simile preoccupazione è davvero eccezionale nel rinascimento, benché non sia priva di precedenti a partire dalla fine del XIII secolo.
Marco Polo la scoprì con sorpresa presso il Gran khan e una miniatura di epoca successiva ci restituisce questa fastosa celebrazione. Nel XIV secolo, i re di Francia, come Carlo V, si preoccupano del giorno e dell' ora della propria nascita a fini astrologici, per i quali scrivono commenti e tracciano immagini di oroscopi. Così il medioevo, tradizionalmente poco preoccupato del giorno della nascita e dell' età esatta delle persone, e assai più interessato al giorno della loro morte, ha operato progressivamente un ribaltamento ricco di conseguenze: dalla morte alla vita, dall' anniversarium funerario a quello che i testi dell' epoca chiamano - da un antico vocabolo romano - «natalità».
Qui rintracceremo il lento costituirsi della pratica del compleanno, dei suoi riti - auguri, canzoncina, dolcetti, regali, candeline - soprattutto negli ambienti aristocratici dell'epoca moderna, nella borghesia del XIX secolo e infine, ma non prima del XX secolo, negli ambienti popolari. La storia del compleanno appartiene naturalmente alla «lunga durata» e bisogna attendere le 53 candeline sulla torta di compleanno di Goethe, nel 1802, per assistere all'invenzione del compleanno più o meno come lo conosciamo oggi.
INTRODUZIONE
«li ritmo della vita collettiva domina e abbraccia i diversi ritmi di tutte le vite elementari di cui risulta; perciò il tempo che lo esprime domina e comprende tutte le durate particolari», scriveva Émile Durkheim nelle conclusioni delle Forme elementari della vita religiosa (1912); e precisava: «è il ritmo della vita sociale che sta alla base della categoria del ternpo»1 .
Faceva eco a Marcel Mauss che, nel suo Étude sommaire de la catégorie du temps dans la religion et la magie (la cui prima edizione risale al 1909), osservava che «lo scopo del calendario non è di misurare ma di ritmare il tempo2. «Ritmare il tempo»: l'Essai sur les variations saisonnières des sociétés eskimos aveva dimostrato infatti, sin dal 1904 - 1905, che l'alternanza dell'inverno e dell'estate determinava per le popolazioni del Grande Nord l'alternanza di due forme diverse, su tutti i piani, di vita sociale: densa, collettiva e festosa nel ritiro invernale dell'iglù, dispersa e più individuale nella stagione estiva, consacrata alla caccia in zone remote3. Le intuizioni dei fondatori della sociologia e dell' antropologia hanno dato origine a diversi studi, i quali pongono al centro della riflessione la nozione di ritmo nelle sue varie accezioni e rispetto alla nostra stessa società (si pensi ai ritmi del lavoro, ai ritmi della scuola, agli effetti di dissolvenza sia per il tessuto sociale sia per la personalità dell'individuo, dell' «aritmia» sociale, per esempio nel caso della disoccupazione).4
In effetti, la società occidentale, passata o moderna, non è in grado di sfuggire alla preoccupazione, tipica degli antropologi, di analizzare sincronicamente i suoi ritmi fondamentali, come le categorie, le usanze e le tecniche del tempo che questi ritmi sostengono: dal tempo biologico (sonno e veglia, respirazione, mestruazioni) alla misurazione cronometrica del tempo diurno, dai ritmi del corpo a quelli della danza e della musica, dal calendario annuale alla periodizzazione della storia collettiva, dal tempo del lavoro e dello svago al tempo della vita e via dicendo, insistendo sul ruolo della combinazione di tutti questi ritmi nel processo d'individuazione collettivo e personale5 . Ma lo sguardo dello storico può e deve aggiungere ancora qualcosa: un'osservazione di questi ritmi e di queste «categorie del tempo» nella diacronia della storia, i cambiamenti di ritmo nel tempo, i conflitti tra ritmi rivali in quanto fattori del processo storico, la comparsa o la scomparsa di ritmi nuovi e il loro significato.
Tra i numerosi problemi posti, m'interesserò qui soltanto della storicità dei «ritmi della vita» e più in particolare del modo in cui gli attori sociali raffigurano la propria vita,
le proprie tappe, l'età che hanno avuto, che hanno, che avranno, nei loro scritti e, all' occorrenza, nelle immagini da loro prodotte. Il primo documento che ho esaminato da vicino è, dall'inizio del XVI secolo, «l'autobiografia relativa all' abbigliamento» di Matthaus Schwarz.
Tra i vari aspetti che fanno di quest'opera una testimonianza di prim'ordine, sono stato colpito dal posto che occupa nelle preoccupazioni dell' autore il suo compleanno.
Un aspetto, questo, non molto notato fino a ora. Forse perché il compleanno rappresenta un piccolo rito personale e familiare che non beneficia dei fasti dei riti religiosi e pubblici che hanno scandito e ancora scandiscono, in parte, le vite individuali (prima comunione, matrimonio, ecc.): festeggiare il proprio compleanno o quello dei nostri cari sembra essere scontato, al punto che non ci interroghiamo più di tanto sulla storia di una simile pratica,
Sono rari gli studi dedicati a questo argomento6 : gli antropologi non ne tengono granché conto e se, per esempio, Arnold Van Gennep aveva previsto nel suo questionario una voce «Compleanno», in seguito non ne parla più7. Alcuni lavori sociologici hanno mostrato di recente il ruolo del compleanno nella prima socializzazione del bambino: invitare i compagni di classe per l'occasione, scegliere liberamente quelli che si vuole invitare e quelli che saranno esclusi dalla festa, festeggiare una seconda volta a scuola, stavolta collettivamente e sotto 1'autorità della maestra, i compleanni della settimana, rappresentano per il bambino una delle prime esperienze della vita in società8.
Si trovano anche alcune informazioni sui canti per il compleanno, che tutti conosciamo, e che scopriamo essere assai recenti: in Francia, il ritornello «Buon compleanno, i nostri auguri più sinceri / Che questi fiori le rechino felicità», ecc. - spesso descritto come un «canto tradizionale» - è stato composto solo nel 19519 ; quanto a Happy Birtbday to you, cantato indifferentemente in inglese o nelle lingue locali di tutto il mondo, risale appena al 1924 per le parole e al 1893 per la musica10.
Ma cosa ne è stato del compleanno nei secoli passati?
Note
1 É. Durkheim, Les formes élémentaires de la vie religieuse. Le système totémique en Australie (1912), PUF, Paris 1968, pp. 631 e 618 (trad, it., Le forme elementari della vita religiosa: il sistema totemico in Australia, Edizioni di Comunità, Milano 1963, pp. 482 e 480).
2 H. Hubert, M. Mauss, Mélanges d'histoire des religions (1909), Félix Alcan, Paris 1929, p. 195 [corsivo di J.-C1. Schmitt] (trad, it., L'origine dei poteri magici e altri saggi di sociologia religiosa, Newton Compton, Roma 1977, p. 200).
3 M. Mauss, Essai sur les variations saisonnières des sociétés eskimos. Étude de morphologie sociale (1904-05), ripreso in Id., Sociologie et anthropologie, introduction de Cl. Lévi-Strauss, PUF, Paris 1968, pp. 389-477 (trad. it., Saggio sulle variazioni stagionali delle società eschimesi. Studio di morfologia sociale, in M. Mauss, H. Beuchat, Sociologia e antropologia, Newton Compton, Roma 1976, pp. 141-234).
4 E. Zerubavel, Hidden Rhythms. Schedules and Calendars in Social Life, The University of Chicago Press, Chicago-London 1981 (trad. it., Ritmi nascosti. Orari e calendari nella vita sociale, li Mulino, Bologna 1985); E.T. Hall, The dance of life: the other dimension of time, Double-day, New York 1983 (trad. fr., La danse de la vie. Temps culturel, temps vécu, Seuil, Paris 1984); A. Geli, The antbropology of time. Cultural construction of temporal maps and images, Berg, Oxford-Berkeley 1992.
5 P. Michon, Rythmes, pouuoir, mondialisation, PUF, Paris 2005.
6 Ph. Ariès, nel suo libro L'enfant et la vie familiale sous l'Ancien Régime, Seuil, Paris 1975 (trad. it., Padri e figli nell'Europa medievale e moderna, Laterza, Roma-Bari 20064), non parla del compleanno nonostante la conoscenza delle fonti che ne trattano. L'opera di Françoise Lebrun, Le livre de l'annioersaire, Laffont, Paris 1987, elegantemente illustrato e destinato al grande pubblico, fa eccezione e fornisce utili informazioni.
7 A. Van Gennep, Manuel de folklore français contemporain, t. III, Picard, Paris 1937, p. 25. Nei «Questionari regionali», alla voce «Vita di relazione», l'autore prevedeva domande sulla «Famiglia», tra cui «Feste di famiglia. Compleanni. Nozze d'argento. Auguri. Regali». La mia impressione è confermata da Nicole Belmont, sapiente interprete di quest'opera. Le categorie del Manuel sono utilizzate da R. Vaultier, Le folklore pendant la guerre de Cent Ans d'après les lettres de rémission du Trésor des Chartes, Guénégaud, Paris 1965, che non contiene alcuna informazione sulla questione: se ne comprenderà la ragione più avanti. Cfr. inoltre: Handuiorterbuch des deutschen Aberglaubens, a cura di E. Hoffmann-Krayer e Hans Bachtold-Staubli, Walter de Gruyter, Berlin- Leipzig 1930-1931, s.v. «Compleanno», il quale annota a proposito di questa ricorrenza che «il popolo vi presta poca attenzione».
8 R. Sirota, Les civilités de l'enfance contemporaine. L'anniuersaire et le décbiffrement d'une configuration, in «Éducation et Sociétés. Revue internationale de sociologie de l'éducation» (Sociologie de l'enfance 2), III, 1999, 1, pp. 31-54. Successivamente è stato pubblicato il libro di Ch. Heslon, Petite psychologie de l'anniversaire, Dunod, Paris 2007, il cui argomento va ben al di là dell'anniversario della nascita dell'individuo e riguarda i ritmi temporali delle commemorazioni in generale; sul piano storico, l'autore si accontenta di una rapida panoramica, ma nondimeno il suo libro è molto interessante per la comprensione delle nostre attuali abitudini culturali.
9 Testo di Jacques Larue, musica di Louiguy.
10 Testo e musica dovuti a due sorelle, Milldred J. Hill e Patty Smith Hill, maestre d'asilo nel Kentucky tra il XIX e il XX secolo. Devo queste informazioni a Nadine Cretin, che ringrazio vivamente. Cfr. il sito internet