"MA L'UNIVERSO HA BISOGNO DI DIO"
Ma l'universo ha bisogno di Dio
27 agosto 2009 - DI LUIGI DELL’AGLIO
INTERVISTA:
In una galassia più piccola e più giovane,
la comparsa dell’uomo sarebbe stata impossibile.
Parla l’astronomo Owen Gingerich
Galileo era religioso e non dubitava del ruolo creatore di Dio. I fisici di oggi riconoscono il «fine tuning», il bilanciamento dei parametri della fisica, e molti di loro hanno compreso che il ruolo di Dio, per la scienza in quanto tale, non è visibile ma non può nemmeno essere escluso.
«Ma l'equilibrio tra l'energia di espansione verso l'esterno e l'opera delle forze gravitazionali che trattengono insieme ogni cosa appare il segno di una mano creatrice anche a scienziati agnostici convinti, come Fred Hoyle. Secondo il quale "una ragionevole interpretazione dei fatti rivela l'intervento di un'intelligenza superiore, tanto nella fisica quanto nella chimica e nella biologia, e suggerisce che in natura non esistano forze senza uno scopo, di cui valga davvero la pena di parlare"».
L'uomo e la donna guardano la natura che li circonda ed esclamano: ma allora noi eravamo attesi in questo mondo... Emergono nuovi indizi sull'universo «fatto per il genere umano»?
«Prima di tutto, ci troviamo all'interno di un universo immenso e antichissimo. In un universo più piccolo e più giovane, la nostra comparsa non sarebbe stata possibile: sarebbe mancato il tempo per cuocere a fuoco lento gli elementi necessari alla vita. Il nostro universo è straordinariamente ospitale e adatto allo sviluppo di forme di vita intelligenti. Ma, per ritrovare il ruolo del divino oggi negato da molti scienziati, torniamo indietro fino a Isaac Newton. Nei 18 anni che dedicò alla stesura dei Principia, capì che il fenomeno della gravitazione era universale e che ogni massa attraeva qualsiasi altra massa esistente nell'Universo. I pianeti, osservò, non subiscono esclusivamente l'influenza del Sole ma si attraggono reciprocamente. E che cosa poteva mantenere in equilibrio un sistema tanto complesso? Newton giunse alla conclusione che, se i pianeti non uscivano dalle loro orbite, era solo per un incessante intervento divino».
Anche la ricerca della vita fuori dalla Terra e fuori dal sistema solare, da mezzo secolo il leitmotiv dei programmi spaziali, si rifanno alla creazione
«Il nostro Universo ha oltre 13 miliardi di anni. Ciò significa che la natura ha avuto un'infinità di tempo per lavorare alla creazione delle varie forme di vita. Possiamo dire che esista un numero incalcolabile di ambienti abitabili, in cui la vita potrebbe essersi sviluppata. Da più di mezzo secolo la radioastronomia (fondata da un italiano, Giuseppe Cocconi, e da Philip Morrison) usa le onde radio allo scopo di comunicare con forme di vita intelligente extraterrestre».
Le stelle sono così abbondanti che ad ogni abitante della Terra, bambini compresi, ne spetterebbero almeno 30 a testa.
«Proprio per questo gran numero di reami stellari, gli stessi studiosi conservatori ammettono che da qualche parte possa esserci vita. I più accaniti sostenitori della ricerca affermano che vita "deve" esserci, e che in qualche caso potrà trattarsi di vita intelligente a volte anche molto più progredita della nostra».
Si dice che, quando lei entrò nei ranghi accademici, un suo vecchio professore venne a trovarlo e le disse: «Meno male, così non lasciamo che gli atei prendano il sopravvento in ogni campo». È vero?
«Sì, ma è anche vero che io mi sono tenuto sempre lontano da certe posizioni dei movimenti religiosi d'Oltreoceano. Negli Anni '80 partecipai all'antologia intitolata Is God a Creationist? avvertendo però subito che lo spirito del mio scritto era pro-cristiano ma non creazionista nel senso letterale, caro ai movimenti ultraconservatori e impraticabile».
Owen Gingerich è professore emerito di astronomia e storia della scienza all’Università di Harvard, oltre che astronomo emerito presso lo Smithsonian Astrophysical Observatory. È una delle massime autorità su Giovanni Keplero e Niccolò Copernico. Ha curato, tradotto e scritto molti libri e centinaia di articoli. Tra le sue opere, va ricordata Alla ricerca del libro perduto. La storia dimenticata del trattato che cambiò il corso della scienza.
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