BIBBIA E STORIA

BIBBIA E STORIA


RETROCOPERTINA

Come gli scritti biblici si situano nella storia? Quale significato avevano in origine le parole, le situazioni, le immagini che vi si trovano? Che cosa insegnano sull'uomo religioso dei tempi greco-romani? E, d'altra parte, come può lo storico chiarire il testo biblico con gli strumenti che gli sono peculiari e insieme affinare la propria percezione dei tempi e dei luoghi che ne videro la redazione?
Abbracciando i quattro secoli delimitati dall'Ecclesiastico (111 sec. a.C) e l'Apocalisse di Giovanni (I sec. d.C.), il saggio di Marie-Françoise Baslez, storica dell'antichità greca e romana, mostra che cosa fosse allora la Bibbia, quale contenuto e quali forme essa avesse, che cosa rappresentò il tempio di Gerusalemme, che cosa significasse il monoteismo rispetto allo stato greco e l'impero romano nel quadro delle trasformazioni politiche, economiche, sociali della Giudea.
L'opera è una miniera di annotazioni marginali spesso trascurate, che contribuiscono a delineare i contorni di un'identità giudaica e anche cristiana in cerca d'affermazione di fronte all'ellenismo ambiente.

PREMESSA

La Bibbia non è un libro come gli altri. Per tutti appartiene alla letteratura sacra, per i credenti è un libro ispirato: racchiude la storia santa di un popolo, il popolo ebraico, e racconta le origini di una religione, il cristianesimo. La nuova fede, fondata in Gesù Cristo, vuoi essere l'erede delle sacre Scritture che il Cristo ha portato a compimento. Nella terminologia greca degli ultimi secoli avanti Cristo, pertanto, i biblia (i «libri») sono anzitutto i testi giudaici, ancor prima che il canone cristiano, fissato nel II secolo d.C., usasse il termine biblion («il libro») per il complesso dell'Antico e del Nuovo Testamento.
La divisione fra Antico e Nuovo Testamento all'interno della Bibbia cristiana crea le premesse per la sua interpretazione e ne condiziona spesso l'approccio storico. La storia delle origini del cristianesimo si fonda sui testi del Nuovo Testamento collocati nel contesto dell'impero romano; la storia d'Israele, quella dei patriarchi e dei re, si rilegge alla luce dell'archeologia e dell'antropologia del Vicino Oriente. È rimasta invece a lungo sacrificata la storia del giudaismo ellenistico, dalla conquista di Alessandro, nel IV secolo a. c., fino alla distruzione del tempio a opera dei romani, poiché la maggior parte dei testi datati in tale periodo sono stati esclusi dalla Bibbia ebraica. I manoscritti del Mar Morto, e più generalmente la letteratura intertestamentaria, hanno invece rivelato in tempi recenti che questo ricco patrimonio letterario costituisce il sostrato della religione rabbinica. Durante quattro secoli i giudei «ellenisti» hanno tessuto il filo rosso di una storia movimentata, che inizia con la guerra santa condotta dai Maccabei contro il potere greco e finisce col martirio di Stefano, prima vera prova per la chiesa, o con le difficoltà incontrate da Paolo.
Sia per chi cerca nella Bibbia elementi di storia sia per chi invece vuole ispirarsi alla sua spiritualità, è essenziale raccogliere l'invito a incontrare dall'interno gli uomini della Bibbia. L'obiettivo è di inquadrare autori e lettori per ridare alle parole, alle situazioni e alle immagini da loro usate, il senso che avevano all'epoca.
Intento di questo saggio è dunque di condurre un'indagine in un quadro storico che prescinda dalla tradizionale divisione della Bibbia fra Antico e Nuovo Testamento, cercando di rispettare un'unità storica precisa: quella di una cultura, di un ambiente, di un periodo. La traduzione della Bibbia in greco apre in effetti un varco culturale e linguistico e si iscrive in uno spazio ricco di continuità al di là delle vicissitudini politiche: lo spazio dell'Oriente greco-romano. Comincia allora un tempo di incontro e confronto: il tempo dell'occidentalizzazione del mondo semitico, il tempo della dispersione dei giudei nel Mediterraneo.
La diaspora non appare soltanto nel Nuovo Testamento come sfondo della predicazione apostolica; essa traspare anche nei libri cosiddetti «deuterocanonici» o «apocrifi» della tradizione cristiana - il libro della Sapienza ad esempio. Ciò che oggi chiamiamo «la» Bibbia è in realtà una collezione di opere di contenuto vario, all'interno della quale l'ordine dei libri riconosciuti cambia secondo le comunità che li adottano sin dall'antichità. La scoperta dei manoscritti del Mar Morto è stata di capitale importanza, perché ci ha rivelato una Bibbia «plurale». I limiti e le esigenze dei canoni non esistevano nel periodo ellenistico e, di conseguenza, non devono condizionare lo storico che userà legittimamente l'intero materiale biblico disponibile.
Dopo il ritorno dall'esilio Israele ha perso ogni indipendenza, è diventato uno stato-tempio protetto, come tanti altri nei regni greci e nell'impero romano. Il libro della Legge, reputato ispirato, viene messo alla prova nel contesto di uno stato e di una civiltà di stranieri che non con- dividono questa particolare concezione di un dio trascendente.

DALLA PALESTINA AL MEDITERRANEO

Il passaggio della Giudea da una sfera culturale all'altra, cioè dal mondo orientale al Mediterraneo, non è stato meno significativo della perdita dell'indipendenza. In epoca persiana (VI-IV sec. a.C) la Giudea faceva parte di un impero orientale di cui costituiva una delle province marittime più remote. La prima diaspora ebraica toccò allora esclusivamente il Vicino Oriente, dall'Egitto a Babilonia.
La conquista di Alessandro Magno nel 332 a. C. e l'elleruzzazione dell'Oriente non modificarono in modo sensibile l'assetto politico della Giudea: il conquistatore non ebbe fra l'altro né il tempo né i mezzi per procedere a una riforma amministrativa. La Giudea, che non aveva opposto alcuna resistenza, conservò un'autonomia di fatto; sparì tuttavia la figura del governatore civile, e questo rafforzò il potere teocratico del tempio, facendo al contempo del sommo sacerdote, al pari di un re, l'unico interlocutore del potere greco.
Fra il IV e il I sec. a. C. la Giudea divenne sempre più importante nella storia internazionale per la sua posizione strategica. I due regni principali sorti dall'impero di Alessandro Magno - l'impero dei Seleucidi,nel Vicino e Medio Oriente, e quello dei Tolemei in Egitto - si affrontarono incessantemente in Siria-Palestina, regione situata al confine fra i due imperi. La comunità giudaica della Giudea fu sottomessa ai Tolemei, a partire dal 3 ° 5 e poi durante tutto il III secolo, per passare in seguito sotto il dominio dei Seleucidi, dopo il 198.
Fu in quel contesto che si sviluppò un'opposizione religiosa e nazionalista, guidata dai Maccabei (169-152). La loro guerra contro i Seleucidi rimise in discussione il modello di vita greco, diffuso dal potere regale e adottato da alcuni giudei, i cosiddetti «ellenisti». In quelle circostanze vennero a galla le profonde spaccature interne della società giudaica e fu ulteriormente potenziato il ruolo del tempio, consentendo così alla famiglia dei Maccabei di mantenersi al potere fino al 37 a. C. Lo stato chiamato «asmoneo» (dal nome originario di questa famiglia) divenne di fatto, nel I03, una regalità sacerdotale, che paradossalmente non smise di ellenizzarsi.
Nel 63 i giudei di Palestina furono assoggettati al dominio romano. Pompeo, presa la Siria, dovette affrontare gli Asmonei: mise Gerusalemme sotto assedio e penetrò nel tempio, ultimo bastione della resistenza. L'integrazione dello stato giudaico nel sistema delle province romane fu tuttavia progressiva: per due generazioni, prima con un sommo sacerdote asmoneo, poi con l'idumeo Erode (40-4 a.Ci), al quale Roma riconobbe il titolo di re, la Giudea conservò la propria autonomia. Giudeo di religione, ma non di origine (apparteneva infatti a un popolo nomade convertito), Erode portò il processo di ellenizzazione al suo apogeo. E fu quello il momento in cui nacque Gesù Cristo.
L'inefficienza dei successori di Erode costrinse poi Roma a ricorrere all' amministrazione diretta: in Giudea, a partire dal 6 d. c., in Galilea e in Samaria dal 37. I discendenti di Erode divennero semplici «tetrarchi»: tutti tranne Erode Agrippa I, al quale furono restituiti il titolo e i possedimenti del nonno fra il 40 e il 44, quando si affermava la chiesa di Gerusalemme. Pilato (26-36) è il più famoso di questi prefetti-procuratori romani, incaricati di mantenere l'ordine e di riscuotere le tasse. La presenza intermittente di truppe romane a Gerusalemme diede luogo a una serie sempre maggiore di provocazioni e suscitò numerose rivolte, mentre nel paese si sviluppava un movimento di protesta sociale che sfociò poi nella grande rivolta del 66-70. L'assedio di Gerusalemme, iniziato da Vespasiano, fu portato a termine da Tito. Il tempio questa volta fu distrutto e le istituzioni sacerdotali abolite. Il giudaismo perdeva così il suo principale punto di riferimento in materia di identità, proprio nel momento in cui si creava, nella diaspora, la prima rete di chiese cristiane.
La diaspora ha sempre rappresentato un'altra dimensione della storiadel giudaismo. Il movimento di emigrazione ebbe inizio nell'VIII secolo e fu in una prima fase diretto verso l'Egitto; prima ancora dell'esilio a Babilonia alcuni ebrei si erano insediati in Mesopotamia e in seguito si spinsero fino ai confini del regno seleucide, poi fino a quelli dell'impero romano. In epoca ellenistica le comunità giudaiche più numerose e più vivaci si trovavano in Egitto (sono del resto quelle che conosciamo meglio). A partire dal regno di Augusto l'emigrazione si estese a tutto il bacino del Mediterraneo, anche se le fonti storiche privilegiano le comunità di Roma e dell'Asia Minore (l'attuale Turchia), il che fornisce un ottimo quadro per lo studio del Nuovo Testamento.
Se l'impero romano lasciò la sua impronta in Oriente, il greco fungeva però da lingua della cultura e dell'amministrazione. Tutte le élites, compresi i notabili giudei, continuarono a vivere alla greca, riproducendo il modello della polis ellenica. Il potere soprattutto conservò un carattere sacro e personalizzato: Roma instaurava legami con i popoli sottomessi attraverso il culto dei sovrani. Espressione della cultura greca, usato dai re ellenistici e in seguito dagli imperatori romani, il culto del sovrano divenne così l'ostacolo maggiore al monoteismo, nonostante l'innegabile tolleranza da parte dello stato.

STORIA E STORIA SANTA

I rapporti della Bibbia con la storia sono sempre stati tesi, persino conflittuali; col tempo hanno tuttavia subito una certa evoluzione. La storia santa, per definizione, rifiutava ogni confronto con la documentazione esterna, per il fatto stesso che considerava il libro come il risultato di una dettatura divina che poteva essere solamente oggetto di parafrasi. Per reazione a questa situazione una storia delle religioni «indipendente», o per lo meno con la pretesa di esserlo, si è costituita nel XIX secolo. Essa mise in evidenza la struttura mitica e allegorica dei racconti biblici, riducendo così la Bibbia a una dimensione simbolica. In una simile prospettiva tutto può essere oggetto di paragone e quindi relativizzato. In seguito ci si è accontentati di inserire il racconto biblico in uno scenario storico accuratamente ricostituito, ricorrendo spesso al metodo della giustapposizione, senza interrogarsi sufficientemente sullo statuto e sulla funzione del testo. Un dialogo tuttavia è stato aperto. Il successo dell'archeologia biblica, così come l'approccio pluridisciplinare al mondo della Bibbia, si radicano nella convinzione, teologicamente fondata, che il libro non è il frutto di una dettatura divina, ma piuttosto di un'ispirazione messa per iscritto da alcuni uomini per i loro contemporanei. Gli studi esegetici odierni inseriscono quindi i testi nel loro ambiente, il cosiddetto Sitz im Leben. Attualmente ogni storico guarda agli uomini piuttosto che ai fatti. Per la Bibbia il problema risiede nel fatto che gli uomini vengono cercati soprattutto al di fuori del libro, facendo uso delle risorse dell' archeologia, dei documenti e degli storici antichi. Solo in questo modo il quadro risulta completo, vivace, coerente, il che rende ancora più sensibili le lacune e le varianti del testo nel momento in cui ci si confronta nuovamente con esso. Nessun libro biblico infatti fornisce un racconto esaustivo: nemmeno gli Atti degli Apostoli offrono un racconto completo della missione di Paolo. Ma allora perché non cercare piuttosto gli uomini così come sono nel libro?
La Bibbia si addentra nell'immenso campo della creazione culturale popolare e l'interesse generale per i testi apocalittici ne è la prova. Il materiale letterario che la compone è così ricco che ci fornisce una serie di nomi e di situazioni suscettibili di essere studiati in una prospettiva antropologica: è il caso dell'uomo profetico che compare nel Nuovo Testamento e che contribuisce a definire un'identità dietro al nome di «apostolo-profeta». Lo storico dell'antichità rimane altresì affascinato dal processo di affermazione dell'ego nella sua verità più profonda, così come emerge attraverso gli schizzi autobiografici, dal Siracide a Paolo, anche se spesso traducono una situazione di crisi e un grido di indignazione. Al momento, nello studio dei libri ellenistici e del Nuovo Testamento, la storia archeologica cede il passo alla storia testuale e all'uso di metodi e di modelli ispirati alle scienze sociali.
Lo storico ha del resto l'obbligo di ricostruire i fatti, persino i più sottili. La tendenza attuale è di filtrare il racconto biblico per ritrovare l'evento allo stato grezzo, spogliato di tutti gli sviluppi della storia santa che appartengono all'interpretazione teologica. In particolare i nomi del- la Bibbia sono stati a poco a poco caricati di significati, attraverso un gioco di etimologie e di personiiicazioni consueto nel pensiero antico, com'è il caso del termine nazareno oppure del nome di Giuda iscariota. Lo storico deve risalire al senso originario delle parole, come, per esempio, proselito o cristiano, che vengono ora usate con varie sfumature e che sono state invece inventate in un contesto preciso.
Consapevoli di ciò, è legittimo ridurre la storia biblica a un nucleo di eventi? La Bibbia sovradimensiona talmente gli eventi che risulta impraticabile per lo storico ricorrere alle nozioni di vero e di falso secondo i criteri tradizionali. Si afferma spesso che il fatto biblico è un «[atto di fede». Diremmo più volentieri che esso si colloca fra l'attualità immediata e un intento teologico che appartiene a una specifica cultura biblica che pervade tutto il libro sacro. Gesù Cristo non poté nascere durante il censimento di Quirinio se è nato sotto il regno di Erode: risulta impossibile conciliare questi due dati. Il vangelo però non dice il falso: usa e sposta un evento - che ha colpito i contemporanei - in funzione del signifìcato teologico che gli viene attribuito alla luce del fatto che la torà contestava i censimenti. L'evento appare anche come un riferimento all'attualità per porre il cristianesimo di fronte a Roma, in quanto le reazioni al censimento di Quirinio avevano visto opporsi i soggetti sottomessi all'autorità romana e quelli ribelli.
La verità storica che troviamo nella Bibbia dipende quindi dalle domande che formuliamo. La menzione del censimento non fornisce la data di nascita di Gesù, ma aiuta a capire come lo storico antico usi la dimensione cronologica: ricorre ai sincronismi per dare all'evento un signifìcato maggiore, senza cercare a tutti i costi la precisione cronologica. L'informazione contenuta nel vangelo presenta inoltre un autentico interesse storico per quel che riguarda la macchina amministrativa dell'impero, che Augusto aveva da poco istituito.
Per cercare gli uomini della Bibbia occorre dunque trovare i giusti quesiti, che riguardano, fra l'altro, più il contesto locale che quello dell'impero, nonostante la vocazione universale della religione cristiana e di un certo giudaismo. Non bisogna proiettare nel passato, su realtà più antiche, l'importanza della chiesa che si verifìca soltanto dal IV secolo in poi. Si dimentica troppo spesso che i giudei rappresentavano soltanto un piccolo popolo, mentre i primi cristiani sono gruppi modesti, molto sparsi, la cui visibilità a Roma e nelle grandi città è discutibile. L'utilizzo dell' evento memorabile, attraverso un gioco di sincronismi, era un riflesso della storiografìa locale: per collocare nel tempo la predica del Battista, il redattore mette sullo stesso piano l'imperatore romano e un oscuro monarca di Abilene, completamente sconosciuto. In altre parole la scala della Bibbia non è mai quella della storia. Lo storico deve, ad esempio, rivalutare, dal punto di vista dello stato greco, l'importanza storica della rivolta dei Maccabei e l'atteggiamento dell'amministrazione romana di fronte alle persecuzioni.
Per definire i giusti quesiti, occorre disporre di buoni strumenti. Il terreno dell'indagine storica si amplia costantemente, anche per l'antichità e per gli studi biblici. Fra i temi selezionati in questo libro alcuni sono scontati, altri meno. Proporremo un confronto con una serie di documenti contemporanei di primaria importanza, come quelli di Qumran, per studiare un gruppo religioso dall'interno, con l'aiuto di modelli antropologici largamente diffusi nel mondo greco-romano e orientale, come il profetismo. Molta attenzione è stata rivolta alle diverse realtà geografiche e al valore simbolico dello spazio per studiare l'ambiente galileo, la solitudine del deserto oppure i viaggi apostolici. L'accento è stato posto sui problemi della lingua e della comunicazione, cruciali nel contesto dell'Oriente romano, per analizzare l'evento della pentecoste non solo come un'esperienza mistica, ma anche come una realtà all'interno dell'impero.
Infine è indispensabile valutare l'inserimento dei testi, dei loro autori e lettori nell'ambiente circostante, per capire meglio le differenze religiose che esprimono. Quasi tutti i testi della Bibbia greca presentano un carattere polemico: polemica aperta nei libri dei Maccabei, nel!' Apocalisse, nella maggior parte delle lettere paoline, presentazione selettiva e orientata nei vangeli ... Gli autori biblici hanno talvolta una buona conoscenza delle realtà del tempo, anche se, nel caso dei libri di Ester e Daniele, le proiettano nel passato: le varianti e le evoluzioni contribuiscono a disegnare l'uomo religioso nelle sue varie manifestazioni, un uomo religioso che si colloca fra la religione e lo stato in quanto espressione di una cultura.

Dedico amichevolmente questo libro a tutti coloro che hanno aderito al mio progetto e hanno contribuito al suo sviluppo attraverso i loro quesiti e le loro ricerche personali, agli amici dell'Institut d'Études Sémitiques, a Pierre Bordreuil e Françoise Briquel-Chatonnet, al seminario «Religioni e società dell'antichità» dell'École Normale Supérieure di Parigi e agli studenti di storia dell'Università di Rennes 2.
Parigi, agosto I998.


INDICE

9 Premessa
10 Dalla Palestina al Mediterraneo
12 Storia e storia santa
17 Abbreviazioni e sigle

Capitolo I
19 La Bibbia greca
19 L'avventura della traduzione
22 La curiosità dei greci
24 I lettori della Bibbia in greco
25 Le implicazioni religiose del bilinguismo
28 Le collezioni bibliche e la nozione di Bibbia
29 Una letteratura doppia per un mondo doppio
31 Il romanzo di edificazione di un emigrato
33 La sapienza di un notabile di Gerusalemme
34 Gli inizi del pietismo mistico
35 Una società in mutazione alle prese con la diffidenza
37 Il saggio e il re. Lezione di precarietà politica
38 Il sacerdozio, principio vitale del giudaismo
39 Letteratura duplice e proselitismo: un neologismo discusso

Capitolo 2
42 Fra tempio e stato greco
44 L'episodio di Eliodoro (180): una rivolta fiscale
46 Questione fiscale e lotta tra fazioni
47 «Giudaismo» ed «ellenismo»
49 Le divisioni sociali
52 Il 15 Kislev (8 dicembre) del 167: giorno della profanazione del tempio
53 Autoritarismo regio e libertà religiosa
56 La degiudaizzazione
57 Le premesse dell'antisemitismo
58 «Giuda Maccabeo si ritira nel deserto per vivere come gli animali selvaggi»
62 «Ardenti di zelo per la legge»: la prova iniziatica di Modein
64 «Tutti furono circoncisi»: il diritto del suolo
64 Il compromesso del sabato
65 «Per il nostro popolo e per il luogo santo»: l'azione militare dei Maccabei
67 Alcimo, sommo sacerdote: «Un sacerdote della stirpe di Aronne è venuto con le truppe»
68 «Re Demetrio al fratello Gionata»: l'ora del compromesso politico

Capitolo 3
72 La storia, il potere e l'altro
72 Apocalisse e senso della storia
74 Il buono e il cattivo sovrano: modello e contromodello del potere
77 Daniele nella fossa dei leoni: un'ordalia alla corte del re
78 La tentazione del potere: i giudei di corte
80 Giudei di potere e perdita di identità
82 L'idolatria o il culto dell'immagine del re
84 «Diventare giudeo significa rovesciare gli idoli»: una concezione estensiva dell'idolatria
86 Essere giudeo significa avere gli stessi parametri d'identità
88 Il modello di un giudaismo missionario e la realtà della politica asmonea in Palestina
91 Uno sguardo sugli altri: Roma e l'immagine della libertà
94 Identità giudaica e parentela greca
97 I kittim, ecco il nemico
98 Acculturazione e resistenza religiosa nella diaspora
100 Lo statuto dei giudei nella diaspora: l'antisemitismo alessandrino

Capitolo 4
103 Qurnran, specchio della storia e della religiosità giudaiche
105 Fra città e deserto
106 L'esperienza del deserto nel giudaismo
109 Aspetti archeologici
110 Un deposito di libri nel deserto
112 Lo specchio di una società erudita e poliglotta
114 Separatezza ed esoterismo: le regole ideali di una comunità messianica
115 Separatezza e osservanza: il magistero della legge
116 Separatezza e povertà
118 I perseguitati: le ragioni storiche della separatezza
121 Lo specchio delle sette
123 Separatezza e anticonformismo
125 Separatezza e ideale comunitario
126 Qumran, fulcro storico dell'essenismo?
128 Il senso della storia

Capitolo 5
131 L'ambiente di Gesù
131 Il «distretto dei gotim»: uno spazio fra due mondi
134 Nazareno o nazoreo?
136 «Un profeta non è disprezzato che nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua»
138 La casa di Cafarnao
139 Le città dei miracoli: Cafarnao, Betsaida, Corazin
140 Il gruppo dei galilei
141 I Dodici. Indagine sociologica
143 Simone lo «Zelota. e Giuda «Iscariota - erano degli attivisti?
145 Pescatori ed esattori
147 Il particolarismo galileo
148 Sei galileo?
151 Percorrendo la via del mare: fra Damasco e Tiro

Capitolo 6
155 Dal Cristo a Gesù: la storia in retrospettiva
157 I racconti evangelici e la storia
160 «All'epoca del censimento»: un evento ricostruito
161 Risalire nel tempo per appropriarsene: le genealogie
163 Lo spazio-tempo dei vangeli
164 Storia e nascite miracolose
165 La figura storica di Gesù: un battista
168 La figura del maestro
170 Il taumaturgo: i vangeli fra segno ed evento
172 Il miracolo, specchio della società
173 Esorcismi e guarigioni. La medicina sacra
176 Il processo di Gesù: una testimonianza
177 Il processo giudaico: un'impossibilità
180 La crocifissione, «la più deplorevole delle morti»

Capitolo 7
185 Ispirazione e comunicazione nella chiesa della pentecoste
186 L'esperienza mistica della pentecoste: una riattualizzazione dell'evento del Sinai
187 Le lingue di fuoco: un riflesso della sensibilità religiosa contemporanea
188 Il dono delle lingue: profetismo e comunicazione
191 Gli aspetti storici del problema linguistico
192 L'orizzonte di una missione ispirata
196 La seconda pentecoste: il profetismo e la parola liberata
199 Gli altri carismi apostolici
201 La prevalenza del visionario sul taumaturgo
203 Profeti e visionari
204 Profeti e falsi profeti: un problema di attualità
207 Un profetismo contestatario a colpi di tornei
211 Il nome, marchio del profeta

Capitolo 8
213 La chiesa di Gerusalemme
213 Il caso di Stefano: una questione fra giudei
217 Un'attualità in fermento
218 La reazione di Erode Agrippa I: l'esecuzione di Giacomo e l'arresto di Pietro
219 La morte di Giacomo, fratello del Cristo, nel 62, e le difficoltà del cristianesimo giudaico
221 Il ruolo della famiglia d·i Anna e i sadducei
223 L'impossibile progetto di un cristianesimo giudaico: una lezione della storia?
227 La conversione al giudaismo
229 Il contesto storico locale: gli episodi di Cesarea e di Antiochia
231 Il problema dei divieti alimentari
233 La circoncisione
235 Questione di fede o questione di cultura

Capitolo 9
238 Penetrazione e diffusione nel mondo greco
240 L'illusione di una traiettoria impeccabile
241 L'apostolato dei confini
242 Paolo e l'introduzione del cristianesimo in Grecia
244 «Così da Gerusalemme e dintorni fino all'Illiria»: i peripli apostolici
245 Pietro, l'apostolo dei giudei della diaspora
246 Sovrapposizioni e concorrenza: la libertà degli apostoli
249 Il silenzio degli Atti
251 Tra centro e confini. Geografia agiografica e pragmatismo romano
254 L'apostolo: figura letteraria e realtà sociali
256 Essere apostolo: una vocazione
258 Signore di rango e notabili del luogo: le condizioni locali della penetrazione
261 «Ciascuno rimanga nella condizione in cui era quando fu chiamato»
262 «La chiesa di una casata»: l'importanza del nucleo familiare
264 L'identificazione della chiesa
267 Le prime tensioni

Capitolo 10
271 Problemi di integrazione e crisi d'identità
271 La prova della sinagoga
274 Giudei e falsi giudei della seconda generazione. Due missioni concorrenti?
275 La prova della strada
278 L'urto tra fazioni
279 Concorrenza religiosa
280 Balaam di Pergamo e il problema dell'integrazione sociale
281 Gezabele di Tiatira: controversie sul ruolo delle donne nella chiesa
283 I nicolaiti di Efeso e di Pergamo
285 Nicolaiti, psichici, gnostici: le prime tappe dell'eresia
287 Gli impostori
288 Dietro la maschera dell'impostura: un conflitto di autorità
290 Smascherare i falsi profeti
293 I maghi o il colmo dell'impostura
294 Il rischio di confusione fra le varie pratiche

Capitolo 11
297 I cristiani e il potere
298 Le tribolazioni di Paolo nelle città: testimonianze autobiografiche
300 L'inizio della caccia ai cristiani nelle chiese paoline d'Asia
301 Le prove delle chiese di Pietro
303 Le tribolazioni del visionario dell'Apocalisse
304 Il ritorno escatologico di Nerone: il radica mento nelle credenze popolari
305 Domiziano, il secondo persecutore dei cristiani?
307 Il colmo dell'idolatria: la critica di una nuova sensibilità religiosa
310 L'apostolo messo sotto accusa negli Atti degli Apostoli
311 La libertà religiosa nelle città
314 Le condizioni dell'intervento romano
317 Accuse giudaiche e nulla di fatto romano: un'interpretazione restrittiva del delitto religioso
320 Essere cristiano era un crimine? e da quando?
323 Un'associazione «a delinquere»? I cristiani di Roma e l'incendio del 64
324 L'individuazione dei cristiani a Roma
325 Un'associazione dai mezzi criminali? Le condanne di diritto comune
326 Da testimone a martire
330 Conclusioni dello storico
335 Bibliografia ragionata
369 Fonti
375 Indice dei nomi di luogo
379 Indice dei nomi di persona
383 Indice delle carte geografiche

Ultima modifica il: Feb 28, 2018
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