ARTICOLI DI TUTTO IL NEGOZIO

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ARTICOLI DI TUTTO IL NEGOZIO (249)

LA TRINITÀ: VERITÀ o FALSITÀ - Cosa insegnano veramente la storia e le Sacre Scritture

UN'OPERA GENIALE E UNICA, PERCHÈ?

Per la prima volta, sono a disposizione tutti i versetti che possono avere a che fare con questo insegnamento e sono stati raggruppati in tre sezioni:

192 - Versetti che secondo i trinitari “dimostrano la Trinità”.
70 - Versetti che si possono tradurre in più modi.
388 - Versetti che dimostrano come la Trinità non esista.

Alla fine dello studio, questo insegnamento non sarà più "un mistero"

LaTrinitaVeritaoFals430

RETROCOPERTINA

Da circa due millenni si discute su questo argomento. Negli ultimi anni, sono stati pubblicati molti libri e opuscoli che tentano di arginare un grande paradosso: il dogma della Trinità e/o della divinità di Gesù Cristo e dello spirito santo.
Ciò che mi ha spinto a realizzare questo studio/ricerca, sta nel fatto che esistono molti libri a sostegno e molti altri che sono contro questo insegnamento.
Perchè questa assurdità? Comepuò da una fonte uscire sia acqua dolce che salata?
Essendo l'Iddio onnipotente l'essere più importante di tutto l'universo, è opportuno aver chiaro nella mente che tipo di Dio sia.
È una persona oppure sono tre persone in una, come molti credono? Gesù Cristo è Dio? E poi, cos è lo spirito santo?
Ancora: la dottrina della Trinità è un insegnamento biblico? Gesù Cristo nelle sue conversazioni terrene, insegnò questa dottrina? Pretese mai di essere Dio?
Ho constatato che vari autori hanno prodotto le loro opere guidati anzitutto dal pregiudizio e da un uso riduttivo di quei passi biblici che spostano il peso del giudizio, a favore o contro tale dogma.
Ho deciso quindi di realizzare questo studio, seguendo un criterio innovativo e avanzato.
Per la prima volta, sono a disposizione tutti i versetti che possono avere a che fare con questo insegnamento e sono stati raggruppati in tre sezioni:

192 - Versetti che secondo i trinitari “dimostrano la Trinità”.
70 - Versetti che si possono tradurre in più modi.
388 - Versetti che dimostrano come la Trinità non esista.

Gli ho analizzati in maniera meticolosa e dettagliata e mi sono valso dell'ausilio di centinaia di traduzioni bibliche, lessici, dizionari, commentari e molti altri strumenti biblici di varie confessioni religiose.
Il risultato a cui sono pervenuto, è veramente illuminante e chiarificatore. Non solo la dottrina della Trinità si dimostra del tutto infondata, ma si viene anche a conoscenza del fatto che essa esisteva già prima di essere assimilata da parte di quei cristiani che dopo la morte degli apostoli, divennero apostati.
Per realizzare queste ricerche, ho impiegato molti anni, e ora lo presento come un pratico manuale, adatto non solo per uno studio di come Dio si fa conoscere agli uomini, ma anche per la consultazione immediata dei singoli passi oggetto di interesse.
È uno strumento utilissimo anzitutto per coloro che non credono in tale dottrina, ma anche per tutte quelle persone che si sentono disorientate dalle spiegazioni irrazionali ricevute e desiderano pervenire alla piena comprensione riguardo a questa fantasiosa, insignificante e incomprensibile dottrina.

LA DOTTRINA DELLA
"SANTISSIMA TRINITÀ"

Trinità Egiziana
trinita-egiziana-1-100


UNA FANTASIA RELIGIOSA
LE CUI RADICI AFFONDANO
NELLE CIVILTÀ PAGANE!


Trinità Egiziana
trinita-egiziana-100


Trinità Assira

trinita-assira-100


Trinità Romana

trinita-romana-100


Trinità Buddista

trinita-buddista-1-100


Trinità Buddista

trinita-buddista-100


Trinità Induista

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Trinità Cristianità

trinita-cristianita-100


LO SPESSORE DI QUESTO STUDIO

- Sono stati studiati 650 versetti biblici divisi in 3 sezioni:

a) - 192 Versetti che secondo i trinitari dimostrano la Trinità
b) - 70 Versetti che si possono tradurre in più modi
c) - 388 Versetti che dimostrano come la Trinità non esista


INOLTRE

- sono state analizzate 235 versioni bibliche
- sono state analizzate 174 fonti bibliografiche

Numero Versetti
che secondo i trinitari
"dimostrano la Trinità"

Numero Versetti
che si possono tradurre
"
in più modi "

Numero Versetti
che dimostrano come la
"Trinità non esiste"

A.T.25
MATTEO 26
MARCO 12
LUCA 16
GIOVANNI 33
ATTI 23
ROMANI 7
1 CORINTI 3
2 CORINTI 1
GALATI --
EFESINI 4
FILIPPESI 1
COLOSSESI --
1 TESSALONICESI 1
2 TESSALONICESI --
1 TIMOTEO 2
2 TIMOTEO 1
TITO 3
FILEMONE --
EBREI 8
GIACOMO --
1 PIETRO 2
2 PIETRO
--
1 GIOVANNI 1
2 GIOVANNI --
3 GIOVANNI --
GIUDA --

RIVELAZIONE
23

A.T. 6
MATTEO 3
MARCO --
LUCA --
GIOVANNI 24
ATTI 4
ROMANI 1
1 CORINTI 2
2 CORINTI 4
GALATI --
EFESINI 1
FILIPPESI 2
COLOSSESI 4
1 TESSALONICESI --
2 TESSALONICESI 2
1 TIMOTEO 2
2 TIMOTEO --
TITO 1
FILEMONE --
EBREI 4
GIACOMO 1
1 PIETRO 4
2 PIETRO 1
1 GIOVANNI 2
2 GIOVANNI --
3 GIOVANNI --
GIUDA 1
RIVELAZIONE 1

A.T. 19
MATTEO 43
MARCO 28
LUCA 39
GIOVANNI 51
ATTI 36
ROMANI 18
1 CORINTI 14
2 CORINTI 12
GALATI 5
EFESINI 13
FILIPPESI 6
COLOSSESI 6
1 TESSALONICESI 8
2 TESSALONICESI 2
1 TIMOTEO 5
2 TIMOTEO 2
TITO 3
FILEMONE 1
EBREI 22
GIACOMO 1
1 PIETRO 6
2 PIETRO 3
1 GIOVANNI 11
2 GIOVANNI 3
3 GIOVANNI --
GIUDA 3
RIVELAZIONE 28

TOTALE 192

TOTALE 70

TOTALE 388



VERSETTI TRATTATI

GENESI 1:1 1:2 1:26 3:22 11:7 18:1-19:29, 19:24

ESODO
3:2-15

NUMERI 11:17

DEUTERONOMIO 6:4 10:17 18:15

1 SAMUELE 16:14-16, 23

2 RE 2:9

GIOBBE 27:3 33:4

SALMI 2:2-7 22:1-3, 8, 10, 19 33:6 45:3, 7, 8, 45:6 139:7

PROVERBI 8:22

ISAIA 6:3 6:8 9:6 11:1-3 40:28 42:1-7 42:8, 43:10 43:11 44:6 44:24 48:16 52:13 54:13 61:1, 2

GEREMIA
23:6

DANIELE
7:13, 14 10:13 10:21 12:1 12:2

OSEA 11:9

GIOELE 2:28

MICHEA 5:1 5:1-3

ZACCARIA
2:10, 11 3:2 11:12, 13 12:10 13:7

MALACHIA 3:1

MATTEO 1:21 1:23 2:2, 8, 11 3:3 3:16, 17, 4:1 4:1-10 5:8, 9 5:34, 35 5:48 6:8 6:9 6:14, 15, 18 6:26, 30, 32 7:21 8:2 8:24 8:29 9:2, 3 9:18 10:20 10:29 10:40, 11:2-6 11:25, 26 12:4, 12:18 12:28 12:31, 32 12:50 14:27 14:33 15:3-6, 13 15:25 16:15-17, 20 16:23 16:27 17:5, 18:10, 14, 19, 35, 19:4-6 19:17 19:26 20:20 20:23 21:9 21:9-11 22:21 22:29-32 22:44 23:9, 23:39, 24:36 25:32-34 26:31 26:39, 42, 44 26:53 26:63, 64, 26:63-66 27:9 27:40 27:43 27:46 27:54 27:63, 64 28:9 28:17 28:18 28:19

MARCO 1:3 1:8 1:10, 11 1:11 1:12 1:24, 1:34 2:5-7 2:10 2:26 3:11 3:28, 29 3:35 5:6 5:7, 5:19, 20 6:50 7:13 7:25 8:29 8:33 9:7 9:37 10:6-9 10:18 10:27 11:9 12:17 12:24-27 12:32,
12:36 13:11 13:19, 20 13:32 14:27 14:36, 14:61, 62 15:34 15:39 16:19


LUCA 1:32 1:35 2:11 2:26 2:30 2:49 3:4 3:16 3:21, 22 4:1 4:1-12 4:14 4:18, 19, 4:34, 41 5:16 5:20, 21 6:4 6:12 6:35, 36 7:49 8:28 8:39 8:41 9:20, 9:28 9:35 9:42, 43 9:48 10:16 10:21, 22 10:22 11:2 11:20 11:28 12:10 12:12 12:24, 28, 30, 32 13:13 16:15 17:15-18,
18:19 18:27 19:38 20:25 20:37, 38 20:42, 22:28, 29 22:42 22:67-70 23:35 23:47 24:19 24:52

GIOVANNI 1:1 1:3, 4 1:12 1:14 1:18 1:23 1:29, 1:33 1:34 1:36 1:49 2:16 2:19 2:25 3:2, 3, 3:16-18 3:34-36 4:6 4:21-24 4:26 4:34 4:42 5:17 5:18 5:19 5:19-30, 5:22 5:23 5:26 5:36-44 6:20 6:27-29 6:33 6:38-40 6:40 6:45, 46 6:57 6:69 7:16-18 7:28, 29 7:29 7:40, 41, 8:12 8:16 8:18 8:24, 28 8:26, 29 8:40-42 8:49, 50 8:54, 55 8:58 8:59 9:33 9:38 10:11 10:17, 18 10:24,
10:28 10:30 10:31 10:32-37 10:33 10:38, 10:39 11:22, 27 11:25 12:13 12:28 12:34 12:37-41, 12:49, 50 13:3 13:20 13:31 14:1 14:6 14:9 14:10, 11 14:13 14:14, 14:16 14:17 14:20 14:24, 14:26 14:28 15:26 16:7 16:8 16:13, 14 16:27, 28 16:30 17:3 17:5 17:6-10 17:18 17:20-26,
17:24 18:6 19:7 20:17 20:21 20:22 20:28 20:31 21:17

ATTI 1:2 1:5 1:7 1:8 1:16 1:24 2:4,2:17, 18 2:22-24 2:32-36 2:38 3:13-15 3:14 3:15 3:18-21, 3:22 3:26 4:8 4:10 4:12 4:25-27 4:30, 5:3, 4 5:9 5:30, 31 5:32 6:3, 5, 8 7:51 7:55, 56 7:59, 7:60 8:15-20 8:29 8:39 9:17 9:20 10:19 10:36-42, 10:45 11:12 11:15, 16 11:24 13:2 13:4 13:9 13:23 13:30 13:33-37 13:52 15:8 15:28 16:6 16:7 17:31 18:5 18:28 19:2-6, 20:23 20:28 21:4 21:11 28:25

ROMANI 1:1-9 2:16 3:22 4:24 5:1 5:8-11 6:4 6:9-11 6:23 7:25 8:3 8:9 8:11, 8:16, 8:17 8:26, 27 8:32-34 9:5 9:32 10:9 10:13 14:8, 9 15:5, 6 15:19 16:27

1 CORINTI
1:1 1:2 1:3, 4 1:9 1:24, 30 2:8, 2:10-13 2:16 3:23 6:11 6:14 8:6 10:4 11:3 12:4-6, 12:13 15:15 15:24-28 15:57


2 CORINTI 1:1-3 1:19-21 2:14-17 3:3 3:4,
3:17, 18 4:4 4:6 4:14 5:18, 19 5:19 6:6 11:31 12:19 13:3, 4 13:13 GALATI 1:1-5 1:15, 16, 3:26 4:4 4:14

EFESINI
1:1-6 1:13 1:17 1:20 2:4-6 3:10-12, 3:20, 21 4:4, 5, 6 4:5, 6 4:8 4:11 4:30 4:32 5:2, 5:5 5:18 5:20 6:23


FILIPPESI 1:2 1:11 2:6 2:9 2:9-11 2:10, 11, 3:14 4:7 4:19

COLOSSESI 1:1-3 1:15 1:16, 17, 20 1:17 2:2 2:9 2:12 3:1 3:17

1 TESSALONICESI 1:1-3 1:10 3:11-13 3:13 4:8 4:14, 4:16 5:9 5:19

2 TESSALONICESI 1:1,2 1:12 2:13 2:16

1 TIMOTEO 1:1, 2 1:17 2:3 2:5 3:16 4:1 5:21, 6:13 6:15, 16

2 TIMOTEO 1:1, 2 2:22 4:1

TITO 1:1 1:3, 4 1:4 2:10 2:13 3:4 3:5

FILEMONE 3-6

EBREI 1:1-3 1:2 1:3 1:5 1:6 1:8 1:9, 1:10 2:3, 4 2:9, 10 2:11-13 3:2 3:7 4:15 5:5-10 6:6 7:1-3 7:3 7:25 8:1, 2 9:8 9:14 9:24 10:7 10:12, 10:15 10:19-21 10:29 12:2 12:23, 24, 13:8 13:15 13:20

GIACOMO
1:1 2:1 1


PIETRO 1:2 1:3 1:11 1:21 2:3 2:5 2:7, 8, 3:15 3:18-22 4:11 5:10

2 PIETRO 1:1 1:2 1:17 1:21

1 GIOVANNI
1:1-3 1:7 2:13, 14 2:22 3:8 4:9, 10, 4:12 4:13 4:14, 15 5:1 5:5 5:6 5:7 5:20


2 GIOVANNI 3 7 9

GIUDA 1 4 9 20, 21 25

RIVELAZIONE
1:1, 2 1:4-6 1:8 1:9 1:11 1:17 2:7, 2:8 2:11 2:17 2:18 2:23 2:29 3:2 3:5 3:6 3:7 3:12 3:13 3:14 3:21 3:22 4:8 4:10, 11 5:7 5:8 5:9, 10, 5:12-14 6:16 7:10 7:17 12:7 12:10, 12:17 14:1 14:4 14:12 14:13 15:3, 4 17:14 19:10 19:13 19:16 20:1 20:4-6, 21:6 21:7 21:22, 23 22:1 22:3 22:13 22:16 22:18, 19

INDICE

Prefazione a cura di Umberto Polizzi
Prefazione a cura di Stefano Pizzorni
Introduzione
Antiche Trinità pagane
I Padri apostolici
Gli Apologisti
Il Concilio di Nicea
Il credo Niceno
Il Padre
Il Figlio
Lo spirito santo
Versetti che secondo i trinitari "dimostrano la Trinità"
Versetti che si possono tradurre in più modi
Versetti che smentiscono la Trinità
Gesù è l'arcangelo Michele?
Il monoteismo
Conclusione finale
Sigle o abbreviazioni delle traduzioni bibliche usate
Sigle e abbreviazioni di traduzioni di parti della Bibbia, dei Vangeli,
del Nuovo Testamento, di Interlineari ed altro
Bibliografia
Versetti trattati

Leggi tutto...

LA TRADUZIONE DEL NUOVO MONDO: Una traduzione biblica che si distingue da tutte le altre!

TMN 120

LA BIBBIA DEI TESTIMONI DI GEOVA

Una traduzione biblica
che si distingue da tutte le altre

Viene analizzata dal ricervatore Felice Buon Spirito

La TRADUZIONE DEL NUOVO MONDO

MANIPOLATA o TRADOTTA FEDELMENTE?
Una risposta ai critici della Traduzione del Nuovo Mondo

ALCUNI DEI TANTI LIBRETTI CHE CIRCOLANO NEI NEGOZI DI LETTERATURA CATTOLICA
"I peccati di alcuni uomini sono pubblicamente manifesti, conducendo direttamente in giudizio, ma in quanto ad altri uomini [i loro peccati] pure vengono manifesti in seguito" [1 Tim. 5:24]

libretti-contro-tnm-1-70libretti-contro-tnm-2-70libretti-contro-tnm-3-70libretti-contro-tnm-4-70libretti-contro-tnm-5-70libretti-contro-tnm-6-70

"Nello stesso modo anche le opere eccellenti sono pubblicamente manifeste

e quelle che non lo sono non possono essere tenute nascoste"

43-tnm-325

TROPPA FRETTA NEL CRITICARE!

"La Bibbia dei Testimoni di Geova: traduzione o manipolazione?" - e
"
I Testimoni di Geova a confronto con la vera Bibbia"

Questi sono i titoli di alcuni libri e opuscoli scritti da vari membri delle chiese della cristianità con lo scopo di screditare i TdG e la loro traduzione della Bibbia.

La loro critica è volta a dimostrare che la TNM, sarebbe stata manipolata col fine di sostenere forzatamente la teologia dei TdG. Sono fondate queste critiche? La TNM è davvero il risultato di un'attenta manipolazione o è il frutto di una accurata e fedele traduzione?
Questo libro documentatissimo, risponde a queste domande e a molte altre, come anche alle numerose critiche fatte alla TNM. L'autore, prende in considerazione circa 300 versetti biblici , considerati manipolati rispetto ai testi originali. Tutti i passi vengono analizzati dettagliatamente, alla luce delle lingue bibliche originali (ebraico, aramaico e greco) e, cosa nuova, confrontati con centinaia di traduzioni bibliche, lessici, dizionari, commentari e altri strumenti biblici di varie confessioni religiose.
L'esito di questa ricerca è veramente illuminante e con risultati sorprendenti. Leggendo questo libro ci si renderà conto della grande campagna di disinformazione che viene perpetrata verso le persone in genere. Questo libro, frutto di un lavoro durato oltre un decennio, si presenta come un pratico manuale, adatto non solo per uno studio sistematico di significativi versetti della Bibbia, ma anche per la consultazione immediata dei singoli passi oggetto di interesse.
Utilissimo anzitutto per i Testimoni diGeova che vi possono ricorrere come ad un’ulteriore strumento informativo che permette loro di rispondere in maniera documentata alle critiche che gli vengono rivolte.
Necessario per tutte quelle persone tolleranti e di mente aperta che vogliono acquisire nuove importanti verità bibliche, ma che la campagna finora attuata con gli opuscoli di critica impediva loro.

Formato 17 x 24 - pagine 840

PRESENTAZIONE

La prima volta che sentii parlare dei Testimoni di Geova (da qui in avanti queste parole saranno abbreviate con la sigla TdG) fu più di 30 anni fa, quando avevo circa 6 anni. Dopo di allora ho un vuoto nella mente che mi riporta a 5 anni dopo, quando a scuola, allora facevo la prima media, conobbi un compagno di classe che era un TdG e che qualche volta coglieva l'occasione per darmi testimonianza parlandomi della Bibbia e di Dio.
Ricordo, purtroppo, anche le volte in cui era maltrattato e deriso dall'insegnante di religione, un sacerdote.
Negli anni a seguire ebbi svariate occasioni in cui venni in contatto con i TdG, ma la cosa non m'interessava affatto. Fu nel 1986 che avvenne la grande svolta. Precedentemente, deluso dalle condizioni di vita mondiali, pensavo che se un unico governo avesse avuto il potere sull'umanità le cose sarebbero andate meglio. Mi chiedevo anche perché Dio permetteva le guerre, la malvagità e tutte le cose brutte che accadono nel mondo. Non dico di averlo pregato per questo, ma fu come se Egli avesse letto nella mia mente e nel mio cuore, e da allora accaddero dei fatti che non avrei mai immaginato.
Mi ritrovai parecchie volte a parlare con diversi TdG, dopodiché, nel Marzo del 1987 incominciai uno studio della Bibbia con uno di loro. Perché proprio con i TdG e non con i cattolici o gli evangelici o altri? Perché Dio si presentò attraverso i TdG nel momento di bisogno? Nella Bibbia si legge che Dio attira i suoi (Giovanni 6:44), ma con essa si afferma pure che Satana cerca di "portare via la parola dal loro cuore" (Luca 8:11, 12), e questo è proprio quello che stava accadendo.
Dopo alcuni mesi in cui studiavo la Bibbia con i TdG, mentre passavo davanti ad una libreria esoterica, notai, esposto in vetrina, un libro, sul quale risaltavano le parole "Testimoni di Geova". Pensai: "Guarda, un testo scritto dai TdG, adesso entro e lo compro". Così entrai e lo acquistai. Arrivato a casa, dopo averlo letto, scoprii che quello non era scritto dai TdG ma contro i TdG. Sì, Satana stava cercando di "portare via la parola dal mio cuore". (Luca 8:11,12)
Contemporaneamente un cugino di mia moglie divenne un Pentecostale e così iniziò la sua guerra contro la Traduzione del Nuovo Mondo (da qui in avanti questo titolo sarà abbreviato con la sigla TNM). Non mancavano le occasioni in cui lui e i suoi correligionari mi facevano notare le "falsificazioni" della TNM, creando in me non pochi dubbi.
Tutta questa serie di circostanze mi portò ad una sola conclusione: "Si potrebbe parlare per giorni e giorni, ad esempio, della dottrina della Trinità basandosi su Giovanni 1:1, ma ciò che determina se essa sia vera o no è la traduzione della Bibbia". Ad esempio, se la giusta traduzione di Giovanni 1:1 fosse "la Parola era Dio", non ci sarebbero dubbi: "Gesù è Dio".
Ma al contrario, fosse la giusta traduzione è "la parola era un dio" o "divina" allora il discorso cambierebbe completamente. La stessa cosa vale pure per Atti 20:28 e altri versetti simili.
Tutte queste ed altre circostanze, mi portarono ad approfondire lo studio della traduzione della Bibbia, in particolar modo quello della TNM, viste le accuse mosse contro di essa e visto che era quella di cui mi servivo principalmente nello studio.
Devo dire che il mio non è stato un indottrinamento o un lavaggio del cervello, come molti credono avvenga tra i TdG, in quanto i miei studi sulla TNM e sulle altre Bibbie erano fatti da me privatamente e senza l'influenza di alcun TdG. Anzi, se proprio un'influenza c'è stata fu quella degli oppositori, che, guarda caso, incontravo in continuazione e che cercavano di screditare sempre di più la TNM.
Certo era facile per loro creare dei dubbi nella mia mente inesperta e nuova in questo campo. Allo stesso tempo mi meravigliavo di come uno, inesperto come me, potesse molte volte superare le loro obiezioni confutandole.
Iniziai così ad acquistare diverse traduzioni della Bibbia in lingua italiana, prima fra tutte la NVB dopodiché la TI, la CEI, la TILC, la LU, la DI, la GA e via dicendo.
A questo proposito vorrei aprire una parentesi. Fu proprio con l'acquisto della mia prima Bibbia che mi venne il dubbio che gli oppositori stessero ingannando. Perché dico questo? Perché mi ricordo ancora che in quel periodo mi fecero vedere che la TNM traduceva il passo di Atti 20:28 con "Prestate attenzione a voi stessi e a tutto il gregge, fra il quale lo spirito santo vi ha costituiti sorveglianti, per pascere la congregazione di Dio, che egli acquistò col sangue del suo proprio [Figlio]". Dicevano: "Vedi, la TNM aggiunge la parola "Figlio", è stata falsificata per negare che Gesù è Dio, mentre tutte le altre Bibbie dicono "con il suo sangue" o con "il proprio sangue" e mi mostravano la CEl o la LU.
Con l'acquisto della NVB mi accorsi del grande inganno. Non era affatto vero che tutte le traduzioni traducevano come dicevano loro. La NVB traduceva così: "... con il sangue del suo proprio Figlio", proprio come la TNM che loro tanto screditavano. Devo aggiungere, che ho anche scoperto che la nuova versione del Nuovo Testamento CEI (1997) rende il passo in questione così: "... con il sangue del suo proprio figlio".
Nel frattempo così iniziai a collezionare e a studiare diverse traduzioni della Bibbia. AI momento ne ho oltre 200 in italiano, inglese, francese, spagnolo, portoghese, ebraico, greco e latino. Con questi e altri strumenti,fra cui Dizionari biblici, Commentari, Lessici, Vocabolari di greco e altro, nonché consultazioni in biblioteche specializzate, continuai lo studio della TNM, iniziato nel Giugno 1987.
Nel 1989 incominciai a scrivere per me stesso un manoscritto nel quale riportavo un versetto contestato e di seguito collezionavo un elenco di traduzioni uguali o simili ad esso e, in un'altra pagina, un elenco di citazioni tratte da Dizionari biblici, Commentari, Lessici e Vocabolari di greco, i quali confermavano la validità della TNM. Tutto questo lavoro mi è servito come base per attingere informazioni atte a scrivere questo libro.
Da allora, molte sono state le esperienze che ho avuto. Tra gli anni 1993 e il 1994 tenni uno studio biblico sulla dottrina della Trinità con un sacerdote cattolico che aveva studiato greco ed ebraico, il quale, non diventando mai un TdG, mostrò un certo interesse verso di noi e non poche volte dovette darmi ragione su come certi passi "trinitari" fossero stati tradotti nella TNM. Nel frattempo continuavo a compiere analisi e a cercare materiale pro e contro la TNM.
Non sono mancate neppure le occasioni in cui ho avuto dei carteggi con coloro che scrivevano contro la TNM. Alcuni, stranamente, non hanno mai risposto alla difesa da me inoltrata ai loro ingiustificati addebiti. Altri invece hanno replicato in modo non soddisfacente e/o spostato il discorso su argomenti diversi.
Col tempo ho anche trovato infondata l'affermazione che "all'interno del movimento geovista non ci sono persone capaci con i dovuti requisiti per essere dei traduttori o per poter addurre una difesa". In questi ultimi dieci anni ho avuto modo di conoscerne parecchi. Alcuni hanno studiato la lingua ebraica e/o greca, altri sono insegnanti di queste lingue, e hanno anche scritto dei libri al riguardo. Tra questi vorrei ricordare in parti colar modo: Firpo Carr, Hai Flemings, Rolf Furuli, Gerard Gertoux e Greg Stafford e altri con cui ho avuto anche contatti.
Tali avvenimenti mi hanno portato nel 1999 ad iniziare a scrivere questo libro, il quale spero possa essere di aiuto a molti, sia che siano TdG, oppositori o critici. Buona lettura.

INDICE

- Presentazione
- Prefazone del prof. Hal Flemings , docente di lingua ebarica al San Diego Community College in California.
- Prefazione di Nara Ronchin , Responsabile Istituto Educazione degli Adulti IPISA GIORGI (IT) – TV. Inoltre Docente di Educazione alla salute a alla creatività – Università Ambrosiana di Milano (IT).
- Prefazione a cura dell'esageta di ebraico e greco Paolo Forlivesi .
- Introduzione

- Ringraziamenti
- Sigle o abbreviazioni delle traduzioni bibliche usate
- Sigle o abbreviazioni di traduzioni di parti della Bibbia, dei vangeli, del Nuovo Testamento, di interlineari e altro.
- Commenti vari sulla Traduzionedel Nuovo Mondo
- Spiegazione dei riquadri
- Versetti Dottrinali (Analisi documentata di circa 300 passi biblici, studiatie messi a confronto con più di 300 traduzioni della Bibbia, Dizionari biblici, Commentari, ecc.)
- Versetti non dottrinali o di minore importanza

- Appendice
- Ades - Sceol - Inferno
- Anima
- Croce o palo?
- Dai testi originali?
- Geova
- Geova nel N.T.
- Mancano dei libri?
- Revisioni 1967-1984-1987
- Testo base: WESTCOTT & HORT
- TNM: un titolo strano?
- Traduttori
- Traduzione di una traduzione?
- YOU nella NWT
- Le Bibbie cattoliche e protestanti: Traduzioni Fedeli?
- Le traduzioni interlineari
- Conclusione
- Bibliografia
- Versetti trattati

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LA TERRA - Storia delle origini

RETROCOPERTINA

Sulle origini della terra si contrappongono, fondamentalmente,due teorie: evoluzionismo e creazioni, con lo rispettive sfumature. Scopriamo con sorpresa che un elemento fondamentale le unisce: la fede. Fede in un Essere trascendente, il Dio creatore, o fede nella scienza che non può comunque spiegare tutto e molte volte fonda i suoi principi su presunti assiomi.
Il credente deve saper utilizzare e beneficiare dei dati della scienza e l'ateo deve con umiltà tentare di colmare le sue lacune riferendosi all'indimostrabile

PREFAZIONE

La storia dell'umanità ha conosciuto in questi ultimi due secoli uno sviluppo senza precedenti ed è stata raccolta una quantità straordinaria di informazioni. Ma ecco presentarsi nuovi problemi proprio per la diversità e la complessità dei dati disponibili.
Se l'uomo desidera pervenire alla verità, soprattutto per quanto riguarda i grandi interrogativi delle sue origini, del suo ruolo e del suo destino deve rendersi conto dei problemi metodologici, essere cosciente dei limiti dei propri punti di vista e rinunciare ad avere una fiducia cieca e assoluta in quelli che sono i parametri, che con il presunto carisma della scientificità, sono stati comunemente accettati dalla massa.
Il testo che vi presentiamo non potrà esaurire i tanti interrogativi ma fornirà, a credenti e non, gli elementi per valutare in modo meno approssimativo i dati che potenzialmente sono a nostra disposizione.
Sulle origini della terra si contrappongono, fondamentalmente, due teorie: evoluzionismo e creazionismo, con le rispettive sfumature. Scopriamo con sorpresa che un elemento fondamentale le unisce: la fede.
Fede in un Essere trascendente, il Dio creatore, o fede nella scienza che non può comunque spiegare tutto e molte volte fonda i suoi principi su presunti assiomi.
Il credente deve saper utilizzare e beneficiare dei dati della scienza e l'ateo deve con umiltà tentare di colmare le sue lacune riferendosi all'ìndìmostrabìle.
Paul Davis, professore di fisica teorica e ricercatore in Inghilterra, che non dichiara di aderire a nessuna religione, conclude il suo libro La mente di Dio, con queste parole: «Non posso credere che la nostra presenza in questo universo sia solo un gioco del fato, un accidente della storia, una battuta casuale del grande dramma cosmico. Il nostro coinvolgimento è troppo intimo: la specie fisica Homo può anche non contare nulla, ma l'esistenza del- la mente in un organismo di un pianeta dell'universo è sicuramente un fatto d'importanza fondamentale. L'universo ha generato, attraverso degli essere coscienti, la consapevolezza di sé: non può essere un dettaglio banale, un sottoprodotto secondario di forze cieche e senza scopo. La nostra esistenza è stata voluta».
Auspichiamo una scienza sempre più aperta al trascendente e una fede che si consolidi e si sviluppi anche grazie alla ricerca scientifica.

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Capitolo 1

FEDE E SCIENZA A CONFRONTO

Scienza e religione: agli occhi di molti contemporanei, sono due ambiti distinti, inconciliabili. Per secoli, in Europa, la religione ha tormentato e oppresso gli uomini di scienza, in particolare nei paesi di tradizione cattolica. Galileo Galilei rimane il simbolo di questa arroganza del potere.
Non c'è da stupirsi che ora alcuni scienziati si «vendichino» un po', screditando a loro volta teologi e uomini di fede. Si tratta di un atto di giustizia storica! Ma è veramente corretto? Oggi il conflitto scienza-religione deve manifestarsi ancora come in passato? Quali sono le radici di questo contrasto?

Intolleranza e pregiudizio

Prima di tutto è semplicemente una conseguenza dellassolutìsmo e del dogmatismo che si nasconde in ogni essere umano. Una forma dell'intolleranza che deriva dal grande orgoglio degli uomini (esponenti della scienza o della religione) quando pretendono di detenere il monopolio della verità; quando si attribuiscono il diritto esclusivo di giudicare in anticipo una causa, di conoscere il risultato di una ricerca prima ancora di intraprenderla. Questo, purtroppo, è stato l'atteggiamento quasi costante della chiesa, che ha espresso il suo immobilismo dogmatico e conservatore fino all'inizio del XX secolo.

Il regno del dogmatico

All'origine di questa concezione, dispo- tica e riduttiva, c'è una motivazione puerile e per certi versi divertente - se non avesse creato un vero e proprio dramma - che si potrebbe definire così: poiché Dio è superiore all'uomo, la «scienza di Dio» (la teologia) si eleva al di sopra delle «scienze dell'uomo».
Dal momento che la verità è una e Dio è uno, si impone questa conclusione: il teologo domina tutti gli altri uomini di scienza poiché può accedere direttamente alla fonte stessa di ogni verità. Gli altri vi arrivano soltanto per vie traverse, tramite delle creature, che sono solo riflessi deformati di Dio. Il teologo è illuminato dalla luce rivelatrice, mentre gli uomini brancolano nell'oscurità alla ricerca di una verità confusa, velata, quasi inafferrabile.
Questa era la filosofia che si adattava all'atteggiamento dogmatico dei teologi. È inutile insistere sul vizio del ragionamento e sulla rigidità del sistema. Del resto, ponendosi su questo stesso terreno, è possibile che il teologo sia all'altezza di comprendere tutto? È vero che Dio vuole rivelargli tutto? In altri termini la Bibbia, fondamento di tutte le religioni cristiane e documento della rivelazione, sarebbe contemporaneamente un manuale di dogmatica, storia, geografia e scienze naturali? Lo si è creduto per molto tempo, ed è per questo che invece di esaminare la natura, di dedicarsi a una ricerca approfondita, minuziosa, penosa e ... incerta, è sembrato più semplice aprire la Bibbia e interrogarla.
La terra gira intorno al sole, come affermava Galileo? No, rispondeva la chiesa, perché il salmista ispirato ha detto: «Hai fissato la terra su solide basi, nulla ormai potrà smuoverla nel tempo» (Salmi 104:5).
Sulla base dell'infallibilità biblica, il dogmatico concludeva che la terra doveva essere fissa. È concepibile che il nostro pianeta, in cui vive l'uomo, possa «volgarmente» girare intorno al sole, la cui sola ragione di esistere consiste nell'illuminare la terra? L'esempio che abbiamo appena ricordato ci permetterà di dimostrare chiaramente, sebbene in modo sommario, i tre errori fondamentali che sono alla base di questo falso contrasto fra Bibbia e scienza.

1. Ignoranza dei generi letterari. Pur concordando sul fatto che l'autore biblico sia ispirato da Dio e parli a suo nome, non risulta comunque che le sue parole siano sempre esplicative. Esse infatti non pretendono sempre - e neanche spesso - di fornire una descrizione obiettiva della realtà.
È chiaro, ad esempio, che quando Dio ricorda a Giobbe i misteri insondabili della creazione per richiamarlo all'umiltà, egli non usa il linguaggio scientifico. Non pretende di dare una descrizione oggettiva dell'ippopotamo quando dice che «ha le ossa forti come il bronzo, e sembrano sbarre di ferro» (Gìobbe 40:18).
Ugualmente sarebbe insensato considerare reale la descrizione del coccodrillo, del quale Dio ci dice che «sprizza fiamme di fuoco dal naso, ha gli occhi rossi come l'aurora ... Il suo fiato dà fuoco ai carboni, fiamme escono dalla sua bocca ... Quando si tuffa nell'acqua, la fa ribollire come in una pentola, come 1'olio in un tegame» (41:10,13,23).
È chiaro che non era intenzione del poeta ispirato informarci sulla fisiologia di un animale. Sarebbe dunque totalmente assurdo trarre da questo testo informazioni di carattere scientifico. Sarebbe comunque altrettanto sciocco non considerare l'insegnamento morale che questo poema vuole trasmetterci: «Cosa sei tu, uomo, per contendere con Dio? Tu sei solo una delle mie creature, e neanche la più forte.
Pretenderesti di comprendere tutto? Ti considereresti tu come Dio stesso? Osserva il coccodrillo di quanto la sua forza supera la tua! Sei forse tu che dirigi l'universo? "Se il falco vola e spiega le ali verso il sud, è forse per la tua intelligenza? Hai ordinato tu all'avvoltoio di volare in alto e di farsi il nido lassù? .. C'è ancora qualcuno che vuole fare discussioni con me, l'Onnipotente? Chi vuole mettersi contro di me, mi risponda" (cfr. 39:26,27; 40:2)».
Questa è la domanda di Dio a Giobbe che, convinto della sua nullità davanti al Creatore, alla fine si umilia ed esclama: «lo so che puoi tutto. Niente ti è impossibile. Tu avevi chiesto: "Chi è costui che nel- la sua ignoranza mette in dubbio le mie decisioni?". È vero, ho parlato di cose che non capivo, di cose al di sopra di me, che non conoscevo» (42:2,3).
L'obiettivo di Dio non è quello di presentare a Giobbe delle nozioni scientifiche, ma di trasmettergli un insegnamento morale. E questo insegnamento conserva ancora oggi tutto il suo valore. Sarebbe sciocco non tenerne conto, con il pretesto che è espresso poeticamente, quando è proprio per illustrarlo meglio e farlo penetrare in noi che l'autore ispirato ha scelto il genere poetico.

2. Confusione di ambiti. I generi letterari utilizzati dagli autori biblici si distinguevano male perché non si era abbastanza aperti alla nozione di verità multiforme e pluralità degli ambiti. Colui che, per esprimere il proprio amore alla sua innamorata, si abbandonasse alla descrizione esatta e «obiettiva» delle sue reazioni fisico-chimiche, rischierebbe di girare intorno alla questione e arenarsi lontano dall'amata. L'esattezza scientifica obiettiva è una necessità delle scienze descrittive. Essa, invece, non è né necessaria né utile nel mondo dei sentimenti e dei rapporti fra gli esseri umani.
È precisamente in questo ambito che generalmente si situa il linguaggio. Solitamente la Bibbia non descrive, ma interpella. Essa non disseziona, ma ordina. Non ci presenta nozioni scientifiche, ma insegnamenti morali. C'è dunque un grave pericolo, che è quello di fare della Bibbia ciò che non è, non solamente nella forma come abbiamo visto prima, ma anche nella sostanza. Rischiamo cioè di farne una fonte di insegnamenti storici o scientifici prima di considerarla il grande libro che ci rivela Dio.
Ma esiste anche il pericolo inverso, quello cioè di trascurare !'insegnamento fondamentale della Bibbia che è strettamente esistenziale, poiché riguarda l'etica, il rapporto fra l'uomo e Dio, il destino dell'uomo, ecc. Ed è precisamente questo insegnamento esistenziale il contenuto del messaggio degli autori biblici; il resto è soltanto forma.

3. La pretesa dell'infallibilità. Pretendere di dedurre da un testo biblico, per di più poetico, che la terra è immobile al centro dell'universo, significava confondere i generi letterari e gli ambiti. Significava anche considerarsi infallibili. Pretendere categoricamente che la propria comprensione del messaggio biblico, anche nella forma a esso corre lata, fosse senza errori, rappresentava da parte dell'uomo una forma di orgoglio, indizio di una stupidità infinita. Nel passato, molto spesso, si è confusa l'autorità del messaggio biblico con l'Infallibilità della sua interpretazione da parte degli uomini. Si è identificata la rivelazione biblica con le teorie che ne sono derivate. Questo era l'errore ricorrente degli esponenti della religione fino alla fine del secolo scorso. Ma anche oggi non dobbiamo rischiare di fare l'errore contrario: gli uomini di scienza devono, a loro volta, evitare di confondere i fatti scientifici con le relative teorie.
Vedremo in seguito che spesso si è caduti in questo errore, in particolare a proposito della teoria evoluzionistica. Professata come un dogma (peggio, come una certezza) per la quasi totalità delle scuole, questa teoria è soltanto un'interpretazione dei fatti risultanti da una visione filosofica molto discutibile. Essa presenta molto più che semplici lacune, che avremo occasione di sottolineare in seguito.

Conclusione

L'esempio di Galileo ci ha permesso di constatare che, per molti secoli, gli esponenti della religione hanno fatto tacere la scienza in nome di una cattiva comprensione della natura e della Bibbia.
Essi hanno innescato questo processo in vari modi:
- Non tenendo conto dei generi letterari utilizzati dagli autori biblici.
- Confondendo gli ambiti e facendo della Bibbia una fonte di nozioni scientifiche piuttosto che un libro ricco di insegnamenti morali e religiosi.
- Credendosi troppo spesso infallibili nel comprendere e formulare la loro dogmatica derivata dalla Bibbia.
Questo modo di procedere per molto tempo ha frenato lo sviluppo delle scienze e la comprensione del mondo.
Ma la scienza ha urtato contro un ostacolo e abbiamo assistito, nel corso degli ultimi cento anni, a un capovolgimento completo della situazione. Anche il rischio di sbagliare si è capovolto. Sono gli scienziati ora che, se non fanno attenzione, rischiano di utilizzare questo mezzo per trarre conclusioni riguardanti gli ambiti in cui la scienza non saprebbe impegnarsi senza tradire il suo compito. Rischiano, soprattutto, di far tacere la Bibbia su quei temi in merito ai quali si esprime veramente, cioè quelli dell'etica e della religione, che le sono propri.
Tuttavia, sarebbe saggio fare attenzione a non ripetere, in senso inverso, l'errore dei secoli passati

INDICE

Prefazione

I sezione
Scienza e Bibbia (Jean Fiori)
Cap. 1 Fede e scienza a confronto

Cap. 2 L'inizio, era buono

Cap. 3 Analisi di un albero ... artificiale

Cap.4 Anche l'evoluzione è un atto di fede

II sezione
La terra. Storia delle origini (Clyde Webster)
Cap. 5 Una filosofia personale

Cap. 6 La natura della scienza

Cap. 7 Le origini

Cap. 8 Quanti anni ha la terra?

Cap. 9 I fossili e il diluvio universale

Cap. 10 Il carattere dinamico della terra
Cap. 11 Gli organismi: confronti e modificazioni


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LA SINFONIA DEL CERVELLO - Come è fatto, come funziona, come cambia il nostroorgano più complesso e misterioso

RETROCOPERTINA

Proprio come la prima metà del ventesimo secolo è stata l'era della fisica, e la seconda metà quella della biologia, l'alba del ventunesimo secolo è l'era della scienza che si occupa di mente e cervello.
La ricerca neurologica è uno dei campi scientifici più vitali e dagli sviluppi più rapidi. Sono stati pubblicati molti libri sul cervello rivolti al grande pubblico; patologie come la sindrome da deficit di attenzione e iperattività e il morbo di Alzheimer, potenziamento cognitivo e terapie farmacologiche innovative sono diventati argomenti di grande richiamo. Oggi molti lettori condividono il fantastico viaggio intrapreso dalle neuroscienze.
Il messaggio che rivolgo loro è: buona lettura! Spero che il mio libro vi permetterà di seguire questo percorso.

RISVOLTO COPERTINA

Questo libro parla del cervello, l'organo misterioso che è parte di noi, che fa di noi ciò che siamo, che ci dona le nostre preziose facoltà. In particolare, si tratta della più ampia e aggiornata disamina esistente su uno dei suoi più grandi misteri irrisolti: i lobi frontali.
Si sa che queste ampie aree cerebrali sono per il cervello quello che il direttore è per l'orchestra; che svolgono le funzioni più avanzate e complesse; che a loro sono legate l'intenzionalità, la determinazione e l'attività decisionale, e che raggiungono uno sviluppo significativo solo negli esseri umani. Forse sono proprio loro a renderei umani. Parlando dei lobi frontali, questo libro parla della consapevolezza di sé e degli altri; di talento e successo; di creatività; di differenze tra uomini e donne.
Ma anche della civiltà e della storia, delle analogie fra l'evoluzione del cervello e lo sviluppo delle strutture sociali complesse; e quindi di maturità e di responsabilità sociali. E naturalmente di sviluppo cognitivo, di apprendimento e di invecchiamento, di come potenziare le funzioni cognitive e proteggere la mente dal declino. Scritto da uno fra i maggiori neuroscienziati del mondo, reso ancor più piacevole da aneddoti e racconti di casi clinici, questo è un viaggio appassionante alla scoperta di un cervello sempre più complesso e stupefacente,
in un mondo altrettanto complesso e stupefacente.

PREFAZIONE

Oggi viviamo in un mondo sempre più complesso e stupefacente, fatto di cambiamenti rapidissimi e problemi nuovi. Senza considerare l'annosa e ben nota questione del riscaldamento globale, la preoccupazione che assilla molti di noi riguarda le difficoltà dell' attuale crisi economica. Perché una catastrofe finanziaria dovrebbe avere una qualche rilevanza diretta per la ricerca neurologica? È interessante notare come perfino il presidente americano Obama abbia suggerito che potrebbero essere in gioco alcuni fattori psicologici - in particolare, avidità e imprudenza. Se da una parte i meccanismi cerebrali alla base di tratti umani così caratteristici sono sempre stati motivo d'interesse, dall'altra non c'è dubbio che mai come oggi sono al centro della nostra attenzione.
Probabilmente non ci sorprende il fatto che il libro di Elkhonon Goldberg non si proponga di risolvere la recessione globale, né tantomeno spiegare in che modo un certo atteggiamento mentale possa avervi contribuito. Piuttosto, il viaggio in cui l'autore vuole condurvi propone un punto di vista inedito su uno dei più grandi misteri irrisolti del cervello, un mistero che non affascinerà soltanto gli «addetti ai lavori», ma chiunque intenda comprendere la mente umana, soprattutto oggi.
Nelle pagine che seguono scoprirete alcuni segreti dei lobi frontali.
Queste ampie aree cerebrali, cbe occupano quasi un terzo dello strato esterno del cervello umano - quasi il doppio rispetto al primate più vicino all'uomo, lo scimpanzé - costituiscono un vero e proprio enigma. Da molto tempo sappiamo che, in presenza di un danno cerebrale, il paziente sembra non subire conseguenze, almeno per quanto riguarda le funzioni motorie e sensoriali fondamentali: l'esempio più famoso di lesione al lobo frontale risale all'Ottocento, quando per un'esplosione accidentale una barra di ferro di oltre un metro di lunghezza attraversò le tempie di un operaio, Phineas Gage. Come divenne chiaro nei mesi successivi, il problema causato da tale lesione non era affatto ovvio: si trattava infatti di un sottile cambiamento nella personalità per cui, ad esempio, il soggetto si dimostrava assai meno attento alle circostanze e alle conseguenze delle proprie azioni.
Ma dal momento che la sindrome «ipofrontale» è, appunto, uno spettro complesso di comportamenti, per molti ricercatori i lobi frontali sono divenuti un modo con cui spiegare e una zona dove localizzare pressoché qualsiasi funzione complessa: qualunque cosa si chieda di fare a un paziente o al soggetto di un esperimento, immancabilmente i lobi frontali «si attivano», come mostrano gli studi di neuroimaging. Goldberg affronta in maniera articolata il tema del fascino esercitato dalle tecniche di neuroimaging e la fuorviante, quanto malriposta superficialità con cui quei dati vengono interpretati. Malgrado possa essere comodo pensare al cervello in termini modulari, ossia individuando un centro per ogni funzione sofisticata, un simile punto di vista è anacronistico quanto la vecchia frenologia ottocentesca.
In questo libro scoprirete un approccio del tutto nuovo al problema dei lobi frontali. È utile innanzi tutto notare come il cervello umano non solo abbia conosciuto una notevole espansione nel corso della sua evoluzione, ma anche come tale evoluzione si rifletta nello sviluppo individuale, dato che i lobi frontali non raggiungono la piena maturazione prima dei vent'anni d'età. Se occupano una parte così importante del nostro cervello, ma al tempo stesso svolgono una funzione relativamente irrilevante nella prima infanzia, a cosa servono? Elkhonon mostra come le aree cerebrali siano strettamente interconnesse fra loro, e quindi non debbano essere considerate come «mini-cervelli» indipendenti. In realtà, i lobi frontali sono maggiormente connessi a tutte le aree cerebrali di qualunque altra regione: ecco perché quest' area così complessa è al tempo stesso più sensibile e vulnerabile in una vasta gamma di disturbi cerebrali, dalle forme neurologiche a condizioni più sottili come la schizofrenia e il disturbo da deficit d'attenzione e iperattività (ADHD). Uno studio recente mostra perfino una correlazione fra l'attività dei lobi frontali e l'indice di massa corporea!
Sapendo che chi ha subito lesioni frontali è particolarmente avventato nei test per il gioco d'azzardo patologico, e che anche i soggetti obesi mostrano scarsa cautela nelle medesime prove, rimane tuttavia difficile immaginare quale potrebbe essere l'elemento comune in grado di stabilire un nesso fra schizofrenia infantile, gioco d'azzardo patologico e overeating. A mio avviso, si tratta di una grave compromissione dell' area frontale, che emerge quando viene meno il controllo sulla pressione sensoriale che il mondo esterno esercita sull'equilibrio fra esperienze passate e ricordi.
Tuttavia, anziché sostenere una teoria così peculiare come quella cui ho appena accennato, Elkhonon propone un testo ricco e autorevole che permetterà al lettore di sviluppare una propria opinione, intraprendendo un vero e proprio percorso intellettuale reso ancor più piacevole da aneddoti e racconti di vita personale e non semplicemente assimilando una serie di nozioni disparate. Spesso noi ricercatori veniamo visti come individui noiosi e solitari: perciò è davvero confortante assistere ai trionfi personali, alle discussioni, ai problemi e ai riconoscimenti che rendono vitale non solo l'impresa scientifica, ma anche gli scienziati stessi.
Torniamo al mondo solo apparentemente distante della politica e dell'economia: Elkhonon conclude tracciando un interessante parallelo fra lo sviluppo delle nazioni e l'evoluzione del cervello. L'autore mostra come i lobi prefrontali, a tutti gli effetti il culmine della creazione, siano tuttavia intrinsecamente deboli se non in relazione con molte altre aree cerebrali a cui sono connessi e a cui a loro volta offrono coesione. il lettore potrà accettare o meno le stimolanti analogie con l'Unione Europea: se da una parte simili paragoni, per quanto validi, possono benissimo rimanere argomenti di conversazione a cena, dall' altra ritengo che il lavoro di Elkhonon contribuisca in modo profondo e diretto alla comprensione del mondo. L'autore ci permette di chiarire questioni fondamentali come la coscienza e la responsabilità individuali, aspetti che non dovrebbero interessare solo i neuroscienziati ma chiunque nutra la speranza di rendere il mondo del XXI secolo un mondo migliore.

Susan Greenfield
Oxford, aprile 2009

INDICE

7 Prefazione di Susan Greenfield

11 Introduzione

19 1. Una fine, un principio e una dedica
33 2. Uno sguardo d'insieme ai lobi frontali: i vertici dell'organizzazione cerebrale
39 3. L'architettura del cervello: una breve introduzione
53 4. I primi violini del cervello: la corteccia
87 5. Novità, routine ed emisferi cerebrali
120 6. Il direttore d'orchestra: un esame più attento ai lobi frontali
153 7. Emozione e cognizione
164 8. Lobi diversi per gente diversa: stili decisionali e lobi frontali
196 9. Quando il leader è colpito
226 10. Maturità sociale, senso morale, legge e lobi frontali
250 11. Disconnessioni fatali
302 12. «Cosa potete fare per me?»
333 13. Benvenuti nella scatola nera
360 14. I lobi frontali e il paradosso della leadership

369 Epilogo

379 Note

407 Bibliografia

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LA SCURE ALLA RADICE - Meditazioni sul libro di Ezechiele


RETROCOPERTINA

La profezia di Ezechiele è un qualcosa di sconvolgente. Essa ci presenta un Dio inizialmente molto adirato nei riguardi dei ribelli, un Padre che prova ira nei loro confronti a causa dei loro peccati. Iniquità che tramite il "figlio di Buzi" avverte come non rimarranno assolutamente impunite. Il profeta però ci mette davanti anche un Creatore pietoso e misericordioso, il quale pur non tralasciando la sua giustizia, non si dimentica nemmeno di avere un cuore ricolmo d'amore, pronto a perdonare. Un cuore che continua incessantemente a chiamare al ravvedimento i peccatori, a spronarli ad abbandonare una volta e per sempre la via empia per convertirsi finalmente a lui, il Dio vivente, il solo da cui possono ricevere ogni bene.

La profezia del "figlio dell'uomo" era perfettamente in sintonia in quel periodo triste e tragico per il ribelle Israele, ma comprendiamo che è validissima a tutt'oggi. L'uomo purtroppo non è cambiato. Nel suo corpo abita ancora la legge del peccato ed i è ancora spinta da essa a violare la santa e immacolata volontà di Yahvé. Quindi oggi più di ieri vi è il bisogno di riscoprire il vero scopo della vita, un'esistenza la quale trova vero adempimento e pieno successo solo in Dio suo unico fattore e fonte di ogni bene.

Facciamo quindi nostri i suoi consigli, seguiamo fedelmente gli ammonimenti e i suggerimenti che Dio ci da mediante il suo servo, sapendo che mirano solamente al nostro bene eterno e certamente non alla nostra rovina, scopo invece di un'altra persona la quale ci combatte e combatte contro Yahvé, il Sovrano Signore di tutto l'universo.

Pensiamoci bene. In un modo o nell'altro Dio adempirà le sue promesse e i suoi propositi e nessuno riuscirà mai a frustrare i suoi piani. Egli è l'Onnipotente e ogni persona, tutte le creature fedeli e infedeli prima o poi capiranno tale sacrosanta verità: ed io mi magnificherò e mi santificherò, io mi farò conoscere agli occhi di molte nazioni; e loro sapranno che io sono Jhvh (Ezechiele 38,23). (ASV)

SOLI DEO GLORIA!!

PREFAZIONE

Il libro che avete tra le mani tratta un profeta che non si legge facilmente. L'autore si è voluto cimentare in questa non facile impresa attingendo ad autori riformati e dopo essersi ben documentato ha prodotto il suo lavoro.
Ma esso va anche apprezzato perché il suo autore è un credente Italiano. Non è facile trovare autori italiani nel nostro ambiente e per questo egli deve essere incoraggiato.
Il titolo scelto si rifà all'Opera di Dio descritta dal profeta Ezechiele di giudizio e di condanna, ma anche di liberazione e di forza.
Per ogni lettore sarà una riscoperta del Dio sovrano nell' Antico Testamento.
Pietro Lorefice



INDICE

Prologo, riconosciamo Dio come sovrano

Capitolo
I° Chiamata d'Israele

II° Missione di Ezechiele
III° Ezechiele, sentinella di Jahvé
IV° Gerusalemme assediata
V° Dio giudica Israele
VI° L'idolatria debellata
VII° L'imminente castigo di Dio

VIII° L'IDOLATRIA D'ISRAELE
IX° IL GIUDIZIO DEGLI IDOLATRI
X° DIO ABBANDONA IL TEMPIO DI GERUSALEMME
XI° GIUDIZIO DEGLI EMPI E SPERANZA DEGLI ESULI
XII° DISPERSIONE DEL RE E DEL SUO POPOLO
XIII° CONDANNA DEI FALSI PROFETI
XIV°- DIO S' ALLONTANA DAGLI IDOLATRI E BENEDICE I GIUSTI
XV° ISRAELE INFEDELE
XVI° GERUSALEMME:LA CITTA PROSTITUTA
XVII° LA PARABOLA DELLE DUE AQUILE
XVIII° CIASCUNO RACCOGLIERA
XIX° I PRINCIPI DI GIUDA
XX° LA BONTA DI DIO
XXI° IAHVÉ CONTRO GERUSALEMME
XXII° IL SANGUE VERSATO
XXIII° SAMARIA E GERUSALEMME, LE DUE MERETRICI
XXlV° GERUSALEMME IN ROVINA
XXV° DIO PROFETIZZA
XXVI° CONDANNA DI TIRO
XXVII° SCIAGURATO DESTINO
XXVIII° LA CONDANNA DEL RE DI TIRO
XXIX° LA CONDANNA DEL RE D'EGITIO
XXX° NAZIONI COLPITE
XXXI° L'EGITIO SUBISCE
XXXIl° FARAONE CONDANNATO DA DIO
XXXIII° EZECEITELE,SENTINELLA
XXXIV° GIUDIZIO SUI PASTORI INFEDELI
XXXV° DIO CONTRO EDOM
XXXVI° DIO RIVOLGE IL SUO FAVORE AD ISRAELE
XXXVII° IL RITORNO D'ISRAELE NELLA TERRA PROMESSA
XXXVIII° GOGDIMAGOG
XXXIX° ARRIVA IL TURNO DI MAGOG
XL° LA NUOVA GERUSALEMME
XLI° CONTINUA LA DESCRIZIONE DEL TEMPIO
XLII° DESCRIZIONE DELLE SALE
XLIII° IL NUOVO TEMPIO
XLIV° I LEVITI E IL LORO COMPITO
XLV° COSA OFFRIRE AL SIGNORE
XLVI° CONTINUAZIONE
XLVII° DIO, SORGENTE D'ACQUA VIVA
XLVIII° ISRAELE DIVISO FRA I FIGLI DI GIACOBBE
CONCLUSIONE

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LA SCOPERTA DI DIO - L'origine delle grandi religioni e l'evoluzione della fede

RETROCOPERTINA

«Fino ad Ascesa e affermazione del cristianesimo ero un ammiratore del cristianesimo, ma non un credente. Neppure un ateo, ma un agnostico. Continuando a studiare la sociologia e la storia delle religioni mi sono convinto che anche nella storia c'è un disegno intelligente".»
Rodney Stark
«Rodney Stark, uno dei più grandi sociologi viventi, ha voluto chiudere i conti con gli studiosi accademici delle religioni, molti dei quali - piuttosto curiosamente - non sono religiosi, odiano le religioni e considerano le persone religiose inguaribilmente arretrate, se non affette da una malattia di cui si dovrebbe cercare la cura. La scoperta di Dio è un'opera monumentale, destinata a fare epoca, non solo per l'ambizione di portare uno sguardo sociologico sull'intera storia delle grandi religioni, dalla preistoria al fondamentalismo islamico, ma per il carattere molto politicamente scorretto delle conclusioni cui perviene.»
Massimo Introvigne

PREFAZIONE

Alcune sezioni dei capitoli 2, 3 e 7 derivano dalle Templeton Research Lectures, tenute presso la Vanderbilt University nel febbraio e nel marzo del 2006. Ringrazio il corpo docenti e lo staff, soprattutto Volnay Gay e Mark Justad, per la loro ospitalità. Solitamente declino inviti di questo tipo, ma queste quattro visite a Nashville si sono dimostrate un' ottima occasione.
Sono state molte le persone di grande aiuto a questo progetto. Eric Brandt, competente editor della HarperOne, ha individuato molti casi in cui c'era bisogno di approfondire l'argomentazione e altri in cui mi ero dilungato troppo. Sono anche molto grato ad Anna Xiao Dong Sun per il suo aiuto con il capitolo 6, a David Lyle Jeffrey per le osservazioni sul capitolo 7, e a Laurence Iannaccone e Roger Finke per aver fatto da generale cassa di risonanza. L'amico e collega Byron Johnson ha fatto in modo che non si verificassero mai alcune potenziali distrazioni.
Permettetemi di dimostrare la mia riconoscenza anche a una dozzina di negozianti di libri usati affiliati con Amazon e Bames & Noble per avermi fornito molte centinaia di libri, la maggior parte dei quali da molto tempo fuori catalogo. Quasi tutti questi testi sono opere illustri che, triste a dirsi, erano disponibili a prezzi davvero bassi dopo essere stati abbandonati dalle biblioteche di college e università. Quindi, un grazie speciale va ai bibliotecari del California Institute of Technology per aver scartato una bella copia integrale, in tre volumi, de Il ramo d'oro (edizione del 1900); ai bibliotecari del Loyola Seminary di New York per la mia copia dell'inestimabile e raro Manuale di storia comparata delle religioni di Wilhelm Schmidt (pubblicata nel 1931); ai loro colleghi dell' Albion College che hanno messo in vendita Lectures on the Religion of the Semites di William Robertson Smith (copia del 1889); e al personale dell'University of Washington Library per aver scartato The Amazing Emperor Heliogabalus (1911) di John Stuart Hay.
Per concludere, ho cercato di rendere questo testo di facile comprensione per i lettori che non hanno famigliarità con lo studio delle religioni comparate, pur mantenendo un elevato livello scientifico. A questo scopo ho evidenziato e definito i termini esoterici o tecnici importanti - nomi di divinità o concetti socio-scientifici - man mano che si presentavano nell' esposizione, e poi li ho riportati in un glossario alla fine del libro. Al di là di questi termini, ho cercato di scrivere tutto il resto in modo chiaro e semplice. Non credo che ciò comprometta in alcun modo la complessità dell'argomentazione. Piuttosto, mi impedisce di na- scondere eventuali mie incomprensioni dietro il paravento del gergo accademico.

INDICE

Prefazione
Introduzione. Rivelazione ed evoluzione culturale

LA SCOPERTA DI DIO

1. Gli Dei nelle società primitive
2. Le religioni di tempio delle antiche civiltà
3. Roma, un antico mercato religioso
4. La «rinascita» del monoteismo
5. Ispirazioni indiane
6. Divinità cinesi e fedi «atee»
7. L'ascesa del cristianesimo
8. Islam: Dio e stato
Conclusione. Scoprire Dio?
Cronologia della storia antica delle religioni
Glossario
Bibliografia
Indice dei nomi

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LA SCATOLA NERA DI DARWIN - IL LIBRO

RETROCOPERTINA

Nel 1996, La scatola nera di Darwin aiutò a lanciare il movimento dell’Intelligent Design: la teoria secondo cui la natura esibisce prove di una progettualità che va al di là della casualità darwiniana. Ne scaturì un dibattito sull’evoluzione a livello nazionale, che continua ad intensificarsi. Tanto per i sostenitori della teoria quanto per i suoi detrattori, La scatola nera di Darwin rappresenta un testo fondamentale dell’Intelligent Design, quello che illustra al meglio il ragionamento che deve essere affrontato per poter determinare se l’evoluzione darwiniana sia sufficiente a spiegare la vita come la conosciamo.
In una importante nuova postfazione a questa edizione, Behe spiega che la complessità scoperta dai microbiologi è cresciuta in maniera notevole, negli anni trascorsi dalla prima pubblicazione di questo libro. Questa complessità rappresenta una continua sfida al darwinismo, e gli evoluzionisti non hanno avuto successo nei loro tentativi di spiegarla. La scatola nera di Darwin è, oggi, più importante che mai.

INTRODUZIONE ALL'EDIZIONE ITALIANA

Origini storiche dell'evoluzionismo

L'autore di quest'opera, il biochimico americano Michael J. Behe, è un autorevole critico del neo-darwinismo, collegato al progetto dell'Intelligent Design, promosso dal Discovery Institute di Seattle (Wash.). on è tuttavia un oppositore tout court dell'idea di evoluzione, ed anzi inizia con il riconoscere che «i biologi evoluzionisti hanno grandemente contribuito alla nostra comprensione del mondo». Egli sostiene che la teoria di Darwin ha i suoi limiti e sopratutto non è in grado di spiegare il livello molecolare della vita. Questo rimane una "scatola nera", l'angolo oscuro nel cuore della teoria neo-darwiniana. La "sfida" di Behe al mistero bio-molecolare non ha nulla di teologico, è un problema di complessità biochimica. Tuttavia quest'opera è stata attaccata in Usa e lo sarà in Italia, sul piano religioso, sotto la sbrigativa designazione di "creazionista".
La creazione biblìca non è, come generalmente si afferma, in contrasto con il concetto di "evoluzione". L'evoluzione biologica nasce semmai in contrasto con la fisica, particolarmente con quella dell'Ottocento, dei tempi di Clausius (1865) e di Boltzmann (1877). Per la fisica dell'entropia", l'evoluzione, cioè l'aumento di complessità di un sistema isolato, è un evento altamente improbabile, meglio impossibile. Lo schema dell'evoluzione del cosmo e dei viventi deriva, nella nostra cultura, da una rappresentazione cosmologica, il Genesi l (naturalmente non dalla sua caricatura), che apre l'Antico Testamento. I naturalisti del XIX secolo hanno tentato di trasferire la cosmogonia biblica nella propria filosofia materialista, di appropriarsi della epopea del mondo e dell'uomo, di escluderne il trascendente.
Tutti i presupposti dell'evoluzione, cosmica e biologica, erano presenti nel primo capitolo della Bibbia, che ha struttura naturalistica: l'origine della materia e dell'energia, il formarsi degli elementi, l'organizzazione delle stelle, l'emergere della terraferma, la comparsa della vita e la sua espressione in forme vieppiù complesse e nobili, la finale creazione dell'uomo. «Pur non essendo un libro che possa dirsi scientifico - scrive Giorgio de Santillana nel prologo de Le origini del pensiero scientifico (1961) -, la bibbia inizia con una teoria circa le origini del mondo». Essa prospetta i momenti poi enunciati dagli evoluzionisti del XIX e XX secolo. Il "Pia t lux" (Genesi 1:3) anticipa il nostro "big-bang", la emersione della terraferma (v. 8) annuncia il Cambriano, lo spuntare della "verzura" e il guizzare degli esseri marini (v. 21) il Devoniano, la comparsa dei rettili (v. 25) il Carbonifero, l'età dell'uomo e della donna (v. 27) il Pleistocene. Nel testo biblico il Sole e la Luna non sono nominati (si dicono «le due grandi luci», v. 14-16) per non usare i nomi di divinità babilonesi. La prima versione della genesi fu composta a Gerusalemme poco dopo il ritorno dall'esilio babilonese. La seconda, questa più mitica, fu composta prima, precedentemente all' esilio.
La grande novità dell'evoluzionismo moderno rispetto a quegli antichi testi, è il concetto di derivazione graduale, dei taxa più recenti dai più antichi, per un processo di "mutazione" cumulativa.
La selezione naturale corrisponde al versetto «Dio vide che questo era buono».
La comparsa successiva sulla scena del mondo delle forme viventi, già postulata nella Bibbia, non implica la metamorfosi delle più semplici nelle più complesse, o la "derivazione" delle seconde dalla prime. I grandi biologi del sette-ottocento che questi avvicendamenti scoprirono (Linneo, 1758; Cuvier, 1812), non ritennero che un tipo potesse trasformarsi in un altro. Due secoli dopo nessuno ha contraddetto nei fatti la loro convinzione. «Il phylum che ha già imboccata una strada non po' più uscirne: - ha affermato Grassé (1978) - tutt'al più si individua lizza mediante una specializzazione supplementare». Ma il problema cui il neo-darwinismo non ha dato risposta è, innanzitutto, quello della complessità degli inizi. Darwin invece si era espresso così, in chiusura di The Origin oJ Species: «There is a grandeur in this view of life, with its origina] several powers, having been originally breathed by the Creator into a few forms or into one" (C'è una grandiosità in questa veduta della vita, con le sue molte potenze originarie, che sono state originariamente insufflate dal Creatore in poche forme od in una).

Complessità delle origini

La scienza del sette-ottocento si fondava su due assunti, tanto fondamentali quanto erronei. Il primo era che quanto più a fondo si fosse proceduto nell'analisi della materia, tanto più questa si sarebbe dimostrata semplice. Il secondo, in qualche misura contraddittorio del primo, predicava che quanto più si scendeva nel cuore della materia vivente, tanto più questa avrebbe mostrato la sua specificità. Questo secondo assunto conteneva qualcosa di magico, un residuo della antica "anima" filosofica. Tali erano dunque i due presupposti taciti della visione evoluzionista, che il mondo vivente procedesse dal semplice al complesso, di specie in specie.
La "teoria cellulare", formulata da Schleiden e Schwann nel 1839, fu il culmine di questa visione. L'organismo, prima quello vegetale poi quello animale, fu immaginato come un insieme di piccoli otri, le "cellule", semplici nella struttura generale, complessi nella loro organizzazione supercellulare. Lo zoologo Dutrochet scrisse, nel 1837: «Queste osservazioni non lasciano alcun dubbio sulla natura otricolare dei globuli che compongono con il loro insieme i tessuti della maggior parte degli organi animali. Ci si rende conto che la natura possiede un piano uniforme per la intera struttura degli esseri organizzati, animali e vegetali». Le cellule risultarono la "scatola nera" della vita, e non è un paradosso asserire che, particolarmente dopo l'avvento della biochimica, esse risultarono molto più cornplesse dell'organismo, macroscopicamente descritto, di cui facevano parte. Sbagliava Jonathan Swift quando scrisse (trad, libera):

- In natura c'è una pulce
- Anche lei con le sue pulci,
- che hanno addosso pulcettine, e così fino alla fine (ad infinitum).

La cellula non è la miniatura dell'organismo, è qualcosa di molto più complesso delle forme macroscopiche finali.
Prima di essere adottato per descrivere l'Origine delle specie (Darwin 1859), cioè la filogenesi, l'evoluzionismo era già implicito nella ontogenesi, nella formazione dell'organismo, nelle procedure del suo "montaggio". Così semplice si riteneva la struttura della cellula che, per tutto l'Ottocento (e ancor oggi nella superstizione popolare), si continuò a ritenere che essa potesse originarsi per "generazione spontanea", come una goccia di fango o di brodo. Per il celebrato evoluzionista tedesco Ernst Haeckel, contemporaneo di Darwin, la cellula non era null'altro che «un globulo omogeneo di citoplasma». Nessuna difficoltà quindi a immaginarne l'origine per "generazione spontanea". Nonostante le famose esperienze di Redi sulle larve delle mosche, di Spallanzani sugli infusori e di Pasteur sui batteri, l'idea della generazione spontanea fu dura a morire. Essa rappresentava il primo passo logico nella origine e evoluzione della vita. Darwin si rammaricò che Pasteur la avesse negata. «Se si potesse dimostrarla - scrisse a Haeckel nel 1873 - ciò sarebbe molto importante per noi». Ma c'era poi bisogno di dimostrarla? Il Grand Dictionnaire Universel du XIXe Siècle di Pierre Larousse (1872) dichiarava che la genesi spontanea era «una necessità filosofica, che non poteva farsi dipendere da osservazioni e esperimenti manifestamente impossibili». La contestavano solo i poveri fisiologi «accecati dalla tradizione della scienza dogmatica».
Tutti e due gli assunti della scienza pre-evoluzionista sono stati smentiti. In primo luogo, come s'è detto, la cellula risultò di una complessità altissima. Prima furono individuati i cromosomi (Strasburger, Flemming, 1875), poi i geni (Mendel, 1865, riscoperto nel 1900; Morgan, 1910) poi fu scoperta la struttura a doppia elica del DNA (Crick, Watson, Wilkins, 1950-60) e la struttura tridimensionale delle proteine. Ogni cellula risultò contenere, in termini di nucleotidi, milioni o miliardi di "lettere" ordinate. In termini di geni (genoma), ne comprendeva migliaia o decine di migliaia, in termini di proteine (proteorna) forse dieci volte tanto, organizzate in una rete elaborata. Anche le altre strutture molecolari risultarono di una complessità inimmaginabile. La biochimica sfatò il mito della semplicità dell' origine.
Un singolo flagello batterico, visibile solo al microscopio elettronico, è un elaborato macchinario, composto da un filamento propulsore, un giunto, alcune guarnizioni, un "motore" rotatorio incluso tra lo strato esterno e quello interno della doppia membrana cellulare, la cui complicazione elude la descrizione. Esso contiene oltre duecento tipi di proteine. on è proponi bile che sia nato per caso o per una serie di sbagli fortunati.

La complessità irriducibile

Delusi nella prima aspettativa, che la vita minima fosse elementare, gli evoluzionisti si consolarono adottando la complessità della biochimica come riprova che la vita fosse una colossale libreria, un testo che, decrittato, avrebbe sfatato la magia della specificità (l'anima). Il ricco patrimonio genetico registrato nel DNA si prestava a registrare una vastissima informazione, sufficiente a contenere le specificità di ogni individuo e di ogni specie, passibile di auto-replicazione e di "errori di stampa" e quindi di "riproduzione con variazione", come richiedeva la Teoria. Il DNA parve il substrato ideale per gli esercizi della "mutazione-selezione". Questa attesa fu però presto delusa. Le differenze interspecifiche attestate al livello del D A e delle proteine non avevano rilievo nel fenotipo, non erano seleziona bili! Per dirla con R. E. Dickerson (1976), «quanto più ci si avvicina al livello molecolare nello studio degli organismi viventi, più simili questi appaiono e meno importanti divengono le differenze fra, per esempio, una mosca e un cavallo» Al livello molecolare le differenze c'erano, ed erano dovute a mutazioni, ed erano sì tanto più numerose quanto più lontane tra loro erano le specie, ma non erano esse responsabili delle variazioni morfologiche, né delle lontananze tassonomiche. Erano, come si disse, mutazioni "neutrali", indifferenti alla "selezione naturale". Lo affermò esplicitamente François Jacob (1977), uno dei fondatori della genetica biochimica:« on sono le novità biochimiche che hanno generato la diversificazione degli organismi [...] Ciò che distingue una farfalla da un leone, una gallina da una mosca, o un verme da una balena è molto meno una differenza nei costituenti chimici che nell'organizzazione o distribuzione di questi costituenti».
Queste citazioni mi hanno suggerito di sottotitolare il mio ultimo libro sulla evoluzione Why is a Fly not a Horse? (Perché la mosca non è un cavallo?) (Discovery Institute Press, Seattle 2006).
L'opera di Michael J. Behe tratta della complessità biochimica della vita, un argomento eluso dai primi evoluzionisti, perché, come Behe nota, la teoria evolutiva è nata senza l'apporto della biochimica. Quando ci si rese conto della complessità della vita minima, questa risultò non realizzabile per gradi, non deriva bile passo passo da una semplicità iniziale che, peraltro, non era attestata trai viventi. Ricordiamo il grado di elaborazione del minuscolo flagello di un invisibile batterio. Behe attribuisce agli incredibili aggregati biochimici una "complessità irriducibile", cioè tale da non poter essere raggiunta per passi successivi. Egli non intende e non può direi come si sia formata. Questo suo fermarsi e pronunciare uno scientifico "non so" lo ha fatto classificare dai suoi avversari darwiniani come "creazionista".Come se fermarsi alla soglia del mistero significasse adottare come soluzione del problema quell'ignoto che umilmente si confessa di non poter dominare.
Lo sviluppo della biochimica, nella seconda metà del Novecento, ha mostrato che la "scatola nera" della cellula conteneva la gloria di una cattedrale, proprio laddove l'evoluzione presumeva dovesse trovarsi la lacrima solitaria delle origini. Riassumendo, la teoria dell'evoluzione si è formata per opera di discipline non biochimiche (anatomia, embriologia, paleontologia, etc.) e l'avvento della biochimica ha riaperto il problema, mostrando all'origine non solo un'alta complessità, ma una "complessità irriducibile", non perseguibile per gradi attraverso una serie progressiva di complessità intermedie.
Una felice metafora esplicativa della complessità irriducibile è stata proposta da Behe, ed è la ormai famosa "trappola per topi". Questa è composta di cinque parti: una piattaforma di legno, un martello metallico, una molla, un gancio sensibile, una sbarretta, in complesso un "organismo" alquanto semplice. Essa non può formarsi pezzo a pezzo, per successivi perfezionamenti, con il metodo darwiniano, per l'ovvia ragione che funziona solo a completamento dei componenti, la mancanza di un solo pezzo ne azzera l'utilità e non sono concepibili anelli intermedi gradualmente migliori. Ovviamente la trappola richiede un progetto e un operatore intelligente, per realizzare un congegno che è cento volte più semplice di un flagello batterico.

Tre volte Eva

Un'altra breve digressione biblico-mitologica. Il genesi biblico presenta due nascite di Eva. Prima ella nasce compiuta, accanto ad Adamo ("Li creò maschio e femmina" Genesi 1:27). Nella seconda versione ella nasce, per "donazione", dalla costola di Adamo (Genesi 2:22). Nel primo caso, Eva nasce adulta, nel secondo da un "germe" o forse da "un errore", se questo è il senso della tsela ebraica, piuttosto che quello canonico di "costola". Altri testi raccontano di tre prime donne (cfr. R. GRAVES & R. PATAI, I miti ebraici, 1969). La prima è la famigerata Lilith, formata con la polvere, come era stato formato Adamo, ma usando soltanto sedimenti e sudiciume invece della pura terra. e emerse una strega dissoluta, insofferente di dover sottostare al maschio: un giorno si librò nell'aria e lo abbandonò. Gli angeli mandati da Dio a cercarla la trovarono vicino al Mar Rosso, insieme a demoni lascivi, con i quali ella concepiva più di cento lilim al giorno. Mirabile esempio, diremmo, di efficienza riproduttiva, ma poco raccomanda bile come madre dei viventi e dell'umanità. Allora Dio provò un'altra volta. Mise insieme ossa, tessuti, muscoli, sangue e secrezioni ghiandolari, poi coperse tutto con la pelle mettendo ciuffi di peli nei posti prescelti. Adamo assisté all'operazione, ma quando Dio gli presentò la compagna costruita pezzo a pezzo ne provò una invincibile ripugnanza e il Signore dovette portarla via. Poi Dio fece la terza Eva, la nostra progenitrice, dalla costola di Adamo, intrecciò i suoi capelli e la adornò come una sposa, con ventiquattro gioielli. Adamo rimase colpito da tanta bellezza. Il mito insegna che la esagerata potenza riproduttiva genera esseri che non sanno far altro che riprodursi (quello che fu detto "il paradosso di Casanova"), ma soprattutto che un essere fatto pezzo a pezzo può avere un'apparenza tollerabile, ma è sgradevole nelle sue fasi di fabbricazione. L'unico modo per costruire una vera bellezza è partire da un germe totipotente (una "starninale'P), che nel testo biblico è la costola di Adamo.

Plotino e gli gnostici

Il tema delle origini animò la filosofia dei primi secoli della nostra era. Da un lato i pensa tori gnostici immaginarono un mondo fabbricato da un Demiurgo arruffone, con le modalità dell'artigiano, che assembla alla buona gli oggetti, parte per parte (come la seconda Eva), e lascia che la ragione e il tempo perfezionino i suoi prodotti, attraverso un processo riferibile alla moderna evoluzione. D'altro lato i neo-platonici, e segnatamente l'egiziano Plotino (205- 270 d. C.), oppongono allo schema artificiali sta o tecnomorfo degli gnostici l'opera di un intelletto naturale. Gli esseri «sono prodotti con un processo esplosivo, immediato, di irraggiamento simultaneo ed imprevedibile del proprio contenuto interno. L'intelligenza, che contiene tutto dentro di sé, si attualizza di colpo, senza ricorrere a deliberazioni, a materiali o a strumenti preesistenti» (cfr. E. SAMEK LODOVICI, «Riv Biol.», 1981). Alla totalità che viene dopo le parti (totalitas post partes) degli gnostici, Plotino oppone il modello della natura, che realizza i suoi progetti in modo immediato (totalitas ante partes). I modelli gnostici avversati da Plotino sono tre: quello artigianale, quello casuale, a cui si aggiunge quello finalistico. Se ragioniamo finalisticamente «porremmo prima un uomo con un aspirazione ad un occhio per vedere, o un animale con una aspirazione a delle corna per difendersi [...]. Quasi che le corna non fossero già l'animale o anche l'occhio o qualsiasi altro organo non fossero già l'uomo» (PLOTINO, Enneadi, VI, 8, 21-40)
Il modello darwiniano contiene tutti gli elementi della gnosi (Samek Lodovici, cit.). L'organismo che si evolve risulta costruito dall'esterno, parte per parte, come lo farebbe un artigiano. L'artefice modifica l'opera per miglioramenti successivi, come fa un allevatore di cavalli. Darwin non ebbe bisogno di ricorrere a quel Caso che gli si attribuisce generalmente, perché era convinto della trasmissione ereditaria dei caratteri acquisiti per azione dell'ambiente (à la Lamarck). Quando il neo-darwinismo (Weismann, 1875) escluderà l'effetto diretto dell'ambiente e abolirà il ricorso ad ogni finalismo, allora l'evoluzionismo tirerà fuori il Caso, il puro Caso, come motore primo della trasformazione dei viventi, e come risorsa definitiva (cfr. J. MONOD, Il Caso e la Necessità, 1970).
All'inizio del Novecento la critica all'artificialismo fu ripresa dal filosofo francese Henry Bergson (1907). Egli ribadì il concetto plotiniano che l'Artificio e il Caso sono equivalenti. Laddove l'artifcialista assimila il lavoro della natura ad un assemblaggio di parti, il casualista (o atomista) «non si accorge di procedere anch'esso secondo lo stesso metodo, semplicemente mozzandolo. È vero che fa tabula rasa del fine [...] ma anch' esso pretende che la natura lavori come l'artefice umano mettendo insieme dei pezzi». Fu con il sorgere della biologia molecola re e con l'idea di "mutazione" come alterazione accidentale del DNA che il Caso assunse nell'evoluzionismo il ruolo dominante. «Soltanto il Caso è all'origine di ogni novità, di ogni creazione nella biosfera - sentenziò Jacques Monod -, il caso puro, il solo caso, libertà assoluta ma cieca, alla radice stessa del prodigioso edificio dell'evoluzione». Nel Caso Monod vide l'antidoto ad ogni finalismo antropomorfico, l'affermarsi della nuova religione senza dei e senza profeti. Ma mentre Bergson vedeva nel "principio della vita" o nello "slancio vitale" l'evoluzione stessa, Monod riconosce che tutte le proprietà degli esseri viventi si basano su un conservatorismo molecolare. L'evoluzione, secondo Monod, non è una proprietà degli esseri viventi, è l'imperfezione di un meccanismo conservativo.
Una solida opposizione al casualismo di Monod fu formulata dagli "strutturalisti dinamici" di Osaka (1986), che contrapposero:

- alle domande esterne, obblighi interni;

- alle variazioni casuali, trasformazioni governate da leggi;
- all'ordine empirico, un sistema interno di trasformazioni (Webster, 1987).

La successione dei viventi non ha carattere "storico". essuna analisi molecolare può stabilire, dal confronto tra padre e figlio, chi è chi. Né potrà farlo confrontando le anatomie o le molecole di due taxa distinti. L'unico evento storico della generazione organica è il degrado, cui il "conservatorismo molecolare" faticosamente si oppone. L'evoluzione organica è un paradosso, un sasso che rotola salendo la montagna, una serie di errori di stampa che migliorano un testo, una bambola montata per tentativi dal puro caso.
A queste aporie l'evoluzionista oppone l'eccezionalità e la gradualità. Ciò che pare impossibile nell'attualità diventa possibile se i tentativi divengono innumerevoli, se il tempo diviene immenso, se i grandi passi sono la somma di innumerevoli piccoli passi, se si consente, con una buona dose di pazienza, di tentativi e di fortuna, a una mucca di saltare sulla luna.
La difficoltà più grande che si oppone alle ricostruzioni storico-evoluzioniste è in questo semplice interrogativo. "Come può una specie, o un organo, formarsi passo passo, se essa od esso funziona solo a completamento?". "Come può una zampa diventare un'ala, con l'aiuto della selezione, se tutte le condizioni intermedie tra la zampa e l'ala sono un impiccio, un vano moncherino?". Al più si deve chiedere alla selezione di sospendere i suoi uffici, proprio in nome della teoria che alcuni (e in certa misura Darwin stesso) identificano con la teoria della selezione naturale.

Una donnola sfuggente

Richard Dawkins (L'Orologiaio cieco) pensa di aver trovato un esempio di complessità raggiunta per caso e per gradi, in un esercizio al computer. Egli imposta una serie casuale di 28 tra lettere e spazi:

WDLMNLT DTJBKW IRZREZLMQCOP

Facendo ruotare a caso e contemporaneamente le lettere dell'alfabeto in ogni casella, non solo non ottiene alcuna frase sensata, ma può calcolare che gli accorrerebbero miliardi di anni per dare significato alla riga. In altre parole non ottiene alcun progresso e rimane sempre nella confusione iniziale. Allora Dawkins decide di introdurre un piccolo trucco. Inserisce in memoria un verso di Shakespeare:

METHINKS IT IS LIKE A WEASEL,

che in italiano tradurremmo:

O FORSE SOMIGLIA A UNA DONNOLA.

Istruisce quindi il computer così che "blocchi" ogni lettera variante appena si presenti al punto giusto; p. es. quando al posto della quarta "M" arrivi la giusta "H" (o "S", se il verso in memoria è in italiano). In queste condizioni, che Dawkins chiama di "cumulative mutations", la frase si forma in pochi minuti. Ovviamente questo esperimento, anziché dimostrare che il caso cieco può formare una frase sensata, mostra al contrario che solo entro un sistema che è stato istruito, cioè finalizzato a un esito prestabilito, la frase si può formare. Se ne può concludere che non si può formare alcunché , se quell'alcunché non c'è già.
Questo esercizio elusivo (in inglese "weasel words" significa "parole ambigue") consente altre considerazioni. Il verso in memoria di per sé non ha alcun significato, nessuno più della serie di lettere di partenza. Lo acquista solo se situato in un sistema di codici che lo nutrano di senso. Esso richiede un alfabeto, un lessico, una grammatica, una storia, etc. Per un italiano che non sappia di inglese il verso ha la stessa insensatezza della frase iniziale (a parte una più gradevole sonorità). Per un inglese è il verso italiano che è senza senso, né più né meno della iniziale astrusità. Una frase, una formula, una qualunque forma acquista significato solo se inserita in uno O più sistemi di codici (o di "convenzioni naturali"). L'esempio più familiare di codice convenzionale è quello dell'alfabeto Morse. Il più vicino alla nostra materia è quello del famoso "codice genetico", in virtù del quale una o più triplette di nucleotidi identifica uno su venti amminoacidi. Come notato da A. Sibatani, il codice dà significato al DNA (tramite RNA) pure essendo del tutto arbitrario. Marcello Barbieri (La teoria semantica dell'evoluzione, 1985) immagina un'evoluzione che si realizza attraversi l'instaurarsi di successive 'convenzioni naturali', ultima tra le quali il linguaggio dell'uomo.

Non è il fine che crea l'oggetto

Rifiutando il gradualismo, Behe non considera l'esito finale come il risultato di una decisione iniziale, sviluppata in un discorso. Il Disegno si rivela solo nella totalità conclusa. In questo Behe non è lontano da Monod (I970), che non crede in un destino realizzato per gradi. «Il destino - scrive il francese - viene scritto nel momento in cui si compie e non prima. Il nostro non lo era prima della comparsa della specie umana [...l. Il nostro numero è uscito alla roulette». Diverso è il "destino" secondo Dawkins, che prefigura un esito finale prestabilito (METHINKS IT IS ...) e poi realizzato per gradi. Per Behe il fenomeno complesso non ha invece precursori che lo anticipano e lo preparano, non è il compimento di un'evoluzione. I fenomeni biochimici hanno certamente un "fine", ma le loro "parti" hanno significato, per Behe, solo nel "tutto", entro cui stabiliscono i collegamenti che le rendono funzionali ("totalitas ante partes" di Plotino).
Il modello della "trappola per topi" nega la genesi del sistema per passi successivi. Le parti non si aggiungono come fossero gadget applicati a un complesso già operante. Così pretende l'evoluzionismo classico (à la Haeckel) secondo il quale la novità biologica si realizza attraverso aggiunte successive a un sistema progressivamente più funzionale: il pesce che acquista i polmoni, il rettile tetrapode che mette le ali, la giraffa che acquista il suo fatidico collo lungo.
L'evoluzionismo di maniera rimane ancorato alle concezioni dei presocratici. Così è descritta l'azione di Amore (Afrodite) in un frammento di Empedocle (V sec. a.C.): «Esso fece nascere molte teste senza collo, e vagavano braccia nude senza spalle. Occhi erravano qua e là, privi di fronte». Questi oggetti si riunirono «come capitava», a formare esseri chimerici o, eccezionalmente, ordinati. Ritroviamo queste parti che «happened to be around» (capitavano in giro) nelle argomentazioni di Dawkins.
Behe lega il concetto di Disegno alla complessità, Iimitandolo a quei casi dove «un numero di componenti separate e interagenti sono aggregate in modo tale da realizzare una nuova funzione oltre a quella dei singoli componenti». Il Disegno diventa evidente tanto più quanto più numerose sono le parti, come nei sistemi biochimici che controllano la respirazione cellulare, la coagulazione sanguigna o il flagello batterico.
Quando una struttura è evocata da un insieme che la attende e l'anticipa, è all'opera un disegno. Il livello molecolare dell'organizzazione si esprime in un contesto morfologico altamente strutturato, che lo "anticipa". Nello sviluppo dei nervi, gli impulsi nervosi sono trasmessi nel campo in cui si costituirà la fibra, prima che la fibra appaia. Questa è organizzata dagli impulsi stessi di cui sarà vettore. È il funzionamento che prepara l'organo: sono le contrazioni ern- brionali che producono il muscolo e non accade l'inverso, che il muscolo attenda di prendere forma prima di lavorare. Ogni forma attrae lo sviluppo verso se stessa, a riempire il suo spazio e la realtà sembra accorrere verso un bacino preparato per lei, come a cercare la sua configurazione in un paesaggio predisposto. «Ogni forma propria - scrive il matematico René Thom - aspira all'esistenza e attrae il fronte d'onda degli esseri». Un Disegno è una composizione che si realizza istantaneamente. on corrisponde alle Cause Finali verso cui gradualmente si sposta la realtà. Come scrisse Francesco Bacone, «le cause finali sono come vergini vestali, consacrate a dio e sterili».
Secondo Behe e il Discovery Institute di Seattle il Disegno che regge la realtà, cosmica o chimica, minerale o vitale, è "intelligente" (Intelligent Design o ID): è Disegno in quanto è intelligente. A differenza che nel neo-darwinismo, che considera l'uomo una specie come un'altra, l'uomo e la sua mente hanno certamente una parte centrale nell'Intelligent Design. La "intelligibilità" del Disegno è il suo tratto fondamentale. Essa stabilisce un parallelismo tra il Macrocosmo e il Microcosmo, tra il pensiero universale e il pensiero nella nostra mente. C'è dunque, nei sostenitori dell'ID, l'aspirazione dell'uomo al ritorno alla signoria della atura, da cui il neo-darwinismo lo ha estromesso, facendone un caso tra tanti; c'è una nostalgia del Dio, che una Gnosi spuria ha esiliato dal mondo (Ennio Innocenti, 2003). Tra l'uomo e l'universo esiste una misteriosa complicità: la realtà dispone il suo ordito su cui si svolgono le trame dell'umana intelligenza.
Ci sono problemi di ardua soluzione, altri che sono intrinsecamente insolubili (quanto meno con i solventi della corrente razionalità). Tra questi domina il problema della complessità della vita, che non può spiegarsi con una gradualità progressiva, perché non è il risultato ultimo di un lunghissimo processo: è presente all'inizio, in una ermetica "scatola nera".
Giuseppe Sermonti
Direttore della «Rivista di Biologia/Bìology Forum»

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LA QUESTIONE DELLA TOLLERANZA E LE CONFESSIONI RELIGIOSE - Atti del convegno di studi: Roma 3 Aprile 1990

PREFAZIONE

Il fatto dell'intolleranza nei confronti delle più varie manifestazioni del fenomeno religioso che, nel nostro paese, mai completamente sopito per la indubbia prevalenza di una larga maggioranza di cattolici, sembra aver ripreso quota in episodi ripetutisi in questi ultimi anni, ha costituito l'oggetto dell'indagine e della documentazione molto analitica contenute nel volume «Intolleranza religiosa alle soglie del duemila» a cura dell' Associazione europea dei Testimoni di Geova, Roma 1990.
Sui temi offerti dal volume si è svolto il dibattito che qui presentiamo, riportando tutti gli interventi.

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È fin troppo noto che tutta la problematica relativa alla fenomenologia religiosa, ma non soltanto ad essa, in una democrazia pluralistica come la nostra, si incentra nel nodo da sciogliere intrecciato dal valore da riconoscere al principio maggioritario, come corollario tradizionalmente e comunemente accettato della democrazia in genere, e dal valore del pluralismo e dell'uguaglianza che denota il tipo di democrazia prefigurato dalla nostra Costituzione repubblicana. Ma, nella specie fenomenica che ci riguarda, il tributo alla maggioranza è già costituzionalmente pagato con il diverso statuto assicurato alla Chiesa cattolica rispetto a quello delle altre confessioni religiose. Ne deriva che, fuori dalla specialità appena indicata, tutte le manifestazioni della fenomenologia religiosa vanno direttamente commisurate ai principi costituzionali che presiedono in materia ai diritti individuali (art. 2 e art. 19) e ai diritti degli stessi gruppi confessionali (artt. 2 e 8 Cost.).

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Non c'è dubbio che il disposto dell'art. 2 Cost., che è, ad una, espressione del principio personalistico e di quello pluralistico, abbia inteso elevare le formazioni sociali a soggetti di diritto costituzionale, conferendo ad esse la titolarità delle situazioni di libertà (e doverosità) riconosciute ai singoli, qualificandole come inviolabili (e inderogabili). Al tempo stesso l'art. 19 Cost., riconoscendo la libertà di professione del sentimento religioso in forme singole e associate, va collegato con la eguaglianza e la tutela assicurate dall' art. 8 a tutte le confessioni religiose. Senza pensare che anche la manifestazione del sentimento e delle convinzioni religiose sono già protette dal più generale principio di libertà del pensiero (art. 21 Cost.), il quale a sua volta rafforza, in principio, la doverosa neutralità dello Stato rispetto al contenuto di qualsiasi esternazione del pensiero con qualsiasi mezzo e in qualsiasi forma o circostanza essa sia praticata.
Ne risulta perciò, senza il minimo dubbio, il principio fondamentale del pluralismo religioso, ideologico, culturale e confessionale, che ha coerentemente indotto la Corte ad affermare, per un verso, che lo Stato non ha da imporre «valori propri, contenuti ideologici che investono tutti i cittadini e 'totalmente' ogni singolo cittadino» (sent. 189/1987) e per altro verso, con più specifico riferimento alla nostra materia, il principio supremo di laicità dello Stato (cche implica non indifferenza dello Stato dinanzi alla religione ma garanzia dello Stato per la salvaguardia della libertà di religione in regime di pluralismo confessionale e culturale»: sento 203/1989). E tuttavia proprio questo principio fondamentale risulta, non ostanti tali solenni ed autorevolissime affermazioni, profondamente inciso in senso restrittivo nell'attuale momento storico.
Ora, nel ricercare le ragioni, oltre che politiche e sociali, soprattutto giuridiche, di un tale «regresso», non può non rilevarsi la perdurante non integrale attuazione dell'art. 8 Cost., particolarmente rilevante nei confronti di quelle confessioni che, pur avendo insistentemente prospettato le proprie esigenze e quindi richiesto una negoziazione della disciplina dei loro rapporti con lo Stato, non hanno ottenuto alcun concreto risultato. È fin troppo evidente che tale non integrale attuazione, specialmente in considerazione dell' evenienza appena ricordata (quella delle richieste andate deluse), oltre che costituire una ingiustificata specifica violazione dell'art. 8 u.c. Cost., suscita le più serie perplessità relativamente al rispetto del principio di uguale libertà di tutte le confessioni religiose.

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D'altra parte, la mancata o parziale attuazione dell' art. 8, mentre incide negativamente sulla libertà e autonomia costituzionalmente garantite alle confessioni religiose che non hanno ottenuto l'intesa con lo Stato, finisce per riflettersi indubitabilmente sulla stessa libertà religiosa dei singoli che ad esse partecipano e che ne costituiscono la dimensione soggettiva, libertà che è quella in fin dei conti che le disposizioni costituzionali sono rivolte più direttamente e intensamente a tutelare. Bisogna, a questo proposito, osservare che, in aggiunta al riconoscimento dei classici diritti inviolabili individuali ai soggetti dell' ordinamento, la Costituzione riconosce e garantisce pure i singoli in ragione di loro status o posizioni particolari, tra le quali rientra indubbiamente quella dell' appartenenza alle confessioni religiose.
Qui la tutela costituzionale assume anzi una duplice configurazione come garanzia costituzionale nei confronti tanto dei singoli nel gruppo, quanto dei gruppi come tali. Ora, se il primo aspetto non viene in considerazione ai nostri fini, è il secondo che appare rilevantissimo. La Costituzione nel prevedere che le confessioni hanno diritto di organizzarsi secondo i propri statuti... riconosce, senza alcun dubbio, gli stessi come ordinamenti giuridici, e non importa qui stabilire se essi possano configurarsi come propriamente derivati o se viceversa conservino, anche dal punto di vista statuale, la loro indiscutibile originarietà, quel che preme invece mettere in rilievo è che la tipizzazione operata dalla Costituzione li contrappone en bloc in posizione paritaria al solo ordinamento della Chiesa cattolica.


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Ma che cosa è avvenuto in realtà? La perdurante applicabilità alle sole confessioni che non sono riuscite a stipulare una intesa con lo Stato della legislazione «fascista» del 1929 (a parte i problemi di compatibilità con la Costituzione repubblicana che essa di per sé suscita) ha determinato una inammissibile scissione tra le stesse e le confessioni ormai dotate di intesa, per cui può ben parlarsi - fuori da ogni disegno costituzionale - di una tripartizione ternaria delle confessioni religiose o, se si vuole, di una posizione binaria preminente della Chiesa e delle confessioni in regime di intesa (per le quali il legislatore, statale e regionale, ha conseguentemente adottato particolari trattamenti di favore) rispetto alle altre. Le conseguenze che se ne traggono non determinano soltanto un insanabile contrasto con i principi costituzionali fondamentali, ma finiscono per stravolgere la stessa fisionomia dell'intesa che, in luogo di costituire un istituto di garanzia per l'attuazione del principio di libertà ed eguaglianza, si pone come strumentale alla creazione di particolari ed esclusive situazioni di privilegio.

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Ma, anche ove le iniziative statali e regionali in favore dell'attuale duplice categoria (Chiesa cattolica e confessioni dotate di intesa) non vi fossero state, ovvero pure si fossero rivolte - come pure in effetti talora è accaduto - in favore di tutte indistintamente le confessioni religiose, la non integrale attuazione dell' art. 8 Costo avrebbe pur sempre comportato (come in realtà oggi comporta) profonde diseguaglianze tra confessioni e confessioni e tra i singoli appartenenti all'una o all'altra: a principi religiosi eventualmente identici proclamati e professati da diverse confessioni religiose e riconosciute dalla Costituzione su un piano di parità si oppone un diverso e ingiustificato regime giuridico discriminatorio, con conseguente rilevanza degli stessi principi per alcune di esse e corrispondente disconoscimento per altre.
Basti ricordare un solo esempio. L'art. 4 dell'intesa siglata il 29 dicembre 1986 tra la Repubblica italiana e la Chiesa ristiana avventista del 7° giorno, per motivi di fede contraria all'uso delle armi, prevede una disciplina della materia che, da qualsiasi angolatura la si voglia più propriamente riguardare, è comunque derogatoria delle disposizioni della legge 772/1972, la quale trova invece integrale applicazione per altre confessioni, nonostante che queste, come ad es. quella dei Testimoni di Geova, assumano come valore centrale gli stessi principi ed abbiano per di più proposto, nella bozza di Intesa presentata al Ministero dell'Interno, una soluzione bilanciata del potenziale conflitto tra beni costituzionalmente protetti (diritti di libertà e doveri di solidarietà politica e sociale).
Ma gli esempi, come è ovvio, e come risulta da una lettura delle intese siglate, potrebbero moltiplicarsi.

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E allora, se è pur vero che la libertà religiosa non e Incompatibile in astratto con il diverso trattamento giuridico delle confessioni - che è anzi postulato dallo stesso art. 8 Cost., nel senso, si badi bene, che le diverse confessioni possono presentare, come in effetti presentano, differenti istanze allo Stato fondate sulle proprie norme e sui propri convincimenti e valori che possono coincidere come possono pure profondamente divergere - è altrettanto indiscutibile che la diseguaglianza che oggi si è venuta a determinare tra le confessioni, essendo del tutto indipendente dalla «volontà» diqueste ultime, finisce invece per violare la stessa libertà religiosa unita mente ad altre libertà.
È del resto altresì indubitabile che la effettiva disparità di trattamento tra le varie confessioni si pone in contrasto con il principio della «uguale libertà» e con il conclamato pluralismo confessionale che presuppongono l'eguaglianza delle opportunità o, al più, una equilibrata distribuzione di esse e finisce per riflettersi sulla posizione dei singoli, alterando le rispettive possibilità di realizzazione sociale. Tutto ciò non sembra proprio in armonia con il fondamentale principio personalistico, che presiede al riconoscimento non soltanto dei tradizionali diritti personali e della «libertà negativa», ma che si in centra sul valore, caratteristico dei sistemi di democrazia pluralistica, come il nostro, della «libertà positiva», come libertà di auto determinazione o autorealizzazione della persona. Non vi è dubbio, sotto questo ultimo rispetto, che nella libertà religiosa, ancor più manifestamente forse che in altri diritti inviolabili, si rispecchiano in perfetto equilibrio le due dimensioni essenziali della libertà contemporanea.


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In questo quadro di discipline attualmente vigenti e, come si è mostrato,gravemente discriminatorie, è stata prospettata una soluzione del problema, che sembra recepita dalle forze di maggioranza, e che potrebbe concretizzarsi .nella proposta di una «legge quadro», la quale, modificando la legislazione «fascista» del 1929/1930, introduca una disciplina generale che dovrebbe riguardare certamente le confessioni religiose che non abbiano ottenuto una intesa, ma che potrebbe altresì estendersi alle altre già «dotate» di intesa.
Indipendentemente dai possibili (ma non certo scontati) risultati perequativi che con una simile legge si intendono e si potrebbero ottenere, i dubbi di legittimità costituzionale non sarebbero affatto superati, ma al contrario si aggraverebbero.
Il dibattito nella tavola rotonda ha preso posizione nella maggior parte degli interventi sostanzialmente in senso sfavorevole nei confronti di una simile legge. Il coinvolgimento nella disciplina unitaria travolgerebbe le leggi di intesa già adottate? E, per converso, la legge quadro, una volta entrata in vigore, potrebbe non consentire o comunque limitare le nuove intese che fossero sollecitate dalle confessioni che attualmente ne sono sprovviste? Ma, di là da tali imprescindibili interrogativi, è la stessa legge quadro, nella nostra materia, che non sembra trovare una sufficiente giustificazione costituzionale, ma che anzi sembra contraddire innanzi tutto la ratio dello stesso art. 8 che, inspirata al principio del pluralismo confessionale, comporta discipline diverse e distinte, secondo ciascun gruppo religioso, dei rispettivi rapporti con lo Stato, ottenibile mediante la diretta negoziazione tra le parti, nel quadro dei principi costituzionali e non in quello di principi legislativi unilateralmente e unitariamente assunti.
Tra l'altro, una legge quadro, per definizione, è legge generale che mal si adatterebbe al geloso particolarismo proprio di ogni fede o credenza religiosa.

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Potrebbe peraltro - superando gli interrogativi avanzati in precedenza - ipotizzarsi che la legge generale non escluda, ma anzi, proprio in quanto tale, faciliti sulla sua base la possibile adozione di intese e consenta il mantenimento (o il ridimensionamento?) di quelle già stipulate. Ma - nei confronti delle possibìh Intese tuture da stipulare - resterebbe in piedi comunque l'alternativa: o la legge quadro opererebbe una sorta di deminutio di tali possibili intese con dubbia coerenza con il sistema delineato dall' art. 8 (che, pur ammettendo che lo Stato non possa mai rinunciare ai suoi principi nel vagliare le richieste confessionali, non prevede certamente che esso possa in generale e una tantum fissare una tavola di tali principi con valenza unitaria e omogenea per tutte le confessioni) ovvero la legge, aprendosi alla disponibilità o alla piena derogabilità delle sue norme da parte delle clausole eventualmente concordate, risulterebbe priva di una sua effettiva giustificazione.
Del resto, anche ove si limitasse a riformulare in misura maggiormente aderente al dettato costituzionale le disposizioni della legge del 1929, è indubbio che essa si porrebbe in contrasto con il divieto costituzionale di una regolamentazione giurisdizionalistica (unilaterale) dei rapporti tra Stato e confessioni religiose. Ove, invece, come si è pure adombrato in sede politica, si limitasse semplicemente ad abrogarla, essa non solo perderebbe del tutto la sua fisionomia di legge quadro - a tanto basterebbe una leggina meramente abrogativa - ma potrebbe risultare del pari in costituzionale, sia nei confronti del sistema delle intese (art. 8 U.c. Cost.) ove, in man- canza di una diversa e più coerente attuazione, lo si ritenesse, come del resto si è sostenuto, addirittura rafforzativo della legge del 1929, sia in quanto, nella illustrata situazione attuale, renderebbe operante il diritto comune nei confronti delle sole confessioni prive di intesa.

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Se, invece - come pure nello stesso contesto politico si è affermato, assai sibillinamente peraltro - la stessa legge si limitasse a disciplinare «la libertà religiosa e l'eguaglianza di tutti i cittadini» religiosi, irreligiosi, atei, essa non potrebbe non suscitare ancora maggiori perplessità, non solo per la eventuale eterogeneità del contenuto, stante la reciproca irriducibilità delle categorie dei soggetti implicati, ma soprattutto perchè non sembra che la normativa costituzionale in materia di libertà abbisogni di mediazioni legislative specialmente se di carattere generale. Va ribadito, al contrario, che nel nostro sistema costituzionale il principio personalistico, unitamente a quello della pari libertà, richiedono l'adozione di leggi particolari derogatorie della normativa generale che disciplinino doveri o obblighi costituzionalmente previsti (così come è avvenuto ed es. per l'aborto, per il giuramento e, sia pure in misura restrittiva, per il servizio militare) al fine di bilanciare diversi ma compresenti diritti e valori costituzionalmente protetti salvaguardando al contempo l'eguaglianza (e le pari opportunità) di tutti i cittadini.

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In conclusione, sia che lo si voglia trarre dal solo 3° co. dell' art. 8, sia che, preferibilmente, lo si voglia desumere dal disposto combinato con l'art. 7 cpv. Cost., esiste fermissimo e da lungo tempo incontestatamente sottolineato, nel nostro ordinamento, un principio di pluralismo confessionale riconosciuto e che si esplica attraverso intese tra autorità statali e rappresentanti delle confessioni o, più in generale, un principio pattizio che deve informare la disciplina dei rapporti tra Stato e confessioni religiose, senza distinzione tra la Chiesa cattolica e le confessioni acattoliche.
Un lunghissimo «immobilismo legislativo», come diceva D'Avack, ha nondimeno caratterizzato la realtà italiana per ben trenta cinque anni.
Interrotto di recente - negli anni 1984-1987 - con la stipulazione (e successiva approvazione parlamentare) delle intese con le Chiese rappresentate dalla Tavola Valdese (1984, 1. 11-8-1984 n. 449), con l'Unione italiana delle Chiese avventiste del 7° giorno (1986, l. 22-11-1988 n. 516), con le Assemblee di Dio in Italia (1986, l. 22-11-1988 n. 517) e con l'Unione delle Comunità israelitiche italiane (1987, l. 8-3-1989 n. 101), l'immobilismo legislativo si è tramutato in quella che un po' enfaticamente è stata denominata l'«era delle intese». Sembrava dunque che nessun dubbio potesse più nutrirsi circa l'esatta interpretazione dell' art. 8, terzo comma, Costo come escludente l'ammissibilità (e quindi la legittimità costituzionale) d'una legislazione generale sulle confessioni religiose senza che fosse stata stipulata, in precedenza, alcuna intesa.
L'attualità del dubbio sembra ora riproposta dalla volontà dello Stato di non stipulare nuove intese - malgrado il crescente numero di appartenenti a confessioni religiose acattoliche prive di intesa: basti pensare ai Testimoni di Geova, che per numero di adepti è la seconda religione in Italia; o ai musulmani, in continuo e progressivo aumento a causa della forte immigrazione, e del successivo acquisto della cittadinanza, di lavoratori provenienti dai paesi arabi.
È vero bensì che discriminazioni nei riguardi delle minoranze religiose sono precluse dal generale principio di libertà religiosa (oltre che dal principio di eguaglianza) più che non dalla consistenza numerica degli adepti, poichè sarebbe privo di razionale giustificazione discriminare tra le varie confessioni sulla base della considerazione del maggiore o minore numero degli appartenenti (Corte cost. 925/1988) e sarebbe contrastante con il principio supremo di laicità dello Stato (enunciato più di recente da Corte cost. sent. 203/1989). E tuttavia l'aumento numerico degli appartenenti alle varie confessioni diverse dalla cattolica e prive di intesa impone la necessità e l'indifferibilità di proseguire sulla strada delle intese che la Costituzione addita come obbligatoria, complementare e non contrastante con i principi di libertà religiosa, di eguaglianza e di laicità.
L'orientamento governativo alla presentazione di un d.d.l. diretto a disciplinare i rapporti con le confessioni religiose prive di intesa è dunque, nella migliore delle ipotesi, frutto di un equivoco, tanto più in presenza dello sviluppo, negli ultimi anni, di una legislazione di favore, statale e regionale, nei riguardi dei culti per i quali l'intesa è stata raggiunta.
Una volta che il legislatore statale ha intrapreso la via delle intese, non è soltanto inopportuno, ma costituzionalmente illegittimo (per contrasto proprio con i principi di eguaglianza, di libertà religiosa e di laicità, oltre che con il principio pattizio) che esso si arresti e non vada incontro, almeno, a quelle confessioni che tali intese abbiano sollecitato.
Proprio per il rispetto dovuto al principio di eguaglianza e ai diritti inviolabili dell'uomo nelle formazioni sociali, non può assolutamente emanarsi una legislazione uniforme per tutte le confessioni prive di intesa, almeno fino a che non siano state stipulate tutte le intese effettivamente richieste dalle confessioni che ne sono prive o non sia stata accertata l'impossibilità di stipularle (o, che è lo stesso, la volontà dei rappresentanti delle confessioni di non volerle più stipulare nei termini in cui lo Stato pretendesse di imporle).

Roma, giugno del 1990

FRANCO MODUGNO - ROSALIA D'ALESSIO

INDICE

Premessa 5
Prof. Franco Modugno - Prof. Rosalia D'Alessio, Prefazione 7
Prof. Giuseppe Ferrari, Introduzione 19
Prof. Pasquale Colella, Considerazioni generali sull'intolleranza religiosa in Italia alle soglie del duemila 25
Prof. Piero Bellini, Riflessioni sulla idea di laicità 37
Avv. Mauro Mellini, Intervento 65
Prof. Pietro Rescigno, Sul c.d. 'diritto all'intesa' 75
Prof. Silvano Labriola, Della intolleranza religiosa: le intese secondo l'articolo 8 della Costituzione tra ostruzionismi del Governo e rimedi possibili 81
Prof. Paolo Barile, Intervento 93
Prof. Sergio Lariccia, Nuove tecniche dei pubblici poteri per ostacolare l'esercizio dei diritti di libertà delle minoranze religiose in Italia 97
Prof. Silvano Labriola, Intervento 117
Dott. Fulvio Rocco, Intervento 121
Dott. Ignazio Barbuscia, Una parità di trattamento per superare l'intolleanza religiosa 123
Dott. Flora Marzano, Il diritto comune delle intese 131
Dott. Giancarlo Zizola, Le nuove intolleranze 147
Dott. Giovanni Long, Le parallele che non si incontrano mai: legislazione sull'obiezione di coscienza e Testimoni di Geova 163
Prof. Augusto Cerri, Critica del criterio di ragionevolezza come limite alla libertà religiosa. Limite dell'ordinamento giuridico come norma di
rinvio ai valori costituzionali. Iniziativa parlamentare in tema di disciplina dei culti acattolici 177
Prof. Pietro Spirito, Pari libertà delle confessioni religiose e «omogenei» regimi giuridici di rapporti con lo Stato italiano 185
Avv. Mauro Mellini, lnteruento 193
Prof. Piero Bellini, lnteruento 197
Prof. Sergio Lariccia, lnteruento 209

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LA PAROLA SI MOLTIPLICAVA

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L'Autore GIUSEPPE BARBAGLIO, presso le EDB, cura due collane di argomento biblico: «La Bibbia nella storia» e «Scritti delle origini cristiane» (con Romano Penna); ha curato Schede bibliche pastorali (8 voll.), Spiritualità del Nuovo Testamento e l'edizione greco-italiano del MERK; è autore di La Prima Lettera ai Corinzi. Introduzione, versione, commento (22005), La teologia di Paolo. Abbozzi in forma epistola re (22001), Gesù ebreo di Galilea. Indagine storica (52005); Davanti a Dio. "cammino spirituale di Mosè, di Elia e di Gesù (22001), insieme a Piero Stefani; Canti d'amore nell'antico Israele. Traduzione poetica del Cantico dei Cantici (22004), insieme a Luigi Commissari. Ha inoltre pubblicato: I Vangeli, Cittadella, Assisi 1978, di cui ha curato la traduzione e il commento insieme a Rinaldo Fabris e Bruno Maggioni; Paolo di Tarso e le origini cristiane, Cittadella, Assisi 32002; Le lettere di Paolo, 2 voll., Boria, Roma 21990; Dio violento? Lettura delle scritture ebraiche e cristiane, Cittadella, Assisi 1991; SAN PAOLO, Lettere, 2 volI., Biblioteca Universale Rizzoli, Milano 1997, di cui ha curato l'introduzione e la traduzione.


RETROCOPERTINA

Con la sua passione per la Bibbia, Giuseppe Barbaglio è stato al centro di una rete di gruppi, parrocchie e associazioni; ha collaborato a periodici e riviste. Oltre ai volumi pubblicati, ha prodotto una quantità impressionante di materiali, che restano a documentare la risposta che egli ha cercato di dare alla domanda viva presente nella comunità credente. Con questo volume iniziamo a raccogliere gli scritti che egli ha disseminato in varie pubblicazioni sotto forma di articoli o ha presentato a gruppi diversi in tutta Italia (da Porto Torres a Pallanza, da Voghera a Thiene, da Roma a Milano ... ) e ai missionari in America latina e in Asia. Ricostruire questa rete attraverso i testi e il ricordo (spesso le conferenze sono annotate di data e di riferimenti alle persone e all'ambiente che lo invitavano) crea un diretto parallelo con i versetti degli Atti degli apostoli che presentano la Parola come una cosa viva, personificandola sulle strade: «Cosl la parola del Signore cresceva e si raffcrzava» (At 19,20), versetti che lanciano sprazzi di luce su comunità raccolte attorno alla Parola: «la parola di Dio si diffondeva e si moltiplicava grandemente il numero dei dlscepoìì» (At 6,7).

PRESENTAZIONE

Avevamo presentato un suo libro alla Chiesa valdese-metodista di Bologna e tornavamo per le stradette del centro verso via Nosadella. Come sempre in questi casi, si parlava della serata: com'era andata, gli appunti sull'uno o sull'altro relatore, la gente presente e le sue reazioni e, ovviamente, l'ambiente ecumenico, con pubblico cattolico e non cattolico, di vicini e di non vicini. E di fronte alle diversità emerse, sia tra i relatori che tra il pubblico, Barbaglio uscì con un' osservazione che gli ho poi sentito ripetere anche in altri contesti: «In fondo le diversità di reazione non sono la cosa più importante. L'importante è che la Parola giri, perché il testo biblico è di tutti. Una volta detta e pubblicata, la parola ha una vita sua, autonoma perfino rispetto a chi l'ha pronunciata; attraverso l'ascolto produce reazioni ed effetti per la sua forza interna; direi per "contaminazione" se il termine non avesse un connotato negativo, ma, del resto, l'impollinazione non è contaminazione e fecondazione assieme? li nostro compito, il mio di studioso e di divulgatore, il tuo di editore, è quello di moltiplicare la forza di questo testo autonomo che corre sulle strade del mondo. È nostro nel senso che è di tutti». Queste parole sono ricche di senso autobiografico, perché la vita di Giuseppe Barbaglio è stata scandita da un calendario fitto di incontri e di pubblicazioni sulla Parola. Con la sua passione per la Bibbia, egli è stato al centro di una rete di gruppi, di parrocchie e associazioni; ha collaborato a periodici e riviste. Oltre ai volumi pubblicati, ha prodotto una quantità impressionante di materiali, che restano a documentare la risposta che egli ha cercato di dare alla domanda viva presente nella comunità credente.

Mettere mano agli archivi che egli ha lasciato, sia su supporto elettronico che cartaceo, significa ridelineare un vissuto fatto di persone, di viaggi e di amicizie, di giornate di studio in cornice religiosa o scientifica, di dibattiti spirituali e culturali. A chi è stato vicino a Giuseppe Barbaglio, a sua moglie Carla anzitutto, è sembrato un dovere di amore e di amicizia far continuare la sua voce e la sua presenza. Con questo volume iniziamo a raccogliere i materiali che egli ha disseminato in pubblicazioni diverse sotto forma di articoli o ha presentato a gruppi diversi in tutta Italia (da Porto Torres a Pallanza, da Voghera a Thiene, da Roma a Milano, da Bergamo a Noto, da Palermo alla Svizzera ... ) e ai missionari italiani in America Latina, in Asia e in Africa, dai quali riportava ricordi nitidi di simpatia e di quotidianità. Ricostruire con il pensiero e con il ricordo questa rete di luoghi, di testi e di persone (spesso le conferenze sono annotate di data e di riferimenti a persone e a luoghi che lo invitavano) crea un diretto parallelo con i versetti degli Atti che presentano la Parola come una cosa viva, personificandola sulle strade: «Così la parola del Signore cresceva e si rafforzava» (At 19,20), versetti che lanciano sprazzi di luce su comunità raccolte attorno alla Parola: «la Parola di Dio si diffondeva e si moltiplicava grandemente il numero dei discepoli» (At 6,7).

I 20 capitoli di questo volume sono nati per la maggior parte come contributi per il semestrale di lettura spirituale della Bibbia, Parola Spirito e Vita (EDB, Bologna), alcuni per il bimensile Credere Oggi (Messaggero, Padova), uno è la ripresa di una conferenza per l'«Associazione Ore Undici» (Roma). La loro origine esprime in modo evidente che si tratta di una esegesi e di una cultura biblica messa al servizio dell'intelligenza che crede e della fede che pensa. L'indice dei brani del Nuovo Testamento presi in considerazione è posto alla fine del volume, così da permettere un utilizzo più diretto e immediato di questo commento.

Alfio Filippi
direttore EDB

 

INDICE

PRESENTAZIONE

1 - IL NUOVO TESTAMENTO: IMMAGINI DI DIO

1. Le immagini di Dio presenti in Gesù di Nazaret
1.1. Ilimmagine regale di Dio
1.2. L'immagine paterna di Dio
2. «Colui che dà vita ai morti»: la «teologia» di Paolo
3. «Dio è amore»: la «teologia» di Giovanni

2 - Il NUOVO TESTAMENTO: L'UOMO «CREATURA NUOVA» IN CRISTO
1. Cristo, iniziatore di una nuova umanità
2. L'uomo nuovo in Cristo
3. Gesù di Nazaret, uomo nuovo

3 - LE SPIRITUALITÀ DELLE CHIESE PRIMITIVE
1. Alcune premesse
2. Che cosa si intende per spiritualità
3. Lo spirito e la carne
4. Spiritualità in Luca e Giovanni
5. La spiritualità di Matteo
6. Gesù è maestro di vita
7. L'obbedienza radicale
8. La spiritualità di Paolo
Conclusione

4 - IL DONO DELLO SPIRITO (At 2)
La promessa di Gioele ai suoi contemporanei del IV secolo
La citazione e i riferimenti in At 2
Le linee ermeneutiche dell' autore di Atti
    3.1. La direttrice pneumatologica
    3.2. La direttrice ecclesiologica
    3.3. Il motivo soteriologico

5 - Lo SPIRITO SANTO IN LUCA, PAOLO, GIOVANNI FONTE DI PROFEZIA, DI VITA NUOVA, DI. VERITÀ
Lo Spirito di missione profetica (Luca)
Spirito di vita nuova (Paolo)
Lo Spirito di verità (Giovanni)

6 - IL BATTESIMO DI GESÙ: L'IDENTITÀ SVELATA
Il ricordo storico
L'interpretazione della Chiesa primitiva
Le redazioni evangeliche
    3.1. Il racconto di Marco
    3.2. Le caratteristiche della narrazione matteana
    3.3. 1.: accentuazione di Luca
    3.4. La prospettiva di Giovanni

7 - EUCARISTIA: DAL CENACOLO ALLA COMUNITÀ CRISTIANA
(Me 14,22-25; lCor 11,23-24 e par.)
Storicità dell'ultima cena
   
1.1. Dai racconti neotestamentari alla cena di Gesù
    1.2. Tradizione antichissima dell'ultima cena
Prassi liturgica delle comunità cristiane
Indice generale
L'ultima cena nel racconto della passione e nella parenesi
    3.1. Nel quadro del racconto e dei racconti della passione
    3.2. Nel contesto della parenesi paolina

8 - EUCARISTIA: SOLIDALI CON CRISTO E CON I FRATELLI (l Cor 11,17-34)
li pasto
La liturgia eucaristica a Corinto
Le esortazioni conclusive (w. 27-34)

9 - LA COMUNITÀ E CRISTO: L'ALLEGORIA SPONSALE IN 2Cor 11,2
Analisi del testo
Approfondimento dell'allegoria sponsale
    2.1. I precedenti veterotestamentari e giudaico-rabbinici
    2.2. L'originalità di Paolo
    2.3. Gli sviluppi successivi

10. «AMATE COME CRISTO HA AMATO» L'AMORE SPONSALE IN Ef 5,25-27
    1.1. L'espressione dell' amore di Cristo per la Chiesa
    1.2. La Chiesa amata da Cristo
Amore creativo
Amore esemplare
    3.1. Le precomprensioni culturali del!' autore sacro
    3.2. Parità di amore

11 - L'UOMO NON SEPARI CIÒ CHE DIO HA UNITO
Le testimonianze del Nuovo Testamento
Il pronunciamento di Gesù di Nazaret
    2.1. La liceità del divorzio nel giudaismo
    2.2. La reazione di Gesù
Le applicazioni della Chiesa delle origini
    3.1. Libertà d'interpretazione di Paolo
    3.2. La ricezione propria di Marco
    3.3. La prospettiva del Vangelo di Matteo
    3.4. La versione di Luca

12 - LA GENEALOGIA DI GESÙ: IDENTITÀ E UNIVERSALISMO (Mt 1)
«Figlio di Abramo»
La presenza di donne nella genealogia matteana


13 - «SIETE DIVENTATI I VICINI»: GESÙ E I NON EBREI (Me 7,24-30)
Analisi di Mc 7,24-30
    1.1. Racconto particolare di guarigione
    1.2. Il quadro narrativo
    1.3. Le battute del dialogo
    1.4. Annotazione conclusiva (v. 30)
Contesto letterario del testo marciano


14 - «DIO NON È PARZIALE CON LE PERSONE». PURO E IMPURO IN At 10-11
Leggere un testo di ieri con gli occhi puntati sull'oggi
li codice tabuistico e il suo superarnento nel racconto di Atti


15 - LA «VIA CRUCIS» DI PAOLO
Un tesoro custodito in vasi d'argilla (2Cor 4,7-15)
Le sue originali credenziali (2Cor 6,4-10)
Un auto elogio originalissimo (2Cor 11,22-12,10)
A immagine del Crocifisso


16 - LE PAROLE VIOLENTE SULLA BOCCA DI GESÙ
I dati
Interpretazione
Indice generale


17 - REALTÀ FINITE E VALORI ASSOLUTI «C'È UNA QUANTITÀ DI DÈI E SIGNORI, MA PER NOI...»
(1Cor 8,5-6)
Ambientazione e significato del passo paolino
Nella prospettiva dell'apostolo

18 - L'ATTEGGIAMENTO VERSO I BENI E LA REGOLA D'ORO (Mt 6,19-7,12)
Tesori sulla terra e tesori in cielo (Mt 6,19-21)
Dio e mammona (Mt 6,24)
«Non affannatevi!» (Mt 6,25-34)
La regola d'oro (Mt 7,12)


19 - «UNA SPERANZA ATTIVA»: IL DISCORSO ESCATOLOGICO DI Mc 13
Analisi del testo
    1.1. Articolazione del capitolo
    1.2. Tempi al futuro e modi imperativi
    1.3. Determinazioni cronologiche
Visione d'insieme
    2.1. Parola di Cristo alla sua Chiesa
    2.2. Parola rivelativa o apocalittica
    2.3. Parola esortativa:
Parola per noi oggi


20 - «SIAMO RISORTI CON CRISTO!» IL PASSATO GETTATO ALLE SPALLE
Svolta epocale nella storia dei credenti
TI passato gettato alle spalle
Il presente: oscurità e povertà
Il futuro e la speranza:
Conclusione: lettura meditativa


INDICE DEI PASSI COMMENTATI DEL Nuovo TESTAMENTO .....

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