DIO E L'EVOLUZIONE - La discussione attuale
RETROCOPERTINA
Un libro che per la prima volta, in forma articolata ed estesa, risponde a Richard Dawkins, autore di alcuni fra i lavori scientifici più conosciuti, tra cui Il gene egoista e L'orologiaio cieco, e al momento forse l'ateo più famoso nel mondo, noto per la sua visione ostile e controversa della religione.
Splendidamente argomentato, il volume prende in esame punto per punto alcuni dei concetti centrali di Dawkins, come il conflitto tra scienza e religione, la teoria evolutiva del "gene egoista" e il ruolo delle scienze nell'interpretazione del mondo, e ne dimostra brillantemente l'insostenibilità, sviluppando la discussione in uno stile godibile da chiunque, anche a digiuno di conoscenze scientifiche o religiose.
INTRODUZIONE
Il lungo dibattito sull'evoluzione
È SOTTO GLI OCCHI DI TUTTI come, negli ultimi anni, il problema dell' evoluzione sia divenuto, nei paesi di civiltà occidentale, nuovamente oggetto di un dibattito appassionato o di accese controversie.
Dopo le polemiche incandescenti che, nella seconda metà dell'Sco e nei primi decenni del xx secolo, avevano visto contrapposti i darwinisti ortodossi agli oppositori dell' evoluzionismo, le scoperte della genetica classica e quelle della paleonrologia, avevano resa più accettabile sul piano scientifico l'idea fondamentale del naturalista inglese, secondo la quale le specie animali si sono gradualmente trasformate nel corso di milioni di anni, l'una nell'altra. In effetti, negli anni '30-'40 l'insieme delle conoscenze biologiche che si erano accumulate, aveva permesso ad un gruppo di studiosi di varia formazione - statistici, genecisti, zoologi, paleontologi, ecc. - di elaborare una teoria evoluzionistica che riusciva a dare ragione di un insieme molto esteso e diverso di fenomeni empirici. Questa teoria, che prese il nome di "teoria sintetica dell'evoluzione" o di "neodarwinisrno", ottenne rapidamente il consenso del mondo scientifico e divenne il paradigma dominante all'interno della comunità dei biologi.
* * *
In realtà, il problema dell'evoluzione, già nelle parole del suo ideatore e in quelle dei suoi primi sostenitori, si è presentato come un problema che oltrepassava i limiti di una pura ipotesi scientifica e invadeva ambiti di pensiero che, tradizionalmente, facevano parte della filosofia e/ o della religione. Per questo motivo l'evoluzionismo ha assunto subito il carattere di una teoria molto generale, che rivoluzionava radicalmente la concezione tradizionale della natura e dell'uomo e proponeva una nuova visione del mondo.
Come tutti sanno, già i primi sostenitori del darwinismo hanno concepito la nuova teoria come un'ipotesi che riteneva l'uomo il puro prodotto naturale della trasformazione delle specie animali e che cancellava le differenze che separavano i fenomeni non-vitali dai fenomeni vitali. È facile, infatti, constatare come nei testi di Thomas H. Huxley (1825-1895), di Ernst Haeckel (1834-1919), il darvinismo sia stato interpretato, fin dal suo primo apparire, come una teoria che concepiva l'uomo soltanto come un appartenente all'Ordine dei Primati, cioè come il mero prodotto di un processo naturale.
Le tesi di Darwin e dei suoi epigoni suscitarono immediatamente reazioni vivaci, alle quali si contrapposero le risposte dei darwinisti, cosicché nel giro di pochi anni le polemiche divamparono e divennero incandescenti. Alla base dello scontro non vi era tanto l'ipotesi - contraria alla lettera della Bibbia e anche alle opinioni scientifiche allora dominanti - che le specie viventi cambiassero nel tempo e che l'origine e la durata del mondo non fossero quelle descritte nel libro sacro, quanto l'idea che l'uomo fosse originato da una scimmia o da un altro progenitore e che, quindi, esso non fosse, in ultima analisi, niente altro che un animale. Furono appunto questi aspetti dell' evoluzionismo che provocarono verso di esso l'ostilità di molti circoli filosofici e degli ambienti religiosi.
Così, in Inghilterra, intellettuali come Benjamin Disraeli (1804-1881) ed esponenti della Chiesa anglicana, come il vescovo di Oxford Samuel Wilbeforce, avversarono fin dall'inizio l'ipotesi darwiniana, mentre negli Stati Uniti i protestanti fondamentalisti ed altre Chiese, seguendo un'interpretazione letterale del libro della Genesi, mantennero l'idea di Linneo che Dio aveva creato singolarmente ogni specie animale diversa, in sette giorni. A questo proposito è rimasto famoso il processo Scopes che, nel 1925, nel Tennessee, vide opposte due diverse fazioni: i darwinisti da un lato e dall'altro i fondamentalisti creazionisti, i quali auspicavano che nelle scuole dovesse essere insegnata soltanto l'interpretazione letterale della Bibbia.
In Italia le discussioni furono innescate da una conferenza, tenuta dallo zoologo Filippo De Filippi (1814-1867) a Torino l'Il gennaio 1864 e intitolata "L'uomo e le scimmie", Per quanto De Filippi fosse uomo sinceramente religioso e avesse tentato di conciliare l'evoluzionismo con la fede, la sua decisa adesione all'idea che l'uomo fosse "una derivazione dalle scimmie" suscitò diffuse e risentite reazioni, che si continuarono per circa un trentennio. Schematizzando, si può dire che nell'800 le reazioni al darwinismo furono di due tipi: da una parte i naturalisti misero in discussione la teoria della trasformazione delle specie, dal l' altra, letterati, filosofi e religiosi criticarono l'idea che l'uomo potesse davvero derivare dalle scimmie e misero in discussione il fatto che una teoria empirica potesse contraddire ciò che stava scritto nella Bibbia. (Continua)...
L'incontro con Dawkins:
un resoconto personale
MI SONO IMBATTUTO PER LA PRIMA VOLTA nel lavoro di Richard Dawkins nel 1977 quando lessi il suo libro più famoso Il gene egoista. Stavo completando la mia tesi di dottorato al dipartimento di biochimica dell'università di Oxford, sotto la geniale supervisione del professor Sir Gorge Radda, da poco Direttore esecutivo del Radical Research Council. Cercavo di spiegarmi come le membrane biologiche fossero in grado di svolgere la loro funzione in modo così soddisfacente aiutandomi con lo sviluppo di metodologie fisiche che ne analizzavano il comportamento.
Era più che evidente che si trattasse di un libro eccezionale, nonostante che in quegli anni Il gene egoista non avesse ancora raggiunto il cult status di cui gode oggi. Ero estasiato dal modo incredibile in cui Dawkins usava le parole e dalla sua abilità nel rendere così comprensibili concetti cruciali molto spesso complessi. Era scrittura scientifica divulgativa al suo meglio. Nessuna sorpresa, quindi, che il «New York Times» sottolineasse che era «il tipo di scrittura scientifica divulgativa che permette al lettore di sentirsi un genio».
Ci sarebbero voluti, inoltre, ancora alcuni anni prima che la reputazione di Dawkins come «il Rottweiler di Darwin» si radicasse. Eppure, anche in questo primo lavoro è possibile rilevare le tracce di una polemica marcatamente antireligiosa. Una volta, da studente, anch'io come Dawkins credevo che le scienze naturali esigessero una visione atea del mondo, ma ora non più. Ero istintivamente curioso di vedere che tipo di argomenti Dawkins avrebbe portato a supporto di quest'idea così attraente. Quello che scoprii non mi convinse del tutto. Proponeva confusi tentativi di dare un senso all'idea di «fede», senza stabilire una giusta base analitica e probante per le sue riflessioni. Ne uscii perplesso e mi prefissi di scrivere prima o poi alcune righe di risposta.
Ho amato le scienze naturali fin da quando ricordo di avere mai amato qualcosa. Intorno ai dieci anni, mi costruii un piccolo telescopio catottrico così da poter studiare le meraviglie dei cieli. Rimasi affascinato dalle tremule immagini delle lune di Giove e dei crateri della Luna ed ero incantato dalla possibilità di spiare in questo vasto, maestoso e misterioso universo, senza sentirmi per nulla sopraffatto da tale esperienza. Ad aprirmi il mondo della biologia fu un vecchio microscopio tedesco regalatomi da un prozio che una volta era stato il responsabile del dipartimento di Patologia del Royal Vietoria Hospital di Belfast. Il microscopio si trova ancora sulla mia scrivania. All'età di tredici anni ero completamente perso, non vi era dubbio su cosa avrei fatto nel resto della mia vita: avrei studiato le meraviglie della natura.
Un cambiamento di scuola, nel 1966, contribuì a dare nuova forza alla mia intuizione. A Belfast, il College Metodista aveva recentemente costruito una nuova unità di scienze, attrezzandola generosamente con gli standard attuali. Mi gettai nello studio delle scienze e della matematica, concentrando mi soprattutto in chimica e in fisica. Fu un lavoro d'amore più che ampliamente ricompensato dall'eccitamento intellettuale che mi procurava. A questo punto della mia vita era più che evidente che le scienze avevano preso il posto di Dio, rendendo il credo religioso una vana reliquia di un' età passata e, come se non bastasse, la mia visione delle cose veniva rafforzata in modo decisivo dagli eventi della fine degli anni Sessanta. (Continua)...
INDICE
Introduzione di Giovanni Federspil
L'incontro con Dawkins:
un resoconto personale
Il Gene egoista
L'orologiaio cieco:
l'evoluzione e l'eliminazione di dio?
Fede e dimostrazione: il ruolo delle prove nella scienza e nella religione
Darwinismo culturale?
La curiosa «scienza» della memetica
Scienza e religione:
dialogo o pacifìcazione intellettuale?
- DIO ESISTE - Le riflessioni su Dio di ancuni dei più grandi filosofi e intellettuali della storia
- GALILEI - Divin uomo
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