IL MISTERO DEL MAR MORTO - Lo scandalo dei rotoli di Qumram
Autore: | MICHAEL BAIGENT - RICHARD LEIGH |
Formato: | 15 X 21 |
Pagine: | 265 |
Anno: | 2009 |
Editore: | TROPEA |
Gli Autori Michael Baigent e Richard Leigh, esperti di esoterismo e religione, sono autori di numerosi best seller internazionali, il più famoso dei quali, Il Santo Graal (Mondadori), ha venduto in Italia più di mezzo milione di copie. Insieme hanno scritto alcuni libri di grande successo pubblicati per Marco Tropea Editore tra cui, oltre a ll mistero del Mar Morto, L'elisir e la pietra, L'Inquisizione, e con Henry Lincoln L'eredità messianica. Completano la lista Misteri antichi e Le carte di Gesù di Michael Baigent. |
IL MISTERO DEL MAR MORTO - Lo scandalo dei rotoli di Qumram
RETROCOPERTINA
"Una storia sensazionale ... questo scandalo è durato troppo a lungo."
The Times
"I due autori raccontano la vicenda dei rotoli di Qurnran come se fosse un romanzo di avventura, con una serie di interviste, lo studio di materiali originali e un'approfondita analisi storica."
la Repubblica
"Un libro dal potenziale esplosivo inimmaginabile."
Il Messaggero
RISVOLTO COPERTINA
Chi erano i misteriosi abitanti di Qumran che fondarono la comunità, trascrissero e depositarono i loro testi sacri per poi svanire misteriosamente dalla scena della storia?
Era il 1947 quando in circostanze fortunose, a trenta chilometri a est di Gerusalemme, furono rinvenuti in una grotta allora conosciuta solo dai beduini insediati nell'area, i primi frammenti di quelli che presto sarebbero divenuti noti al mondo come i rotoli di Qumran. La notizia allertò decine di studiosi, università e istituti di ricerca privati e religiosi, oltre che le autorità del nascente stato di Israele. La guerra arabo-israeliana del 1948 bloccò le ricerche, che ripresero in modo febbrile negli anni seguenti e fino al 1956, mentre il governo israeliano annunciava di aver recuperato tutti i primi ritrovamenti. Erano centinaia i manoscritti dissotterrati fino a quel momento. Alcuni di questi furono riprodotti e dati alle stampe, per gli altri ci vollero anni, se non decenni.
Ma il ritardo con cui venivano resi pubblici alimentarono sempre più i sospetti. La vicenda assunse i contorni di un caso internazionale e solo negli ultimi tempi gli esperti di esoterismo e storia delle religioni, Michael Baigent e Richard Leigh, sono riusciti a ricostruire quello che è stato defmito "lo scandalo accademico del Ventesimo secolo".
I due studiosi ci spiegano come e perché la stragrande maggioranza degli ottocento antichi manoscritti in ebraico e aramaico, rimasti sepolti per diciannove secoli, è stata tenuta nascosta dalle varie accademie di orientamento religioso fino a tempi molto recenti. Attraverso una serie di incontri, un'analisi storica approfondita, l'esame di materiali originali, editi e inediti, gli autori sono riusciti a scoprire, e a raccontare in questo libro, la vera ragione dell'aspra contesa che si era scatenata fra gli addetti ai lavori. Il contenuto di quelle pergamene, infatti, giustificherebbe niente di meno che una sconvolgente interpretazione delle origini del cristianesimo, una versione rivoluzionaria della vicenda storica di Gesù, favorendo una nuova prospettiva alla storia delle tre grandi religioni monoteistiche che in Medioriente hanno avuto la loro origine comune.
Questo libro ci offre l'avvincente resoconto di come una scandalosa verità sia riuscita a sfuggire al rigido monopolio delle élite accademico-religiose, per diventare finalmente patrimonio di tutti.
Michael Baigent e Richard Leigh, esperti di esoterismo e religione, sono autori di numerosi best seller internazionali, il più famoso dei quali, Il Santo Graal (Mondadori), ha venduto in Italia più di mezzo milione di copie. Insieme hanno scritto alcuni libri di grande successo pubblicati per Marco Tropea Editore tra cui, oltre all mistero delMar Morto, L'elisir e la pietra, L'Inquisizione, e con Henry Lincoln L'eredità messianica. Completano la lista Misteri antichi e Le carte di Gesù di Michael Baigent.
PREFAZIONE
I quatro rotoli del Mar Morto
Si vendono manoscritti biblici risalenti almeno al 200 a.C., il dono ideale per istituzioni culturali o religiose da parte di un privato o di un gruppo. Casella F206.
Questo annuncio apparve sul Wall Street Joumal il e giugno 1954. Se un annuncio del genere venisse pubblicato oggi, non c'è dubbio che si penserebbe a una beffa di cattivo gusto, oppure verrebbe considerato un messaggio in codice per mascherare un traffico d'armi o una faccenda di spionaggio.
Oggi i rotoli del Mar Morto sono piuttosto conosciuti, almeno di nome. Infatti, pur non avendo del tutto chiaro cosa essi siano effettivamente, la maggior parte delle persone ne ha sicuramente sentito parlare. Esiste, se non altro, la consapevolezza che i rotoli sono in qualche modo oggetti realmente preziosi, una testimonianza archeologica di grande importanza (nessuno si aspetta di trovare un esemplare del genere scavando nel giardino dietro casa).
La scoperta dei rotoli del Mar Morto, avvenuta nel 1947, provocò un'ondata di eccitazione sia nell'ambiente accademico sia nell'opinione pubblica. Ma nel 1954 questa eccitazione si era ormai sopita poiché era stata diffusa ad arte la notizia che i rotoli avevano rivelato tutto quello che erano in grado di rivelare, facendo in modo che i risultati della scoperta apparissero meno sensazionali di quanto si era supposto. Così che, quando apparve a p.14 del Wall Street Joumal, l'annuncio della loro messa in vendita non destò particolare interesse nel pubblico. L'inserzione che seguiva tale annuncio riguardava serbatoi in acciaio, saldatrici elettriche e altre attrezzature industriali; nella colonna adiacente compariva un elenco di locali da affittare e di appartamenti sfitti. Era come offrire in vendita oggetti provenienti dal tesoro di Tutankamen insieme a giacenze di impianti idraulici o di forniture per computer. Scopo del presente libro è spiegare come si sia potuta verificare una tale stranezza.
Nel percorrere la strada fatta dai rotoli del Mar Morto, dal deserto di Giudea dove furono scoperti alle varie istituzioni che oggi li possiedono, ci siamo imbattuti in una contraddizione a noi già nota: la contraddizione fra il Gesù della storia e il Cristo della fede. Per effettuare le nostre ricerche, che hanno avuto inizio in Israele, siamo arrivati fino ai corridoi vaticani e perfino agli archivi dell'Inquisizione. Ci siamo anche scontrati con una rigida interpretazione ortodossa del contenuto e della datazione dei rotoli e ci siamo resi conto di quanto potesse risultare esplosiva una verifica non di parte per l'intera tradizione teologica cristiana. Abbiamo inoltre scoperto con quanta determinazione gli studiosi ortodossi della Bibbia fossero pronti a combattere per conservare il monopolio di informazione sull'argomento.
Ai nostri giorni i cristiani riconoscono senza problemi che Budda o Maometto sono personaggi storici, come Cesare o Alessandro, e sono in grado di distinguerli dalle leggende, le tradizioni e le teologie a loro collegate. Per quanto riguarda Gesù, invece, questa differenziazione risulta molto più difficile perché, al cuore del credo cristiano, storia e teologia sono inestricabilmente intrecciate e l'una compenetra l'altra. Considerate separatamente, ciascuna rappresenta per l'altra una potenziale minaccia ed è, quindi, più facile e più sicuro rendere meno nette le linee di demarcazione che le separano. Così, per i credenti, due figure distinte si fondono in una. Da una parte c'è il personaggio storico, l'uomo che, secondo molti studiosi, è esistito veramente e ha percorso i deserti della Palestina duemila anni fa. Dall'altra, c'è l'uomo-Dio della dottrina cristiana, il personaggio deificato, esaltato e fatto conoscere da san Paolo. Studiare questa figura come un personaggio storico (alla stregua di Maometto o Budda, Cesare o Alessandro) equivale ancora, per molti cristiani, a una bestemmia. Alla metà degli anni Ottanta, ci siamo occupati proprio di questa bestemmia. Nello svolgere le ricerche per il nostro progetto, cercavamo di separare la storia dalla teologia, di distinguere il Gesù storico dal Cristo della fede e siamo rimasti impigliati nel groviglio di contraddizioni che si trovano ad affrontare i ricercatori in campo biblico e, come loro, ne siamo rimasti sbalorditi e sconcertati.
Nel tipo di ricerche in cui ci eravamo imbarcati, i resoconti scritti ci potevano offrire solo un aiuto molto scarso. Ogni studioso sa bene che, come documenti storici e testimonianza dei fatti, i Vangeli sono assai poco attendibili. I Vangeli sono essenzialmente una raccolta di miti molto semplici e sembrano collocarsi in un limbo storico. Gesù e i suoi discepoli appaiono al centro della scena di un quadro convenzionale dal quale l'ambientazione è stata in gran parte eliminata, e romani ed ebrei si aggirano indistinti sullo sfondo, come comparse in un set cinematografico. Non viene fatto alcun cenno alle circostanze sociali, culturali, religiose e politiche all'interno delle quali si svolge il dramma di Gesù. In realtà ci troviamo davanti a un vuoto storico.
Nonostante che negli Atti degli Apostoli la scena sia solo di poco più vivida, essi ci permettono almeno di ricavare un certo senso dell'ambiente: le lotte micidiali e le dispute dottrinali dei primi seguaci di Gesù, il movimento che si andava formando e che gradualmente avrebbe preso forma come «cristianesimo», il mondo che si estendeva ben oltre i confini circoscritti della Galilea e della Giudea, e il rapporto geografico della Palestina con il resto del Mediterraneo. Ma nemmeno negli Atti troviamo riferimenti precisi alle realtà sociali, culturali, religiose e politiche operanti in quel tempo. Tutto si focalizza su san Paolo ed è circoscritto intorno alla sua figura. Se i Vangeli sono convenzionali, anche gli Atti lo sono, seppure in maniera diversa. Se i Vangeli non sono che la nuda, estrema semplificazione del mito, gli Atti non sono altro che una specie di romanzo picaresco. Un romanzo pi- caresco, inoltre, che ha scopi essenzialmente propagandistici e di cui Paolo è il protagonista. C'è qualche approfondimento della mentalità, del comportamento e delle vicende di Paolo, ma non del mondo in cui egli si muoveva. Secondo il punto di vista di qualsiasi storico o di qualsiasi cronista responsabile, un resoconto di quell'epoca non sarebbe completo se non contenesse alcun riferimento, per esempio, a Nerone e all'incendio di Roma. Anche in Palestina avvenivano fatti di enorme importanza per coloro che vivevano a quel tempo. Nel 39 d.C., per esempio, Erode Antipa, tetrarca di Galilea, fu esiliato nei Pirenei. Prima del 41 d.C., sia la Galilea sia la Giudea (amministrate da procuratori romani fin dal 6 d.C.) furono assegnate a re Agrippa; la Palestina fu riunita sotto un monarca non romano e, per quanto questi potesse essere solo un «re fantoccio», era la prima volta che ciò si verificava dai tempi di Erode il Grande, quasi mezzo secolo prima. Ma nessuno di questi avvenimenti è menzionato negli Atti degli Apostoli.
Contrariamente a quanto sostiene la tradizione cristiana, duemila anni fa la. Palestina era una realtà paragonabile a qualsiasi altra dell'epoca, come per esempio l'Egitto di Cleopatra o la Roma imperiale, delle cui mire la Palestina era vittima, e questa realtà non può essere ridotta a puro e semplice mito. Chiunque siano stati Gesù o Paolo e qualunque cosa abbiano fatto, tutto deve essere collocato all'interno di avvenimenti più ampi, tenendo conto della miri ade di personaggi, gruppi, istituzioni e movimenti che operavano nella Palestina del I secolo e componevano il tessuto di ciò che si chiama storia.
Per riuscire ad avere il senso reale di quel periodo ci siamo dovuti rivolgere, come accade a tutti i ricercatori, ad altre fonti: resoconti romani, cronache storiche scritte da autori di orientamento diverso, documenti più tardi, testi apocrifi, insegnamenti e testimonianze di sette e credenze rivali. Gesù, inutile dirlo, è raramente nominato in queste fonti, ma esse forniscono un quadro vasto e dettagliato del mondo in cui egli operava.
È stato dunque con grande sorpresa e interesse che ci siamo ritrovati immersi nell'ambiente del Gesù storico. Ma appena lo abbiamo fatto, si è presentato il problema che assedia tutti i ricercatori in campo biblico. Ci siamo trovati di fronte a un groviglio di culti, sette e sottosette, di organizzazioni e istituzioni politiche e religiose che a volte sembravano ai ferri corti fra loro, e a volte si sovrapponevano.
Ci siamo resi subito conto che le etichette usate per distinguere questi vari gruppi (farisei, sadducei, esseni, zeloti, nazareni) non erano né esatte né utili. Il groviglio restava e Gesù sembrava avere, in un modo o nell'altro, collegamenti con quasi tutti. Così, per esempio, per quanto è possibile stabilire, egli sembrava far parte di una famiglia e di un ambiente di farisei e permeato dal pensiero fariseo. Molti commentatori moderni hanno messo in rilievo gli stupefacenti parellelismi fra gli insegnamenti di Gesù (specialmente nel Sermone della Montagna) e quelli di esponenti farisei come il grande Hillel. Secondo l'opinione di almeno un commentatore, Gesù «era un fariseo».
Ma se le parole di Gesù sono spesso intercambiabili con quelle della dottrina ufficiale farisea del tempo, esse appaiono anche in larga misura ispirate al pensiero mistico o esseno. Giovanni Battista è generalmente considerato un esseno e la sua influenza su Gesù introduce elementi esseni nell'attività di quest'ultimo. Secondo le scritture, tuttavia, Elisabetta (madre di Giovanni e zia materna di Gesù) era sposata a un sacerdote del Tempio, e questo fatto collega i due uomini ai sadducei. Infine, ed è questa la cosa che la tradizione cristiana successiva gradisce meno, sembra che fra i seguaci di Gesù ci fossero molti zeloti: Simone lo Zelota, per esempio, e forse perfino Giuda Iscariota, il cui nome secondo la tradizione può derivare dai feroci sicari.
Anche solo suggerire un'associazione con gli zeloti è giudicato estremamente provocatorio. Gesù era davvero il mite e mansueto Salvatore della successiva tradizione cristiana? Era davvero non violento? E allora perché compiva azioni violente come quella di rovesciare i tavoli dei mercanti nel Tempio? Perché viene affermato che fu giustiziato dai romani nel modo riservato a chi era accusato di attività rivoluzionarie? Perché prima della veglia nell'orto detto Getsemani, invitò i SU01 seguaci ad armarsi di spade? Perché, poco dopo, Pietro sfoderò effettivamente la spada e tagliò un orecchio a un servo del sommo sacerdote? Se Gesù era più aggressivo di come viene generalmente dipinto, non era per forza di cose anche più impegnato politicamente? E come si poteva spiegare allora la sua disponibilità a dare a Cesare ciò che è di Cesare, ammettendo che siano queste la trascrizione e la traduzione esatte delle sue parole?
Se tali erano le contraddizioni nella vita di Gesù, esse sembrano essergli sopravvissute per oltre quarant'anni dopo l'annuncio della sua morte. Nel 74 d.C., al termine di un lungo assedio da parte dei romani, la fortezza di Masada fu conquistata, ma solo dopo che l'intera guarnigione si era data la morte di propria mano. I difensori di Masada sono generalmente considerati zeloti; non in quanto, secondo le interpretazioni tradizionali, aderenti a una setta religiosa, ma in quanto appartenenti a un movimento politico e militare. Secondo la tradizione, tuttavia, sembra che la dottrina dei difensori della guarnigione fosse quella degli esseni e, a quanto si dice, gli esseni erano una setta non violenta di orientamento mistico che si credeva avesse ripudiato ogni forma di attività politica, per non parlare di quella militare.
Queste erano le contraddizioni e le informazioni caotiche che ci siamo trovati di fronte. Ma se grande era il nostro sconcerto, nella medesima situazione erano altri studiosi, professionisti molto più esperti di noi in materia. Dopo aver seguito un sentiero del labirinto, praticamente ogni commentatore si trova in contrasto con quasi tutti i suoi colleghi. Secondo alcuni, il cristianesimo è nato come una forma quietista e misterica dell'ebraismo e non poteva avere, dunque, alcun collegamento con nazionalisti rivoluzionari come gli zeloti. Secondo altri, il cristianesimo era inizialmente una forma di ebraismo rivoluzionario e non poteva avere niente a che fare con mistici pacifisti come gli esseni. Secondo altri ancora, il cristianesimo ha avuto origine da una delle correnti principali del pensiero ebraico del tempo. Infine, secondo altri, il cristianesimo ha iniziato a deviare dall' ebraismo ancor prima che Paolo apparisse sulla scena e rompesse ufficialmente col passato.
Più li consultavamo, più era evidente che in realtà i cosid- detti esperti non ne sapevano più degli altri. L'aspetto che ci irritava maggiormente era non riuscire a trovare nessuna teoria o interpretazione che mettesse d'accordo in modo soddisfacente tutte le testimonianze, le anomalie, le incoerenze e le contraddizioni.
È stato a questo punto che ci siamo imbattuti nel lavoro di Robert Eisenman, preside della facoltà di studi religiosi e professore di religioni mediorientali alla California State University a Long Beach. Eisenman ha frequentato la Cornell University nello stesso periodo di Thomas Pynchon, quando seguiva i corsi di letteratura comparata tenuti da Vladimir Nabokov. Si è quindi laureato in fisica e in filosofia nel 1958 e ha conseguito il dottorato in lingua ebraica e studi mediorientali alla New York University nel 1966. Nel 1971 gli è stato conferito un phD in lingue e culture mediorientali dalla Columbia University, con particolare riferimento alla storia della Palestina e alla legge islamica. È stato inoltre professore incaricato all'Università di Calabria e ha tenuto conferenze su legge, religione e cultura dell'Islam, sui manoscritti del Mar Morto e sulle origini del cristianesimo all'Università ebraica di Gerusalemme. Nel 1985-86 è stato chiamato a collaborare al William F. Albright Institute di Ricerca archeologica a Gerusalemme, nel 1986-87 ha tenuto corsi al Linacre College di Oxford e all'Oxford Centre di Studi ebraici postlaurea.
La prima opera di Eisenman in cui ci siamo imbattuti era un esile libretto minacciosamente intitolato Maccabees, Zadokites, Christians and Oumran, pubblicato nel 1983 da E.J. Brill, a Leida in Olanda. li libro era esattamente quello che ci si può aspettare da un autore che scrive per un editore accademico; le note a pié di pagina erano, infatti, più numerose del corpo del testo. Alla base del lavoro si intuiva una conoscenza profonda della materia e una massa di fonti e riferimenti davvero enorme. Abbiamo notato, tuttavia, che la tesi centrale dell'opera era di una comprensibilità e di una lucidità assai stimolanti. Mentre procedevamo faticosamente nella lettura del testo, le domande che ci avevano assillato cominciarono ad avere risposte chiare e organiche, senza alcun ricorso a teorie astruse e senza che venissero tralasciati particolari di cruciale importanza.
Abbiamo largamente attinto dal libro di Eisenrnan per la prima parte dell'Eredità messianica, le cui conclusioni molto devono alla prospettiva aperta da tale lavoro sulle conoscenze bibliche e sulle circostanze storiche del Nuovo Testamento. Tuttavia, alcune questioni continuavano a restare senza risposta. A quel tempo non potevamo saperlo, ma avevamo trascurato un collegamento fondamentale che in questi ultimi cinque anni è diventato oggetto di discussione e argomento di articoli di prima pagina sulla stampa. Quel collegamento era costituito dalle informazioni fornite dai rotoli del Mar Morto.
Come avremmo in seguito scoperto, al centro del rompicapo c'era un nesso, fino ad allora ignorato, fra i rotoli del Mar Morto e la figura sfuggente di san Giacomo, fratello di Gesù, la cui disputa con Paolo rappresenta il catalizzatore che affrettò la formulazione della nuova religione in seguito conosciuta come cristianesimo. Era questo il collegamento accuratamente celato da un gruppo ristretto di studiosi biblici, i quali hanno dato dei rotoli un'interpretazione ortodossa, definita da Eisenman con il termine «consensus».
Secondo Robert Eisenman:
Un gruppo ristretto di specialisti, lavorando in collaborazione, ha elaborato un consensus [...]. In luogo di una visione storica chiara [...] preconcetti e ricostruzioni arbitrarie (tali ap- punto erano) sono stati affermati come fatti, poi usati per convali darsi a vicenda, che si sono a loro volta trasformati in nuove asserzioni usate per sviare un'intera generazione di studenti restii (o forse incapaci) a mettere in dubbio il lavoro dei propri mentori.1
Da qui deriva il sostegno offerto da altri studiosi a un'interpretazione improntata all'ortodossia ufficiale: un'impalcatura di presunzioni e conclusioni che a occhi poco esperti sembra avere la solidità di un fatto certo e indiscutibile. Molti dei cosiddetti données (dati storici) sono stati presentati in questo modo. Coloro che hanno il compito di elaborare il consensus, a sostegno dell'interpretazione ortodossa del cristianesimo, hanno esercitato un monopolio su alcune fonti della massima importanza, hanno regolato il flusso delle informazioni in modo che la loro diffusione favorisse lo scopo che si erano prefissi. È lo stesso fenomeno analizzato da Umberto Eco nel Nome della rosa. Nel romanzo, il monastero e la sua biblioteca rappresentano il monopolio medievale della Chiesa sul sapere, costituendo una sorta di club esclusivo, dal quale tutti sono banditi, a eccezione di pochi eletti pronti ad adeguarsi alle «direttive di partito».
Coloro che stabiliscono le direttive possono mantenere l'autorità che si auto attrìbuìscono, affermando che solo loro hanno esaminato le fonti relative, il cui accesso è negato a chiunque altro. Per gli studiosi esterni all'équipe collegare tutti i più svariati frammenti disponibili e riuscire ad avere un quadro coerente, equivale a fare un' operazione di semiotica e, in campo semiotico, è perfettamente possibile sostenere che responsabili di tutto sono i templari e Umberto Eco è responsabile del crack del Banco ambrosiano. Così, la maggior parte degli studiosi, nell'impossibilità di accedere alle fonti, non ha altra scelta che quella di accettare le interpretazioni imposte dalle «direttive di partito». Sfidare queste interpretazioni equivale a essere etichettato, nel migliore dei casi, come stravagante e, nel peggiore, come un rinnegato, un apostata o un eretico. Sono pochi gli studiosi che hanno in sé quella combinazione di coraggio, reputazione e perizia che gli consente di mettere in atto una tale sfida mantenendo intatto il proprio credito. Robert Eisenman, che fama e credibilità hanno collocato ai primi posti nel suo campo, lo ha fatto. La sua vicenda ci ha trasmesso l'entusiasmo necessario per scrivere questo libro.
NOTA
1Probabilmente la vera storia del ritrovamento non si conoscerà mai. I vari resoconti differiscono fra loro in alcuni particolari e le discussioni sulla loro attendibilità si sono protratte fino agli anni Sessanta.
Per i resoconti vedi: Allegro, The Dead Sea Serolls, p. 17 sgg.; Brownlee, Muhammad Ed-Dheeb's Own Story of His Seroll Discovery, p. 23 sgg.; Ed-Dheeb's Story of His Seroll Diseovery, p. 483 sgg.; Some New Faets Concerning the Diseovery of the Serolls of.I Q, p. 417 sgg.; Harding, The Times, 9 agosto 1949, p. S; Samuel, The Purehase of the Jerusalem Serolls, p. 26 sgg.; Treasure of Oumran, p. 142 sgg.; Trever, When Was Oumran Cave 1 Diseovered?, p. 13S sgg.; The Untold Story of
Oumran, p. 2S sgg.; Wilson, The Dead Sea Serolls 1947 -1969, p. 3 sgg.
INDICE
Prefazione
I quattro rotoli del Mar Morto
PARTE PRIMA: L'inganno
1. La scoperta dei rotoli
2. L'équipe internazionale
3. Lo scandalo dei rotoli
4. L'opposizione al consensus
5. Politica accademica e inerzia burocratica
PARTE SECONDA: Il Vaticano
6. L'attacco della scienza
7. Llnquisizione oggi
PARTE TERZA: I rotoli del Mar Morto
8. Il dilemma dell'ortodossia cristiana
9. I rotoli
10. La scienza al servizio della fede
11. Gli esseni
12. Gli Atti degli Apostoli
13. Giacomo «il Giusto»
14. Zelanti della Legge
15. Suicidio zelota
16. Paolo: agente o informatore di Roma?
Postscriptum
Note
Bibliografia
Ringraziamenti