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GLI SPRETATI - O del diritto all'apostasia

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Descrizione
 Autore:  CARLO FALCONI
 Formato:  15 X 21
 Pagine:  310
 Anno:  2003
 Editore:  KAOS EDIZIONI

 

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L'Autore 
CARLO FALCONI, (1915-1998), ordinato sacerdote nel 1938, lasciò la Chiesa nel 1949, e si dedicò a un’intensa attività saggistica e giornalistica di studioso del cattolicesimo.
    Tra le sue opere più note: Gli spretati, o del diritto all’apostasia (del 1958, ripubblicato dalla Kaos edizioni nel 2003)
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INTRODUZIONE
 
 

     “Come mai un numero casì notevole di sacerdoti e religiosi abbandona la Chiesa? .La riposta è facile: o perché, pur desiderando e volendolo, non han potuto farlo prima del­l'ordinazione o dei vati; o perché la formazione ricevuta, a un certo momento ha più tenuto e ha permesso la crisi… Le 'tre crisi principali che attendono il prete e il reli­gioso all'indomani della sua ordinazione sono: quella ses­suale, quella intellettuale e quella ambientate; ma gli ele­menti di queste crisi possono mescolarsi  e conformarsi a seconda dei casi”.                         
  Autobiografie di ex sacerdoti, ricostruzione storica del fenomeno,statistiche segrete, le vendette della Chiesa: una trattazione completa del problema degli “spretati”.
    “Gli interessati al problema della libertà religiosa non sano soltanto le minoranze perseguitate  di ogni fede:sono tutti i credenti, anzi, tutti gli uomini, purtroppo ben lonta­ni, dopo duemila anni, dall'aver realizzato l'ideale di Cristo di poter adorare Dio in spirito e verità.  Nella protesta degli appressi, che rivendica questo primordiale e più sa­crosanto dei diritti, i "paria" della Chiesa di Rama sano all’avanguardia”.

UN PERSONAGGIO NUOVO
Quello dello "spretato" è senz' altro uno dei pochi, se non l'unico personaggio rivelato per la prima volta dal cinema. Può anche darsi che il romanzo di Hervé Le Boterf abbia preceduto e ispirato l'omonimo film di Léo Joannon l. Sta di fatto, però, che il libro ha seguito la fortuna del film e non viceversa.
Prima, nessun romanzo - se si eccettua forse il solo, ma dimenticato, Un prétre marié del Barbey d'Aurevilly 2 - né alcun soggetto teatrale aveva mai osato altrettanto. E lo si spiega iacumerue. La rortuna cei prete come protagonista cn opere letterarie è recentissima 3. Incominciata in Francia nel periodo tra le due guerre mondiali, ha dilagato e persino un po' imperversato soprattutto nel primo decennio del dopoguerra, e oggi ancora sembra tutt'altro che vicina a entrare in crisi. Naturalmente, con la figura del prete, sono venuti di moda, ma in tononettamente minore, vescovi, cardinali, religiosi e, in numero forse anche più notevole, suore. Non occorre davvero citar titoli di libri o di film. Chiunque ne è al corrente 4. Questi altri personaggi, però, sono, per così dire, la coniugazione di quello fondamentale del prete, delle sue variazioni assolutamente secondarie. Il personaggio prete, d'altra parte, è entrato in modo diverso nella letteratura e nel cinema. Più libera del cinema nelle sue indagini e nella loro resa, ma anche più portata alla sofisticazione e all' audacia, la letteratura ha preferito nel prete la paradossalità della sua vita interiore e del suo destino; il cinema, la sua umanità, verrebbe da dire la sua naturalità: anziché l'uomo al limite di due mondi - il divino e l'umano - l'uomo come tutti: più che il cosiddetto uomo di Dio, l'uomo in tutto simile ai propri simili s. L'origine letterario-bernanosiana del nuovo personaggio (Bernanos è stato il grande inventore del prete disumano, dilacerato, su un'invisibile croce, tra Dio e Satana) 6 confluì a tratti con quella anglosassone-naturalistica in pellicole come lo confesso di A. Hitchcock, e specialmente la Croce di fuoco di J. Ford, ma per poco. La banale convenzionalità del cliché naturalista - appena pigmentata di humour, come surrogato di soprannaturalità, in qualche film inglese, tipo Father Brown - riprese il sopravvento.
La monotonia venne comunque abilmente scongiurata con una esplorazione abbastanza sagace della ricca tematica offerta dal sacerdozio cattolico o, che è quasi lo stesso, dalla vocazione religiosa (La mano sinistra di Dio di Edward Dmytrich, Corpo e anima di John Huston, La sposa del mare di Bob McNaught, ecc.). E se non si è osato di più, soprattutto se non si è approfondito di più in certe direzioni, le ragioni (tutte estrinseche) sono anche troppo evidenti 7.
Il personaggio prete avvinse a tal punto le fantasie, con la ricchezza in sospettata dei suoi aspetti, che non fu facile pensare subito alle sue antitesi e alla sua negazione. L'antitesi vera, anzi, a ben riflettere, l'unica autenticamente tragica, del prete, è quella del traditore del sacerdozio 8, il quale, tuttavia, continua a vivere e a sfruttare il suo stato celando nella menzogna

il proprio tradimento e mangiando e bevendo così - come ha detto San Paolo - con quotidiana indifferenza, la propria condanna. Mentre una antitesi senz'altro più blanda è quella del transfuga dagli obblighi e doveri che la fede conservata continua a fargli ritenere sacri e supremi, ma ai quali si è sottratto per non riuscire a sopportare la mediocrità della sua Chiesa, oppure, molto più spesso, per non saper resistere alle rinunce che vi sono connesse. Non più antitesi, ma vera e propria cancellazione del sacerdozio, se è lecito esprimersi in questo modo, è infine quella di chi, venutagli meno per lento e meditato processo la fede, non solo nella propria missione, ma addirittura nella Chiesa se non proprio in Dio stesso, abbandona il suo stato di "consacrato" e ritorna nel mondo per vivervi in coerenza al suo nuovo credo laico.
La Chiesa cattolica (come si vedrà), definisce apostata chiunque - laico, chierico o religioso - abiuri esplicitamente o implicitamente, purché in modo notorio, la propria fede, oppure abbandoni visibilmente lo stato sacerdotale o religioso (apostata deriva dal verbo greco aqnò't'Y] !-t L che significa «mi distacco, mi separo»). L'incredulo, che nasconde nel segreto della propria coscienza il rinnegamento delle proprie credenze, non è quindi apostata in senso proprio e non cade, di conseguenza, sotto le "pene vendicative" della Chiesa.
Il termine apostata è comunque d'uso esclusivamente ecclesiastico. Gli epiteti che qualificano nell'uso comune gli apostati dal sacerdozio e dallo stato religioso sono invece quelli di ex preti, ex frati, ex monache, ecc. E ciò anche nel caso che il ritorno alla vita secolare ("secolarizzazione") sia stato approvato o consentito dalla Chiesa. I termini spretati, sfratati, smonacate, sono loro sinonimi e non implicano, di per sé, quel senso peggiorativo, o addirittura infamante, che spesso tuttavia li accompagna (per questo sono sfuggiti dalle persone interessate, ma, particolare curioso, anche dai loro ex confratelli fedeli alla Chiesa, qualunque sia il loro grado di intransigenza e di intolleranza).
Come si vede, tanto l'epiteto di apostata come quello di spretato sono del tutto ambigui, abbracciando categorie affatto diverse sul piano morale (la seconda e la terza appena citate) ed escludendo ne altre (la prima ricordata, con tutte le sue ovvie gradazioni) ben più importanti. E questo è tutt' altro che irrilevante se si vogliono evitare equivoci a proposito del nuovo personaggio di cui il film di Léo Joannon ha voluto essere la rivelazione 9. TI protagonista di Joannon, infatti, non è che un tipo di spretato e per nulla affatto lo spretato. Morand è anzi così poco l'antitesi del prete, che del prete (ideale) ha conservato tutto fuorché l'attività in sacris: ha conservato l'inumano isolamento, la noncuranza per il denaro, la castità, il disprezzo umano, e persino la fede, visto che il suo risentimento è così implacabile verso tutto ciò che nella Chiesa contraddice la Chiesa e sfigura il Cristianesimo. Morand è a tal punto "un puro" che l'intransigenza della purezza diviene in lui una prova per assurdo della sua fedeltà alla Chiesa e allo stesso sacerdozio. Quando Gérard gli dice: «Ad onta delle tue imprecazioni contro la Chiesa, tu emani Dio .... tu trascini a Dio» IO, non indulge a delle belle frasi: coglie nel segno una realtà profonda, che sarà poi il primo a dimenticare, ahimè quanto goffamente, fino alle più grottesche provocazioni.
Joannon ha rovinato la sua splendida occasione tentando di infondere un' anima e soprattutto una tragicità bemanosiana al vecchio e ultrafrusto personaggio-c1iché della apologetica popolare. Non per niente il suo spretato è nato da una delle più assurde e inconcepibili congiunzioni - la letteratura sofisticata e pseudo-mistica, e lo spirito missionario, non rifuggente, pur di trionfare, da bassezze e calunnie di infima lega. Da questa commistione di sangui guasti il suo eroe è fatalmente corroso dall'inizio alla fine della vicenda: una vicenda che punta esclusivamente sul crescendo melodrammatico, a colpi di scena convulsi, frenetici, da baraccone di fiera, senza che mai il suo regista sia sfiorato dal dubbio che il povero ribelle è in realtà così vici