DALLA NOTTE FONDA - SPUNTA IL MATTINO: Franz Wohlfahrt sopravvissuto al Terrore Nazista
Autore: | LEISELOTTE WÖLBITSCH |
Formato: | 15 X 21 |
Pagine: | 368 |
Anno: | 2014 |
Editore: | AZZURRA7 EDITRICE |
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DALLA NOTTE FONDA - SPUNTA IL MATTINO: Franz Wohlfahrt sopravvissuto al Terrore Nazista
DALLA NOTTE FONDA
SPUNTA IL MATTINO
“Se non si può ricordare il passato si è condannati a ripeterlo”.
George Santayana, filosofo americano di origine ispanica (in La vita della ragione).
"Sii saggio, figlio mio, e rallegra il mio cuore, affinché io possa rispondere a chi mi biasima"
Il Creatore dell'Universo e dell'uomo: YeHoWaH (in Prov. 27:11)
Formato 15 x 21 - pag. 368 - €. 10,00
RETROCOPERTINA
Il Sopravissuto: Franz Wohlfahrt è nato il 18 gennaio 1920, condannato a cinque anni di prigione il 29 maggio 1940 per obiezione di coscienza al servizio militare. Dall'aprile 1940 fino al gennaio 1941 fu detenuto in varie prigioni, dal gennaio 1941 al 24 marzo 1945 nel campo di concentramento nazista di Rollwald in Germania.
Suo padre Gregor fu decapitato il 7 dicembre 1939 a Berlino-Plötzensee, suo fratello Gregor giustiziato il 14 marzo 1942 a Brandeburgo. Tutti e due come obiettori di coscienza al servizio militare.
I suoi fratelli Ida, Anna, Kristian e Willibald furono sottratti alla madre Barbara e messi in istituti di rieducazione nazisti o al servizio di famiglie naziste.
La foto di Franz Wohlfahrt è stata fatta durante un'intervista in occasione del progetto Holocaust Memorial Museum a Washington D. C. il 7 dicembre 1989, a 50 anni esatti dall'esecuzione capitale di suo padre.
L'Accademico: “Un uomo narra una storia, la sua. Una donna l'ascolta e la scrive, coinvolta emotivamente nella sorte del narratore. Che cosa c'è di notevole nel fatto che la storia sia messa in un libro?
Franz Wohlfahrt racconta un pezzo di storia taciuta, una storia che ha condiviso con un gruppo relativamente piccolo di compagni di fede e di sofferenza. Si tratta dei Testimoni di Geova della Carinzia, perseguitati crudelmente, torturati e messi a morte dai nazisti. La loro sorte è stata ignorata per 50 anni dalla ricerca storica.” Prof. Peter Gstettner
L'Autrice: Lieselotte Wölbitsch, è nata a Innsbruck nel 1964. I 4 anni vissuti negli USA e gli studi di giornalismo alla Mercer University ad Atlanta in Georgia le hanno lasciato profonde impressioni. In seguito ha assunto la gestione commerciale di un ente turistico nel Tirolo. Dal 1995 vive nella Carinzia.
PROLOGO ALL’EDIZIONE ITALIANA
Olocausto, Shoah: sono trascorsi tre quarti di secolo da allora. Di conseguenza ci chiediamo: ha significato, oggi, parlare ancora di Olocausto? Di che utilità può essere “la memoria” di un avvenimento che, seppur tragico, sembra non appartenere più al nostro tempo? Inoltre, che interesse potrebbe avere un editore che decide di riproporre ai suoi lettori storie come quella di questo libro che abbiamo accettato volentieri di pubblicare, ma che appartengono ad un filone trito e ritrito di cui si pensa di sapere ormai tutto? Domande subdole, se non capziose che sembrano volere provocare o essere le considerazioni di un revisionista che non sa di essere tale.
Se devo imitare il filosofo danese Soren Kierkegaard e rivolgermi al “mio lettore”, voglio rassicurarlo che come editore non solo penso che oggi abbia ancora valore e significato parlare di Olocausto. Per le ragioni che esporrò più avanti, quella che sull’Olocausto è considerata, semplicisticamente, storia trita e ritrita, conosciuta e superata, a mio avviso è ben lontana dall’essere compiutamente conosciuta e può sembrare inverosimile, proprio nei particolari macroscopici. Particolari che riguardano per esempio, il reale numero delle vittime, o il considerevole numero di siti geografici che in quella storia furono impli-cati.
A tal proposito il britannico The Indipendent del 3 marzo 2013, titolava:
"Has Holocaust history just been rewritten? Astoni-shing new research shows Nazi camp network targeting Jews was 'twice as big as previously thought" osservando che: «La rete di campi e ghetti creati dai nazisti per mettere in atto l'Olocausto e perseguitare milioni di vittime in tutta Europa, era molto più grande e sistematica di quanto si potesse credere, secondo una nuova ricerca accademica».
Il New York Times, da canto suo, affermava: «The Holocaust Just Got More Shocking»
La notizia ripresa dai media di tutto il mondo1 e da tutti i più importanti quotidiani e reti televisive italiane, annunciava una storia sull’Olocausto che molto probabilmente era tutta da riscrivere secondo una qualificata ricerca condotta da studiosi dell’United States Holocaust Memorial Museum di Washington. Gli studiosi di quello che è ritenuto, insieme a quello di Yad Vashem, uno dei musei più importanti del mondo, grazie all'aiuto di centinaia di collaboratori, hanno ricercato le prove in tutta Europa di quella che fu la reale portata dell'Olocausto, con la previsione che il loro studio si concluderà fra un anno, ovvero nel 2015. La ricerca parte da basi scioccanti. Solo 6.000.000 gli ebrei uccisi? Magari! Potrebbe essere l’amara e purtroppo cinica risposta.
Gli studiosi dell’USHMM valutano in 15-20 milioni il probabile numero delle vittime e in più di 42.000 i siti geografici che furono implicati in un modo o in un altro nell’Olocausto. Cifre da capogiro2, cifre che, se confermate, riscriverebbero davvero la storia. Cifre che, se provate, rappresenteranno un ulteriore ed inequivocabile capo di accusa per coloro che si sono giustificati con l’indifferente ed ipocrita “non sapevo”.
Una storia quindi tutta ancora da riscrivere e sapere, conoscere profondamente per poter tentare di capire come mai nel secolo dei genocidi, il più grande ed il più efferato riservi ancora amare sorprese. L’Olocausto in cui si consumarono i drammi di milioni di uomini e di intere famiglie è consistito in un dramma che culminò nel loro annientamento in ambienti volutamente disumanizzati da parte di criminali seriali quali furono i nazisti, un dramma la cui portata probabilmente è sottovalutata e misconosciuta anche dalla storia ufficiale.
Ha significato quindi parlare ancora di Olocausto? Come editore rispondo assolutamente di sì! Pensiamo ai molti sopravissuti che subirono quel dramma; che siano essi ancora vivi, oppure no, molti di loro hanno raccontato come sono usciti vivi da un luogo di morte. Stiamo parlando quindi di storia contemporanea, storia che mi appartiene ed appartiene a tutti noi “testimoni di seconda mano” più prossimi agli avvenimenti che portarono molti innocenti nei lager.
Storia che non possiamo ignorare, e verso cui non possiamo rimanere indifferenti, non avendo nessuna garanzia che non possa riproporsi di nuovo, partendo proprio dalla constatazione che, da quel dramma feroce e tracotante svoltosi sul palcoscenico europeo, il genere umano non ne ha tratto profitto né ha imparato alcunché.
L’evidenza del ripetersi di identici e feroci genocidi perpetuati fino ai nostri giorni, con sinistre somiglianze a quello che fu l'Olocausto degli olocausti europei, ha oggi una nuova evidenza. È stato esportato anche in altri continenti, il che non è proprio un buon segnale. Basti pensare, ma la lista sarebbe ben più lunga, all’asiatica Cambogia di Pol Pot (1975-1979), dove anziani, donne e bambini, furono facili vittime del genocidio di un milione e mezzo di persone. O all’africano Ruanda (1994), dove furono massacrati senza nessuna pietà oltre un milione di persone, a colpi di bastoni chiodati, machete ed armi da fuoco.
Conoscere l’Olocausto, penso sia il dovere di ogni essere umano riflessivo e moralmente sensibile. Personalmente penso che la preoccupazione espressa nel libro di Davide Bidussa “Dopo l’ultimo testimone”, dove l’autore, indagando sulla retorica della memoria pubblica, paventa fondatamente che tra pochi anni non ci saranno più testimoni oculari a raccontarci di aver visto con i propri occhi l'orrore dei massacri, dovrebbe farci seriamente riflettere.
Conoscere l’Olocausto e ritenerne la sua memoria, per misurarne anche il grado di ferocia di popoli che direttamente o indirettamente furono responsabili dell’eccidio dei propri simili, è importante anche per constatare obiettivamente quanto fallimentare possa essere in pratica una evoluzione culturale che ahimè, non viaggia di pari passo con quella etica. No, mio caro lettore, non ci fu nessuna garanzia di un’etica giusta tedesca nella patria di Kant, Hegel, Fichte, Schelling, Nietzsche, Schopenhauer, Heidegger e Jaspers, nessuna in quella che era stata la patria di Bach e Wagner e nessuna nella terra che dette i natali a Goethe.
Decenni prima dell’Olocausto il poeta tedesco Heine aveva sentenziato: ”Dovunque si bruciano i libri, si finisce per bruciare anche gli uomini”. Aveva ragione e fu proprio la sua nazione che avrebbe sperimentato decenni dopo quella sua sentenza in una escalation che iniziò con l'intolleranza, proseguì con la persecuzione, quindi continuò con l'internamento che si concluse infine con l'annientamento nelle camere a gas. Un’escalation che dimostrò l’applicazione di un’etica senza Dio, anche se secondo alcuni l’”etica“ applicata fu quella di un altro dio, ispiratore e grande burattinaio di quell'eccidio planetario.
Al Memoriale della Shoah della Stazione Centrale di Milano, capeggia una scritta a caratteri cubitali: INDIFFERENZA. Liliana Segre3 una delle bambine ebree de-portare dal famigerato binario 21 e sopravissute al campo di sterminio di Auschwitz, spiega nelle sue conferenze che fu proprio l’indifferenza a poter favorire la Shoah, l’indifferenza di chi non voleva né capire né sapere né impicciarsi, di chi chiudeva le finestre mentre i camion carichi di ebrei e di deportati politici passavano nella civilissima e colta città di Milano degli anni ‘40, per portare la propria “merce” al triste e noto binario 21, con destinazione Auschwitz o Matahuesen.
L’indifferente potrebbe essere in ognuno di noi; è indifferente, a mio avviso, anche chi rifiuta di conoscere, chi non desidera sapere ed approfondire il genocidio di milioni di persone, nostri simili. È indifferente chiunque consideri quasi normale l'avvenimento più anormale di tutti i secoli dei secoli. La memoria da conservare, e anzi da ampliare sull'Olocausto, dovrebbe essere l'imperativo di ogni essere civile.
Non furono solo gli ebrei ed i politici gli unici ad essere deportati ed internati nei campi di concentramento e di sterminio. Ci furono altre categorie, delle quali solo recentemente l'opinione pubblica mondiale si è occupata, grazie anche al contributo prezioso di ricerche e convegni svolti da musei, come l’USHMM. Queste categorie includevano i Rom, gli slavi, prigionieri di guerra russi, e poi ariani, tedeschi omosessuali e tedeschi Testimoni di Geova, l'unica confessione religiosa ad essere di fatto perseguitata. L'unica confessione religiosa che si rifiutò di fare il saluto nazista e di impugnare le armi. Una delle tantissime testimonianze sul loro comportamento nei campi è stato quello di Anna Pawelczynska, sociologa polacca so-pravvissuta ad Auschwitz, che affermò:
"Raffrontato all'immensa comunità di Auschwitz, i testimoni di Geova formavano solo un piccolo gruppetto poco appariscente [...] Ciò nondimeno, il colore [viola] del loro distintivo triangolare spiccava così nettamente nel campo che il piccolo numero non rispecchiava la forza effettiva di quel gruppo. Questo gruppo di detenuti costituiva una salda forza ideologica ed essi vinsero la loro battaglia contro il nazismo. Il gruppo tedesco della setta era stato una minuscola isola d'instancabile resistenza in seno a una nazione terrorizzata, e continuarono ad avere quello stesso spirito impavido nel campo di Auschwitz. Essi riuscirono a guadagnarsi il rispetto dei compagni di prigionia [...], dei kapò e persino degli ufficiali delle SS. Tutti sapevano che nessun 'Bibelforscher' (testimone di Geova) avrebbe ubbidito a un ordine contrario alla sua fede e alle sue convinzioni religiose, o compiuto alcuna azione contro qualche altra persona, anche se quella persona fosse stata un assassino o un ufficiale delle SS. D'altra parte egli avrebbe svolto qualsiasi altro compito, anche il più umiliante, secondo il meglio delle sue capacità, se per lui era moralmente neutrale. I detenuti politici lottavano attivamente nel campo, organizzando la resistenza e combattendo per la sopravvivenza dei compagni di prigionia. I testimoni di Geova impegnavano una resi-stenza passiva per la loro fede, che si opponeva a ogni guerra e violenza".4
Hitler in persona promise di farla pagare cara ai Testimoni di Geova tedeschi: “Diese Brut wird aus Deutschland ausgerotten werden!” ovvero: ”Questa genia sarà sterminata dalla Germania!”5 Evidentemente Hitler non mantenne la promessa, visto che nella Germania di oggi ci sono 164.885 proclamatori attivi (secondo l’an-nuario del 2013) Testimoni di Geova. Nonostante tutto, migliaia di Testimoni furono imprigionati in campi di concentramento di mezza Europa. (Da Auschwitz a Mauthausen, da Ravensbrück a Sachsenhausenm, da Dachau a Bergen-Belsen, da Moringen a Wewelsburg), migliaia di loro morirono nei campi, e migliaia furono condannati a morte per la loro ferrea neutralità, nonostante fosse l'unica categoria di internati a poter tornare in libertà, se solo avesse sottoscritto un foglio di abiura, cosa che non fecero.
Il libro che ora avete in mano, parla della storia di uno di loro, una storia di resistenza attiva ma non armata, che vinse sul nazionalsocialismo e la malvagità dei loro attori. L'Editore
NOTE
1. - Il New York Times scrisse: "Un numero molto, molto più alto di quello che si pensava finora. Sapevamo quanto fosse terribile la vita nei campi e nei ghetti. Ma i numeri sono incredibili". (Harmut Berghoff).
2. - "15―20 milioni uccisi o detenuti dai tedeschi o da regimi filonazisti, 30 mila impianti, 1.150 ghetti, 1.000 campi di prigionieri di guerra, 500 bordelli per soldati nazisti, oltre a siti eufemisticamente definiti di cura dove donne ebree erano costrette ad abortire o i loro neonati erano uccisi al momento del parto. [...] Solo a Berlino i ricercatori hanno documentato 3.000 campi e cosiddette case di ebrei, mentre Amburgo aveva 1.300 siti [...] Il sistema di imprigionamento usato dai nazisti era metodico ma imprevedibile: un individuo poteva passare attraverso una mezza dozzina di campi di lavoro, fabbriche o prigioni mentre altri erano spediti direttamente dai ghetti agli orrori di Treblinka o Sobibor. “Ma i siti dell'Olocausto erano ovunque, e non si può più pensare adesso che un tedesco dell'epoca fosse ignaro di quanto stava succedendo”, ha commentato Martin Dean, uno dei coautori della ricerca."
3. - Emanuela Zuccalà: Sopravvissuta ad Auschwitz. Liliana Segre fra le ultime testimoni della Shoah, di Emanuela Zuccalà, Paoline Editoriale, Milano 2005, ISBN 9788831527699
4. - Tratto dal suo libro "Arbeit macht tot—Eine Jugend in Auschwitz" (Il lavoro uccide — Gioventù ad Auschwitz)" Tibor Wohl 1990.
5. - Adolf Hitler al Ministro degli Interni Wilhelm Frick annunciando il suo proposito per i testimoni di Geova, ottobre 1933, riportato dallo storico italiano Claudio Vercelli nel suo libro Triangoli viola, 2011, p. 57.
INDICE
Prologo all’Edizione italiana
1 Prefazione originale
2 Introduzione
3 Campo penale di Rollwald: Gennaio 1941 - 24 marzo 1945
3.1 Vitto e alloggio
3.2 Capi d’accusa
3.3 Atmosfera del campo
3.4 Incontrato il parroco Johann List
3.5 Assegnazione di lavori
4 Condannata l’”obiezione di coscienza al servizio militare”
4.1 Condanna inflitta il 29 maggio 1940 a cinque anni di prigionia
4.2 Prigione della Gestapo di Graz: Aprile 1940 - Maggio 1940
4.3 Prigione di Karlau, Graz: Giugno 1940 - Autunno 1940
4.4 Consultato un docente dell’università di Graz
4.5 Dure condanne per obiettori di coscienza al servizio militare nel periodo anteguerra
4.6 Sviluppi religiosi nella famiglia Wohlfahrt
4.7 Rivoluzione del 1938
4.8 Pene giudiziarie per obiettori di coscienza al servizio militare nella II guerra mondiale
5 Eventi orientativi
5.1In casa Wohlfahrt
5.2Condannati per obiezione di coscienza al servizio militare
5.2.1 Gregor Wohlfahrt padre
5.2.2 Gregor Wohlfahrt figlio
5.2.3 Franz Wohlfahrt figlio
5.3 Lutto e dolore nella famiglia Wohlfahrt
5.4 Campo di lavoro di Dietersdorf: Febbraio 1940 - Marzo 1940
5.5 Senza compromessi
5.6 Prigione di Fürstenfeld
6 Separati dalla famiglia
6.1 Sorella Ida Wohlfahrt
6.2 Fratelli Willibald e Kristian Wohlfahrt
6.3 Sorella Anna Wohlfahrt
6.4 Zio Franz Wohlfahrt, sua moglie Anna, i loro figli Maria, Anton, Emil e Franz
6.5 Zia Maria e zio Hermann Bürger
6.6 Vicina di casa Maria Stossier divenuta moglie di Franz Wohlfahrt
6.7 Aiuto e solidarietà nel campo di Rollwald
6.7.1 Reclutamento fine 1943
6.7.2 Rafforzati e confortati da fonte inattesa
6.8 Fine della II guerra mondiale
6.9 Liberazione del campo di Rollwald il 24 marzo 1945
6.10 Ritorno a casa lungamente atteso
7 Separati dagli amici
7.1 Anton e Franz Dorner
7.2 Anton Platzer
7.3 Leonhart Rutter, Max Rutter, sua moglie e Franz Samonig
7.4 Anton Uran
7.5 Hans Stossier
7.6 Matthäus Pibal
7.7 Consuntivo
7.8 Dopoguerra
7.9 Emigrati in Canada nel 1951
8 Appendice
Lettera aperta: Al popolo tedesco credente nella Bibbia e amante di Cristo!
9 Albero genealogico della famiglia Wohlfahrt
10 Bibliografia
11 Appendice dell’Editore Italiano
12 “Fascismo o Liberta”― (1939)
13 The New York Times
14 Christine E. King
15 Le vittime