LA BIBBIA PRIMA DEL DOGMA - La Traduzione del Nuovo Mondo coma paradigma dell'ermeneutica biblica

LA BIBBIA PRIMA DEL DOGMA - La Traduzione del Nuovo Mondo coma paradigma dell'ermeneutica biblica

RETROCOPERTINA

Traduzione ed esegesi sono indissolubilmente legate da un rapporto di interdipendenza: il dogma condiziona le scelte traduttive e la traduzione a sua volta fornisce il razionale su cui fondare il dogma. Questo saggio presenta la Traduzione del Nuovo Mondo con Riferimenti (TNM Rbi8-I) come paradigma, ossia come esempio di versione biblica in cui si è prestata particolare attenzione a tale condizionamento. I traduttori hanno fatto ogni sforzo per emancipare il testo dall'influenza dogmatica. Lungi dall'intenzione degli autori dimostrare che sia una traduzione perfetta o migliore di ogni altra disponibile, essi evidenziano, con competenza e rigore scientifico, come le critiche di cui la TNM è stata oggetto dalla prima edizione del 1950 (l'ultima revisione inglese è del 2013), siano ingiustificate e frutto di pregiudizio. Una sorte simile fu riservata ad altre traduzioni (es. Tyndale e Lutero) che, inizialmente esecrate, ora vengono esaltate come pregevoli esempi annoverati nella storia delle traduzioni bibliche.

PREFAZIONE

L'atto del tradurre lingue di origine antica in moderni linguaggi recettori è un compito arduo. Il classicista H.D.F. Kitto definisce appropriatamente la traduzione come «l'arte del possibile» e ciò in considerazione del fatto che la traduzione di parole da un linguaggio ad un altro comporta il rendere familiare, all'interno di un diverso contesto, un concetto ad esso estraneo. Kitto evidenzia la sfida del tradurre il termine greco polis in inglese. Tuttavia, la traduzione della Bibbia è ancora più difficoltosa a causa delle particolari esigenze connesse con la resa della Scrittura.
In primo luogo, un'efficace traduzione della Bibbia di solito richiede competenza nelle antiche lingue scritturali. Coloro che rendono l'Antico Testamento in un'altra lingua hanno bisogno di conoscere almeno l'ebraico antico e l'aramaico. Parimenti, i traduttori del Nuovo Testamento dovrebbero conoscere la Koiné greca e la letteratura che caratterizza questo particolare dialetto ellenico.
La conoscenza della cultura antica è un altro requisito necessario a chi traduce la scrittura antica: conoscere il quotidiano del vicino Oriente antico è una conditio sine qua non per il traduttore della Bibbia. Quali accorgimenti letterari venivano usati? Quali erano le comuni pratiche sociali? Tradurre appropriatamente comporta più della semplice familiarità con le parole. C'è ancora un'altra qualità che i traduttori devono possedere. I testi sono resi all'interno di contesti letterari, di conseguenza la prosa non dovrebbe essere trattata come se fosse poesia, e viceversa. Coloro che decidono di tradurre linguaggi originali in altri idiomi dovrebbero avere orecchio per le sfumature letterarie.
Sono stati compilati molti studi recenti sulla differenza tra aktionsart e aspetto (rappresentazione oggettiva e soggettiva delle azioni). Siamo consapevoli del ruolo che la moderna linguistica assume nella comprensione dei testi antichi. La Teoria degli atti linguistici, con la sottile distinzione fra locuzioni, illocuzioni e perlocuzioni è stata uno strumento integrato per il miglioramento della moderna analisi dei testi. Tuttavia, c'è una particolare sfida che il moderno traduttore biblico deve ancora affrontare.
Oltre ai problemi inerenti il linguaggio che devono affrontare tutti coloro che lavorano con i testi classici, lo specialista della Bibbia deve cercare di comunicare le idee dello scrittore in maniera fedele, oltre che chiara.
È una consuetudine rendere l'ebraico nepes in "anima". Tuttavia, i principali lessici moderni ci informano che è il contesto a determinare ciò che le parole (incluso nepes) denotano in un dato testo. I grammatici si riferiscono al significato contestualizzato di una parola come all'usus loquendi. Un traduttore biblico rimane fedele al significato originale di termini come nepes quando tali parole vengono tradotte in moderni idiomi recettori. Inoltre devono essere evitate le scelte traduttive fuorvianti, così come i pregiudizi, per quanto possibile. Naturalmente non può esserci comprensione senza presupposti, ma chi lavora con le lingue bibliche deve fare lo sforzo di mostrare una certa equidistanza. Nessuna meraviglia se la traduzione è «l'arte del possibile».
Sono stati scritti diversi studi in lingua inglese sulla Traduzione del Nuovo Mondo delle Sacre Scritture (TNM), e qualche lavoro è stato compilato anche in italiano. La Traduzione del Nuovo Mondo fu originariamente pubblicata in dieci volumi in un periodo di dieci anni (1950-1960).
Successivamente fu soggetta a revisioni ed ora la sua distribuzione ha superato le cento milioni di copie. Questa Traduzione ha generato numerose polemiche, in quanto si discosta in molti punti dalle letture bibliche tradizionali. Giovanni 1: 1 è l'esempio principale. In contrasto con la resa della KJV o della CEI che rendono con «la Parola era Dio», la TNM sceglie di rendere con «la Parola era un dio». Solo
questo ha provocato innumerevoli dibattiti sulla sua accuratezza e fedeltà al testo biblico, e ciò dimostra come un altro studio su questa Bibbia sia tutt'altro che superfluo.
Questo libro mostra familiarità con fonti rilevanti. Gli autori conoscono la differenza fra la linguistica, la teologia, la fllologia e il ruolo che ciascuna d'esse possiede nella traduzione delle Scritture, e hanno le competenze necessarie per una seria discussione sulla TNM. L'analisi condotta dimostra conoscenza dei problemi traduttivi e testuali che coinvolgono la TNM. Il focus di questo lavoro è 1'analisi del testo piuttosto che delle dottrine: è stato quindi mantenuto un approccio scientifico e credo vi siano tutti gli estremi per considerarlo una ricerca originale. Gli autori trattano questioni familiari analizzando, tra l'altro, il significato di stauròs, la resa di Giovanni 14: 14 e la presenza del Tetragramma.
Il lettore apprezzerà nondimeno la metodologia recente applicata a questi temi. Il tono accademico e lo stile di scrittura non apologetico si mostrano anch'essi gradevoli.
Consiglio vivamente lo studio di questo lavoro.

Edgar Foster
Ph.D. Theology and Religious Studies
Lenoir-Rhyne University


INTRODUZIONE

"Che dice, in realtà, la Scrittura?"1

La domanda che pose l'apostolo Paolo duemila anni fa assume oggi un senso del tutto nuovo, e certamente ancor più rilevante. Se infatti già il missionario Paolo nel suo ministero fu costretto ad usare delle traduzioni delle Sacre Scritture, o a tradurle personalmente, comprendiamo bene come oggi non sia solo la lingua a separarci dal messaggio in esse contenuto, ma un enorme divario culturale. Arcaici contesti sociali del tutto sconosciuti al nostro quotidiano, idiomi non più familiari e con una costruzione del pensiero estranea ai nostri schemi mentali, costringono il moderno lettore che si voglia accostare alla Parola di Dio, ad avvalersi delle Traduzioni bibliche, oggi disponibili in migliaia di versioni.
Grazie agli studiosi, abbiamo la possibilità di scegliere quella Traduzione che sentiamo essere più in sintonia con la nostra sensibilità religiosa.
A volte, però, potrebbe capitare che paragonando le differenti rese di un medesimo testo ci si chieda quale sia la traduzione migliore. Ma questo tipo di interrogativo ne nasconde un altro più complesso: cosa intendiamo per "migliore"?

Tradurre significa tradire

Sgombriamo subito il tavolo da possibili equivoci: qualsiasi resa dell'originale dovrebbe essere definita un suo "tradimento". La traduzione di un testo biblico è sempre una forma di interpretazione. Per quanto possa sembrare strano al non addetto ai lavori, le traduzioni non sono altro che la testimonianza di una determinata comprensione del testo.

Prima della fase traduttiva c'è sempre un processo di comprensione del testo. Durante questo processo di comprensione, a parte la padronanza della lingua originale, ciò che più influisce sul traduttore è la sua teologia. Il traduttore biblico ha spesso profonde convinzioni religiose che inevitabilmente finiscono, più o meno inconsapevolmente, con orientare il suo lavoro verso determinati orizzionti esegetici.

Non esistono traduzioni "neutrali", non esisteranno mai, non possono esistere. Ed è un bene che sia così. La pluralità delle letture è da riconoscersi come un valore e da considerarsi come una ricchezza. È chiaro però che vi sono dei limiti che il traduttore deve rispettare e delle regole metodologiche alle quali deve attenersi. La principale di queste regole è che il lettore moderno non dovrebbe mai essere allontanato dal messaggio che il testo intendeva originariamente veicolare. E questo, purtroppo, è accaduto e accade ancora. Accade ogni volta che il traduttore smette i panni del filologo per indossare quelli del teologo. Il "teologo" inteso alla Nietzsche, con la sua «incapacità alla filologia», incapacità «di saper interpretare i fatti senza falsarli»2 con anacronistiche proiezioni dottrinali. ...(CONTINUA)


NOTE

1 Rm 4:3 - NA27; «Che dice, in realtà, la Scrittura?» - NVB.
2 F. W. NIETZSCHE, L'Anticristo, RL Editore, Santarcangelo di Romagna 2010, p. 51.

INDICE

Abbreviazioni bibliche
Altre abbreviazioni
Prefazione
Ringraziamenti
Introduzione

I Caratteristiche tecniche
New World Translation of the Christian Greek Scriptures
La versione italiana con riferimenti (Rbi8- 1)
I criteri di traduzione

II Il nome divino nel Nuovo Testamento: un abuso?
Il nome di Dio neHe traduzioni italiane
Il nome divino nella Septuaginta (LXX)
Il nome divino nel Nuovo Testamento
Gesù come KYRIOS nel Nuovo Testamento
Criteri e coerenza del ripristino
Conclusioni

III Gesù come "Dio" nel Nuovo Testamento
Le attribuzioni di SEOç a Gesù nel Nuovo Testamento
Gesù come "Dio" nella traduzione e nell' esegesi
L'uso di "Dio/dio" nel monoteismo giudaico
Mediatori, agenti divini e cristologia
Il Logos giovanneo: "un dio"?

IV La preghiera a Gesù in Gv 14: 14
La problematica
I testi di riferimento
I manoscritti
Conclusioni

V Ruah Elohim e la "forza attiva"
Il computo delle ricorrenze
Genesi 1:2
Isaia 40:26 e Geremia 32:17
Conclusioni

VI Lo stauròs e il mos Romanorum
Introduzione al problema e scopo di questa ricerca
Breve revisione della letteratura recente
Il "rnos Romanorum" in fatto di crocifissione
Elenco e classificazione delle fonti primarie
Analisi delle fonti primarie
Conclusioni sulle fonti primarie
Conclusioni generali

Conclusione
Bibliografia

Ultima modifica il: Mar 18, 2018
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