SCIENZA E FEDE IN DIALOGO - I fondamenti
Autore: | Alister E. McGrath |
Formato: | 17 X 24 |
Pagine: | 315 |
Anno: | 2006 |
Editore: | CLAUDIANA |
L'Autore Alister E. McGrath, stotico e teologo, è uno dei maggiori specialisti britannici della Riforma protestante. È "Principal" della Wycliffe Hall di Oxford, docente di storia della teologia all'Università di Oxford e di teologia sistematica al Regent Collage di Vancouver (Canadà); è "visiting professor" alla Drew University di Madison nel New Jersy (USA) e all'Università di Melbourne (Autralia). |
SCIENZA E FEDE IN DIALOGO - I fondamenti
RETROCOPERTINA
Scienza e fede in dialogo esplora il rapporto tra scienze naturali e religione concentrando in particolare l'attenzione sul cristianesimo. Il volume studia in modo in cui religione e scienze naturali si differenziano, nondimeno, in una veste serie di ambiti convergono riguardo a questioni di notevole importanza.
Per McGrath gran è necessario esaminare il rapporto tra la teologia cristiana e le scienze naturali a livello di metodo, vale a dire del modo in cui la realtà viene colta, indagata e rappresentata.
Lo studio si dipana da tre punti di indagine fondamentali: l'inesplicabilità del mondo, il modo in cui la nostra riflessione sulla natura delle cose e controllata o modulata da come sono le cose stesse e infine il modo in cui viene rappresentato il mondo esterno.
Di grande interesse per quanti fanno ricerca, studia e operano nel campo della scienza e della religione, della teologia cristiana e della storia nonché della filosofia della scienza, questo libro è il frutto di oltre vent'anni di studio in ambito scientifico e teologico.
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Ricominciare da capo
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Questo libro è il primo di una serie di lavori volti ad analizzare i rapporti tra le scienze naturali e le religioni da diversi punti di vista: storico, filosofico, scientifico e teologico. Tenendo conto della vasta portata di tale progetto, questo capitolo cercherà di presentare e di spiegare la funzione specifica di questo primo volume della serie.
1.1 Scienza e religione: affrontarsi o dialogare?
Il rapporto tra la religione e le scienze naturali è uno degli argomenti più affascinanti, controversi e potenzialmente stimolanti che si possano studiare. È vero che certi autori hanno definito la «scienza naturale» in termini fortemente antireligìosi, per poi passare a dimostrare che le scienze naturali si contrappongono alla religione. Con ciò, non vogliamo indebitamente denigrare i successi dell'intelletto. Occorre tuttavia notare, in primo luogo, che definire a priori la scienza in quei termini pregiudica la conclusione, e che, in secondo luogo, tale definizione travalica largamente la comune affermazione attuale del che cosa costituisca una «scienza» o un metodo «scientifico» di vedere le cose.
Una «scienza» può essere ragionevolmente definita come «qualsiasi ambito di studio sistematico o insieme di conoscenze che tenda, mediante l'osservazione, la sperimentazione e la deduzione, a produrre un'attendibile spiegazione di funzioni attinenti al mondo materiale o fisico» (LAFFERTY e ROWE 1993) ovvero «l'osservazione sistematica di eventi e condizioni naturali, allo scopo di scoprire dei dati che li ri- guardano e di formulare leggi e principi basati su quei dati» (MoRRIS 1992). In linea generale, le scienze naturali sono neutrali nei confronti della religione, non esigendo l'accettazione o il rifiuto di qualsiasi credenza religiosa né a priori, né a posteriori1.
La maggior parte degli scienziati presuppone che qualsiasi considerazione sull'influenza o sulla partecipazione di Dio all' ordine naturale sia del tutto irrilevante al fine specifico di cercare una spiegazione oggettiva dei modelli che vi si riscontrano. Ciò può essere più correttamente considerato come un presupposto operativo riguardante l'ambito specifico delle scienze naturali, piuttosto che come un convincimento profondo sulla natura e sull'attività di Dio.
Senza dubbio, l'interazione tra religione e scienze naturali è diventata uno dei campi più significativi della ricerca intellettuale degli ultimi anni. La fioritura di studi eruditi sulla storia sociale e intellettuale del Medioevo e del Rinascimento, il rinnovato interesse per la storia e la filosofia delle scienze naturali e la crescente consapevolezza dei difetti e degli stereotipi tradizionali inerenti ai dibattiti su «scienza e religione» hanno eroso quelle che un tempo parevano salde barriere tra discipline e hanno aperto nuove possibilità di dialogo. Non a caso, negli ultimi anni è stata pubblicata una piccola valanga di opere dedicate all'esame del profilo che possono assumere i dialoghi, attuali o potenziali, tra le due discipline (si veda, per esempio, O'HEAR 1984; SCHOEN 1985a; CLAYTON 1989; HUYSSTEEN 1989; BANNER 1990; MURPHY 1990; RICHARDSON E WILDMAN 1996); opere che spesso si concentravano sulla personalità di scienziati e di teologi particolarmente importanti per quel dialogo (si veda, per esempio, AVIS 1990; POLKINGHORNE 1996; WORTHING 1996).
Un altro fenomeno molto importante è stato l'abbandono generale di quelle che potremmo chiamare le modalità «liberali» o «attualiste» in storiografia: di quegli atteggiamenti, cioè, che cercano di rintracciare nel passato il sorgere delle attuali forme di comprensione dei problemi (di cui si presuppone la correttezza). Il passato viene dunque interpretato (e giudicato) dal punto di vista del presente, lodando in pratica coloro che con lungimiranza avevano visto giusto, e scartando quelli che avevano sviluppato ipotesi o linee di ricerca rivelatesi errate. Ormai è largamente accettata l'idea secondo cui lo storico della scienza deve sforzarsi di capire ciò che gli scienziati del passato pensavano e facevano nel loro contesto storico (KRAGH 1987). Ci vuole spesso una grande capacità di immedesimarsi negli uomini del passato se si vuol capire che cosa risultasse loro plausibile, specialmente se lo si confronta con la visione attuale dei fatti. Tale facoltà è tuttavia indispensabile, se non altro perché permette di capire in qualche misura il modo in cui la plausibilità delle concezioni scientifiche (passate o presenti) viene pesantemente condizionata dai presupposti sociali ed economici che di volta in volta prevalgono2.
La presa di coscienza di tale realtà ha contribuito non poco a riabilitare le credenze religiose quali elementi significativi per lo sviluppo storico e attuale delle scienze naturali. È un puro dato di fatto che le credenze religiose hanno avuto e hanno tuttora un'influenza sul pensiero scientifico, indipendentemente dal fatto che la si giudichi corretta o meno. La comprensione dei ruoli specifici che le religioni hanno esercitato e tuttora esercitano sulle scienze naturali (per esempio nell'influenzare o nel determinare le strutture di plausibilità) è pertanto estremamente interessante e importante.
Non c'è quindi motivo di scusarsi se si aggiunge ancora un volume alla crescente letteratura in tema di scienza e religione. Un ulteriore esame del rapporto reciproco tra le due discipline non è soltanto intellettualmente stimolante, ma è pure molto importante per il futuro della civiltà umana. La storia di quel rapporto ha subìto una degenerazione perché nel presentarla si è fatto uso prevalentemente di metafore militaristiche e imperialistiche (specialmente quella del conflitto), unitamente a una generale e reciproca mancanza di conoscenza e di rispetto. Il decennio degli anni Sessanta ha promosso l'idea, largamente avanzata e sostenuta da certe scuole di sociologia, secondo cui la religione era in costante declino, mentre un mondo perfettamente secolarizzato si sarebbe affermato in un futuro molto prossimo (BRUCE 1992).
Tale idea, in quegli anni, sembrava perfettamente credibile. Nel 1965 , per qualche settimana, la teologia ebbe un posto nelle prime pagine dei giornali statunitensi, dopo che la rivista Time ebbe pubblicato una prima di copertina in cui si dichiarava che Dio è morto. Slogan come «Dio è morto» o «la morte di Dio» suscitarono l'interesse di tutto il paese. La rivista Christian Century, nella sua edizione del 16 febbraio 1966, offriva ai lettori un satirico formulario di adesione al «Club Dio è Morto». Cominciarono a circolare in dotte riviste (forse più negli Stati Uniti che non in Italia, N.d.T.) delle parole nuove come «teotanasia» o «teotanatologia», mentre «teotanatopsì» ronzava in molte teste, prima di cadere felicemente nel dimenticatoio.
Un altro indice della pressoché totale inutilità di un qualsiasi dialogo serio tra scienza e religione veniva dall'idea molto generalizzata secondo cui, man mano che le credenze e le pratiche della visione «scientifica» del mondo si generalizzavano nella cultura occidentale, il numero degli scienziati praticanti una qualsiasi religione si sarebbe ridotto fino a diventare insignificante. Un tale presupposto era basato su di un'inchiesta, condotta nel 1916, sulle concezioni religiose degli scienziati, che evidenziava come il 40% degli uomini di scienza aderisse a una qualche forma di religiosità personale (LEUBA 1916). A quell' epoca tale risultato venne interpretato come una formidabile conferma dell'idea che una parte importante di un paese, noto per la sua religiosità, tendeva all'incredulità3, Linchiesta venne ripetuta nel 1966 e dimostrò che non c'era stato nessun calo significativo nella frazione degli scienziati che conservavano quelle credenze (LARSON e WITHAM 1997), mettendo così seriamente in questione la convinzione popolare secondo cui la fede religiosa continua a declinare tra gli scienziati. Se il 40% di coloro che operano attivamente nelle scienze naturali ha serie credenze religiose, ciò vuol dire che i rapporti tra le scienze e la religione rimangono tuttora una questione rilevante.
Alla luce di quell'assoluta convinzione - tipica degli inizi del XIX secolo - di un'imminente scomparsa della religione dalla cultura occidentale, pareva che un dialogo tra scienza e religione sarebbe stato del tutto infruttuoso. Che senso ci sarebbe, infatti, a esplorare una frontiera destinata ben presto a sparire? Viceversa, quel dialogo è stato reso imperativamente necessario dalla rinascita della religione su scala mondiale. Per esempio il cristianesimo, l'islam e il giudaismo hanno sperimentato ondate di rinnovamento, in forme spesso decisamente militanti (KEPEL 1991). Perpetuare la semplicistica metafora di una «guerra tra scienza e religione» è non soltanto una posizione discutibile dal punto di vista storico e intellettuale (si veda l'abbondante materiale raccolto da LINDBERG e NUMBERS 1984; NUMBERS 1985), ma potrebbe essere considerato come un incoraggiamento indiretto a estendere quella «guerra» dall'ambito delle pure idee alla realtà in carne e ossa. In questa nuova situazione culturale è della massima importanza che il dialogo tra scienza e religione avvenga sulla base del rispetto reciproco, condito con un'abbondante dose di umiltà da parte di entrambi. Negli ultimi dieci anni abbiamo assistito a una leggera ma indubbia modifica di atteggiamenti secondo le linee suddette, che si evidenzia in importanti opere di scienziati, come On Dialogue (Sul dialogo) di David Bohm (Bohm 1996), e che questo nostro libro intende incoraggiare oltre che farvi riferimento.
Ma prima di esporre il particolare approccio di questo libro al problema, è opportuno spiegare quale ne è stata l'origine.
1.2 Genesi di un progetto
Il progetto, di cui questo scritto costituisce la prima parte, cominciò a prendere forma una ventina d'anni fa. Il contesto dal quale è emerso questo libro ne ha largamente determinato la struttura e il modo di affrontare i problemi, perciò mi è parso utile cominciare col dire in che modo è venuto alla luce. Sono sempre stato affascinato dal mondo del- la natura; quando avevo circa dieci anni mi costruii un piccolo telescopio per poter cominciare a esplorare il cielo. Un vecchio microscopio, che era appartenuto a un prozio patologo al Royal Victoria Hospital mi permise, più o meno in quegli anni, di cominciare a studiare seriamente la biologia.
All'età di tredici anni, cioè appena certe scelte sono possibili nel sistema scolastico britannico, decisi di specializzarmi in matematica e scienze naturali. A quindici anni limitai ulteriormente la sfera dei miei interessi alla matematica, alla chimica e alla fisica. Nel 1970, diciassettenne, vinsi una cospicua borsa di studio all'Università di Oxford per studiarvi la chimica. A quel tempo la religione non mi interessava affatto e tendevo a pensare che cristianesimo e scienze naturali fossero incompatibili. .. in base alle irremovibili certezze sulla vita condivise largamente dai ragazzi.
Il mio atteggiamento verso il cristianesimo cambiò nettamente durante il primo semestre a Oxford, nel 1971, quando cominciai a rendermi conto che esso possiede un'attrattiva, un'onestà intellettuale e una capacità di ripresa molto maggiori di quanto non avessi immaginato. Perciò il rapporto tra la teologia cristiana e le scienze naturali divenne per me di un certo interesse e dedicai gran parte del mio tempo libero a dilettarmi di teologia cristiana, mentre proseguivo i miei studi scientifici. A quel tempo la Final Honour School in Natural Philosophy (chimica) dell'Università di Oxford prevedeva un quadriennio: l'ultimo anno era dedicato a un progetto di ricerca, mentre i primi tre si concentravano sulle tre branche principali della chimica: organica, inorganica e fisica, e permettevano un certo grado di specializzazione mediante lo studio di «materie particolari». Scelsi di specializzarmi nel campo della teoria dei quanti durante la prima parte del corso, quindi,... continua
NOTE
1. Si può ricordare a questo proposito che Sigmund Freud ammetteva che l'applicazione di metodi scientifici non conduce necessariamente a una visione scientifica del mondo: si vedano gli attenti studi di RICOEUR 1970 e KÙNG 1979.
2. A un certo livello la percezione dell'importanza dei fattori sociali ha motivato l'emergere di un «programma forte» nella sociologia della conoscenza (MANICAS E ROSE BERG 1985), che sottolinea il ruolo delle pressioni sociali e culturali nella formazione e nell'accettazione delle teorie scientifiche. La forma più persuasiva di questo programma si trova nel classico studio di Shapin e Schaffer sullo statuto della prova sperimentale nella controversia tra Robert Boyle e Thomas Hobbes. La nozione di «verità scientifica», si sostiene, è una costruzione sociale, determinata in larga misura da fattori sociali e culturali. Questo modo di vedere le cose si è urtato con una vigorosa contestazione (si vedano NORRIS 1997, pp. 218-47, pp. 265-94) anche per la sua apparente indifferenza nei riguardi della impressionante lista di successi ottenuti dalle scienze naturali nel campo delle spiegazioni e delle previsioni.
3. Questa inchiesta ha avuto non poca influenza nel mostrare la crescita dell'agnosticismo 1989;NUMBERStra gli accademici americani e nello stimolare le reazioni dei cristiani conservatori (LARSON 1989; NUMBERS 1992; MARSDEN 1994)
INDICE
1. Ricominciare da capo
1.1 Scienza e religione: affrontarsi o dialogare?
1.2 Genesi di un progetto
1.3 Ricominciare da capo
1.3.1 Un cambiamento culturale: l'ascesa inesorabile del postmodernismo
1.3.2 Un cambiamento filosofico: la lenta morte del fondazionismo
1.3.3 Il perpetuarsi di stereotipi sorpassati
1.4 Il predominio dei modelli di «conflitto» tra scienza e religione
1.4.1 La religione nemica della scienza
1.4.2 La scienza come nemica della religione
1.4.3 Verso una soluzione del conflitto?
1.5 Come affrontare il problema
2. La ricerca dell' ordine
2.1 La dottrina della Creazione
2.1.1 La creazione: breve analisi teologica
2.1.2 La minaccia dello gnosticismo
2.1.3 Tre modelli di creazione
2.1.4 La creazione e il tempo
2.1.5 Creazione ed ecologia
2.2 Aspetti della creazione: l'ordine
2.2.1 L'ordine creato e l'uniformità della natura
2.2.2 Ordinamento e leggi di natura
Ordine e caos
Le leggi naturali: basi teoriche
Dio e le leggi naturali
Considerazioni filosofiche sulle leggi naturali
L'analisi dell'ordine: il caso di Linneo
Ordine e meccanismo: da Newton a Paley
Sulla simmetria nella fisica e nella matematica
Il significato religioso dell'ordine naturale
2.3 Aspetti della creazione: la bellezza
2.3.1 Gli aspetti religiosi della bellezza
2.3.2 La bellezza nelle scienze naturali
2.4 Conclusione
3. L'investigazione del mondo
3.1 Sperimentazione e rivelazione: fondamentalmente divergenti?
3.1.1 Le scienze naturali: la sperimentazione
3.1.2 Religione: la rivelazione
3.2 Linterpretazione dell'esperienza
3.2.1 Pierre Duhem tra teoria ed esperienza
3.2.2 L'esperienza può invalidare la dottrina? Un caso tipico
3.3 Una via di mezzo? Lordine della natura e la teologia naturale
3.3.1 Tre approcci alla teologia naturale
3.3.2 Teologia naturale e teologia rivelata
Obiezioni teologiche alla teologia naturale
Obiezioni filosofiche alla teologia naturale
Obiezioni contro la teologia naturale dal punto di vista storico
3.3.3 Scienza naturale e teologia naturale: il principio antropico
3.4 Creazione e interpretazione biblica
3.4.1 Linterpretazione agostiniana della Bibbia e delle scienze
3.4.2 Tipi di interpretazione biblica
3.4.3 Ladattamento e i dibattiti copemicani
3.4.4 Gli evangelicali e le scienze naturali
3.5 Inferenza alla migliore spiegazione
3.5.1 La spiegazione migliore: analisi di un caso
3.5.2 Spiegazione ed escatologia: una prospettiva teologica
3.6 Conclusione
4. La realtà del mondo
4.1 Il realismo, ossia l'affermazione di una realtà indipendente
4.1.1 La critica di Michael Dummett al realismo
4.1.2 La critica di Bas van Fraassen al realismo
4.1.3 Una risposta a Dummett e a van Fraassen
4.1.4 Il dibattito teologico sul realismo
4.2 Realismo critico nella scienza e nella teologia: opinioni convergenti
4.2.1 La realtà esiste indipendentemente dalla nostra attività mentale
4.2.2 L'intelligibilità del reale
4.2.3 Il rapporto tra termini teorici e osservabili
4.2.4 La funzione di una comunità interpretante
4.3 Conclusione
5. La rappresentazione del mondo
5.1 Analogie tra scienza e religione
5.1.1 L'uso dell'analogia nelle scienze
Pensiero analogico e spiegazione scientifica
I limiti dell'analogia: la «selezione naturale»
Analogie errate: neodarwinismo e selezione
Guardare attraverso un vetro scuro: i limiti delle analogie
5.1.2 L'uso delle analogie nella teologia
5.1.3 L'uso delle analogie nella scienza e nella religione
5.2 Analogie e visualizzazione: complementarità di scienza e religione
5.2.1 Niels Bohr e la complementarità
Le origini della complementarità: da Einstein a Heisenberg
Bohr formula il principio di complementarità
La complementarità e l'indispensabilità dei concetti classici
5.2.2 Complementarità e teologia
Prime riflessioni su teologia e complementarità
Bohr, Barth e Torrance sulla complementarità
La complementarità e la genesi della cristologia classica
5.3 Conclusione
Al posto della conclusione oltre il conflitto
Bibliografia
Indice dei nomi
Indice dei passi biblici
Indice degli argomenti