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IL CERVELLO INFINITO - Alle frontiere della neuroscienza: storie di persone che hanno cambiato il proprio cervello

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Descrizione
Autore: NORMAN DOIDGE
Formato:  19,5 X 26
Pagine: 415
Anno: 2007
Editore: PONTE ALLE GRAZIE

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L'Autore Norman Doidge, MD, è un, psichiatra psicanalista, ricercatore, scrittore, saggista e poeta. Fa parte di facoltà presso l'Università di Toronto Dipartimento di Psichiatria, e Facoltà di ricerca presso il Centro della Columbia University per la formazione psicoanalitica e della Ricerca, a New York. Vive a Toronto.

IL CERVELLO INFINITO - Alle frontiere della neuroscienza: storie di persone che hanno cambiato il proprio cervello

RETROCOPERTINA

Nel corso dei miei viaggi ho incontrato uno scienziato che permetteva a persone non vedenti dalla nascita di iniziar a vedere; ho parlato con pazienti, dichiarati incurabili dopo aver subito un ictus decine di anni prima, che sono stati aiutati a guarIre con trattamenti neuroplastici; ho conosciuto persone che hanno superato disturbi dell' apprendimento e che hanno migliorato il proprio; ho raccolto prove secondo cui a ottant'anni è possibile rendere più vivace la memoria in modo che funzioni come a cinquantacinque.
Ho visto pazienti «ricablare» il loro cervello attraverso i pensieri, per risolvere traumi e ossessioni in precedenza considerati insuperabili. Ho discusso appassionatamente con dei premi Nobel su come dovremmo ripensare il nostro paradigma neurologico alla luce dell' evidenza che il cervello è in continua trasformazione.

PREFAZIONE

Il cervello umano è in grado di modificare se stesso: è questa la scoperta rivoluzionaria di cui tratta questo libro. Una tesi avvalorata dalle testimonianze di scienziati, medici e pazienti che insieme sono riusciti a produrre queste straordinarie trasformazioni: senza ricorrere a trattamenti chirurgici o farmacologici, si sono semplicemente affidati alla capacità, finora sconosciuta, del cervello di modificarsi. In alcuni casi si trattava di pazienti con problemi neurologici ritenuti incurabili, in altri di persone che non mostravano difficoltà specifiche ma che desideravano semplicemente migliorare il loro funzionamento cerebrale o preservarlo nel corso dell'invecchiamento. Per quattrocento anni una simile impresa è stata considerata inconcepibile: la medicina ufficiale e la scienza sostenevano la convinzione che l'anatomia del cervello fosse immutabile.
Era opinione comune che, dopo l'infanzia, il cervello sarebbe andato incontro solamente ai cambiamenti dovuti a un lungo processo di deterioramento, e che non sarebbe stato possibile sostituire le cellule cerebrali quando queste non si fossero sviluppate in modo appropriato, si fossero deteriorate o fossero morte. Si riteneva anche che il cervello non avrebbe potuto alterare la propria struttura e individuare una nuova modalità di funzionamento nel caso in cui una sua parte fosse danneggiata. La teoria di un cervello immutabile decretava che le persone nate con problemi neurologici o mentali, o che avessero subito danni cerebrali, sarebbero rimaste invalide o menomate per tutta la vita.
Il lavoro degli scienziati che si chiedevano se fosse possibile migliorare o mantenere in buona salute il cervello attraverso l'attività o l'esercizio mentale veniva considerato uno spreco di tempo. Nella nostra cultura si è radicato e quindi diffuso una sorta di nichilismo neurologico - l'impressione cioè che il trattamento di molti problemi cerebrali sia inefficace o persino privo di alcun fondamento - che impedisce anche alla nostra visione della natura umana di evolversi. Dal momento che il cervello non può cambiare, così anche la natura umana, che ha la propria origine dalla mente, sembrava altrettanto inalterabile.
La convinzione secondo cui il cervello non sarebbe stato in grado di modificarsi si basava su tre caposaldi: il fatto che i pazienti con danni cerebrali raramente vanno incontro a una guarigione completa; l'impossibilità di osservare a livello microscopico le attività del cervello in vivo; e infine l'idea - risalente ai primordi della scienza moderna - secondo cui il cervello è simile a una macchina stupefacente. E se da una parte le macchine fanno cose straordinarie, dall' altra non possono cambiare e crescere.
Iniziai a interessarmi all'idea di un cervello che si evolve a causa del mio lavoro di ricercatore in ambito psichiatrico e psicoanalitico. Quando i pazienti non vedevano i progressi psicologici sperati, spesso la spiegazione medica convenzionale era che i loro problemi erano «cablati» in un cervello immutabile. Il «cablaggio» era un' altra metafora che avvicinava il cervello alle macchine, in particolare all' hardware di un computer, con circuiti connessi in modo permanente, ciascuno progettato per svolgere una funzione specifica e immodificabile.
Quando seppi per la prima volta che il cervello poteva non essere cablato, non potei fare a meno di condurre personalmente delle ricerche e di valutare le evidenze empiriche. Tali ricerche mi tennero lontano dall' ambulatorio in cui lavoravo.
Così intrapresi diversi viaggi, durante i quali conobbi un gruppo di brillanti scienziati che, alle frontiere della neuroscienza, tra la fine degli anni Sessanta e l'inizio dei Settanta, erano giunti a una serie di scoperte inaspettate. Questi ricercatori mostrarono che il cervello modifica la propria struttura, a livello di ciascuna funzionalità specifica, perfezionando i propri circuiti in modo da adattarli più efficacemente al compito da svolgere di volta in volta. Se alcune «componenti» subivano un danno, in determinate circostanze altre avrebbero potuto sostituirle. La metafora della macchina, che vedeva nel cervello un organo dotato di componenti specializzate, non avrebbe potuto spiegare fino in fondo i cambiamenti che gli scienzati stavano osservando. Per indicare questa proprietà fondamentale del cervello si introdusse il termine di «neuroplasticità».
Neuro sta per «neuroni», le cellule che compongono il cervello e il sistema nervoso umano. Plastico sta per «modificabile, flessibile, mutevole». All'inizio molti scienziati non osavano utilizzare il termine «neuroplasticità» nelle loro pubblicazioni, e il fatto che sostenessero una nozione tanto fantasiosa non era visto di buon occhio dai loro colleghi. Nonostante ciò quei ricercatori non desistettero e ottennero un graduale capovolgimento della dottrina del cervello immutabile. Mostrarono che i bambini non sempre sono legati alle abilità mentali di cui dispongono fin dalla nascita; che un cervello danneggiato spesso può riorganizzarsi in modo che, quando una parte smette di funzionare, un' altra la sostituisce; che talvolta, quando muoiono, le cellule cerebrali pos- sono essere sostituite; che molti« circuiti», e persino riflessi fondamentali che pensiamo siano «cablati», non lo sono affatto.
Uno di quei ricercatori arrivò a mostrare che il pensiero, l'apprendimento e l'azione possono «attivare» o «disattivare» i geni, modellando così l'anatomia cerebrale e il nostro comportamento. Si tratta senza dubbio di una delle scoperte più straordinarie del Novecento.
Nel corso dei miei viaggi ho incontrato uno scienziato che permetteva a persone non vedenti dalla nascita di iniziare a vedere; ho parlato con pazienti, dichiarati incurabili dopo aver subito un ictus decine di anni prima, che sono stati aiutati a guarire con trattamenti neuroplastici; ho conosciuto persone che hanno superato disturbi dell' apprendimento e che hanno migliorato il proprio QI (quoziente d'intelligenza); ho raccolto evidenze secondo cui a ottant' anni è possibile rendere più vivace la memoria in modo che funzioni come a cinquantacinque. Ho visto pazienti «ri-cablare» il loro cervello attraverso i pensieri, per risolvere traumi e ossessioni in precedenza considerati insuperabili. Ho discusso appassionatamente con dei premi Nobel su come dovremmo ripensare il nostro paradigma neurologico alla luce dell'evidenza che il cervello è in continua trasformazione.
L'idea che il cervello possa modificare la propria struttura e le proprie funzioni attraverso il pensiero e l'attività è, credo, il cambiamento di prospettiva più importante da quando abbiamo iniziato a tratteggiarne l'anatomia e il funzionamento della sua unità di base, il neurone. Come tutte le rivoluzioni, anche questa avrà profonde ripercussioni, e il libro che state leggendo, come spero, contribuirà a mostrarne alcune.
La rivoluzione neuroplastica gioca un ruolo importante nella comprensione di come l'amore, il sesso, il dolore, le relazioni, l'apprendimento, le dipendenze, la cultura, la tecnologia e le psicoterapie modificano il cervello umano. Nella misura in cui affrontano il tema della natura umana, sono coinvolte le discipline umanistiche, le scienze sociali e quelle empiriche, così come ogni forma di apprendimento. Tutte queste discipline dovranno tenere conto del fatto che il cervello modifica se stesso e che l'architettura cerebrale differisce da un individuo all' altro e si modifica nel corso della vita di ognuno.
D'altra parte la nozione di neuroplasticità presenta dei risvolti negativi, dato che presenta il cervello non solo come più ricco di risorse, ma anche maggiormente vulnerabile alle influenze esterne. La neuroplasticità ha il potere di produrre comportamenti più flessibili ma anche più rigidi: è un fenomeno che chiamo «paradosso plastico». Ironicamente, alcuni dei nostri disturbi e delle nostre abitudini più radicate sono una conseguenza di tale plasticità. Una volta che un particolare cambiamento plastico si verifica e quindi si stabilizza, può impedire che accadano altri
cambiamenti. È attraverso la comprensione degli effetti positivi e negativi della neuroplasticità che possiamo capire davvero fin dove si estendano le possibilità umane.
Dato che un termine nuovo è utile a chi pratica una disciplina nuova, vorrei chiamare «neurologi dinamici» gli studiosi che si occupano di questa nuova scienza del cervello e delle sue trasformazioni.
Ciò che segue è il racconto dei miei incontri con quegli studiosi e con i pazienti che hanno aiutato a cambiare.

INDICE

Prefazione

1. Una donna in perenne caduta ...
salvata dall' uomo che scoprì la plasticità
dei nostri sensi

2. Costruirsi un cervello migliore
Una donna considerata «ritardata» scopre come guarire se stessa

3. Rimodellare il cervello
Come uno scienziato trasforma il cervello per migliorare la percezione e la memoria, aumentare la rapidità di pensiero e per risolvere i problemi dell'apprendimento

4. Acquisire gusti e passioni
Cosa può insegnarci la neuroplasticità a proposito dell' attrazione sessuale e dell'amore

5. Sconfiggere l'oscurità
Come le vittime di ictus imparano a muoversi e a parlare di nuovo

6. Sbloccare il cervello
Come usare la plasticità per fermare ansie, ossessioni, compulsioni e cattive abitudini

7. Dolore
Il lato oscuro della plasticità

8. Immaginazione
Come il pensiero rende le cose reali

9. Trasformare i nostri fantasmi in antenati
La psicoanalisi come terapia neuroplastica

10. Ringiovanire
La scoperta delle cellule staminali neuronali, e qualche consiglio per mantenere giovane il cervello

11. Più della somma delle parti
Una donna ci mostra quanto il cervello possa essere profondamente plastico

Appendice 1.
Il cervello culturalmente modificato

Appendice 2.
La plasticità e l'idea di progresso

Ringraziamenti

Note

Indice analitico