I CRISTIANI VISTI DAI ROMANI

I CRISTIANI VISTI DAI ROMANI


RETROCOPERTINA

In pagine che si leggono con grande interesse per la quantità di dati che contengono e con pari piacere per la chiarezza dell'esposizione, Robert Louis Wilken fornisce un quadro vivido di come nel primo secolo i cristiani fossero visti dai romani.
Gli scritti pervenuti di Plinio il Giovane, Galeno, Celso, Porfirio e Giuliano l'Apostata documentano come queste note figure del passato e la folla di grandi o meno importanti personaggi con cui esse erano in rapporto conoscessero bene il movimento cristiano delle origini, quale idea, ad esempio, avessero del Gesù storico e della sua divinità, come di volta in volta il cristianesimo apparisse loro come questa o quella forma di associazione o in altri casi di scuola filosofica, quale concezione si facessero dell'adorazione della croce o della risurrezione dai morti.
Un libro che mostra quanto falso sia lo stereo tipo d'una società romana irreligiosa e immorale.

PREMESSA ALLA SECONDA EDIZIONE

Alcuni anni or sono, a un congresso internazionale incontrai il traduttore giapponese de I cristiani visti dai romani. Mi disse che in Giappone il libro aveva avuto un ottimo successo e gli chiesi quali pensava ne fossero i motivi. Senza esitare rispose: «Ha fornito agli intellettuali giapponesi argomenti nuovi contro il cristianesimo». Fu una risposta triste e inquietante, ma, come impara 'ogni autore, quel che i lettori scoprono in un libro di rado è quel che si prevedeva, e talvolta non è ciò che si desiderava.
Feci un'esperienza ugualmente illuminante allorché fu pubblicata la traduzione tedesca. Sulla copertina dell'edizione originale del libro v'è una scena di sacrificio della Roma del I secolo. A sinistra sta una figura femminile, forse una sacerdotessa, al centro un contenitore di oggetti di culto sorretto da un treppiede; vicino a questo un portaincenso, sulla destra una figura maschile che presenta un'offerta e dietro di essa un giovane inserviente. Avevo visto questo bassorilievo nella Gliptoteca di Monaco quando iniziavo a lavorare al mio libro e lo proposi per la copertina perché forniva una rappresentazione positiva della devozione religiosa dei romani. Uno degli intenti del libro era di superare lo stereotipo di una società romana irreligiosa e immorale. Quando però ricevetti la traduzione tedesca fui sconcertato nel vedere che l'editore s'era inventato l'immagine d'un soldato romano nell'atto di spingere la lancia in un gruppo di donne e bambini cristiani, tremanti davanti alla crudele e spietata potenza di Roma. E tanto basti per i nobili propositi.
Idea portante del libro era di raccontare la vicenda del sorgere del cristianesimo nel mondo romano dalla prospettiva degli osservatori romani e greci. Nel 1948 lo studioso francese Pierre Labriolle aveva scritto un libro sulle critiche pagane al cristianesimo intitolato La réaction paienne, ma l'opera, che non fu mai tradotta, oscillava di continuo tra la prospettiva pagana e quella cristiana. Il mio obiettivo era invece di aprirmi una strada nel mondo degli avversari del cristianesimo e di presentare le loro concezioni al riguardo con tutta la compartecipazione e comprensione di cui ero capace.
Dopo la pubblicazione de I cristiani visti dai romani, il tentativo più ambizioso di cogliere il mondo della religione romana all'epoca del sorgere del cristianesimo è stato il lavoro di Robin Lane Fax, Pagans and Christians.1 Lane Fax desiderava presentare fianco a fianco il nuovo movimento cristiano e la vita civica e religiosa nei centri urbani del mondo mediterraneo. Con una straordinaria ricchezza di particolari, attingendo largamente sia all'epigrafia sia alle opere letterarie, l'autore descriveva il persistere del timore reverenziale e dell'intima partecipazione alla devozione religiosa tradizionale. Il II e III secolo non furono un '«epoca d'angoscia», come si ebbe a definirli, ma un'epoca in cui gli dei erano ancora presenti «stando in piedi accanto ai loro fedeli nei sogni e guidandoli con parole o segni del loro volere». L'attenzione di Lane Fax non era rivolta alle idee religiose, ma ai santuari e ai templi locali, alle feste e ai sacrifici, alle offerte votive e agli oracoli, tutte cose che erano fonte di orgoglio civico. Nella società occidentale posteriore, per influsso del cristianesimo e del giudaismo la devozione religiosa autentica, o la fede religiosa, come siamo abituati a concepirla, ha implicato una trasformazione interiore della mente e del cuore, quella che Alfred Darby Nock, studioso della religione antica, chiamava religione della «conversione». La pietà dei romani fu invece una religiosità civica, sociale e pubblica. Lane Fox ha mostrato come si trovasse conforto nelle pratiche tradizionali e quanto queste fossero familiari. La religione non presentava pecche tremende che attendessero di venir corrette dal movimento cristiano.
Interessandosi in particolare alle istituzioni e alle pratiche religiose, Lane Fox ha descritto compiutamente il mondo in cui vivevano i critici del cristianesimo e ha reso più facile capire che cosa pensatori come Celso e Porfirio stessero difendendo e perché criticassero la posizione nuova dei cristiani. Quel che qui m'interessa e trovo importante è tuttavia la sua tesi che il successo del cristianesimo non fu dovuto a insufficienze della religione tradizionale. Il suo libro era diretto contro interpretazioni che sottolineano la continuità tra il cristianesimo e la cultura classica, specialmente nel ceto intellettuale. Per contro, il cristianesimo portò qualcosa di nuovo che mal si adattava ai presupposti consolidati della società antica: «Gli ideali cristiani avevano una motivazione differente e un nocciolo diverso».
Quando scrissi I cristiani visti dai romani non era mia intenzione proporre teorie sulle ragioni del successo del cristianesimo e del declino della religione tradizionale; il mio obiettivo era più modesto. Fondamentalmente ero interessato a illustrare il mondo religioso in cui prese piede il movimento cristiano e a mostrare i modi in cui questo mondo plasmava la percezione che la società aveva del nuovo movimento. Desideravo mettere il mondo culturale e religioso dell'impero romano a più stretto contatto con quello del movimento cristiano nascente. Il cristianesimo divenne il tipo di religione che conosciamo a causa, almeno in parte, di critici come Celso, Porfirio e Giuliano. I cristiani affrontarono la tradizione del mondo antico non solo come eredità letteraria del passato bensì interagendo vivacemente con gli intellettuali greci e romani e affrontandone le critiche veementi. Costoro aiutarono i cristiani a chiarire in che cosa credessero, e senza di loro il cristianesimo sarebbe stato intellettualmente più povero. Il medico e filosofo Galeno fu il primo a cogliere che quanto i cristiani affermavano di Dio richiedeva una nuova visione della creazione - quella che divenne poi nota come creazione dal nulla.
Quando si osserva che i pensa tori cristiani avevano molto in comune con i loro critici si è tentati di dire che l'ellenismo conteneva già scritto il programma del pensiero cristiano. Ambrogio, vescovo di Milano nella seconda metà del IV secolo, prese ad esempio il trattato ciceroniano sull'etica intitolato Dei doveri a modello per la sua opera sulla vita morale, dandole addirittura lo stesso titolo. In quest'opera, come base della sua esposizione dell'etica cristiana fece proprie le classiche virtù cardinali di prudenza, giustizia, fortezza e temperanza. Per parte sua Agostino si aprì la strada alla comprensione spirituale di Dio mediante la lettura dei libri dei neoplatonici.
Eppure, leggendo più a fondo nelle fonti antiche e in particolare in quelle cristiane, sono stato maggiormente colpito dalle differenze esistenti tra il cristianesimo e il mondo in cui esso nacque. Il cristianesimo era incentrato su una persona vivente, e prese forma in un nuovo tipo di comunità indipendente dallo stato. I vescovi non erano funzionari delle città e le autorità politiche non avevano voce in capitolo nella loro elezione. La Bibbia fornì i cristiani di un lessico nuovo per parlare di Dio, degli esseri umani, del mondo e della storia. In un primo tempo avevo intrapreso lo studio dei critici del cristianesimo nel mondo romano in preparazione di un'opera più ampia sui primi apologisti cristiani, Giustino Martire, Tertulliano, Origene, Eusebio, Agostino, Cirillo di Alessandria e altri che avevano scritto trattati per difendere e spiegare il nuovo movimento a chi ne stava fuori. Ma, argomento dopo argomento, il pensiero cristiano rompe con le categorie e le convenzioni del modo di pensare greco-romano. Il suo orizzonte inventivo trae forma e nutrimento dall'interno della tradizione cristiana. Pur operando entro schemi di pensiero che avevano radici nella cultura antica, i pensatori cristiani li trasformarono tanto profondamente che alla fine nacque qualcosa di totalmente nuovo.
Il libro sui primi apologisti cristiani non fu mai scritto; mi trovai, invece, attirato più addentro nel mondo interno del cristianesimo. Solo ora, nel momento in cui scrivo una nuova prefazione per I cristiani visti dai romani, sto pubblicando un nuovo libro che prende in considerazione l'aspetto cristiano delle cose, ma si tratta di un'opera diversa da quella che avevo in mente anni or sono. Intitolata The Spirit of Early Christian Thought,1 il suo percorso è costituito più da questioni poste dalla Bibbia, dal culto cristiano e dalla persona di Cristo che da quelle sollevate dai critici greci e romani.
D'altra parte continuo a pensare che la mia intuizione iniziale fosse giusta. Il punto da cui iniziare lo studio del pensiero cristiano più antico sono i suoi critici. Fin dall'inizio questi ebbero una straordinaria percezione di ciò che separava il cristianesimo dalla religione e dalla filosofia del mondo antico. È questo un omaggio dovuto alla loro serietà e intelligenza. Si fecero un dovere di studiare le scritture cristiane, di leggere gli scritti dei pensatori cristiani e di capire la nuova religione. Indubbiamente è questa la ragione che oggi rende tanto affascinante la loro lettura: parlano di qualcosa che siamo in grado di riconoscere. Il dibattito tra i cristiani e i loro critici era meditato e ben informato e si occupava dei temi più profondi dello spirito umano. Molti degli argomenti, da un lato e dall'altro dello sparti acque, sono tanto importanti oggi quanto lo erano allorché vennero esposti per la prima volta quasi duemila anni or sono.


1 Tr.it, Alla ricerca del volto di Dio. La nascita del pensiero cristiano, Milano 2006.

INDICE

9 Premessa alla seconda edizione

14 Ringraziamenti

15 Introduzione

23 Abbreviazioni

Capitolo I
25 Plinio: un gentleman romano
26 La formazione di un funzionario romano
34 I viaggi di un governatore di provincia
42 Un'associazione cristiana
54 L'offerta di vino e incenso

Capitolo 2
61 Il cristianesimo assimilato ad associazione funebre
63 Chiesa o associazione politica?
66 Il senso di appartenenza
72 Un'associazione bacchica
76 Un'associazione oscura e segreta

Capitolo 3
81 La pietà dei persecutori
84 Religione romana e pregiudizio cristiano
88 La pratica della religione
96 «Anche noi siamo un popolo religioso»

Capitolo 4
103 Galeno: la curiosità di un filosofo
104 Filosofia e medicina
107 Il cristianesimo come scuola filosofica
113 La pratica della filosofia
120 Il Dio assoluto dei cristiani

Capitolo 5
133 Celso: un intellettuale conservatore
135 Sacerdoti questuanti di Cibele e indovini
141 Le manchevolezze della dottrina cristiana
149 La demitologizzazione della storia di Gesù
154 Un'apostasia dal giudaismo
160 Religione e ordinamento sociale

Capitolo 6
170 Porfirio: il critico più colto
172 In difesa di Platone
182 Le scritture giudaiche
190 Il Nuovo Testamento cristiano
195 La filosofia dagli oracoli
204 La religione dell'imperatore
207 Gesù non è un mago
209 Una fede che non ragiona

Capitolo 7
213 Giuliano l'Apostata: legge giudaica e verità cristiana
215 La pietà dell'imperatore
220 Educazione greca e valori cristiani
226 Contro i galilei
230 Il Dio tribale di giudei e cristiani
236 Apostasia dal giudaismo
251 Epilogo
263 Bibliografia
266 Indice analitico

Ultima modifica il: Feb 28, 2018
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