ARTICOLI DI TUTTO IL NEGOZIO

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ARTICOLI DI TUTTO IL NEGOZIO (249)

IL DIVIN PIANO DELLE ETÀ - VOLUME I

charles-taze-russell-120L'Autore Charles Taze Russell (Pittsburgh, 16 febbraio 1852 – Pampa, 31 ottobre 1916) è stato un predicatore statunitense, considerato il fondatore degli Studenti biblici, movimento che nel 1931 prese il nome di Testimoni di Geova e primo presidente della Watch Tower Bible and Tract Society of Pennsylvania.

CHI ERA CHARLES TAZE RUSSELL? Questa è la sua storia!

   

Il divin Piano dell’età
La prefazione è dell’autore

  Non possiamo sperare che tutti questi libri siano stati letti, ma le lettere che ci arrivano continuamente ci assicurano che essi operano con forza nei cuori e nelle menti della gente. Migliaia di persone ci scrivono che sono state influenzate (alcune non davano nessuna importanza alla Bibbia, come Rivelazione Divina per l’umanità). Altri, scrivono che erano atei o quasi atei, perché prima non avevano conosciuto il Vero Dio e il Suo Piano dell’età e non potevano accettare, apprezzare o venerare ciò che di solito veniva messo d’avanti a loro, nei loro credi. Cinque anni prima di pubblicare questo volume, abbiamo pubblicato lo stesso materiale sotto un altro titolo. Il libro era intitolato ” Cibo per cristiani che riflettono ”. Il suo stile era diverso: attaccava l’errore – lo demoliva, poi al suo posto edificava e costruiva la struttura della Verità. Alla fine, abbiamo capito che questo sistema non dava buoni risultati. Alcuni si allarmavano vedendo crollare gli errori e non riuscivano a leggere abbastanza per capire la bellezza della struttura della Verità, al posto degli errori demoliti.
   Il presente volume è stato scritto in modo diverso. Presenta la Verità, mostra la forza e la bellezza, ma solo dopo suggerisce l’allontanamento dagli errori, non solo come non approvati da Dio, ma assolutamente inutili e molto dannosi. In questo modo, il lettore del” Divin Piano dell’Età” trova ad ogni passo una fortificazione della fede e una vicinanza con il Signore e alla fine ottiene la fiducia che si trova sulla via giusta. Dopo che la Verità è compresa, sempre di più ci accorgiamo che gli errori sono assurdi, senza valore, dannosi,e così sono abbandonati con gioia.
   Il grande Avversario non ha interesse ad aprire gli occhi del popolo di Dio, non permette che aumenti il rispetto verso il libro di Dio e cerca di fare in modo che gli uomini abbiano fiducia nelle credenze umane. Il grande avversario, come c’era da aspettarsi, è assolutamente contro questo Libro. Pochi si rendono conto della potenza e dell’astuzia di Satana. Pochi capiscono il senso delle parole dell’apostolo Paolo, per quello che riguarda questo ”principe delle tenebre”, che si è trasformato da un servitore della luce, in un servitore delle tenebre per lottare contro la Verità e distruggere la sua influenza. Pochi si rendono conto che il nostro avversario sta usando le persone migliori, le più energiche, le più influenti del popolo di Dio, per impedire il risplendere della Luce e per tenere il “Piano Divino” lontano dalle persone.

    Pochi si rendono conto che dall’anno 325 D.C., per 1260 anni, gli uomini non hanno potuto più avere accesso libero allo studio delle Scritture. Pochi si rendono conto che dal quel tempo, credenze false si sono impossessate di milioni di persone, incatenandoli in errori terribili e accecandoli per quello che riguarda il carattere divino di: Sapienza, Potenza, Giustizia, Amore. Pochi sanno, che anche la Riforma non è servita abbastanza per liberare il popolo dalle tenebre in quanto anche gli stessi riformatori erano stati accecati e imbrogliati dagli errori del passato. Pochi si rendono conto che la ricerca della Verità intorno alla Parola di Dio cosi come era praticata dalla Chiesa primitiva, ai giorni degli apostoli, solo adesso è ritornata, per quelli che studiano la Bibbia.
  
Nelle prime edizioni questo volume, era intitolato “L’Aurora Millenniale”, ma abbiamo constatato che alcuni sono stati sviati da questo nome, pensando che fosse un romanzo. Per non essere fraintesi e scambiati per altri, più tardi abbiamo adottato il titolo presente, ”Studi sulle Scritture”,in questo modo siamo sicuri che nessuno può capire in modo sbagliato.
    Abbiamo ricevuto tante domande per la nostra motivazione del perché questi libri non si trovino nelle librerie. La nostra risposta è che i librai erano contenti di avere questi libri, ma poichè esistono altri religiosi zelanti che non ne permettono la vendita, minacciando loro il boicottaggio, non hanno accettato la distribuzione di questo volume. Questa cosa, all’inizio sembrava un grosso problema come se la forza dell’avversario fosse permessa per impedire la diffusione della Verità. Ma Dio ha guidato con compassione quest’opera, e oggi, probabilmente nessun altro libro ha una cosi larga diffusione e stabilità, come questo volume. Molti per motivi pregiudizievoli hanno rifiutato di leggere questo libro e hanno lottato contro di lui.
   
Tanti di questi libri, sono stati bruciati dalle persone e non gli hanno mai letti. Sono stati influenzati dalle false dottrine e da molti pregiudizi. Cosi com’è stato nel Medio Evo, con i seguaci di Gesù, che hanno sofferto il martirio. Sì, proprio Gesù ha sofferto da parte di quelli che non hanno capito Lui e i Suoi insegnamenti, come S. Pietro dichiara: ,”…fratelli, so che lo avete fatto per ignoranza, come hanno fatto pure i vostri capi.” -Atti3:17; ,”perché se l’avessero conosciuta, non avrebbero crocifisso il Signore della Gloria.” – 1Cor.2:8
   Se i nemici di questo libro sono stati terribili, ingiusti, non sinceri, i suoi amici sono nella stessa misura caldi e zelanti. Milioni di esemplari sono arrivati nelle mani delle persone del mondo tramite gli amici di questo libro, che per amore della Verità , hanno dedicato il loro tempo, la loro energia per la sua larga diffusione. Al momento che scriviamo queste righe, abbiamo delle informazioni che più o meno 600 cristiani di tutte le classi sociali, hanno lasciato tutto, gli affari, l’attrazione e le ambizioni terrene, per poter glorificare il Signore e benedire i Suoi santi affamati, mettendo questo volume nelle loro mani. Tra queste persone ci sono dei medici, professori, infermieri, pastori, barbieri, meccanici, persone di tutte le condizioni sociali, che toccati nel cuore dall’amore di Dio, non vedono l’ora di portare le benedizioni ad altri cuori e ad altre menti.

   I libri si vendono a prezzo di costo, e questi colportori (missionari) che li portano al pubblico, appena pagano i costi. Però, loro sono contenti, anche se questo li porta a fare sacrifici e ad avere privazioni. Considerano un privilegio essere considerati degni di soffrire per il Signore, per la Verità e per i fratelli. L’opera buona va avanti, il Messaggio della Vita in Cristo passa di mano in mano. Il risultato presente di questo volume è enorme. Che la Sua divulgazione rechi benedizioni uguali nei prossimi giorni come lo è stato per il passato. L’autore e gli editori non possono chiedere di più.

Con i migliori saluti per tutti i lettori,
Il vostro servo nel Signore, Charles Taze Russell

Brooklyn, NY, 1 Ottobre, 1916

Studi sulle Scritture

   I cristiani si stanno ridestando sempre più al fatto che una enorme corrente d'incredulità invade la Cristianità; non già l'ateismo blasfematorio proclamato da Tommaso Paine e da Roberto Ingersoll, bensì una specie di ateismo colto rappresentato dalla erudizione odierna, il che rende il pericolo tanto più insidioso.
   Non soltanto i grandi Collegi e Seminari stanno scalzando la fede delle persone più colte, ma i libri delle Scuole Pubbliche (e specialmente quelli usati nelle "Alte Scuole"), a loro volta, inculcano la sfiducia nella Bibbia e la contraddizione dei suoi insegnamenti. il diplomato di qualche Collegio odierno che proclamasse la sua fede nell'ispirazione delle Scritture si attrarrebbe il disprezzo beffardo di tutti i suoi compagni - disprezzo che pochi vorrebbero affrontare, o potrebbero sopportare. Tutt'al più se ne potrebbero trovare pochi che pretendono di credere che Gesù Cristo ed i suoi Apostoli erano sinceri.
   Tale fede in Cristo e nei suoi Apostoli, non è fede affatto; poiché se gli "alti critici" odierni sono sapienti abbastanza da conoscere dove e quando il nostro Signore e i Suoi Apostoli errarono nelle loro citazioni dell'Antico Testamento, essi sono le nostre proprie guide, - più ispirati di Cristo e dei suoi Apostoli.
   Noi ci adoperiamo, vista la necessità, in ogni modo per resistere alla maggioranza ed "alzare la bandiera di Dio ai popoli". Abbiamo preparato sei volumi di Studi Biblici (di cui il presente volume forma il numero uno) per i cristiani di ogni denominazione, per essere adoperati nel tendere una mano a tutti i ricercatori perplessi con cui possono, tramite la misericordiosa divina, essere aiutati.
Ecco il pensiero che ci muove: Come Cristiani, uomo o donna, voi avete dei figli, dei parenti o vicini od amici sotto la vostra influenza - forse, anzi, persone ricorrono a voi per consigli - questi potrebbero domandare: "Come possiamo sapere che vi è un Dio?'" oppure: "Quale prova abbiamo dell' ispirazione della Bibbia?" Non è una cosa saggia continuare a dire che, queste sono domande sciocche, o il rispondervi col chiedervi: "siete voi dunque un incredulo?"
   Per quanto competente possiate essere nel preparare risposte a queste e a moltissime altre domande, vi può mancare il tempo e l'opportunità di farlo. Quanto comodo sarà il prendere nella vostra libreria lo studio appropriato al soggetto, e dire alla persona desiderosa d'investigare: Siedi, leggi questo breve studio e tutta la questione ti apparirà chiara o risolta in modo soddisfacente e se dovessero risorgere altri dubbi, torna e leggi di nuovo.
   Forse voi siete membro di una Lega Epworth, o di una Società di Attività Cristiana o della chiesa Cattolica, e potete essere richiesto per un parere su qualche argomento Scritturale. Quanto ovvio sarà lo scegliere fra questi numerosi Studi (che abbracciano pressoché tutti gli argomenti) ed lì trovare le citazioni Scritturali appropriate. Così come fanno i Ministri religiosi quando compongono sermoni e discorsi speciali.
    Noi facciamo un caldo invito ai cristiani di ogni denominazione di cooperare con noi nello spargere questi utilissimi "ausiliari fra la generazione crescente".
Un solo amico o parente soccorso - salvato dagli artigli del dubbio o dell'incredulità - sarebbe più prezioso del costo di migliaia di volumi.

INDICE

STUDIO PRIMO

LA NOTTE DEL PECCATO E UN MATTINO DI GIOIA      15

STUDIO SECONDO

DIMOSTRAZIONE DELL'ESISTENZA D'UN CREATORE SUPREMAMENTE INTELLIGENTE      35

STUDIO TERZO

LA BIBBIA, RIVELAZIONE DIVINA VEDUTA ALLA LUCE DELLA RAGIONE     41

STUDIO QUARTO

LE EPOCHE E LE DISPENSAZIONI DEI TEMPI SEGNATI NELLO SVOLGIMENTO DEL PIANO DIVINO      65

STUDIO QUINTO

IL MISTERO CHE E' STATO OCCULTO DA SECOLI ED ETA' ED ORA E' RIVELATO AI SUOI SANTI (Col. 1:26)     77

STUDIO SESTO

LA VENUTA DEL NOSTRO SIGNORE. - SUO SCOPO: IL RISTABILIMENTO DI TUTTE LE COSE    89

STUDIO SETTIMO

IL MALE PERMESSO E IL SUO RAPPORTO COL PIANO DI DIO      113 

STUDIO OTTAVO

IL GIORNO DEL GIUDIZIO    131

STUDIO NONO

RISCATTO E RESTITUZIONE    141

STUDIO DECIMO

LA NATURA UMANA E LA NATURA SPIRITUALE SONO DIVERSE E DISTINTE L'UNA DALL'ALTRA       161

STUDIO UNDICESIMO

LE TRE VIE - LA VIA SPAZIOSA, LA VIA STRETTA, LA GRAN VIA MlLLENIALE    191

STUDIO DODICESIMO

SPIEGAZIONE DELLA CARTA RAPPRESENTANTE IL PIANO DELLE ETA     203

STUDIO TREDICESIMO

I REGNI DI QUESTO MONDO     226

STUDIO QUATTORDICESIMO

IL REGNO DI DIO    251

STUDIO QUINDICESIMO

IL GIORNO DI GEOVA     281

STUDIO SEDICESIMO

PENSIERI FINALI     313

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IL CRISTIANESIMO ANTICO - Da Gesù a Costantino

mattei P

L'Autore Paul Mattei insegna Lingua e letteratura latina nell'Università di Lione 2. Specialista di patristica, è responsabile scientifico dell'istituto di ricerca Sources chrétiennes e ha curato edizioni di Tertulliano e Cipriano.


RETROCOPERTINA

Nell'arco di tre secoli, una piccola setta periferica riesce a imporre il proprio messaggio, la propria legge, all'interno dell'impero romano. È questa la vicenda straordinaria della prima diffusione del cristianesimo, qui ricapitolata con chiarezza.
Dopo aver tratteggiato il contesto religioso in cui il cristianesimo sorse, e cioè il giudaismo tardo e i vari paganesimi vigenti nel territorio dell'impero, il volume descrive l'azione di Gesù e degli apostoli, l'intensa opera di proselitismo che essi intrapresero, la progressiva elaborazione della dottrina, l'organizzazione delle comunità, e naturalmente le persecuzioni, che contribuirono a formare un'idea di Chiesa di martiri.

PREMESSA

Un manuale come questo rientra, malgrado la ristrettezza delle sue ambizioni, in una tradizione storiografica plurisecolare, il cui «padre» fu un erudito che ritroveremo spesso nel corso di queste pagine, Eusebio di Cesarea, e di cui, molto tempo dopo, uno degli eroi fu il dotto e modesto Louis-Sébastien Le Nain de Tillemont, condiscepolo di Racine a Port-Royal des Champs. Non che, è addirittura superfluo precisarlo, da questi antenati in poi i metodi e l'approccio, e anche il modo stesso di considerare la storia del cristianesimo, non si siano rinnovati, non siano divenuti più complessi e diversificati - e anche in modo più radicale e più tumultuoso, attraverso maggiori drammi e tormenti rispetto ad altri campi delle scienze umane, malgrado le serene apparenze che l'ingannevole perennità del soggetto farebbe balenare. Tuttavia, oltre ai riferimenti religiosi (d'altra parte, ovviamente, diversi tra loro) di Eusebio e di Tillemont, nonostante le scelte teologiche più o meno dichiarate, più o meno coscienti, con cui l'uno e l'altro colorano o strutturano il proprio racconto, rimane il loro esempio di impegno rivolto a una scrupolosa informazione e alla diligente sottomissione a documenti che ciò nonostante sono spesso imprecisi o lacunosi, e che lasciano insoddisfatta la nostra fame di sapere. Ecco i due patroni cui era giusto, fin dall'inizio, rendere omaggio.
E proprio il ricordo del probo e pio giansenista, dell'equilibrio che seppe trovare tra la sua fede e la sua ragione - pur nei limiti e nella prospettiva a lui imposti dai suoi tempi e dal suo contesto, e che non sono più i nostri - non può che riportarci a quanto Henri Irénée Marrou, terzo genio tutelare, esigeva dallo storico. Due virtù - laiche! - in tensione tra loro: la simpatia nei confronti del proprio oggetto di ricerca e la critica più rigorosa. Ed è sempre Marrou a sottolineare che per scoprire, non la verità, ma un cantuccio di verità, per individuare un punto di attacco di questa verità mai completamente raggiungibile, lo storico si rivolge al proprio oggetto, lo delimita, lo interroga, con tutta la ricchezza che gli consente la sua personale esperienza umana e la sua apertura culturale (l'attrezzatura mentale a sua disposizione) e con le domande di ogni genere che condivide con i suoi contemporanei. Lavoro che ogni generazione, in uno sforzo ininterrotto, ma per nulla lineare (non vi è «progresso»), riprende a sua volta, da capo, usque ad consummationem saeculi.
Del resto, non si tratta tanto di «cantucci» di verità quanto di frammenti riportati alla luce. Un compendio (e qui abban- doniamo il livello della ricerca creativa per ridiscendere a quello, più modesto, del manuale) deve, più di qualunque altro prodotto, resistere alla tentazione della sintesi artificiale. Deve rendere percepibile 1'enormità delle nostre ignoranze - pur tentando di dimostrare come una società «religiosa», tramite il confronto, pacifico o violento, con ciò che essa stessa non era, o non era più, nel corso di una storia che non scorreva senza intoppi, ma per mutamenti successivi, «produsse» norme, più o meno minuziose, e creò istanze, più o meno efficaci, ergendo barriere, più o meno porose, e forgiando una coscienza, più o meno elastica. Per contro, si può vedere che tale «produzione» di norme andò di pari passo con la creazione di istanze - così che i diversi aspetti di questa storia sono tra loro interdipendenti. Cosa che impone a questo lavoro tanto il suo andamento quanto il suo progetto: esso è necessariamente frammentario, deve volersi problematico, poiché studia fenomeni intricati.
A dire il vero, prima di questo libro, 1'autore si era in un certo senso fatto la mano con un opuscolo apparso altrove, nel 2002, più agile ma di più ampi propositi, dato che abbracciava la totalità dell' antichità cristiana, dalle origini a Calcedonia. È ora grato a Maurice Sartre per avergli offerto 1'occasione di riprendere una parte di quella materia in una redazione più ampia, più approfondita e, allo stesso tempo, in un'esposizione meno frustrante - poiché meno ellittica. li lettore troverà qui, a volte, un' eco dell' opuscolo precursore.
Dal 2002 a oggi, purtroppo, due maestri e amici sono scomparsi, e qui l'autore vuole riaffermare, con emozione, il debito che sente nei loro confronti: Serge Lancel e André Mandouze. La colta eleganza del primo, nel portamento come nel tono di tutto ciò che scrisse, la passione e la libera lealtà del secondo, rimangono per lui modelli di stile e di comportamento cui non osa nemmeno pretendere di avvicinarsi.
Lione, 15 giugno 2008

PREFAZIONE

Il sottotitolo di questo libro accenna a tre diversi inquadramenti. In maniera esplicita, o quasi, per quanto riguarda la cronologia: alto impero, da Augusto ai Severi, poi «crisi» e restaurazione del mondo romano, dalla fine dei Severi ai tempi di Diocleziano (ci spingeremo in realtà fino alle guerre civili nel corso delle quali si sfaldò il regime creato da questi, la Tetrarchia, ed emerse il potere, più tardi unico, di Costantino). In maniera implicita, per quanto riguarda la geografia: il mondo incentrato sul Mediterraneo, con i suoi margini reno-danubiani e orientali, le province del regno partico, poi divenuto persiano e zone tampone (Osroene, Armenia). Implicitamente, ancora, per quanto riguarda la cultura: principalmente la civiltà greco-latina, con le sue alte espressioni intellettuali, retorica e filosofia (lungi però dal dimenticare la fonte giudaica, dato che essa è, nel senso proprio del termine, fondamentale, e senza neanche trascurare l'ambito aramaico).
1.
1.1. Antichità classica e cristianesimo
Probabilmente nell'anno 30 un oscuro profeta viene crocifisso alle porte di Gerusalemme. Circa tre secoli dopo l'imperatore Costantino si converte (la sua personale evoluzione, dagli scopi poco chiari, è stata sempre oggetto di discussione tra gli storici), e questa conversione comporta la cristianizzazione dello Stato (nel corso di un complesso sviluppo che si estende su più di cento anni). Perché questo «trionfo» e perché così tardi?
Porre questa duplice domanda significa interrogarsi sulla relazione dialettica tra cristianesimo e antichità classica - dal momento in cui (nella prima metà del II secolo) il cristianesimo, nato nel seno del giudaismo, a conclusione di un processo doloroso e inizialmente niente affatto voluto, fu da quello separato. C'erano delle affinità, dato che vi è stato trionfo; esistevano degli antagonismi, o dei fattori di contrarietà, dato che questo trionfo ha molto tardato. Il cristianesimo dei primi secoli deve intendersi come qualcosa che aveva, con la civiltà greco-latina, un rapporto allo stesso tempo di armonia e di dissonanza.
Raccontare la storia del cristianesimo antico in generale significa studiare un lungo e faticoso fenomeno di confronto e di convergenza.


1.2. Evoluzione interna del «primo» cristianesimo antico
Il cristianesimo, una volta separato dalla «religione madre» e immerso nel cuore del mondo pagano, si trovava costretto a rispondere alle sfide lanciate da quest'ultimo. Sulla base di elementi presenti fin dall'inizio, anche se in altro contesto ed eterogenei tra loro, dovette costituirsi nelle sue strutture e nelle sue dottrine. Verso il 300 questa costruzione non era ancora stata portata a termine. Essa proseguì dopo Costantino, con metodi più pesanti e poste altrettanto importanti.
Raccontare la storia del cristianesimo, in particolare quella dei primi tre secoli, significa fare chiarezza su un lento processo di maturazione delle strutture e delle dottrine.


1.3. Verso più «cristianità»
Assimilando quanto nel mondo che lo circondava era assimilabile (e lasciandosi, all'occorrenza, assimilare), continuando nello stesso tempo a portare a maturazione le sue dottrine e le sue strutture, il cristianesimo, soprattutto nel III secolo, ha de facto gettato, nell'impero e nei territori confinanti, le fondamenta culturali e mentali delle prime civiltà cristiane (o «cristianità»). Iniziando a farsi strada ai tempi di Costantino, queste crebbero poco a poco, anche in rottura, a volte, col passato delle Chiese. La tarda antichità avrebbe poi trasmesso queste cristianità alle epoche successive, e alcuni aspetti ne sopravvivono ancora.
Raccontare la storia del cristianesimo dei primi tre secoli vuoi dire veder porre le basi di vivaci future imprese di civilizzazione.
Infine, un'osservazione. In questo volume si parlerà del «cristianesimo antico». Questa espressione ha un senso più ampio rispetto a «Chiesa antica», ed è migliore in quanto suggerisce che vi saranno affrontati tutti i problemi sollevati dalla nuova fede: non soltanto i problemi politici, dottrinali o di strutture, ma quelli che riguardano, in ogni campo, la vita del «popolo cristiano».


2. Limiti cronologici e articolazioni dell'opera
Partiremo da Gesù e dagli Apostoli. Questo punto di partenza può prestarsi a malintesi: sembra infatti far riferimento a una vecchia concezione che vedrebbe in Gesù il «fondatore di una religione»; ora, questa non è mai stata la sua intenzione; e d'altronde, per definizione, la nuova religione non comincia pienamente che con la fede nel Cristo risorto, dopo Pasqua. Ma è importante esaminare in che modo (grazie a quali avvenimenti, e tramite quale processo), a partire da Gesù e dagli Apostoli, nel corso di tre o quattro generazioni, il cristianesimo si sia emancipato.
Arriveremo fino al «tornante costantiniano». Il III secolo presenta, sotto vari punti di vista, diverse caratteristiche che anticipano la grande «esplosione» del IV. Resta però il fatto che la conversione di Costantino segna l'ingresso in un periodo nuovo: quello dell'impero cristiano, il cui sviluppo coincide con le grandi lotte dottrinali, trinitarie (IV secolo) e poi propriamente cristologiche (V secolo e successivi).
In questo blocco di circa trecento anni - pur prestando attenzione, come è necessario, alle continuità - la consumazione del divorzio con il giudaismo rappresenta una cesura.
Distingueremo quindi due momenti:
Gesù e gli Apostoli, o, in maniera più ampia, il «cristianesimo» (diciamo meglio: il «movimento di Gesù») delle origini (fino al primo terzo del II secolo - al più tardi verso il 135) .
Il movimento «cristiano» nell'impero pagano (II-III secolo) o, se si preferisce, il cristianesimo anteniceano (prima del concilio di Nicea, nel 325 - più esattamente sino alla fine dell'ultima grande persecuzione nell'impero romano, quella detta di «Diocleziano», nel 313.
(Preliminarmente, daremo qualche cenno sul mondo ebraico all'interno del quale, progressivamente, emerse il eristianesimo.)1


3. Un'occhiata alle fonti letterarie
Si troverà qui di seguito una semplice lista. La descrizione dei contenuti, i problemi di datazione e di autenticità verranno discussi a loro tempo nel corso dei diversi capitoli. Mi soffermerò subito soltanto su alcuni, pochi, documenti che è più comodo descrivere fin da questo momento. Non dirò nulla, qui, a proposito delle fonti archeologiche, epigrafiche e figurative: esse faranno la loro comparsa nel corso dell' esposizione, quando ve ne sarà bisogno.


3.1. Il contesto ebraico
I testi sono abbondanti e diversificati. Distingueremo tra letteratura biblica, canonica o meno, e opere della letteratura non biblica.

Letteratura biblica
Libro della Sapienza: uno degli ultimi libri, di origine giudaica e non cristiana, scritti in greco e inseriti, per la maggior parte, come «deuterocanonici» nel canone cristiano cattolico dell' Antico Testamento - vale a dire, con qualche sfumatura, nel canone dei Settanta (LXX)2.
Scritti «intertestamentari», in particolare gli Apocrifi (o Pseudepigrafii dell' Antico Testamento, a volte ritoccati da mani cristiane3. Molti sono stati ritrovati tra i «manoscritti del mar Morto». Citeremo qui in maniera più particolareggiata la letteratura «enochiana» (attribuita tramite pseudepigrafo al patriarca di Gn 5, 21-23 assunto in cielo: l'Enoc «etiopico»4, [1 Enoc]; il Libro dei segreti di Enoc o Enoc «slavo» [2 Enoc] 5).
Menzione speciale anche per le pseudoprofezie degli Oracoli sibillini: centoni omerici posti sotto il patronato di quelle mitiche sacerdotesse pagane che erano le sibille 6; dei dodici libri di Oracoli, numerati da I a VIII e da XI a XIV, solamente i libri IIl, IV e V sono ebraici o, più precisamente, giudeo-ellenistici (I-Il secolo d.C.), mentre gli altri sono cristiani.

Letteratura non biblica
• Opere di ebrei ellenistici, in particolare Filone di Alessandria e Flavio Giuseppe.
• Scritti rabbinici contenuti nella Mishnah e nel Talmud da utilizzare però con cautela, perché più tardi. La compilazione scritta della Legge orale progressivamente elaborata dai maestri farisei, che forma la Mishnah, è opera di Rabbi Yehuda Hanassi [«il Principe»], composta tra il 135 e il 217. I due Talmud, che contengono la Mishnah e i relativi commentari, la Ghemara, sono ancora posteriori: IV secolo per la messa a punto definitiva del Talmud di Gerusalemme, VI secolo per quella del Talmud di Babilonia. Alcune tradizioni (baraita) non comprese nella Mishnah e nel (nei) Talmud, costituiscono la Tosefta
7.


3.2. Gesù e i tempi apostolici

Fonti cristiane: il Nuovo Testamento canonico
Il Nuovo Testamento costituisce la seconda parte della Bibbia cristiana. Si compone di 27 scritti greci il cui canone, come vedremo, fu stabilito, almeno nelle sue linee principali, nel corso del periodo qui studiato. Cioè, nell' attuale ordine
di questo canone:
• I 4 Vangeli (Matteo; Marco; Luca; Giovanni).
• Gli Atti degli Apostoli.
• Le 13 lettere attribuite a Paolo e ordinate per lunghezza: ai Romani; I e II ai Corinzi; ai Galati; agli Efesini; ai Filippesi, ai Colossesi; I e II ai Tessalonicesi; I e II a Timoteo; a Tito; a

Filemone.
La Lettera agli Ebrei, che nessuno oggi pensa più di attribuire, neanche indirettamente, a Paolo.
• Le 7 lettere dette «cattoliche», e attribuite (a torto) ad altri apostoli o persone vicine a Gesù: I e II lettera di Pietro; Lettera di Giacomo; I, n e In lettera di Giovanni; Lettera di Giuda.
L'Apocalisse di Giovanni.

Fonti cristiane: gli «Apocrifi» (o «Pseudepigrafi») del Nuovo Testamento
Alla collezione dei libri canonici (in pratica non vi sono, per quanto riguarda il Nuovo Testamento, «deuterocanonici»)8 bisogna aggiungere, benché si tratti di opere più recenti (datano almeno al II secolo), gli Apocrifi (o Pseudepigrafi del Nuovo Testamento. Sono scritti di tono più evidentemente leggendario, o caratterizzati in maniera più o meno profonda da aspetti che 1'ortodossia allora in via di formazione non avrebbe poi ratificato.
Il carattere «apocrifo» (o apocrificità) non impedisce, a priori, che i libri che vengono così definiti possano contenere elementi direttamente utili, grazie alla loro autenticità, per la storia dei personaggi neotestamentari che ne sono l'oggetto o i supposti autori. Ma, più ancora, gli apocrifi sono stati rivalutati dalla ricerca recente per ciò che rivelano sui diversi ambienti in cui videro la luce.
Tutti i generi letterari rappresentati nel Nuovo Testamento canonico sono illustrati anche da scritti apocrifi: vangeli, atti degli Apostoli, lettere apostoliche, apocalissi.

Fonti non cristiane

Sono rare e povere.
1) Fonti ebraiche:
• Mishnah e Talmud, critiche e prive di benevolenza nei confronti del cristianesimo, e in ogni caso contenenti dati da considerare con prudenza;
• Flavio Giuseppe: ma il Testimonium Flavianum è quanto meno interpolato.

2) Fonti pagane:
• Tacito (Annali 15, 44)
• Svetonio (Vita di Claudio e Vita di Nerone)
• Plinio il Giovane (Epistole lO, 96-97: lettera a Traiano e risposta del principe).

3.3. Dalla fine del I secolo (o del primo terzo del II) all' inizio del IV

Testimonianze pagane

Sono anch'esse rare e povere. Si tratta, nella maggior parte dei casi, di attacchi: Luciano, Gallieno, Marco Aurelio, Celso (il discorso Contro i cristiani del retore Frontone di Cirta, maestro di Marco Aurelio, è andato perduto).
È necessario dedicare qualche parola all'Historia Augusta. Questa collezione (in lingua latina) di biografie imperiali, da Adriano a Probo, si presenta come l'opera di molti autori vissuti sotto Diocleziano e sotto Costantino. In realtà si tratta di un falso, spesso fantasioso, volutamente o meno, scritto alla fine del IV secolo da un pagano ostile alla politica degli imperatori cristiani. Stato d'animo di cui bisogna tener conto per «decrittare» quei pochi dettagli forniti dall' Historia Augusta sul cristianesimo (o, meglio, sull' atteggiamento di tale o talaltro principe nei confronti del cristianesimo)9.

Letteratura cristiana

La «patristica» ha inizio con i «Padri apostolici». A questi segue il plotone degli «Apologisti» (ma gran parte di loro non si è limitata alla polemica antipagana). Molti scrittori si distinsero soprattutto contro altri nemici della «Grande Chiesa»10, ebrei ed «eretici»: al primo posto, Melitone di Sardi, peraltro Apologista, ed Ireneo di Lione. Il III secolo è ancora più ricco: a Roma c'è Novaziano («Ippolito», che lo precedette, rappresenta un ingarbugliato problema letterario); in Africa, Tertulliano, Minucio Felice, Cipriano, Commodiano, Arnobio, Lattanzio; in Egitto, Clemente e Origene (e poi, in Egitto e in tutto l'Oriente, gli eredi di quest'ultimo, così come i postumi avversari al suo pensiero, reale o presunto). Bisogna poi aggiungere la produzione agiografica*11 e la documentazione canonico-liturgica.
Oltre a questa letteratura «ortodossa», vi sono gli scritti gnostici restituiti dalle sabbie dell'Egitto (i codici di Nag Hammadi), o noti tramite manoscritti importati in Europa fin dal 175012.

Eusebio di Cesarea, l'«Historia Ecclesiastica», e le fonti connesse

L'Historia di Eusebio, che pur ammettendo diverse ipo- tesi non può in alcun caso essere collocata dopo la vittoria di Costantino su Licinio (324)13, è essenziale. Senza di essa, quali che siano i suoi orientamenti e le sue carenze 14, la nostra conoscenza dei fatti cristiani nel II e nel III secolo sarebbe assai scarsa. Eusebio inserisce nel suo racconto documenti antichi, che è il solo ad aver conservato, come la Lettera delle comunità di Vienna e di Lione (HE 5, 1-2). (Sulla persecuzione di Diocleziano, la circostanziata testimonianza di Eusebio deve essere confrontata con quella di un altro testimone, Lattanzio, conservata nel suo libello, autentico, checché se ne dica, su La morte dei persecutori.)
Faremo scarso riferimento ai continuatori greci di Eusebio, Socrate, Sozomeno e Teodoreto di Ciro: il loro racconto, infatti, non riguarda 1'epoca che prendiamo in considerazione - anche se a volte vi si possono trovare utili flashback. Ciò vale anche per il traduttore latino dell'Historia eusebiana, Rufino di Aquileia, nonostante le aggiunte che apporta all' originale.
Insieme all'Historia di Eusebio, vi è la sua Chronica. In particolare, non la prima parte di questa, o Cronografia, che forniva scorci sulla storia di varie popolazioni antiche e dettagliava i diversi sistemi di computo, ma la seconda, o Canoni cronologici; una presentazione sin cronica, disposta per colonne, degli avvenimenti da Abramo al IV secolo. L'opera, pubblicata nel 303, conobbe una riedizione che la portò fino al 325. A parte alcuni frammenti, la versione greca è andata perduta, ma tutte e due le sue parti sono sopravvissute in versione armena; i Canoni sono conservati nella traduzione latina di Girolamo - con la continuazione, scritta da lui, fino ai suoi giorni (periodo 326-378)15.

Dello stesso Girolamo, aggiungiamo il De viris illustribus. È una successione di capitoli biobibliografici, in ordine di tempo, dall' apostolo Pietro fino a Girolamo stesso. Si tratta di una fonte importante, benché deturpata da imprecisioni o fraintendimenti dovuti a un' erudizione a volte frettolosa. Girolamo dipende spesso da Eusebio.

Fonti sussidiarie

Sono tre complessi documentari cui faremo ricorso solo occasionalmente:
• Due delle opere che formano l' «Appendice di Ottato» (Appendix Optati) in un manoscritto della sua opera e afferenti alle origini del donatismo (Ottato di Milevi, polemista cattolico, ebbe il suo floruit nel decennio 360): le Gesta apud Zenofilum e la Purgatio Felicis. Si tratta di straordinari frammenti di vita. Le Gesta riportano il verbale di un' azione intentata da un diacono contro il suo vescovo nel 320, davanti al governatore di Numidia; racchiudono gli Acta Munati Felicis, relazione sull'irruzione effettuata, nel 303, all'inizio della persecuzione di Diocleziano, dai magistrati municipali di Cirta in Numidia (l'odierna Costantina, in Algeria), in alcuni locali appartenenti alla comunità cristiana. La Purgatio è la relazione che discolpa Felice, vescovo di Abthugni (Pro consolare - metà nord dell' odierna Tunisia), dall' accusa di aver consegnato Libri sacri e vasi consacrati ai persecutori, nello stesso periodo16.
• Il Liber pontificalis, serie, conservata solamente in una seconda edizione, delle «vite» dei papi romani, da Pietro a Stefano V (885-886) - da cui l'altro titolo: Gesta pontificum Romanorum. Il valore delle notizie è molto disomogeneo. Possono conservare utili indicazioni archeologiche, topografiche e liturgiche. Si distinguono diverse stratificazioni: fino alla Vita di Silverio (papa dal 536 al 537) si tratta di un'unica compilazione redatta sotto il pontificato di Vigilio (536-555), in seguito le «biografie», a parte alcune eccezioni, furono composte all'occorrenza. Nei manoscritti il LP è preceduto dalla lista delle Depositiones episcoporum Romanorum (date delle sepolture) che vengono peraltro fornite anche dal Cronografo (Calendario) del 354 e dal Catalogo Liberiano (composto sotto Libero, 352-366); è seguito da un secco elenco dei papi fino a Onorio II (t 113 O) . L'insieme è stato edito da Duchesne (2 volI., 1886-1892)17.
La Biblioteca o Myriobiblion di Fozio (IX secolo), precisamente, Descrizione e repertorio dei volumi letti da noi, ampia collezione di «analisi» (o codices che riassumono e valutano 279 opere, che il futuro patriarca di Costantinopoli pubblicò poco prima dell'855, quando era ancora un alto funzionario laico (alcuni scritti sono oggetto di più di un riassunto; molti codices riguardano autori cristiani, in particolare del III secolo, altrimenti perduti)18.

NOTE

1 In compenso non tratteremo, se non in maniera molto rapida, le religioni non bibliche (i «paganesimi»), soggetto troppo vasto che ci allontanerebbe troppo a lungo dall'essenziale. Ne daremo comunque qualche accenno per tracciare almeno un abbozzo dello sfondo «spirituale».

2 Su questa versione greca (e le sue revisioni), si veda infra, cap. 1. Su altre versioni antiche della Bibbia (latina; siriaca; copta), si veda infra, cap. 6.

3 Sono rari gli Apocrifi dell'Antico Testamento di origine completamente cristiana. Citeremo alcune composizioni relative al ciclo di Esdra che si vanno ad aggiungere ai libri canonici di Esdra e di Neemia (repertoriati dai moderni anche come Esdra I e II; Esdra III è la forma particolare che assume Esdra nella versione dei Settanta): se Esdra IV è un apocrifo giudaico, Esdra V è un'aggiunta cristiana posta all'inizio di Esdra IV, conservata, e forse scritta, in latino, durante il 11-111 secolo (giudeo-cristiano); Esdra VI è un complemento messo al seguito di Esdra IV, più giudaico che cristiano, e redatto nel IV secolo; esistono altri libri, per esempio LlApocalisse di Esdra. L'apocrifo cristiano Ascesa di Isaia (Siria, II secolo) si fonda su fonti giudaiche. Altro Apocrifo dell'Antico Testamento, della stessa origine e della stessa epoca del precedente, è le Odi di Salomone.

4 Così chiamato perché conservata in ge' ez dalla Chiesa copta di Abissinia, che l'ha integrato nel suo canone biblico. Ne sono stati ritrovati a Qumran alcuni frammenti in aramaico. Il libro è stato composto in varie fasi tra il II secolo a.c. e il I secolo d.C.

5 L'originale greco è datato al I secolo d. C. Esiste inoltre un Enoc ebraico (3 Enoc) che è una compilazione rabbinica del III secolo.

6 Si sa che l'antichità conosceva varie sibille, di cui le più famose erano quella Eritrea (originaria della costa ionica) e quella di Cuma (vicino Napoli), e che si conservavano a Roma, in Campidoglio (dove venivano consultati in occasione di situazioni critiche) i Libri sibillini, che si credevano comprati da uno dei re Tarquini (Prisco o Superbo, nel VI secolo a. c.) dalla sibilla Cumana. Sappiamo anche che, sulla base degli Oracoli sibillini cristiani, e ancora di più, di una interpretatio christiana della IV Bucolica di Virgilio, il medioevo occidentale ha fatto delle sibille pagane, allo stesso titolo dei profeti ebraici, delle annunciatrici del Cristo: da qui l'evocazione della Sibilla, insieme a David, nel «Dies lrae», e i colossi dipinti da Michelangelo nella volta della Cappella Sistina.

7 Cfr. G. Stemberger, Introduzione al Talmud e al Midrash, ed. it. riveduta e aggiornata dall'autore, a cura di D. e L. Cattani, Roma, 1995.

8 Benché Lutero abbia considerato di minor valore la Lettera agli Ebrei, la Lettera di Giacomo (che, per il valore che essa attribuisce alle opere, chiamava la «lettera di paglia»), la Lettera di Giuda, l'Apocalisse

9 Della HA si seguirà l'edizione Scrittori della Storia Augusta, 4 voll., introduzione, testo latino, traduzione e note a cura di G. Porta, Bologna, 1990-1995. Per quanto riguarda gli storici greci di epoca imperiale e tarda, non vi è da raggranellare altro che alcuni rari dettagli (così, per esempio, in Dione Cassio, su Domitilla e su Marcia), o, nel migliore dei casi, cogliere qualche chiarimento indiretto.

10 Su questa espressione, consacrata dall' attuale storiografia, si veda infra, cap. 4, nota 32, p. 145.


11 L'asterisco (*) segnala la prima occorrenza di una parola spiegata nel Glossario (sono sistematicamente segnalati così i sostantivi, mentre per gli aggettivi solo nel caso in cui, per chiarezza, si renda necessario).

12 Saranno elencati più avanti (cap. 10) gli eresiologi ortodossi del IV e V secolo, come Epifanio di Salamina, che combattono eresie di epoche precedenti.

13 Vi è un problema relativo alla data esatta di redazione e pubblicazione dei dieci libri dell' HE. Gli ultimi tre sono sicuramente posteriori al 311 (il libro VIII comprende il racconto della persecuzione di «Diocleziano» fino a questa data). Sembra preferibile ammettere che i primi sette siano stati scritti precedentemente allo scoppio della persecuzione, proprio all'inizio del IV secolo (se non proprio alla fine del II!). F. Richard, nell'introduzione alla nuova traduzione francese dell'HE (Paris, 2003, pp. 19-21), fa sua l'opinione di T.D. Barnes (Constantine and Eusebius, Cambridge, Mass., 1981), e fa notare che questa cronologia non è priva di importanza per l'interpretazione di tutta l'opera nel suo complesso: i primi sette libri non possono esser stati scritti nell' euforia della pace costantiniana e degli inizi dell'impero cristiano.

14 L'introduzione citata nella nota precedente fa utilmente il punto sulla situazione dell'HE all'interno dell'opera di Eusebio e sulle intenzioni che questi aveva quando la scriveva (Richard, in HE, pp. 13-16), e anche sul metodo storiografico adottato dall' erudito di Cesarea, i suoi meriti e i suoi difetti (ibidem, pp. 21-29).

15 La Chronica di Eusebio non è la prima scritta da un cristiano. Già «Ippolito» ne aveva composta una, dalle origini del mondo al 234 d.C., di cui non restano che alcuni frammenti e qualche parziale adattamento. Prima di Ippolito, Sextus lulius Africanus (Giulio Africano), ufficiale romano, amico intimo dell'imperatore Alessandro Severo e amico di Origene, aveva scritto una «Cbronograpbia» che arrivava fino al217 (o 224): di quest'opera possediamo oggi solo alcuni frammenti. Vanno ricordati altri due scritti di Eusebio: 1) su I martiri di Palestina, all'epoca di Diocleziano e dei suoi successori (303 ·311), un racconto conservato in due versioni (breve, in greco, come appendice al libro VIII dell'HE in quattro manoscritti di questa; lunga, in siriaco); 2) su La vita del beato Costantino, un elogio funebre lambiccato e di autenticità a lungo contestata, tutta o in parte.

16 Si veda Y. Duval, Chrétiens d'Afrique à l'aube de la paix constantinienne. Les premiers écbos de la grande persécution, Paris, 2000 (parzialmente da correggere: cfr. P. Mattei, in <<REL», 80, 2002, pp. 398-401). Agostino (Contro Cresconio 3, 27 [30J), offre a sua volta gli atti di una riunione vescovile che si tenne a Cirta nel 305 o nel 307: sbalorditiva testimonianza sui costumi dei vescovi numidi, peraltro impavidi fautori del donatismo.

17 Nuova edizione: Paris, 1955 (con un terzo volume a cura di C. Vogel, 1957).

18 Fozio, Biblioteca, 8 voll., a cura di R. Henry, Paris, 1959-1977, voI. 9: Indices, a cura di J. Schamp, Paris, 1991.

INDICE

Premessa

Prefazione

PARTE PRIMA: UNO SGUARDO AL MONDO CIRCOSTANTE

I. Il tardo giudaismo, n secolo a.c. - n secolo d.C.

II. I paganesimi in epoca imperiale

PARTE SECONDA: GESÙ E L'EPOCA APOSTOLICA, I SECOLO

III. Gesù

IV. L'epoca apostolica. Dalla morte di Gesù al primo terzo del n secolo

V. Nota sul giudeo-cristianesimo e la sua evoluzione

PARTE TERZA: IL CRISTIANESIMO NELL'IMPERO PAGANO, II - III SECOLO

VI. L'espansione cristiana

VII. Il cristianesimo e l'impero: le persecuzioni

VIII. Aspetti dottrinali, n secolo

IX. Aspetti dottrinali, n secolo

X. Aspetti dottrinali, n secolo

XI. Aspetti dottrinali, In secolo

XII. Aspetti dottrinali, In secolo

XIII. Organizzazione delle comunità

XIV Aspetti materiali, morali e spirituali

Conclusioni

Appendici

Carte

Cronologia

Glossario

Bibliografia scelta

Indice dei nomi

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IL CREPUSCOLO DELLO SCIENTISMO


RETROCOPERTINA

“Per nostra fortuna, Sermonti è anche uno scrittore ""non è solo un eminente scienziato e un autorevole cattedratico, ma anche uno scrittore vero”
IL GIORNALE D'ITALIA, M. Camillucci

“Giuseppe Sermonti e uno studioso che, attraverso un'autocritica non priva di felici intuizioni perviene a delle conclusioni libere dall'opprimente conformismo culturale oggi dominante,... in un linguaggio volutamente accessibile a ogni tipo di lettore.”
L'OSSERVATORE ROMANO, L. Saitta

“Il Sermonti chiede ad una scienza a misura dell'uomo, vivificata da un rapporto di simpatia con la natura, attenta a tutto ciò che è Tradizione.”
IL SECOLO D'ITALIA, M. Bernardi Guardi

“Sermonti ha perfettamente ragione nell'indicare un nuovo gusto per la sobrietà e la semplicità il miglior mezzo per tornare ad un modo di vivere normale.”
Roma, Julius Evola

“Nella realtà paradossale del giorno d'oggi ci mancava ancora un libro di uno scienziato che parla male della scienza... Gli interrogativi che Sermonti pone e le contraddizioni che denunzia sono proprio realtà viva del nostro tempo.”
GENTE, A. Plebe

“Tra gli autori, mistici o etnologi, filosofi o polemisti, che si propongono un recupero dell'umano Sermonti è uno dei più misurati ma in quanto scienziato forse il più lacerato.”
LA STAMPA, L. Storoni

“Sermonti svolge un discorso particolarmente originale con chiarezza e accessibilità di stile che è una testimonianza della sua giusta devi rivendicazioni affinché la scienza riprenda il contatto quasi smarrito con il mondo dell'uomo.”
IL TEMPO, F. Gianfranceschi


RISVOLTO COPERTINA

L'affermazione che la realtà si possa conoscere servendosi esclusivamente della scienza moderna, e che ogni problema umano si possa risolvere grazie ad essa ed alle sue applicazioni tecniche, è uno dei luoghi comuni e dei falsi miti più diffusi della nostra epoca.
In questa sua opera Sermonti non vuole assegnare limiti alla scienza nè sminuirla; ma la sua indagine critica è rivolta alla scienza moderna, alla sua presunzione di non avere limiti e di comprendere entro i propri confini tutto l'universo. È proprio in questa pretesa che la scienza diventa scientismo.
Giuseppe Sermonti, genetista di fama internazionale e brillante saggìsta, libero dall'opprimente conformismo culturale dominante, controbatte il pregiudizio scientista mediante una sorprendente autocritica e una approfondita analisi della "obiettività scientifica".
Il pensiero dell'Autore è di grande interesse poichè proviene proprio da uno scienziato militante che ha il coraggio e l'audacia intellettuale di contestare l'ideologia scientista moderna la quale considera come esistente solo quella realtà che è misurabile e quantificabile, nella convinzione che il vertiginoso progresso delle conoscenze scientifiche e tecnologiche possa liberare l'umanità dalle tenebre della metafisica conducendola verso un destino radioso. Per fare ciò, lo scientismo non si è accontentato di limitare la sua azione al campo specifico della ricerca scientifica, ma è riuscito ad estendere la sua influenza a tutta la realtà, dileggiando e combattendo tutto ciò che sfugge ai suoi strumenti di indagine e di misura. Ma i risultati ottenuti sono stati tutt'altro che confortanti. Se da un Iato ha riempito il nostro mondo di ogni tipo di macchine, impoverendo l'esistenza umana sino a degradarla e a relegarla a livello del puro soddisfacimento di bisogni fisiologici o indotti, dall'altro ha gettato via come scorie e rifiuti gli elementi che non interessavano i procedimenti scientifici.
Questo ha portato alla logica e drammatica conseguenza dell'inquinamento ambienta- le ed ha rivelato chiaramente la mancanza di ogni riguardo per la natura e il naturale, una predilezione per l'artificio e l'artificiale, al costo di dissipare colossali risorse naturali.
Lo scientismo ha così travisato il vero compito della scienza che doveva fornirei regole di comprensione della natura per una felice convivenza con essa. Questa ha invece aggredito la varietà in nome dell'unità, degradando la complessità in nome dell'elementare. Non ha insegnato a comprendere la natura, ma a sopraffarla; non ha insegnato a convivere con essa ma a soggiogarla, contaminarla e deturparla.
Soltanto sottoponendo lo scientismo moderno ad una severa e radicale critica si potrà arrestare l'attuale vertiginosa corsa del "progresso" verso l'annientamento della nostra specie.
"Noi abbiamo soltanto domandato alla scienza di restare scientifica, di non avvolgersi in una metafisica incosciente che si presenta allora agli ignoranti, o ai semidotti, sotto la maschera della scienza. Durante più di mezzo secolo questo scientismo ha ingombrato la strada della metafisica" (H. Bergson, Il pensiero e il movente, 1934).
Con le parole di Bergson il Professore Paolo Aldo Rossi, ordinario di Storia del Pensiero Scientifico della Università di Genova, inizia la prefazione al Crepuscolo dello scientismo, un libro che dopo trent'anni dalla sua prima edizione rivela con forza tutta la sua straordinaria attualità.

INDICE

Introduzione del Prof. Paolo Aldo Rossi

Prefazione alla prima edizione
Recensioni della prima edizione
Prefazione alla terza edizione
Nota alla terza edizione

CAPITOLO PRIMO
1. La biologia volta le spalle al mondo
Le «applicazioni» che hanno preceduto la scienza
Quando la scienza e la tecnica procedevano insieme
Il divorzio tra la biologia e le sue «applicazioni»
La biologia contro l'umano

CAPITOLO SECONDO
2. La vita nel cassetto
Il problema della generazione
Alla ricerca della vita minima
Alla ricerca delle origini della vita
La vita come assoluto
La scienza e il mondo-della-vita

CAPITOLO TERZO
3. La scienza si riversa sul mondo
Improprietà del concetto di «scienza applicata»
La trasmissione della conoscenza scientifica al mondo
Il trasferimento tecnologico
La scienza rifiuta il confronto con la realtà

CAPITOLO QUARTO
4. Profilo e limiti del metodo sperimentale
Le condizioni dell'esperimento
La scienza sperimentale contro l'irrazionale
La scienza sperimentale affronta le vie del mondo

CAPITOLO QUINTO
5. Analisi logica del progresso
La motivazione «razionale»
Mitologia della Ragione e del Progresso
Biologia del progresso
Elusività della tesi progressista
Il progresso nelle arti e nelle scienze
Sulla irreversibilità del progresso

CAPITOLO SESTO
6. Considerazioni sull'inquinamento ambientale
Le nostre offerte al cielo
L'inquinamento delle acque
La scienza ci rassicura
Le piccole cose del mondo
Semplicità, semplicità!
Sora nostra madre terra
Nota Biografica
Indice delle tavole
Indice Generale
Indice Analitico

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IL CODICE DELLA LONGEVITA' - Svelati i segreti che aiutano a fermare l'invecchiamento

RETROCOPERTINA

Partendo da una serie di recentissime ricerche altamente innovative nella genetica, integrate da osservazioni su centinaia di ultracentenari in varie parti del mondo, il libro svela la chiave per fermare l’invecchiamento e spiega come modificare il proprio stile di vita ispirandosi a quello degli ultracentenari. In questi anni l’autrice ha analizzato i dati degli uffici anagrafe di alcuni comuni d’Italia, cercando poi di capire come mai alcune persone residenti in particolari aree geografiche limitrofe, aventi anche un Dna similare, potessero vivere fino al 30% più a lungo rispetto alla media nazionale. Per approfondire ulteriormente il tema, Maddalena Galliani ha trascorso un lungo periodo a Okinawa, dove vive la comunità più longeva al mondo, cercando di venire a conoscenza dei loro segreti sia dietetici sia comportamentali. Tutti gli studi condotti hanno portato l’autrice ad identificare alcune interazioni importanti tra Dna, stile di vita e longevità.

INDICE

Introduzione

1. Perché invecchiamo?
Alcune osservazioni sull'invecchiamento
Cause genetiche dell'invecchiamento
Una scoperta importante a Limone sul Garda, l'apolipoproteina A-l
Quale legame tra geni e invecchiamento?
Telomeri e telomerasi
Telomerasi e tumori
L'invecchiamento (di Gyan Khare)
La teoria neuroendocrina dell'invecchiamento
Effetti sociali e psicologici dell'invecchiamento

2. La sconfitta della menopausa
Crioconservazione di ovociti, tessuto ovarico, embrioni e sperma
Il congelamento di ovociti ed embrioni tramite il processo di vetrificazione
Il trapianto di ovaie
Novità sul trapianto di utero
Un'analisi importante prima dei trapianti: l'HLA
Le cellule staminali nella riproduzione femminile
La terapia ormonale sostitutiva (HRT) in menopausa (di Alessandro Rossi)

3. Le oasi felici: perché in alcuni luoghi si vive più a lungo e in salute?
Okinawa, patria degli ultracentenari
Il caso di Varese Ligure, ovvero gli ultracentenari di casa nostra
Il progetto AKEA
Ambiente, famiglia, invecchiamento in salute
Alimentazione e tarda età
Altri casi interessanti

4. Il vero motivo per cui il nostro viso invecchia
Come fermare il processo di invecchiamento (di Wesley Crawford)
Come conservare la salute delle ossa

5. Consigli pratici per aumentare la longevità
Varie forme di inquinamento
Geni, invecchiamento e alimentazione

6. Come alimentarsi di energia rallentando l'invecchiamento
Campo energetico e longevità
Il campo energetico in odontoiatria (di Pierluigi Russo)
La ricerca della verità (di Salvatore Scognamiglio)
Test di chinesiologia (di Pierluigi Russo)

7. Come diagnosticare e fermare le patologie degenerative dell'SNC (di Stefano Gervasi)
Patologie neurodegenerative
Morbo di Alzheimer e morbo di Parkinson
Utilizzo di antiossidanti nella gestione delle malattie neurodegenerative
Quadro riassuntivo
Antiossidanti e potenziale di neuroprotezione

8. Malattie cardiovascolari e invecchiamento
Il ruolo dell'ossigeno
I radicali liberi
Un utile decalogo contro le malattie cardiovascolari
Il processo dell'aterosclerosi e le nuove terapie
La terapia chelante

9. Test diagnostici per prevenire l'invecchiamento
Gli esami: vari protocolli
Il rapporto tra colesterolo HDL/LDL: prevenire le malattie cardiache
Il test PSA (Antigene Prostatico Specifico)
L'omocisteina
Cos'è la CRP
Il test A1C
Operare sul Dna per ringiovanire?

10. Sconfiggere naturalmente l'impotenza
Quali sono le cause?
Come affrontare naturalmente la disfunzione eretti le: cambiare lo stile di vita

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IL CODICE DA VINCI - Verità e menzogne

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L'Autore
Darrell L. Bock, studioso e professore di ricerca del Nuovo Testamento presso Dallas Theological Seminary a Dallas, Texas, Stati Uniti. Bock ha ricevuto il suo dottorato dalla Scozia Università di Aberdeen.


RISVOLTO COPERTINA

Molti lettori del best seller internazionale Il codice da Vinci hanno accolto con perplessità, e forse anche sgomento, le tesi storiche sullo sfondo del romanzo di Dan Brown, che minano le fondamenta dell’ortodossia cristiana, e si sono chiesti quale verità si celi dietro la finzione narrativa.
Darrell L. Bock, teologo americano, studioso di storia antica e insigne biblista, confuta con dovizia di argomentazioni storiche e filologiche la ricostruzione delle origini del cristianesimo alla base del thriller e risponde agli interrogativi inquietanti sollevati dal romanzo.
Chi era davvero Maria Maddalena? Fu la sposa di Gesù e madre della sua progenie, oppure Gesù, che le scritture descrivono come uomo non sposato, non seguiva le tradizioni ebraiche?
Possono i vangeli gnostici aiutarci a sciogliere il mistero della figura storica di Gesù? Ancora, e come, quando e perché la Chiesa ha ritenuto canonici, cioè ispirati da Dio, solo i quattro vangeli escludendo altre testimonianze della chiesa primitiva sulla vita di Cristo?
Rispondendo a queste e altre domande Bock spiega le ragioni del successo editoriale del romanzo e si erge a un’accorata difesa della fede cristiana.

 

PREFAZIONE


     Milioni di persone che aderiscono alla tradizione fideistica giudaico-cristiana credono in un solo Dio, creatore dell'universo (Genesi, 1,1-2,24). Inoltre, credono che le donne e gli uomini di quello che il Nuovo Testamento chiama «il mondo» voltarono le spalle alloro Creatore. In tal modo il peccato fece il suo ingresso nel mondo (Genesi 3,1-11,32; Romani 5,12). Dio, tuttavia, lo amava a tal punto da inviare il suo Figlio unigenito (Giovanni 3,16). Questo Figlio di Dio preesistente al creato entrò nella storia degli uomini facendosi carne (Giovanni 1,14). È interessante il fatto che i resoconti neotestamentari di questo evento non si aprano tutti con il medesimo tono nel riferire gli inizi della narrazione; solo Giovanni afferma a chiare lettere la preesistenza di Gesù. Il Vangelo di Marco non lascia intendere che Gesù fosse l'incarnazione di un Figlio preesistente; Matteo 1-2 e Luca 1-2 parlano di nascita, come risultato comunque dell'intervento dello Spirito di Dio. Solo il Vangelo di Giovanni presenta l'ingresso di Gesù nella storia dell' uomo come l'incarnazione del Verbo di Dio che esisteva prima del tempo nell'unione con Dio (Giovanni 1,1-2, 14).
     Per tutto il Nuovo Testamento - da Paolo a Marco, da Matteo a Luca, fino a Giovanni e a documenti meno noti come la Prima Lettera di Pietro e la Lettera di Giacomo - un insieme convergente di narrazioni ci racconta come Gesù di Nazareth offrì all'umanità la possibilità di tornare in unione con Dio, all'insegna della pace e dell'amore, alla fine della storia dell'uomo. Nello sviluppare la concezione ebraica della storia, i cristiani credono che Dio in principio creò le cose in modo perfetto, e che quello stesso ordine e quella stessa bellezza verranno ripristinati alla fine dei tempi. Ma il periodo intermedio, tra la beatitudine originaria narrata nel libro della Genesi e la promessa di futura beatitudine richiamata in tutto il Vecchio e Nuovo Testamento, è stato comunque trasformato.
     Secondo il Nuovo Testamento e il resto dei documenti successivi, la morte e la resurrezione di Gesù hanno generato una «nuova creazione». Gli esseri umani non dovranno più attendere la fine dei tempi per vedere la restaurazione dell'ordine divino. A causa della morte e della resurrezione di Gesù, una primizia di vita e di libertà la si può scorgere nella comunità cristiana. La sperimentazione del battesimo nel Cristo Gesù e l'adesione a una comunità improntata alla fede precedono le promesse di Dio; i credenti, dunque, vivono nella gioiosa tensione tra il dono dell' «adesso» generato dalla vita, dagli insegnamenti, dalla morte e dalla resurrezione di Gesù e la speranza imperitura riposta nella promessa divina di beatitudine finale.
    Esistono, naturalmente, molte varianti a questa affermazione centrale della fede cristiana. Nel senso migliore della parola storia, questa storia cristiana (la descrizione dell'agire di Dio che non può sperare di sviscerare i fatti fino in fondo, ma che rende testimonianza della verità attraverso la loro narrazione) è fonte di fede, amore e speranza per milioni di persone. Eppure una piccola, ma estremamente loquace, schiera di seri studiosi - molti dei quali lavorano in importanti istituzioni accademiche, alcune delle quali esistono proprio perché i loro fonda tori desideravano meditare seriamente sulla storia del cristianesimo - si è messa all'opera per demolirla. Gli sforzi per minare la tradizione cristiana - per dimostrarne la falsità, senza alcun fondamento nei fatti o nella ragione - non rappresentano una novità. Ciò che è interessante negli attuali tentativi è la loro base accademica. Da qualche decina di anni, negli Stati Uniti d'America, il Jesus Seminar sta cercando di individuare un metodo scientifico che stabilisca, sulla base di rigorosi criteri accademici, una versione dei fatti sulla persona, sul messaggio, sulla morte e sulla resurrezione di Gesù.
     Non è questa la sede per metterne alla prova i metodi, ma dovremmo comunque prendere atto di dove si è spinto questo gruppo. La storia del cristianesimo, come abbiamo sottolineato, si basa su ciò che chiamiamo i vangeli canonici: Matteo, Marco, Luca e Giovanni. Secondo il Jesus Seminar, tali documenti sono stati così influenzati dalle costruzioni teologiche della chiesa delle origini che sono praticamente inservibili. Il rilievo non è nuovo; la cosiddetta critica delle forme dei primi decenni del XX secolo considerava i vangeli canonici storicamente inaffidabili. La novità riguardo al Jesus Seminar, e ai suoi seguaci, è la velleità di rimpiazzare i vangeli tradizionali con un documento ipotetico noto come Q*(* Probabilmente dal tedesco Quelle, ossia «fonte» - N.d.t. ) e con il Vangelo di Tomaso, composto nel II secolo.
     Dunque, i vangeli, per come li conosciamo, dovrebbe-ro essere messi da parte; e noi dovremmo concentrare la nostra attenzione sulla supposta ricostruzione di un documento precedente a Luca e a Matteo, che venne utilizzato da entrambi. I membri del Jesus Seminar proclamano di essere in grado di individuare lo sviluppo storico di Q, le sue tendenze teologiche e la comunità che lo produsse. Hanno persino pubblicato quella che definiscono un'edizione critica di Q. Una nuova definizione di edizione critica ha fatto il suo ingresso in ambito accademico. Non si tratta più della creazione di un' edizione basata sulla lettura critica delle edizioni presistenti, quanto di uno studio comparato di ciò che gli esperti affermano su un documento che non possediamo. Il Vangelo di Tomaso, che riflette tendenze gnostiche del II secolo, nondimeno viene ritenuto storicamente più fondato di Matteo, Marco, Luca e Giovanni, tutti composti tra il 70 e il 100 d.C. e basati su tradizioni precedenti. L'opera di Dio in e attraverso Gesù Cristo, così come viene riferita nella tradizione evangelica, dovrebbe per ora essere accantonata, nel momento in cui veniamo a scoprire che cosa disse e fece veramente Gesù, e che cosa accadde veramente nel momento della sua morte.
    Un'ulteriore importante iniziativa accademica è emersa in seguito alla scoperta di una biblioteca degli gnostici nell'Alto Egitto, in una località denominata Nag Hammadi. Prima della scoperta, le nostre conoscenze riguardo allo gnosticismo, una varietà di cristianesimo che fiorì in forme variegate dal II al IV secolo, ci erano giunte dalla corrente principale del cristianesimo che faceva capo ai padri della chiesa. Le opere dei padri cofutavano i testi gnostici, offrendone ampie citazioni. Ora
disponiamo di documenti gnostici di prima mano (benché si tratti generalmente di traduzioni copte dall' originale greco). Esisteva dunque una vasta gamma di interpretazioni della vicenda di Cristo e una certa varietà di modi in cui era vissuta la vita cristiana. Questa importante e provvida scoperta merita tutta l'attenzione e il rispetto degli esperti. Tuttavia - e questo aspetto viene approfondito nel prosieguo del libro - parecchi distinti studiosi ci danno ad intendere che la storia del cristianesimo, amata da milioni di credenti, è stata imposta alla chiesa cristiana dalle autorità imperiale ed ecclesiastica. In altre parole, per almeno duemila anni, i cristiani sono stati trattati come funghi coltivati in serra. Se si vuole che i funghi crescano bisogna lasciarli al buio e alimentarli con materiali di scarto. Il ritorno a una base storica più fondata (il Jesus Seminar) e l'ammissione che il cristianesimo dei primi secoli presentava una varietà di aspetti non individuabili nella chiesa contemporanea (studi gnostici) produrrà una migliore conoscenza di quello che la chiesa cristiana è e dovrebbe essere. La fede di milioni di persone è il risultato del fatto che sono state nutrite con della spazzatura.
    Buon ultimo, in mezzo a tutto questo fervore di attività accademiche, arriva Il codice da Vinci di Dan Brown. Mi è piaciuto! L'ho letto d'un fiato da cima a fondo, durante un volo da Newark a San Francisco. Ma, tra le righe, sono riuscito a leggere in sottofondo il dibattito accademico che ho qui delineato. A quel bailamme, Brown aggiunge ulteriori ipotesi, riprese da un libro di qualche anno fa, Holy Blood, Holy Grail (ed. it. Il Santo Graal, Milano 1982). Quel volume descrive una società occulta, originatasi all'epoca delle crociate, che possedeva informazioni segrete su Maria Maddalena e sui suoi rapporti con Gesù. Un' associazione cattolica, di recente costituzione, l'Opus Dei, aggiunge passione, violenza, segretezza e corruzione all'intreccio. Le società segrete vennero fondate in epoca medievale e sussistono tuttora. L'Opus Dei è un' organizzazione estremamente conservatrice nell'ambito della chiesa cattolica, fortemente appoggiata da papa Giovanni Paolo Il. Brown ha intrecciato elementi eterogenei - ricerche accademiche, illazioni riguardo all'operato di società segrete e l'Opus Dei in un ottimo thriller. Sorprende che il libro abbia catturato l'immaginazione di moltissimi lettori, che si chiedono se la storia del cristianesimo, così come l'ho delineata, è semplicemente il risultato dell' esercizio del potere da parte di un imperatore romano e dell'implacabile cancellazione delle voci dissidenti ad opera della chiesa cattolica allora in ascesa. Quando un libro genera un articolo di fondo su Newsweek (dicembre 2003) conquistandone la prima pagina, vuol dire che ha colpito l'immaginazione popolare e quindi richiede attenzione.
     Le tesi di Brown hanno scarsa credibilità, se non nessuna. Mi rendo conto che la mia non è un' affermazione destinata a lusingare i più, ma bisogna essere onesti. È stato perciò un piacere scrivere la prefazione per questo ottimo studio di Darrell Bock. I problemi che ho sollevato sono ampiamente e adeguatamente trattati nel libro. Il professor Bock ed io ci siamo incontrati di recente. Lui è un illustre docente protestante del Nuovo Testamento. lo sono preside della facoltà di teologia e studi religiosi, oltre che docente di esegesi del Nuovo Testamento, presso una delle più prestigiose università cattoliche d'America. Gli studiosi dello gnosticismo del II secolo hanno insistito correttamente sulla necessità di ammettere che siano esistite diverse espressioni della fede cristiana che hanno dato vita a generazioni di credenti. Direi, anzi, che dovremmo accettare il fatto che nessun particolare «sistema» teologico o ecclesiale può esaurire la ricchezza della storia del cristianesimo. Il mio succinto riferimento alle differenze nell' esposizione dell' ingresso di Gesù nella storia dell' uomo in Marco, Matteo e Luca e poi in Giovanni è solo uno degli indizi fra i tanti che sussiste un certo grado di diversità nella proclamazione del messaggio cristiano fin dalle origini. Dal punto di vista della tradizione cattolica romana, sono lieto di unirmi alla tradizione protestante di Darrell per affermare che il «mito» presentato nel Codice da Vinci non si regge in piedi nel suo tentativo di detronizzare due millenni di storia del cristianesimo in merito a ciò che Dio ha fatto per noi attraverso Gesù Cristo. Darrell ha «violato» Il codice da Vinci. Spero che i più siano in grado di percepire l'apertura, e tuttavia l'onestà, delle pagine che seguono.

FRANCIS J. MOLONEY, salesiano e dottore in filosofia, preside della facoltà di teologia e studi religiosi e professore presso la fondazione Katherine Drexel Università Cattolica d'America Washington D.C. 2004

INDICE

Prefazione
Introduzione
Perché un'indagine di carattere storico su un libro di narrativa?

Codice 1 - Chi era Maria Maddalena?
Maria nel Nuovo Testamento
Maria Maddalena nel Nuovo Testamento
Maria Maddalena nei principali testi extrabiblici
Maria Maddalena era una prostituta?
Che cosa possiamo dire di Maria di Magdala?

Codice 2 - Gesù era sposato?
Uno sguardo alla pretesa secondo la quale Gesù era sposato
Gli argomenti a favore del celibato di Gesù
Che cosa si può dire in merito all'ipotesi che Gesù era sposato?

Codice 3 - Il fatto di essere celibe avrebbe messo Gesù in conflitto con la religione ebraica?
Altri testi ebraici sul celibato e sui
rapporti tra i sessi
Gesù, celibato e sessualità
Che cosa possiamo dire riguardo al celibato e alla sessualità di Gesù
Valutiamo attentamente dove ci conduce la nostra indagine

Codice 4 - I cosiddetti vangeli segreti o gnostici ci aiutano a capire Gesù?
Le credenze scoperte negli altri vangeli e nei testi relati
Gli attuali richiami a queste scritture
Che cosa possiamo dire dei vangeli segreti?

Codice 5 - Come furono assemblati i vangeli del Nuovo Testamento
La divinità di Gesù: accolta per convinzione o messa ai voti?
Il canone e la formazione del Nuovo Testamento
Che cosa possiamo dire dei quattro vangeli come parte del canone?

Codice 6 - Il ruolo onorato di apostolo di Maria Maddalena corrisponde alle pretese della «nuova» scuola?
Come viene usata Maria Maddalena: il nuovo codice dietro Il codice da Vinci
Uno sguardo innocente alla «nuova» scuola e alle sue rivendicazioni
Quale uso dovremmo fare delle scoperte dei nuovi vangeli
In che cosa concordano le nuove scritture e quelle canoniche
Maria e il primato delle donne
Che dire di Maria, l'apostolo degli apostoli?
Che cosa possiamo dire di Maria Maddalena e del ruolo dei sessi nella chiesa primitiva?

Codice 7 - Che cosa resta del Codice da Vinci?
La tesi della «grande congiura» nel Codice da Vinci
La scoperta delle carenze nelle tesi fondamentali del Codice da Vinci
Che dire di quello che resta del Codice da Vinci?
Che dire del codice dietro Il codice da Vinci e della nuova corrente accademica che lo alimenta
Perché infrangere Il codice da Vinci?

Codice 8 - Il vero codice di Gesù
Esaminando il codice della vita
Il divino codice di Gesù
Che cosa ci dice Maria Maddalena
Sull'autore
Ringraziamenti
Glossario

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IL CERVELLO INFINITO - Alle frontiere della neuroscienza: storie di persone che hanno cambiato il proprio cervello

RETROCOPERTINA

Nel corso dei miei viaggi ho incontrato uno scienziato che permetteva a persone non vedenti dalla nascita di iniziar a vedere; ho parlato con pazienti, dichiarati incurabili dopo aver subito un ictus decine di anni prima, che sono stati aiutati a guarIre con trattamenti neuroplastici; ho conosciuto persone che hanno superato disturbi dell' apprendimento e che hanno migliorato il proprio; ho raccolto prove secondo cui a ottant'anni è possibile rendere più vivace la memoria in modo che funzioni come a cinquantacinque.
Ho visto pazienti «ricablare» il loro cervello attraverso i pensieri, per risolvere traumi e ossessioni in precedenza considerati insuperabili. Ho discusso appassionatamente con dei premi Nobel su come dovremmo ripensare il nostro paradigma neurologico alla luce dell' evidenza che il cervello è in continua trasformazione.

PREFAZIONE

Il cervello umano è in grado di modificare se stesso: è questa la scoperta rivoluzionaria di cui tratta questo libro. Una tesi avvalorata dalle testimonianze di scienziati, medici e pazienti che insieme sono riusciti a produrre queste straordinarie trasformazioni: senza ricorrere a trattamenti chirurgici o farmacologici, si sono semplicemente affidati alla capacità, finora sconosciuta, del cervello di modificarsi. In alcuni casi si trattava di pazienti con problemi neurologici ritenuti incurabili, in altri di persone che non mostravano difficoltà specifiche ma che desideravano semplicemente migliorare il loro funzionamento cerebrale o preservarlo nel corso dell'invecchiamento. Per quattrocento anni una simile impresa è stata considerata inconcepibile: la medicina ufficiale e la scienza sostenevano la convinzione che l'anatomia del cervello fosse immutabile.
Era opinione comune che, dopo l'infanzia, il cervello sarebbe andato incontro solamente ai cambiamenti dovuti a un lungo processo di deterioramento, e che non sarebbe stato possibile sostituire le cellule cerebrali quando queste non si fossero sviluppate in modo appropriato, si fossero deteriorate o fossero morte. Si riteneva anche che il cervello non avrebbe potuto alterare la propria struttura e individuare una nuova modalità di funzionamento nel caso in cui una sua parte fosse danneggiata. La teoria di un cervello immutabile decretava che le persone nate con problemi neurologici o mentali, o che avessero subito danni cerebrali, sarebbero rimaste invalide o menomate per tutta la vita.
Il lavoro degli scienziati che si chiedevano se fosse possibile migliorare o mantenere in buona salute il cervello attraverso l'attività o l'esercizio mentale veniva considerato uno spreco di tempo. Nella nostra cultura si è radicato e quindi diffuso una sorta di nichilismo neurologico - l'impressione cioè che il trattamento di molti problemi cerebrali sia inefficace o persino privo di alcun fondamento - che impedisce anche alla nostra visione della natura umana di evolversi. Dal momento che il cervello non può cambiare, così anche la natura umana, che ha la propria origine dalla mente, sembrava altrettanto inalterabile.
La convinzione secondo cui il cervello non sarebbe stato in grado di modificarsi si basava su tre caposaldi: il fatto che i pazienti con danni cerebrali raramente vanno incontro a una guarigione completa; l'impossibilità di osservare a livello microscopico le attività del cervello in vivo; e infine l'idea - risalente ai primordi della scienza moderna - secondo cui il cervello è simile a una macchina stupefacente. E se da una parte le macchine fanno cose straordinarie, dall' altra non possono cambiare e crescere.
Iniziai a interessarmi all'idea di un cervello che si evolve a causa del mio lavoro di ricercatore in ambito psichiatrico e psicoanalitico. Quando i pazienti non vedevano i progressi psicologici sperati, spesso la spiegazione medica convenzionale era che i loro problemi erano «cablati» in un cervello immutabile. Il «cablaggio» era un' altra metafora che avvicinava il cervello alle macchine, in particolare all' hardware di un computer, con circuiti connessi in modo permanente, ciascuno progettato per svolgere una funzione specifica e immodificabile.
Quando seppi per la prima volta che il cervello poteva non essere cablato, non potei fare a meno di condurre personalmente delle ricerche e di valutare le evidenze empiriche. Tali ricerche mi tennero lontano dall' ambulatorio in cui lavoravo.
Così intrapresi diversi viaggi, durante i quali conobbi un gruppo di brillanti scienziati che, alle frontiere della neuroscienza, tra la fine degli anni Sessanta e l'inizio dei Settanta, erano giunti a una serie di scoperte inaspettate. Questi ricercatori mostrarono che il cervello modifica la propria struttura, a livello di ciascuna funzionalità specifica, perfezionando i propri circuiti in modo da adattarli più efficacemente al compito da svolgere di volta in volta. Se alcune «componenti» subivano un danno, in determinate circostanze altre avrebbero potuto sostituirle. La metafora della macchina, che vedeva nel cervello un organo dotato di componenti specializzate, non avrebbe potuto spiegare fino in fondo i cambiamenti che gli scienzati stavano osservando. Per indicare questa proprietà fondamentale del cervello si introdusse il termine di «neuroplasticità».
Neuro sta per «neuroni», le cellule che compongono il cervello e il sistema nervoso umano. Plastico sta per «modificabile, flessibile, mutevole». All'inizio molti scienziati non osavano utilizzare il termine «neuroplasticità» nelle loro pubblicazioni, e il fatto che sostenessero una nozione tanto fantasiosa non era visto di buon occhio dai loro colleghi. Nonostante ciò quei ricercatori non desistettero e ottennero un graduale capovolgimento della dottrina del cervello immutabile. Mostrarono che i bambini non sempre sono legati alle abilità mentali di cui dispongono fin dalla nascita; che un cervello danneggiato spesso può riorganizzarsi in modo che, quando una parte smette di funzionare, un' altra la sostituisce; che talvolta, quando muoiono, le cellule cerebrali pos- sono essere sostituite; che molti« circuiti», e persino riflessi fondamentali che pensiamo siano «cablati», non lo sono affatto.
Uno di quei ricercatori arrivò a mostrare che il pensiero, l'apprendimento e l'azione possono «attivare» o «disattivare» i geni, modellando così l'anatomia cerebrale e il nostro comportamento. Si tratta senza dubbio di una delle scoperte più straordinarie del Novecento.
Nel corso dei miei viaggi ho incontrato uno scienziato che permetteva a persone non vedenti dalla nascita di iniziare a vedere; ho parlato con pazienti, dichiarati incurabili dopo aver subito un ictus decine di anni prima, che sono stati aiutati a guarire con trattamenti neuroplastici; ho conosciuto persone che hanno superato disturbi dell' apprendimento e che hanno migliorato il proprio QI (quoziente d'intelligenza); ho raccolto evidenze secondo cui a ottant' anni è possibile rendere più vivace la memoria in modo che funzioni come a cinquantacinque. Ho visto pazienti «ri-cablare» il loro cervello attraverso i pensieri, per risolvere traumi e ossessioni in precedenza considerati insuperabili. Ho discusso appassionatamente con dei premi Nobel su come dovremmo ripensare il nostro paradigma neurologico alla luce dell'evidenza che il cervello è in continua trasformazione.
L'idea che il cervello possa modificare la propria struttura e le proprie funzioni attraverso il pensiero e l'attività è, credo, il cambiamento di prospettiva più importante da quando abbiamo iniziato a tratteggiarne l'anatomia e il funzionamento della sua unità di base, il neurone. Come tutte le rivoluzioni, anche questa avrà profonde ripercussioni, e il libro che state leggendo, come spero, contribuirà a mostrarne alcune.
La rivoluzione neuroplastica gioca un ruolo importante nella comprensione di come l'amore, il sesso, il dolore, le relazioni, l'apprendimento, le dipendenze, la cultura, la tecnologia e le psicoterapie modificano il cervello umano. Nella misura in cui affrontano il tema della natura umana, sono coinvolte le discipline umanistiche, le scienze sociali e quelle empiriche, così come ogni forma di apprendimento. Tutte queste discipline dovranno tenere conto del fatto che il cervello modifica se stesso e che l'architettura cerebrale differisce da un individuo all' altro e si modifica nel corso della vita di ognuno.
D'altra parte la nozione di neuroplasticità presenta dei risvolti negativi, dato che presenta il cervello non solo come più ricco di risorse, ma anche maggiormente vulnerabile alle influenze esterne. La neuroplasticità ha il potere di produrre comportamenti più flessibili ma anche più rigidi: è un fenomeno che chiamo «paradosso plastico». Ironicamente, alcuni dei nostri disturbi e delle nostre abitudini più radicate sono una conseguenza di tale plasticità. Una volta che un particolare cambiamento plastico si verifica e quindi si stabilizza, può impedire che accadano altri
cambiamenti. È attraverso la comprensione degli effetti positivi e negativi della neuroplasticità che possiamo capire davvero fin dove si estendano le possibilità umane.
Dato che un termine nuovo è utile a chi pratica una disciplina nuova, vorrei chiamare «neurologi dinamici» gli studiosi che si occupano di questa nuova scienza del cervello e delle sue trasformazioni.
Ciò che segue è il racconto dei miei incontri con quegli studiosi e con i pazienti che hanno aiutato a cambiare.

INDICE

Prefazione

1. Una donna in perenne caduta ...
salvata dall' uomo che scoprì la plasticità
dei nostri sensi

2. Costruirsi un cervello migliore
Una donna considerata «ritardata» scopre come guarire se stessa

3. Rimodellare il cervello
Come uno scienziato trasforma il cervello per migliorare la percezione e la memoria, aumentare la rapidità di pensiero e per risolvere i problemi dell'apprendimento

4. Acquisire gusti e passioni
Cosa può insegnarci la neuroplasticità a proposito dell' attrazione sessuale e dell'amore

5. Sconfiggere l'oscurità
Come le vittime di ictus imparano a muoversi e a parlare di nuovo

6. Sbloccare il cervello
Come usare la plasticità per fermare ansie, ossessioni, compulsioni e cattive abitudini

7. Dolore
Il lato oscuro della plasticità

8. Immaginazione
Come il pensiero rende le cose reali

9. Trasformare i nostri fantasmi in antenati
La psicoanalisi come terapia neuroplastica

10. Ringiovanire
La scoperta delle cellule staminali neuronali, e qualche consiglio per mantenere giovane il cervello

11. Più della somma delle parti
Una donna ci mostra quanto il cervello possa essere profondamente plastico

Appendice 1.
Il cervello culturalmente modificato

Appendice 2.
La plasticità e l'idea di progresso

Ringraziamenti

Note

Indice analitico

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IL CANONE DELLE SCRITTURE


RETROCOPERTINA

In che modo i libri della Bibbia sono stati riconosciuti come documenti della rivelazione divina? Chi a ha deciso quale struttura il canone dovesse avere? Quali criteri influenzarono tali decisioni?
Dopo circa diciannove secoli il canone della Scrittura rimane un argomento dibattuto. Protestanti, cattolici, e ortodossi hanno collezioni di testi che divergono tra loro seppur di poco. Lutero, una delle figure preminenti della Riforma, avanzò dei dubbi sull'inclusione della Lettura di Giacomo e nel corso degli anni gli studiosi hanno poi sollevato numerose altre questioni riguardanti il canone. Molti cristiani oggi, mentre confessano l'autorità di tutte le scritture, sembrano fare affidamento solo su pochi libri e temi particolari ignorando completamente il resto.
In questo significativo studio, Bruce, grazie alla conoscenza derivatagli da anni di riflessione e interpretazione biblica, risponde a queste domande e dissipa la confusione che circonda il canone delle Scritture.
Sebbene molte cose siano cambiate dalla sua prima pubblicazione, questo libro rimane una pietra miliare nella critica biblica.
Il canone delle Scritture è stato premiato nel 1990 con due Christianity Today Awards e nel 1989 con L'ECPA Christian Book Award.

PREFAZIONE

Durante i miei anni di insegnamento all'Università di Manchester ho tenuto, ad anni alterni, lezioni sul testo e sul canone dell' Antico e del Nuovo Testamento. Le mie lezioni riguardanti il testo, spero; abbiano risposto ai bisogni degli studenti che frequentarono quei corsi ma non richiedono ulteriori pubblicazioni. L'argomento del canone biblico, invece, continua a vedermi impegnato, sia per ciò che concerne l'aspetto storico sia per quel che riguarda la sua rilevanza oggi.
Sarà chiaro, da quanto seguirà, il mio maggior coinvolgimento nello studio del canone neotestamentario rispetto a quello veterotestamentario. Il collasso del secolare consenso sul canone dell'Antico Testamento - vale a dire, sul processo di canonizzazione indicato dalla triplice divisione dei libri nella Bibbia ebraica - è stato sottolineato in due importanti opere di recente pubblicazione: The Old Testament Canon of the New Testament Church di Roger Beckwitt e Oracles of God di John Barton. Sono stati fatti degli attacchi anche al canone del Nuovo Testamento, cioè quello la cui struttura principale venne sostanzialmente fissata dalla fine del secondo secolo. Tuttavia, esso continua a rimanere valido perché supportato da pesanti evidenze, come mostrato nell' ottimo lavoro di Metzger, The Canon of the New Testament. Quando, però, il consenso generale subisce degli attacchi è necessario riesaminare attentamente la questione e ciò è sempre positivo: non ha senso fingere di sapere più di quanto sappiamo in realtà.
Considerando le opere appena citate ci si potrebbe chiedere: «Perché scrivere un altro libro sull' argomento?». Probabilmente perché 1'autore sentiva il bisogno di dire la propria o piuttosto, si potrebbe giustificare la pubblicazione come un tentativo di comunicare lo stato attuale degli studi a un pubblico più ampio.
Sono molto grato all'Università di Londra e alla Epworth Review per avermi concesso di inserire come appendici i miei interventi in occasione della conferenza Ethel M. Wood (1974) e di quella tenuta per il memoriale del prof. Peake (1976).
Fu il mio stimato insegnante, Alexander Souter, professore emerito di Discipline Umanistiche dell'Università di Aberdeen, ad introdurmi per primo a questo argomento attraverso la prima edizione di The Text and the Canon of the New Testament. Il mio debito nei suoi confronti, verso il Dipartimento da lui presieduto egregiamente e il Dipartimento di Greco, è riconosciuto nella mia dedica.
F. F. Bruce

INTRODUZIONE

1. Le Sacre Scritture

La parola «canone»

Quando parliamo di canone della Scrittura, la parola «canone» ha un significato semplice. Essa indica l'elenco dei libri contenuti nella Scrittura, dichiarati degni di essere inclusi nei sacri testi di una comunità di adorazione. Nel contesto cristiano, possiamo definire la parola come «la lista dei testi riconosciuti dalla Chiesa come documenti della rivelazione divina».1 La parola appare essere usata in questo senso per la prima volta da Atanasio, vescovo di Alessandria, in una lettera messa in circolazione nell'anno 367 d.C.2
Il termine «canone» è giunto nel nostro linguaggio (attraverso il latino) dalla parola greca kanon3 In greco significa bastone, in special modo un bastone usato come metro; da questo uso proviene 1'altro significato che la parola porta comunemente con sé: «metro», «modello». Si parla, per esempio, del canone o delle leggi della Costituzione italiana. Un bastone diritto usato come un metro può avere dei segni di unità di misura (come una moderna riga che è divisa in centimetri o in pollici); da questa pratica la parola greca ha cominciato a essere usata per indicare il susseguirsi di questi segni, e quindi a essere utilizzata nel significato generico di «serie» o «lista». È quest'ultimo uso della parola che soggiace all'espressione «canone della Scrittura».
Prima che la parola «canone» venisse usata nel significato di «lista», fu impiegata in un' altra accezione dalla chiesa: nell'espressione «regola di fede» o «regola di verità».4 Nei primi secoli dell'era cristiana ciò indicava il sommario dell'insegnamento cristiano, ovvero ciò che si credeva riproducesse l'insegnamento stesso degli apostoli, per mezzo del quale ogni sistema dottrinale sottoposto all' accoglienza dei cristiani, o qualunque interpretazione degli scritti biblici, doveva essere valutato. Ma, una volta che i limiti della Sacra Scrittura cominciarono a essere in genere convenuti, la Sacra Scrittura stessa venne considerata come la regola di fede. Per esempio, Tommaso d'Aquino (1225-1274) disse che: «La scrittura canonica soltanto è la regola di fede». Da un'altra prospettiva teologica la Confessione di Fede di Westminster (1647), dopo aver elencato i sessantasei libri dell' Antico e del Nuovo Testamento, aggiunge: «I quali tutti sono dati per ispirazione da Dio, per essere la regola della fede e della vita».5 Queste parole affermano lo stato della Sacra Scrittura come «canone» o «modello» attraverso il quale devono essere regolati l'insegnamento e la prassi cristiana. Mentre il «canone» biblico significa la lista dei libri accettati come Sacra Scrittura, l'altro senso della parola «canone» - metro o modello - è stato inglobato in quest'ultimo, cosicché il «canone» della Scrittura è inteso essere la lista dei libri riconosciuti, in un senso unico, quali metro di misura del credo e della prassi.
La domanda da esaminare nelle pagine seguenti è: come hanno potuto certi documenti, e soltanto questi, ricevere un tale riconoscimento? Chi, se mai qualcuno, ha deciso che questi, e non altri, dovessero essere ammessi nella lista dei libri della Sacra Scrittura, e, quali furono i criteri che influenzarono questa decisione?

Il popolo del libro

Molte religioni hanno dei testi sacri associati sia alle loro tradizioni sia alloro culto. Celebre in passato la serie di volumi intitolata The Sacred Books of the East [I testi sacri orientali].6 Tuttavia i giudei, i cristiani e i musulmani sono conosciuti come «popoli del libro» in un senso speciale. Questa è una designazione data nel corano, più e più volte agli ebrei e ai cristiani. Tra i «popoli del libro», il testo sacro ha una funzione regolatrice: la conformità a ciò che il libro prescrive è un'importante prova della lealtà alla loro fede e pratica religiosa.

Per gli ebrei il «libro» è la Bibbia ebraica, comprendente la Legge, i Profeti e gli Scritti (dalle iniziali di queste tre sezioni nella Bibbia ebraica spesso tra i giudei ci si riferisce ad essa come alla TeNaKh).7 Per i cristiani è la Bibbia ebraica, che essi chiamano Antico Testamento (ampliato un po' in certe tradizioni cristiane),8 insieme al Nuovo Testamento. I musulmani riconoscono la Bibbia ebraica, la tawrat (termine arabo equivalente all'ebraico toriih, «legge»), e il Nuovo Testamento cristiano, lo injrl (dal greco euangelion, «vangelo»), come rivelazioni antiche di Dio, ma queste trovano il loro completamento nella rivelazione data attraverso il profeta, il Qur' an (letteralmente «narrazione» o «lettura»), il "libro" per eccellenza.

I due Testamenti

Il nostro interesse qui è rivolto alla Bibbia cristiana, comprendente 1'Antico e il Nuovo Testamento. In italiano la parola «testamento» generalmente denota un volere (ede ultime volontà o il testamento» di qualcuno); ma questo non è il significato con cui è impiegata per le due parti della Bibbia cristiana. La nostra parola «testamento» deriva dal latino testamentum, che similmente significa un volere, ma in questo particolare contesto il termine latino è usato come traduzione della parola greca diatheke. Quest'ultima può sì significare una volontà espressa.9 ma è usata in maniera più ampia per indicare vari tipi di accomodamento o di accordo, non tanto uno stipulato tra eguali quanto un accordo in cui una parte, superiore in potere o in dignità, conferisce certi privilegi a una parte inferiore, mentre la parte inferiore si fa carico di certi obblighi nei confronti della parte superiore. li termine ricorre nell'Antico e nel Nuovo Testamento, sia nella traduzione in greco della Bibbia ebraica sia nel greco originale del Nuovo Testamento. È solitamente reso dalla nostra parola «patto», e il suo uso più distintivo fa riferimento a un patto tra Dio e gli esseri umani. In questo caso, ovviamente, non c'è possibilità di un accordo tra eguali.
Nei più antichi libri dell'Antico Testamento Dio fa un patto con Noè e con i suoi discendenti (Gen 9:8-17), e nuovamente con Abraamo e i suoi discendenti (Gen 15:18, 17:1-4). li segno esteriore del patto con Noè fu l'arcobaleno; il segno esteriore del patto con Abraamo fu il rito della circoncisione.
In seguito, quando i discendenti di Abraamo (o perlomeno un gruppo importante fra loro) migrarono in Egitto e quivi furono costretti alla schiavitù, Dio si ricordò del patto stipulato con Abraamo e portò a compimento la loro liberazione. Dopo aver lasciato l'Egitto sotto la guida di Mosè, furono costituiti come nazione nel deserto del Sinai. La loro costituzione nazionale prese la forma di un patto che il Dio dei loro padri stipulò con loro, facendosi conoscere con il nome di YHWH.10 I termini di questo patto erano, molto semplicemente: «lo sarò vostro Dio e voi sarete mio popolo». YHWH si impegnò a prendersi cura di loro in diversi modi; essi si impegnarono ad adorare lui soltanto e a ubbidire ai suoi comandamenti. Questi obblighi furono registrati in un documento chiamato «il libro del patto». Secondo la narrazione di Esodo 24:4-8:

Mosè scrisse tutte le parole del SIGNORE. Poi si alzò la mattina presto e costruì ai piedi del monte un altare e dodici pietre per le dodici tribù d'Israele. Mandò dei giovani israeliti a offrire olocausti e a immolare tori come sacrifici di riconoscenza al SIGNORE. Mosè prese metà del sangue e la mise in catini; l'altra metà la sparse sull' altare. Poi prese il libro del patto e lo lesse in presenza del popolo, il quale disse: «Noi faremo tutto quello che il SIGNORE ha detto e ubbidiremo». Allora Mosè prese il sangue, ne asperse il popolo e disse: «Ecco il sangue del patto che il SIGNORE ha fatto con voi sul fondamento di tutte queste parole».

Questa narrazione è riassunta nel Nuovo Testamento, in Ebrei 9:18-20, dove il patto così ratificato è qualificato come «il primo patto». Questo perché l'autore di Ebrei lo pone in contrasto con il «nuovo patto» promesso in Geremia 31 :31- 34. A seicento anni di distanza dal patto stipulato con Mosè ai piedi del monte Sinai, il profeta Geremia annunciò che, nei giorni a venire, il Dio di Israele avrebbe stabilito un nuovo patto con il suo popolo per rimpiazzare quello che egli fece con la generazione dell' esodo quando li prese «per mano per condurli fuori dal paese d'Egitto» (Ger 31 :31- 34). Quel patto antico metteva loro in chiaro il volere divino, ma non impartiva la forza per adempierlo. Sotto il nuovo patto, invece, non solo il desiderio, ma anche la forza per compiere il volere di Dio sarebbe stata dispensata al suo popolo: la sua legge sarebbe stata posta nel loro intimo e scritta sui loro cuori. «Dicendo un nuovo patto» scrive l'autore di Ebrei, «egli ha dichiarato antico il primo» (Eb 8: 13). Ed egli non lascia i suoi lettori nel dubbio: il nuovo patto è già stato stabilito, ratificato non dal sangue di animali sacrificali ma dal sangue di Cristo, un sacrificio i cui effetti non consistono soltanto in una purificazione esteriore dalla contaminazione rituale, ma piuttosto nella purificazione interiore della coscienza dalla colpa.
Questa interpretazione della promessa del nuovo patto è pienamente in linea con le parole stesse di Gesù. Nella sera precedente la sua morte, mentre sedeva con i suoi discepoli intorno alla tavola della cena, egli diede loro il pane e il vino come memoriali di se stesso. Quando diede loro il vino, secondo quanto riportato da Marco, egli disse: «Questo è il mio sangue, il sangue del patto, che è sparso per molti» (Mc 14:24). Difficile non notare l'eco delle parole di Mosè: «Ecco il sangue del patto ...». È sottointeso che il patto associato al sangue di Gesù O' offerta volontaria di se stesso) coincida con il nuovo patto di cui parla Geremia; l'implicazione è esplicita nelle parole di Paolo: «Questo calice è il nuovo patto nel mio sangue» (1 Cor 11 :25).11
Ognuno di questi patti - quello antico del Sinai e il nuovo inaugurato da Gesù - diedero il via a un grande movimento spirituale. Ognuno di essi fece fiorire uno speciale corpus letterario, i quali furono poi conosciuti nella chiesa cristiana come «il libro dell'antico patto» e «il libro del nuovo patto». La prima raccolta venne all'esistenza in un periodo di mille anni o oltre; la seconda ha un carattere più inaugurale. Le sue varie parti furono composte entro un secolo dalla ratificazione del nuovo patto; essi possono essere considerati come i documenti fondanti della cristianità. Fu solo alla fine del II secolo d.C. che le due collezioni cominciarono a essere descritte come l'Antico Patto (o Testamento) e il Nuovo Patto (o Testamento). Questi titoli furono attestati quasi contemporaneamente sia in greco sia in latino: in greco, nelle opere di Clemente d'Alessandria,12 in latino, nell' opera di Tertulliano di Cartagine.13
È stato suggerito che l'espressione «il Nuovo Patto (o Testamento)» fu usata per prima per denotare una raccolta di libri nell'anno 192 d.C., in un'opera antimontanista in greco composta da un autore ignoto, indirizzata al vescovo della Frigia Avircio14 Marcello, da cui Eusebio cita alcuni passi. Quest' opera parla della «... parola del Nuovo Testamento evangelico, alla quale chi ha scelto di vivere secondo il Vangelo non può aggiungere o togliere niente».15 È improbabile, tuttavia, che questo sia un riferimento al Nuovo Testamento nel senso odierno del termine;16 l'anonimo autore è un pò disturbato dalla possibilità che il suo stesso lavoro possa essere visto come un'aggiunta alla «parola del Nuovo Testamento evangelico».

Un canone chiuso

Le parole «alla quale ... non può aggiungere o togliere niente», qualunque cosa possano significare in questo contesto, sembrano certamente implicare il principio di un canone chiuso. Secondo alcuni studiosi la parola «canone» dovrebbe essere usata soltanto là dove la lista dei libri dotati di speciale autorità sia da ritenersi chiusa; e c'è molto da dire ancora in favore di questo uso restrittivo della parola (una parola più flessibile potrebbe essere usata per la collezione durante la fase di formazione), benché potrebbe essere pedante insistere su essa in modo invariabile.
Un tale linguaggio circa il non aggiungere e il non togliere nulla è usato in relazione a singoli componenti dei due Testamenti. Alla legge che si trova in Deuteronomio è legato l'avvertimento: «Non aggiungerete nulla a ciò che io vi comando e non ne toglierete nulla» (Dt 4:2; cfr. 12:32). Un più ampio avvertimento è apposto al Nuovo Testamento: «lo lo dichiaro a chiunque ode le parole della profezia di questo libro: se qualcuno vi aggiunge qualcosa, Dio aggiungerà ai suoi mali i flagelli descritti in questo libro; se qualcuno toglie qualcosa dalle parole del libro di questa profezia, Dio gli toglierà la sua parte dall' albero della vita e della santa città che sono descritti in questo libro» (Ap 22:18-19).17
L'autore della Didacbè (un antico manuale di disciplina della chiesa) fa eco al monito di Deuteronomio quando dice: «Non abbandonerai i precetti del Signore, ma conserverai ciò che hai ricevuto, "senza aggiungere o togliere nulla?».18 Circa nello stesso periodo (fine del primo secolo d.C.) Giuseppe Flavio usa un linguaggio simile a proposito delle scritture ebraiche: «Pur essendo trascorso tanto tempo, nessuno ha osato aggiungere, togliere o modifìcare alcunché».19 Questo linguaggio difficilmente può voler significare altro se non un canone chiuso.20

Riconoscimento liturgico

Lo status delle Scritture è simbolicamente riconosciuto in varie tradizioni di liturgia pubblica. Una speciale venerazione è resa ai rotoli della legge durante il servizio in sinagoga mentre sono trasportati dalla sacra arca, dove sono custoditi, alla bimah, da dove sono letti alla congregazione. Nella liturgia della chiesa ortodossa il libro dell'angelo è portato in processione, e la sua lettura è preceduta dall'appello: «Sapienza! Tutti in piedi; ascoltiamo il vangelo». La venerazione così resa al libro del vangelo non è resa ai materiali di cui è fatto, ma alla Santa Sapienza che trova espressione nelle parole che vengono lette. Nella liturgia cattolica il vangelo è trattato con una simile venerazione e la lettura da esso è preceduta e seguita da preghiere speciali. Nel servizio di comunione della chiesa anglicana le persone si alzano mentre il vangelo viene letto, e quando viene annunciato essi solitamente dicono: «Gloria a Cristo nostro Salvatore», mentre alla conclusione della lettura, quando il lettore dice: «Questo è il Vangelo di Cristo», essi rispondono: «Lode a Cristo nostro Signore».
In chiese di tipo riformato (come la chiesa di Scozia e altre chiese presbiteriane in tutto il mondo) il primo atto formale in un servizio liturgico pubblico avviene quando la Bibbia dalla sagrestia viene portata nella sala e posta sul pulpito. Qualcuno, certamente, è incaricato di portarla (il sagrestano, forse, o «il funzionario di Chiesa»), ma tale persona non ha un'importanza liturgica (anche se, nei primi tempi, qualcuno pensò di «esaltare la propria funzione»); è la Bibbia che riveste un significato liturgico. La Bibbia è seguita a debita distanza dal ministro. Perché? Perché egli è il ministro - cioè, nel senso originale del termine, il «servitore» della Parola. Nessuna sigla indicante conseguimenti accademici o pubblico onore può eguagliare la dignità della sigla V. D. M., posta di seguito al nome del pastore in qualche chiesa riformata - « Verbi Divini Minister», «servitore della Parola di Dio». Quando durante il servizio viene il tempo della lettura pubblica della Bibbia, questo aspetto è sottolineato dall'esortazione introduttoria: «Ascoltiamo la Parola di Dio».
È dal contenuto, dal messaggio, del libro che ne deriva il suo valore, sia che pensiamo al Vangelo in particolare sia che pensiamo alla Bibbia nella sua totalità. È dunque importante conoscere quelli che sono i suoi contenuti, e come essi sono venuti ad essere distinti da altri scritti - anche se scritti sacri o ispirati. Questo è lo scopo dell' esaminare lo sviluppo del canone della Sacra Scrittura.

NOTE

1. R.P.C. Hanson, Origen's Doctrine of Tradition, Hanson Publisher, Londra, 1954, pp. 93, 133; cfr. il suo Tradition in the Early Church, Hanson Publisher, Londra, 1962, p. 247.

2. Cfr. pp. 65, 72, 73, 216 e seguenti.

3. Il termine greco probabilmente è stato preso in prestito da una parola di origine semitica che in ebraico figura come qaneb, «canna», «bastone». Probabilmente la stessa origine del termine latino canna.

4. Vedi pp. 152, 184.

5. Tommaso d'Aquino, Commento al Vangelo di San Giovanni, voll. 3, Città Nuova, Roma, 1992, p. 409ss., lezione 6 su Giovanni 21 (sola canonica scriptura est regula fidei, forse « ... una regola di fede»); Confessione di Fede di Westminster, 1.2.

6. I 55 volumi, in origine a cura di Friedrich Max Miiller, apparvero tra il 1879 e il 1924 (Oxford: Clarendon Press).

7. Questa parola è un acronimo, formato dalle lettere iniziali della Torah («legge», «istruzione»), N bi'im («profeti») e K tubim («scritti»), i nomi dati alle tre divisioni, (vd. p. 16).

8. Vd. pp. 37ss.

9. Vd. p. 186.

10. Vd. Es 3:7-l5.

11. Quella di Paolo è la più antica testimonianza scritta delle parole che Gesù pronunciò durante l'ultima cena (55 d.C.): essa riporta esattamente quanto appreso dall'apostolo dopo la sua conversione. Il resoconto di Marco (scritto all'incirca nel 65 d.C.) riporta le parole così come furono tramandate da un'altra linea di trasmissione.

12. Vd. p. 194.

13. Vd. p. 185.

14. Scritto anche Abercio (gr. Aberkios).

15. Eusebio, h.e. 5.16.3, trad. it. a cura di S. Borzì e F. Migliore, Storia Ecclesiastica, 2 voli., Città Nuova, Roma, 2005.

16. Al tempo stesso W.C. van Unnik afferma che questa potrebbe essere davvero la prima attestazione a noi giunta dell'espressione «Nuovo Patto» o «Nuovo Testamento» (gr. Kaine diathèkè}.


17. È irrilevante per gli scopi del presente lavoro se questo ammonimento provenga direttamente dal veggente di Patmos o da un redattore.

18. Did. 4.13., trad. it, a cura di S. Cimes e F. Moscatelli, Didachè: dottrina dei dodici apostoli, San Paolo, Roma, 2003.

19. Giuseppe Flavio, Ap. 1.42., trad. it. a cura di F. Calabi, Contro Apione, Marietti Editore, Genova, Milano, 2007, p. 69.

20. Vd. p. 19. Un linguaggio simile riguardante l'aggiungere o il togliere ricorre nella Lettera di Aristea, 311 (vd. p. 33), dove in seguito alla traduzione in greco del Pentateuco, l'autore pronuncia una maledizione contro chi «avesse apportato revisione di qualcosa che era scritto o con aggiunte o modifiche oppure operando espunzioni»; (trad. it. a cura di P. Sacchi, Apocrifi dell'Antico Testamento, Paideia, Brescia, 1997, p. 215); due volte anche in Ireneo (haer., 4.33.8; 5.30.1. trad. it. a cura di A. Cosentino, Contro le eresie, 2 voll., Città Nuova, Roma, 2009, p. 391) - nel secondo caso contro chi riduce il numero della bestia (Ap 13:18) di 50 così da leggere 616 (forse il primo, ma non di certo l'ultimo, travisamento dell'ammonimento di Apocalisse 22:15ss. a non esercitare con leggerezza una propria critica testuale). Vd. Anche Atanasio p. 71.

INDICE

Abbreviazioni
Prefazione

Parte I Introduzione
1. Le Sacre Scritture

Parte II Antico Testamento
2.La Legge e i Profeti
3.L'Antico Testamento in greco
4.L'Antico Testamento diventa un nuovo libro
5.Il canone cristiano dell'Antico Testamento In Oriente
6.Il canone cristiano dell'Antico Testamento Nell'Occidente latino
7.Prima e dopo la Riforma

Parte III Nuovo Testamento
8.Gli scritti della nuova era
9.Marcione
10. Valentino e la sua scuola
11. La risposta cattolica
12.Il frammento muratoriano
13.Ireneo, Ippolito, Novaziano
14.Tertulliano, Cipriano e altri
15.I padri alessandrini
16.Eusebio di Cesarea
17.Atanasio e oltre
18.L'Occidente nel IV secolo fino a Girolamo
19.Da Agostino alla fine del Medioevo
20.Il canone del Nuovo Testamento nell'era della stampa

Parte IV I Conclusione
21.Criteri di canonicità
22.Un canone dentro il canone?
23.Canone, critica e interpretazione

Appendice I - Il Vangelo "segreto" di Marco
Appendice II - Il Senso primario e senso plenario
Postfazione
Indice

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IL BATTESIMO DEI BAMBINI - Un'ipotesi sulle origini


RETROCOPERTINA

Ma i primi cristiani battezzavano i neonati? Nella letteratura paleocristiana non c'è alcuna evidenza diretta o indiretta di una simile pratica, almeno fmo al 180 d.C. Questo silenzio è coerente con le fonti evangeliche e la teologia originale? La prima chiara testimonianza scritta del battesimo dei bambini risale a Tertulliano ed è del 200 d.C.
Ma allora cosa accadde a ridosso del 180 d.C.? Ci fu una "rivoluzione teologica" sul significato del battesimo? E fu possibile solo nell'arco di un ventennio? O avvenne qualcosa in quegli anni che determinò un improvviso e rapido cambiamento di direzione e di prospettive?
L'autore, dopo un'attenta e approfondita ricognizione storica sulla letteratura cristiana di quel periodo, formula un'originale e ardita ipotesi che ha il suo fondamento in un evento verificatosi proprio negli anni della svolta.

L'ipotesi è suggestiva e sembra aprire una pista rilevante.
MASSIMO INTROVIGNE

Una tesi coraggiosa e innovativa che merita attenzione.
LOTHAR VOGEL

PRESENTAZIONE

Il passaggio dal battesimo di credenti confessanti a quello dei neonati costituisce una delle trasformazioni più importanti che si sono verificate nel corso della storia nei costumi e nella prassi religiosa del cristianesimo. Allo sfondo di questo sviluppo noi scorgiamo cambiamenti categoriali nella concezione del rapporto fra la dimensione personale della fede cristiana e il suo essere riparato in una realtà collettiva e sociale protettrice, rappresentata innanzitutto dalla familia (nel senso latino), ma anche dalla progressiva integrazione dei cristiani nella società dell'Impero romano. Questo tema acquisisce ancora maggiore attualità dal fatto che dal XVI secolo in poi ci sono chiese cristiane che sono ritornate al rigore dei tempi apostolici amministrando il battesimo esclusivamente ad adulti pronti a confessare pubblicamente il loro credo.
Dato che ogni chiesa che si vuol chiamare cristiana è tenuta ad attribuire al messaggio apostolico dell' evangelo una normatività teologica, la loro prassi rimane sempre un tipo di sfida per gli altri.
Questa tesi di laurea, elaborato nell' ambito degli studi di "Scienze bibliche e teologiche" presso la Facoltà valdese di teologia, si dedica interamente ai primi passi di questa trasformazione, ossia al dibattito circa la presenza di pedobattesimo già ai tempi apostolici e poi alle prime testimonianze esplicite di questa prassi, che sono databili all'incirca dall'anno 200 e risalgono a Tertulliano e alla "Tradizione apostolica" attribuita ad Ippolito.
Metodo-logicamente, Francesco Arduini fa un riesame dei testi classici presi in considerazione a questo proposito, analizzandoli molto attentamente nei loro contesti e nelle loro intenzioni comunicative ed arrivando così a valutazioni convincenti circa la possibilità di desumere da loro accenni alla prassi battesimale. Serve a un approfondimento di queste riflessioni la sua scelta di confrontare le visioni del battesimo con le relative concezioni di peccato. Mentre dal V secolo in poi la teologia cristiana è dominata dall' idea del peccato "ereditario", che esige e giustifica un battesimo dei neonati, gli scrittori ecclesiastici del periodo qui preso in esame fanno intravvedere una teologia dell'infanzia ancora molto diversa.

Per quanto concerne i risultati di questa ricerca, Francesco Arduini condivide il consenso quasi unisono secondo cui non è possibile rintracciare ai tempi apostolici un battesimo dei neonati, datando gli inizi di questa prassi a cavallo del 200. Ma perché il pedobattesimo fu introdotto proprio in questo periodo? Nel tentativo di rispondere a questa domanda la tesi di Francesco Arduini arriva alla sua maggiore originalità. Accanto ad argomenti generici come quelli della crescita del cristianesimo, della perdita del rigore originale e della trasformazione del posto delle comunità all'interno della società romana, egli introduce nel dibattito la "Peste antonina" che dal 165 al 180, ossia nel periodo immediatamente precedente, provocò la morte di un quarto o perfino un terzo degli abitanti, devastando in alcune regioni il 90% della popolazione.
Sotto le condizioni del tempo, contraddistinte sempre da un' alta mortalità infantile, la pandemia colpì innanzitutto i bambini, e questo fu probabilmente, secondo Arduini, l'''evento catalizzatore" che spinse, partendo da presupposti sociali e teologici già esistenti, le comunità cristiane a modificare la loro prassi battesimale, rassicurando la salvezza anche ai piccoli. La tesi coraggiosa e innovativa qui presentata merita attenzione, approfondimento e discussione critica. Non ci si può nascondere che finora il collegamento fra gli inizi del pedobattesimo e la Peste antonina si muove ancora su un livello ipotetico, dato che nessuna fonte letteraria esprime esplicitamente questo legame. Proprio allo scopo di poter dare inizio alla discussione critica di questa teoria molto interessante, la pubblicazione in stampa della tesi di Francesco Arduini sarebbe un evento molto auspicabile.

Lothar Vogel
Professore ordinario di Storia del Cristianesimo Facoltà Valdese di Teologia

INDICE

Abbreviazioni bibliche
Altre abbreviazioni
Presentazione
Prefazione
Ringraziamenti
Introduzione
La disputa sul pedobattesimo
L'analisi storica

Capitolo I
Agli inizi del II secolo
Didaché
Lettera di Barnaba
Pastore di Erma

Capitolo II
A metà del II secolo
Apologia di Aristide di Atene
Apologie di Giustino Martire

Capitolo III

Dalla fine del II all' inizio del III secolo
Contro le eresie, di Ireneo di Lione
Il passaggio al pedobattesimo
Il battesimo, di Tertulliano
Tradizione Apostolica, di Ippolito

Conclusione

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I TRE MONDI - E LA MIETUTURA DI QUESTO MONDO


I TRE MONDI
E LA MIETITURA
DI QUESTO
MONDO

3 Mondi

UNA BREVE REVISIONE DEL PIANO DI REDENZIONE
DELLA BIBBIA, CHE ATTRAVERSA TRE MONDI:
"IL MONDO CHE ERA", "IL MONDO CHE È ORA" E
"IL MONDO AVVENIRE"; CON LE EVIDENZE CHE ORA SIAMO NEL
"TEMPO DELLA MIETITURA",
O L’OPERA CONCLUSIVA DELL'ETÀ EVANGELICA.

"Ed io guardai, e vedi una nube bianca, e sulla nube seduto stava
qualcuno simile al Figlio dell’Uomo, avendo sulla sua testa una corona
dorata, e nella sua mano un falcetto affilato; e colui che sedeva sulla
nube lanciò il suo falcetto sulla terra, e la terra fu mietuta."
Rivelazione
14:14, 16.

"La mietitura è la fine dell’Età presente." Matteo 13:39.

Pubblicato da
Nelson H. Barbour
Charles T. Russell1
Copyright© 1877 - ROCHESTER, New York 1877

1 L’autore di questo libro fu N. H. Barbour, C. T. Russell ne finanziò solo la pubblicazione.

"IL MONDO CHE ERA"
"IL MONDO CHE È ORA"
"IL MONDO AVVENIRE"

3 Mondi1


RETROCOPERTINA

I Tre Mondi e la Mietitura di Questo Mondo, è una breve revisione del piano di redenzione della Bibbia che attraversa tre mondi: (1) "il mondo che era" (distrutto al Diluvio), (2) "il mondo che è ora" e (3) "il mondo avvenire" (o Nuovo Mondo). Vengono fornite prove cronologiche dalla Bibbia che ora siamo nel "tempo della mietitura", o nel tempo conclusivo dell'età evangelica. In questo libro, scritto nel 1877, basandosi sul capitolo 4 di Daniele, Barbour indicava con sorprendente accuratezza il 1914 quale anno della fine dei "tempi dei Gentili" (Luca 21:24). Mostrava che questo periodo di dominio delle nazioni era durato in tutto 2.520 anni, durante il quale le nazioni gentili o non giudaiche hanno dominato selvaggiamente la terra senza interferenza da parte del Regno di Dio, e che questo periodo era cominciato con la caduta del regno di Giuda per opera dei babilonesi nel 606 a.C.

In questo libro Nelson H. Barbour fornisce prove scritturali per credere che l’obiettivo del ritorno di Cristo non è quello di distruggere le famiglie della terra ma di benedirle, e che la sua seconda venuta a differenza della prima, non sarebbe stata nella carne ma nello spirito, e che sarebbe stata caratterizzata da una presenza invisibile non percepita dalle persone, proprio come disse Gesù quando paragonò i giorni del suo ritorno ai giorni di Noè.

Barbour credeva inoltre che la presenza invisibile di Cristo (o Parusia) fosse già iniziata nel 1874 e che da allora Cristo fosse presente nell'opera di mietitura per radunare il “grano” e la “zizzania”, prima dell'inizio dei "Tempi della restituzione di tutte le cose" (Atti 3:21).

Barbour non poteva credere in un Dio saggio e amorevole, che aveva permesso la caduta nel peccato dell'uomo per poi abbandonarlo al suo destino eterno. Al contrario, egli credeva che la caduta era stata consentita per uno scopo saggio, e che Dio ha un piano preciso per l'uomo in cui nulla è lasciato al caso o all'ignoranza.

Barbour fu l'autore di questo libro, mentre C. T. Russell ne finanziò la stampa. Esso segnò l'inizio della stretta collaborazione tra i due che durò alcuni anni, prima che divergenze dottrinali estranee al contenuto di questo libro spingessero Russell a separarsi definitivamente da lui.

PREFAZIONE

Nel proporre questo libro alle persone e alla Chiesa di Dio, lo scrittore, mentre dà credito liberamente del suo indebitamento per molti dei suoi più buoni pensieri ad amici della causa, è nondimeno consapevole della sua inabilità a fare giustizia ai grandi soggetti qui presentati. Se essi sono di alcun valore, la loro importanza dovrebbe coprirne le imperfezioni degli agenti usati nella loro disseminazione. Possa Dio nel suo amore infinito,
causare che il libro possa portare a termine il lavoro di condurre la Chiesa nella verità riguardo al piano di Redenzione della Bibbia, e alla Mietitura dell'Età Evangelica.
N. H. Barbour


BIOGRAFIA2

Nelson Barbur

Nelson H. Barbour nacque a Throopsville, New York, il 21 agosto 1824, e morì a Tacoma, Washington, il 30 agosto 1905.3Barbour era uno scrittore ed editore avventista molto influente, meglio conosciuto per la sua associazione e successiva opposizione a Charles Taze Russell.
Barbour era il figlio di David Barbour e il nipote di Friend Barbour. Sia la famiglia che i documenti ufficiali usano l'ortografia "Barbour" e il suo spelling alternativo "Barber".
Egli era legato a una serie di importanti newyorkesi tra cui Dio Lewis. Ha frequentato la Temple Hill Academy al Geneseo, New York, nel periodo 1839-1842. Mentre era al Temple Hill ha studiato anche come ministro episcopale metodista con un certo Anziano Ferris, forse William H. Ferris4
Barbour è stato introdotto al Millerismo5 attraverso gli sforzi di un certo signor Johnson che insegnava al Geneseo, nell'inverno del 1842. Barbour si associava con altri Milleriti che vivevano in quella zona. Tra questi Owen Crozier, William Marsh, e Daniel Cogswell. Cogswell sarebbe diventato un amico per tutta la vita così come Henry F. Hill. Cogswell sarebbe poi diventato presidente della Conferenza di New York della Chiesa Cristiana dell’Avvento. Hill invece sarebbe diventato un autore di spicco associato agli Avventisti Evangelici.
Gli Avventisti nella zona del Geneseo si riunivano a Springwater (N.Y.) per attendere la seconda venuta seconda venuta di Gesù nel 1843. La loro delusione fu molto profonda, e Barbour soffrì una crisi di fede. In seguito scrisse: "Abbiamo continuato a radunarci insieme fino all'autunno del 1844. Poi, come una zattera galleggiante in acque profonde scompare improvvisamente da sotto i piedi dei suoi occupanti, così scomparve la nostra piattaforma da sotto di noi, e così abbiamo cercato disperatamente la riva in ogni direzione; ma la nostra unità era ormai sparita, e, come uomini che stanno per affogare, ci siamo aggrappati a qualunque cosa."6
Barbour ha poi perseguito una carriera medica, diventando un medico elettricista, un terapeuta che curava le malattie attraverso l'applicazione della corrente elettrica, che a quel tempo era vista come una terapia valida.
In seguito partì per l'Australia alla ricerca di oro, per far ritorno via Londra nel 1859. Ci sono alcune prove che egli predicò in qualche occasione mentre si trovava in Australia.7 Una discussione avuta sulla nave con un ecclesiastico riattizzò il suo interesse nelle profezie bibliche. Rientrato egli consultò libri su temi profetici presso la Biblioteca British Library e si convinse che il 1873 avrebbe segnato il ritorno di Cristo, basandosi sulle idee già avanzate da altri fin da almeno il 1823. (Continua...)

NOTE

1 L’autore di questo libro fu N. H. Barbour, C. T. Russell ne finanziò solo la pubblicazione.
2 Fonte: Wikipedia, l’enciclopedia libera, in lingua inglese.
3 Una sua domanda di brevetto del 1870 dà come suo secondo nome Horatio. Il The New York Grave Index dà il suo nome per intero come Nelson Horatio Barbour. Il suo secondo nome compare nella Biblioteca del Congresso degli Stati Uniti come Omero (Homer). B. Woodcroft: Alphabetical Index of Patentees and Applicants of Patents for Invention for the year 1870, pag. 79. Schulz and deVienne: Nelson Barbour: The Millennium's Forgotten Prophet, 2009, pag. 4.
4 La probabile identità dell’Anziano Ferris con William H. Ferris è discussa in Schulz e de Vienne, Nelson Barbour: The Millennium's Forgotten Prophet, pag. 11-12.
5 [William Miller (Pittsfield, 15 febbraio 1782 – Hampton, 20 dicembre 1849) è stato un teologo e filosofo statunitense, ed è stato la figura più importante di quel filone escatologico cristiano che nel periodo 1830-1840 caratterizzò il fervore religioso degli Stati Uniti d'America, e che sarà conosciuto con il nome di Avventismo. In particolare, l'insieme dei suoi insegnamenti assumerà il nome di Millerismo, e i suoi seguaci sono conosciuti con il nome di milleriti. (Wikipedia). — N.d.A.].
6 Barbour, N. H.: Evidences for the Coming of the Lord in 1873, Or the Midnight Cry, anno 1871, pag. 26.
7 Barbour ha affermato di aver predicato in Australia in un'intervista stampata nella rivista Rochester Union and Advertiser. L'unica volta che è noto che egli sia stato in Australia è alla fine degli anni 1850.

INDICE

Tre Mondi
Biografia
Vengono quaranta anni di guai
Le Sette teste di Roma
Modalità del ritorno di Cristo
I Santi e gli Angeli
Nel Mondo avvenire — Ci riconosceremo l'un l'altro?
Il regno di Dio — Sarà visto dai Mortali?
Il naturale e lo spirituale
Sofisma
Il Piano di Redenzione
Il Giudizio — I santi saranno messi alla prova?
Cronologia biblica
“I Tempi dei Gentili”
Le due alleanze o economie, l’ebraica ed evangelica
Il Giubileo
Il luogo santo
La Risurrezione
Elia il profeta
La mietitura, il suo inizio e la sua fine
I cinque regni, e la loro localizzazione
L’Anticristo
Le sette trombe
I sette sigilli
Le sette ultime piaghe
La chiesa e il mondo
Una parabola
I duemilatrecento giorni
La questione orientale
“Babilonia è caduta”
Il regno di Dio
La bestia con due corna
La parabola delle dieci vergini
Le stesse chiese
Sommario
Note sulla Cronologia
Cosa faremo?

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I TESTIMONI DI GEOVA - Chi sono, come cambiano

RETROCOPERTINA

A differenza di altre realtà religiose di origine più recente, i Testimoni di Geova ci sono familiari. Bussano alla nostra porta, e crediamo di conoscerli. Le loro origini e la loro storia, tuttavia, presentano numerosi aspetti poco noti. La loro dottrina e la vita quotidiana non sono sempre presentate correttamente. Soprattutto, una serie di modifiche dottrinali e organizzative degli ultimi anni rendono inevitabilmente “datati” molti studi pubblicati negli anni precedenti.

Massimo Introvigne, uno dei più noti sociologi delle religioni su scala internazionale, presenta qui il risultato di una lunga ricerca e di anni di continua osservazione dei Testimoni di Geova, in uno studio in cui non mancano le novità e le sorprese. Introvigne mostra, inoltre come la crescita internazionale dei Testimoni di Geovar situi al cuore del dibattito sugli scenari religiosi contemporanei e come l'interpretazione di questa crescita si riveli decisiva per rispondere alla domanda sul ruolo e sul futuro delle religioni nelle società occidentali del XXl secolo.

PREFAZIONE

Se si considerano i soli cittadini italiani, con esclusione degli immigrati regolari e clandestini, i Testimoni di Geova rappresentano la seconda religione italiana, con una comunità di riferimento di circa 460.000 persone, anche se il modo di contare i Testimoni non è - come si vedrà - univoco. Non soltanto in Italia, Paese che pure è il primo in Europa e tra i primi nel mondo per percentuale di Testimoni di Geova sull'insieme della popolazione, molti s'interrogano su chi siano esattamente questi credenti caratterizzati da un particolare zelo missionario, che ci fermano per strada o bussano alle nostre porte. Le risposte apologetiche fornite dagli stessi Testimoni di Geova abbondano: si tratta infatti di una delle organizzazioni religiose più attive nello stampare e distribuire una ricca letteratura. E non mancano neppure opuscoli polemici da parte di oppositori. Rari invece sono i saggi di carattere storico o sociologico, I pochi che esistono sono "datati": dal momento che, come vedremo, i Testimoni di Geova sono passati negli ultimi decenni attraverso notevoli trasformazioni. La necessità di uno sguardo d'insieme aggiornato - insieme socio logico, storico e dottrinale - costituisce dunque oggi una priorità della ricerca in tema di minoranze religiose.

Vi è anche un' altra ragione per cui occuparsi dei Testimoni di Geova è importante e necessario. Da molti anni è in corso un'ampia discussione che investe tutte le scienze sociali delle religioni e che riguarda la secolarizzazione, il pluralismo religioso e il futuro stesso della religione in Occidente. Per ragioni che saranno ampiamente illustrate nel testo, i Testimoni di Geova sono divenuti in qualche modo il caso paradigmatico e la pietra di paragone su cui testare le diverse teorie sul ruolo della religione. Per questa ragione ho ritenuto opportuno aprire questo studio - che riprende, aggiornandoli, altri miei precedenti lavori - con un capitolo sui rapporti fra Testimoni di Geova e teorie sociologiche della religione, con particolare riguardo alla teoria detta della rational choice. Il lettore meno interessato alle teorie sociologiche potrà passare direttamente ai capitoli dal secondo in poi, che esaminano la storia, la dottrina e l'organizzazione dei Testimoni di Geova, non mancando di fare cenno alle controversie di cui sono stati e sono talora protagonisti. Un ritorno al primo capitolo sarà in seguito necessario per chi voglia apprezzare la portata delle considerazioni conclusive.

INDICE

Introduzione

1. Testimoni di Geova e rational choice

Continuità culturale, discontinuità e storia
Dottrina e profezia
Organizzazione e gerarchia

Demografia, socializzazione e contesto socio-religioso

2. Tra continuità e innovazione: Charles Taze Russell

Il retroterra avventista
Il mondo avventista dopo il 1844
Charles T. Russell: la formazione di un fondatore
Gli anni dell'autorevolezza

3. Joseph F. Rutherford: una promozione della discontinuità?

La formazione di Rutherford
Il conflitto per la successione di Russell
Il 1925: un caso di "sindrome di Festinger"?
Discontinuità culturale, continuità simbolica?
Rutherford di fronte al fascismo e al nazismo

4. Dopo Rutherford: alla ricerca di un "livello medio di tensione"
La successione di Rutherford
L'espansione mondiale
L'attesa del 1975
Il ruolo del dissenso
Le innovazioni degli anni Novanta

5. Fra purezza e pericolo: la dottrina
Il nome di Dio
Il ruolo di Gesù Cristo
Morte e risurrezione di Gesù
L'uomo
Il peccato originale
L'Organizzazione di Geova
La grande apostasia
La morale e i rapporti tra uomini e donne
Il rifiuto di usanze ritenute non bibliche
La questione del sangue
Sabato, battesimo e Cena del Signore
Gli "unti" e le "altre pecore"
La cronologia
L'attesa escatologica
Il Millennio
Le fine

6. Conversione e organizzazione
Conversione e socializzazione
La vita di congregazione
I responsabili e l'autorità

7. Testimoni di Geova, società e futuro?
Routinizzazione del carisma e riconfigurazione
Retrenchment e crescita
Sacra volta o magia del mercato?

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