ANTON URAN: perseguitato - dimenticato - giustiziato "per amore della giustizia" dal regime Nazista
ANTON URAN
perseguitato - dimenticato - giustiziatoper amore della giustizia" dal regime Nazista
Formato 15 x 21 - pag. 224 - €. 8,00
PREFAZIONE
In Austria, più di mezzo secolo dopo la fine della II Guerra Mondiale, tutte le vittime dell’ingiusto sistema giudiziario nazista sono state riabilitate con la nuova legge abrogativa e riabilitativa del 2009. Dopo accanite discussioni i partiti ÖVP [Partito popolare austriaco], SPÖ [Partito socialdemocratico austriaco] e i Verdi hanno concordato un disegno di legge, che a 70 anni dall’inizio della guerra ha messo fine alla lunga contesa su quest’ultimo capitolo di epurazione politica del passato.
Il dibattito conclusivo nel plenum del Consiglio na-zionale si è svolto in un’atmosfera quieta, aperta e positiva. L’intesa politica era stata preceduta da anni di tiro alla fune, al cui inizio si trovò, fra le altre, un’iniziativa che fu pubblicata tramite l’Archivio del Movimento Operaio Carinziano. Nella prima metà del 1997 furono abrogate le condanne inflitte dal Tribunale militare del Reich a Franz Jägerstätter, dell’Austria Superiore, e ad Anton Uran, legnaiolo della Carinzia, a 54 anni dall’esecuzione della sentenza capitale eseguita a Brandenburg-Görden. I due austriaci furono così riabilitati e i loro destini furono fatti conoscere tramite pubblicazioni.
L’abrogazione di una sentenza indica che non fu colpa delle vittime aver perso anni della loro vita per aver sostenuto i loro valori religiosi o politici. Una riabilitazione o abrogazione di una sentenza è l’ammissione pubblica e ufficiale dello Stato di diritto, un atto non solo legale, ma anche in grande misura morale, poiché restituisce all’individuo l’onore e l’integrità in modo ufficiale. Questi compianti oppositori al regime, fra i quali numerosi operai, sono stati etichettati per molti anni come “galeotti dei campi di concentramento”, o “avanzi di galera”, o persone “responsabili di qualche reato per il quale sono finiti là dentro”.
Diventa sempre più evidente che le sentenze dello stato nazista furono pronunciate “In nome del popolo tedesco!” e che negli atti dei dispositivi fu adoperata la formula che il tribunale avesse “ritenuto che ciò era giusto dopo un dibattimento verbale”. Le condanne a morte contennero inoltre “la perdita perenne dei diritti civili”, nonché la formula “disonorato per sempre!”. Le riabilitazioni contengono dunque anche il pubblico riconoscimento dell’iniquità delle sentenze stigmatizzanti.
Il giovane operaio di Techelsberg Anton Uran, al quale è dedicato questo libro, era ritenuto diligente, altruista, legato al luogo d’origine e credente. Si professava membro della comunità religiosa dei Testimoni di Geova. Anche chi non ci si volesse identificare religiosamente, deve restare profondamente colpito dal valore e dall’onestà della sua resistenza a Hitler. Dai loro giudici furono spesso definiti in tono oltraggioso “elementi scadenti”, meritevoli soltanto della morte. La ricerca storica sulla persecuzione dei Testimoni di Geova e la loro collocazione nella generale epurazione del passato di quella disgraziata epoca contribuiscono a smantellare i pregiudizi contro questi "diversi”, che svolsero un ruolo anche da perseguitati dal regime nazista. A questo proposito appaiono significativi i messaggi lasciati da due capi di stato austriaci che si sono espressi a livello ufficiale in termini molto espliciti e non solo in epoca recente.
Il Dr. Thomas Klestil richiese nel 2003 “un onesto confronto con tutti i capitoli storici della propria nazione e del proprio popolo, anche con quelli più oscuri”, essendo questo “un compito irrinunciabile di ogni nazione democratica, poiché riduce il pericolo che ricompaiano le catastrofi del passato sia nel tempo presente che in quello futuro”. Il Dr. Heinz Fischer, nel 1997 presidente del Consiglio nazionale e autore della prefazione della prima edizione di questo libro, formulò con lungimiranza: “La verità non si lascia in ogni caso soffocare per molto tempo. Anche se regimi totalitari sono (o erano) in grado d’impedire che la verità venisse alla luce, tanto più inarrestabile è poi il suo percorso”.
Il lungo e penoso confronto pieno di secondi fini tattici, avvenuto sulle ultime conseguenze legali del sistema nazista in Austria certamente non è quanto era dovuto alle sue vittime e ai loro parenti. Un dignitoso accostamento al passato, fatto con un onesto esame, volto a riparare per lo meno moralmente il torto fatto alle vittime del sistema giudiziario nazista, ai fini dell’integrità verso la propria nazione e con un onesto obiettivo culturale politico, dovrebbe essere scontato.
Per l’Istituto Storico del Movimento Operaio Carinziano
Prof. Vinzenz Jobst Docente universitario straordinario
Amministratore commerciale Prof. Johannes Grabmayer
INTRODUZIONE
“L’ingiustizia fatta a un singolo è una minaccia per tutti!” Questo aforisma fu coniato più di 200 anni fa dal barone Charles de Montesquieu, e proprio questo ragionamento sta alla base degli sforzi per abrogare la condanna inflitta dal tribunale militare nazista al legnaiolo di Techelsberg Anton Uran.
La popolazione austriaca ha riguadagnato, dopo la sua liberazione ottenuta l’8 maggio 1945, una radiosa ricchezza chiamata democrazia, la libertà soggettiva e collettiva, dopo i sette anni in cui il regime criminale nazista ebbe tenuto in ostaggio la società e lo stato. Centinaia di migliaia di cittadini e cittadine pagarono con la vita e la salute gli errori politici. Fu certamente la più sentita convinzione della generazione della guerra a volere riconquistare la libertà di uno stato indipendente, quando le forze di liberazione suddivisero l’Austria in quattro settori.
Davanti a questo sfondo il destino dell’operaio di Techelsberg Anton Uran può apparire semplice e privo d’importanza. Nel 1993, a 50 anni dalla sua esecuzione capitale avvenuta a Brandenburg-Görden, si è potuto a stento trovare tracce della sua esistenza. Un paio di foto lo ritraggono fra i suoi familiari; alcune lettere; un’iscrizione sul monumento ai caduti a San Martin di Techelsberg; le iscrizioni nel registro di stato civile e nel registro di battesimo.
Chi fu Anton Uran? Un giovane uomo amabile, zelante e degno di compassione, che fu ucciso perché credette fermamente che non è lecito usare violenza per opprimere o perfino uccidere il prossimo.
Chi conobbe Anton Uran? I genitori e i fratelli più intimamente. Certamente i suoi amici di gioventù e i fratelli di fede. Ma dopo tre anni di persecuzione morì in modo anonimo, ucciso da un regime che disprezzava l’umanità e che non lasciava spazio a prese di coscienza personali e umanitarie.
La storia ha passato sotto silenzio l’operaio Anton Uran e le sue opere non han lasciato tracce. Fu semplicemente dimenticato. Quei pochi che dubitarono dell’in-giustizia, vollero dapprima dare aiuto, ma furono respinti. In seguito ci si volle risparmiare dei fastidi. Ma non si può permettere che questo destino, toccato in sorte anche a molti altri in Austria, finisca per perdersi. Da libri, documenti, foto, dichiarazioni di testimoni viventi si può evincere ciò che si cela dietro a numeri di anni, nomi di persone coinvolte, sentenze e processi. Solamente in pochi casi trattati dalla Chiesa Cattolica per un’estrema necessità di correzione storica, come evidenziano quello del padre dei pallottini1 Franz Reinisch (1991) e quello del chierico Franz Jägerstätter (1997), si è avuto un modesto successo con l’abrogazione della loro sentenza dapprima nella Repubblica Federale Tedesca.
La riabilitazione del legnaiolo carinziano Anton Uran (pure del 1997) è avvenuta nel tribunale provinciale di Vienna e ha da allora accompagnato in modo efficace il dibattito giuridico-politico in questo settore.
In molti paesi europei e oltremare gli storici hanno trattato la storia più recente. Fatti storicamente provati sull’aggressiva dinamica del fascismo e specialmente del nazismo, la verità sull’Olocausto, i campi di concentramento e l’oppressione di dissidenti non possono essere più contestati. Il trattamento di esseri umani come fossero bestie, finalizzato al loro annientamento, come a Birkenau, Majdanek o Treblinka, o lo sfruttamento di esseri umani come “animali da lavoro”, privo del benché minimo rispetto del loro diritto di esistere, come a Dachau, Buchenwald, Mauthausen o nel campo secondario di Loiblpaß in Carinzia, questi crimini commessi tra il 1938 e il 1945 nella società mitteleuropea2 non sono accaduti spontaneamente, ma scaturiti piuttosto da decisioni politiche pervertite. Tuttavia: Il regime hitleriano aveva nemici politici sia in Austria che in Germania, come pure nei movimenti di resistenza dei paesi invasi. I campi di concentramento furono allestiti sia per gli uni che per gli altri per poter governare in una forma di “dominio arbitrario sovrano”.
Il predominio del regime si basava sulla rapina pseudo legale che esercitava sulla popolazione un misto di fascino e oppressione. La disubbidienza del singolo individuo all’abuso totalitario che argomentava con sangue e territorio, popolo e patria, quali enormi contraddizioni operavano nell’intimo di Anton Uran quando decise di obiettare al servizio militare del regime nazista? Si oppose in tutti i tre anni di persecuzione ad uno stato in apparenza legittimo, ad un’amministrazione in apparenza legittima, ad un sistema giudiziario in apparenza legittimo, isolato e senza sostegno morale alla sua convinzione, che oggi sappiamo essere stata giusta. È un fatto provato che all’interno della Germania e dell’Austria la maggioranza di coloro che vissero quell’epoca, non avevano cognizione dell’Olocausto, poiché la maggior parte dei crimini dello stato nazista avvenivano schermati dalle barriere di filo spinato dei campi di concentramento e di annientamento o in località lontane dei territori orientali occupati o anche perché queste azioni criminali recavano normalmente il timbro di “segreto di stato”.
I responsabili e i loro assistenti, ai fini della copertura delle loro attività, si servivano di una speciale nomenclatura, ed è significativo a questo riguardo che a quel tempo anche testimoni oculari non coinvolti, o testimoni auricolari, erano terrorizzati al pensiero di rivelare ad altri questa scomoda conoscenza, temendo di dover essere chiamati a render conto per presunta diffamazione, o disfattismo delle forze armate o per qualche altro pretesto. La prospettiva di finire internati in un campo di concentramento era sempre incombente.
Proprio il concetto di “KZ” [campo di concentramento ? N.d.T] dopo l’annessione dell’Austria avvenuta nel 1938 trovò uso quotidiano nella lingua. Ogni famiglia ne ebbe conoscenza, per quanto incompleta, ma intuì che dietro il filo spinato avvenivano cose spaventose. Lo stato faceva leva sulla collettiva intimidazione per scoraggiare una resistenza. Con costernazione si è venuti a sapere che il regime nazista nell’arco di soli pochi anni, introdotto, guidato e controllato dall’alto, promuoveva in modo sempre più celere e privo di scrupoli la diffamazione, la privazione dei diritti e la persecuzione degli ebrei e di altri gruppi, definiti in modo preciso da parte politica, fino al loro annientamento fisico. Anton Uran come membro dei Testimoni di Geova fu perseguitato dal regime nazista in questo contesto e fu messo a morte mediante una giurisdizione apparentemente legittima.
La popolazione di Techelsberg, dopo la liberazione dell’Austria, ha immortalato senza indugio i nomi di tutte le vittime di questa orrenda guerra nell’iscrizione del monumento di pietra ai caduti: “Viandante, che qui davanti passi, ricordati di noi che siamo caduti nella guerra mondiale per la patria – dedicato dal comune di Techelsberg ai suoi figli eroicamente caduti”. Senza distinzione di rango, funzione o tipo di morte un nome accanto all’altro. Troppi. Per coloro che sopravvissero non faceva differenza da quale parte o su quale fronte si fossero trovati a combattere fratelli, amici e conoscenti o se fossero stati uccisi come membri della resistenza dal regime d’ingiustizia. Le famiglie piansero i loro congiunti non tornati più a casa, si percepì la loro privazione.
Il docente ordinario di diritto dell’università di Linz, Prof. Dr. Reinhard Moos, in varie pubbliche repliche ha analizzato sul “caso Jägerstätter” che il comportamento di quelli che, “nonostante l’incombente minaccia di morte e perdita di reputazione (trovarono) il coraggio di servire in modo migliore gli interessi della patria nella resistenza, nuotando contro corrente, era più valoroso del coraggio dei soldati che dettero la loro vita per la guerra. Entrambi i gruppi furono vittime del regime nazista e a loro modo eroi morti inutilmente e parimenti degni di essere ricordati nei monumenti ai caduti…” Nel ricordare i loro caduti e dispersi i cittadini di Techelsberg hanno usato sano intelletto.
Questo monumento, eretto sotto il peso emotivo della guerra mondiale appena cessata, trasmette ai vivi la memoria dei caduti e dei dispersi e il compito d’indica-re ai figli e ai figli dei figli la via per una società libera dalla violenza.
Durante i tre anni di continue ricerche l’autore di questo libro non sempre scoprì nel contesto comunale e nella famiglia Uran delle notizie chiare ed estese oltre le generazioni. Piuttosto, gli eventi bellici sono offuscati da un clima di reticenza, evidentemente non solo a Techelsberg e non solo nella famiglia Uran. Sconcertato, nel porre domande l’Autore scopre che le persone coinvolte, trovate ancora in vita, tengono sotto silenzio questo difficile tempo della loro vita, senza poterlo dimenticare. Il silenzio fu praticato quotidianamente dalle famiglie della resistenza, ben sapendo che parlare poteva significare anche pericolo, vale a dire, quando la scomodità d’essere informati della resistenza politica avrebbe potuto compromettere la sopravvivenza in una situazione critica.
Questo silenzio protettivo dovette essere sopportato come i soldati lo dovettero sopportare per altri motivi. Sulla violazione del silenzio incombeva mille volte l’annientamento della vita. Nella maggioranza dei casi il singolo individuo non lo poteva più rompere e lo trasmetteva alla generazione dei figli e dei nipoti.
Questa tesi è stata avvalorata in modo impressionante dal contegno verbale di Anton Uran nei diversi stadi della sua persecuzione e dalla reticenza dei suoi familiari, perlomeno fino al momento della sua riabilitazione.
L’austriaco di nascita Adolf Hitler poteva sbraitare, ma non parlare e comunicare. Gridava addosso alle persone, le calpestava e le umiliava gridando. Il culto del Führer standardizzò questo atteggiamento per l’intera alta gerarchia nazista. Chi vuol imparare con buonsenso da questa epoca, deve anche imparare a parlarne. Poiché parlare con noi stessi e di noi stessi, parlare con altri, anche lo scambio di parole controverse ci fa vedere la dimensione dell’essere umano. La presente opera “Anton Uran – perseguitato – dimenticato – giustiziato” fu concepita inizialmente come un libro di facile lettura. Perciò gli manca il supporto scientifico, a dispetto di una bibliografia selezionata e di fonti citate con accuratezza, nell’intento di approfondire l’aspetto scientifico di questo tema. La traduzione di tutte le 16 lettere di Anton Uran e del testo essenziale della prima stesura nella lingua inglese ha avuto l’obiettivo di rendere accessibile il libro ai numerosi Testimoni di Geova del Canada e degli USA e di promuovere il suo inserimento nel catalogo della Biblioteca del Museo dell’Olocausto di Washington.
La trattazione della biografia di Anton Uran dal 1996 in poi ha lasciato sempre aperte nuove possibilità e conoscenze, offrendo una rappresentazione del caso che riconduce il lettore di oggi agli anni ’30 e ’40 del 20o secolo, lasciandogli anche l’opportunità di partecipare all’attuale giurisprudenza e dibattito politico. Da allora divenne rilevante non solo il problema inerente la riabilitazione delle vittime austriache del nazismo, ma anche, tra l’altro, rese urgente il dibattito sul riconoscimento giuridico della comunità dei Testimoni di Geova. Il loro contributo alla realizzazione di un quadro veritiero della resistenza e della persecuzione avvenute in Austria è travolgente. Essi indicarono percorsi orientativi affinché le “vittime dimenticate” potessero tornare, dopo molti anni dagli eventi accaduti, dignitosamente nella memoria collettiva della nostra società. Si sono aggiunte molte iniziative personali e istituzionali volte alla formazione di importanti fondamenti della cultura politica, della rappresentazione della storia contemporanea e della cultura della memoria. La genesi di questo lavoro guidato da impulsi umanitari si rispecchia in modo impressionante nell’appendice scientifica di questo libro coi contributi apportati dal giurista Reinhard Moos, menzionato sopra, sulla legge del riconoscimento e della riabilitazione.
NOTE
1. - [Membro della Società dell’apostolato cattolico, istituto di preti secolari fondato nel 1835 dal beato Vincenzo Pallotti, nato e vissuto a Roma (1795-1850). (Treccani). ? N.d.T.].
2.- [Da mittel «medio, di mezzo» e Europa. – Mitteleuropa, denominazione entrata nel linguaggio politico-economico europeo verso la metà del sec. 19° per indicare la parte centrale dell’Europa, costituita in prevalenza da paesi di stirpe tedesca, con limiti geografici che vanno dai mari del Nord e Baltico fino all’Adriatico e al Bacino danubiano (Treccani). ? N.d.T.].
INDICE
Indice
Prefazione originale
Introduzione
Vita di paese a Techelsberg
Popolazione
La scuola di San Martin di Techelsberg
Politicizzazione della vita quotidiana
Appartenenza al luogo d’origine
La famiglia Uran
Disubbidienza civile
Nazionalsocialismo in Carinzia
Obiezione di coscienza al servizio militare
Il tribunale militare del Reich
Esecuzione capitale a Brandenburg-Görden
50 anni dopo – Riabilitazione
16 lettere dal tempo della persecuzione
Appendice scientifica
Reinhard Moos: La legge di riconoscimento del 2005 e l’epurazione del passato del sistema giudiziario militare nazista in Austria
Reinhard Moos: La legge abrogativa e riabilitativa del 2009
Documenti
Fonti/Letteratura
Foto/L’autore
Postfazione
Abbiamo inoltre tradotto e inserito nel libro, un opuscolo dell'unica voce fuori dal coro, che condannava l'isteria bellica del Nazi-Fascismo scritto da J. F. Rutherford nel 1940 dal titolo: "LA FINE DEL NAZISMO"