ARTICOLI DI TUTTO IL NEGOZIO

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ARTICOLI DI TUTTO IL NEGOZIO (249)

FEDE E SCIENZA - La teoria del big bang e l'evoluzionismo darwiniano sono in contrasto con una visione religiosa della vita?


PREFAZIONE

Che senso ha tutto questo?
Richard Feynman

Perché esiste qualcosa anziché il nulla? Perché, in particolare, esiste l'universo? Da dove è venuto e dove sta andando, se sta andando da qualche parte? È di per sé la realtà ultima, dietro la quale non vi è nulla, oppure c'è qualcosa «al di là»? Possiamo- domandarci: "Che senso ha tutto questo?». Oppure aveva ragione Bertrand Russell quando disse: "L'universo esiste e basta»?
Questi interrogativi non hanno perduto nulla del loro potere di stimolare la fantasia umana. Spronati dal desiderio di scalare vette di conoscenza alte quanto l'Everest, gli scienziati ci hanno già fornito spiegazioni spettacolari riguardo alla natura dell'universo a cui apparteniamo. Alla scala dell'infinitamente grande, il telescopio spaziale Hubble trasmette immagini strabilianti dei cieli, dalla sua orbita in alto al di sopra dell' atmosfera. Su scala infinitamente piccola, il microscopio a scansione per effetto tunnel ci svela la biologia molecolare incredibilmente complessa del mondo vivente con le sue macromolecole ricche di informazioni e le sue fabbriche di proteine microminiaturizzate, la cui complessità e la cui precisione fanno sembrare grossolane in confronto perfino le più avanzate tecnologie umane.
Noi e l'universo, con la sua profusione di bellezza galattica e la sua inafferrabile complessità biologica, siamo forse soltanto prodotti di forze irrazionali che agiscono senza alcuna guida su materia ed energia brute, come ipotizzano i cosiddetti Nuovi Atei, guidati da Richard Dawkins? La vita umana è in definitiva soltanto una fra le tante disposizioni di atomi, certo improbabile ma nondimeno fortuita? In ogni caso, come potremmo noi essere in qualunque senso speciali, dato che ora sappiamo di abitare un minuscolo pianeta in orbita attorno a una stella piuttosto ordinaria, collocata su un braccio esterno di una galassia a spirale contenente miliardi di stelle simili, una galassia che è soltanto una fra miliardi di galassie distribuite in tutta la vastità dello spazio?
Per di più, sostengono alcuni, poiché certe proprietà basilari del nostro universo, come l'intensità delle forze fondamentali della natura e il numero di dimensioni spaziali e temporali osservabili, sono l'esito di effetti casuali che erano all'opera all'origine dell'universo, allora potrebbero sicuramente esserci altri universi con strutture molto differenti. Non potrebbe darsi che il nostro universo sia soltanto uno di una vasta schiera di universi paralleli, separati per sempre l'uno dall'altro? Pertanto non è assurdo ipotizzare che gli esseri umani rivestano qualche significato ultimo? La loro rilevanza in un multiverso apparirebbe effettivamente ridotta a zero.
Allora sarebbe di certo un esercizio di nostalgia, intellettualmente ridicolo, ritornare ai primi tempi della scienza moderna, quando scienziati come Bacone, Galileo, Keplero, Newton e Clerk Maxwell, per esempio, credevano in un Dio Creatore intelligente del cui ingegno il cosmo sarebbe stato il frutto. La scienza ha abbandonato questo modo di pensare primitivo, ci viene detto, ha messo alle strette Dio, lo ha ucciso e poi sepolto con le proprie spiegazioni onnicomprensive. Dio si è rivelato non più consistente del sorriso di uno stregatto cosmico.
Diversamente dal gatto di SchròdingerA, Dio non è una sovrapposizione spettrale di vivo e morto: è certamente morto. Per di più, l'intero processo della sua dipartita indica che ogni tentativo di reintrodurre Dio probabilmente ostacolerà il progresso della scienza. Possiamo vedere, ora più chiaramente che mai, come regni supremo il naturalismo (l'opinione secondo cui la natura è tutto ciò che esiste, e non vi è trascendenza).
Peter Atkins, docente di chimica all'Università di Oxford, pur riconoscendo l'elemento religioso nella storia della genesi della scienza, difende questa opinione con caratteristico vigore: «La scienza, il sistema di credenze fondato saldamente su conoscenze riproducibili e pubblicamente condivise, è emersa dalla religione. Abbandonando la crisalide per diventare l'attuale farfalla, la scienza ha conquistato la brughiera. Non vi è motivo di supporre che la scienza non possa affrontare ogni aspetto dell'esistenza. Soltanto i religiosi (fra cui includo non soltanto chi è vittima di pregiudizi ma anche chi è poco informato) sperano che vi sia un angolo buio dell'universo fisico, o dell'universo dell'esperienza, che la scienza non possa mai sperare di illuminare. Ma la scienza non ha mai incontrato ostacoli, e le uniche ragioni per supporre che il riduzionismo fallisca sono il pessimismo da parte degli scienziati e la paura nella mente dei religiosi».1

Un convegno all'Istituto Salk di scienze biologiche a La Jolla, in California, nel 2006 ha dibattuto il tema: «Al di là della fede: scienza, religione, ragione e sopravvivenza». Affrontando l'interrogativo se la scienza debba sopprimere la religione, il premio Nobel Steven Weinberg ha detto: «Il mondo deve ridestarsi dal lungo incubo della religione. [ ... ] Qualunque cosa noi scienziati possiamo fare per ridurre l'influenza della religione va fatta, e potrebbe in effetti essere il nostro più grande contributo alla civiltà». Come si poteva immaginare, Richard Dawkins si è spinto ancora oltre: «Io sono assolutamente stufo del rispetto che un lavaggio del cervello ci ha indotti a conferire alla religione».
Eppure, eppure ... Stanno veramente così le cose? Tutte le persone religiose vanno disdegnate in quanto vittime di pregiudizi e poco informate? In fin dei conti, fra di loro vi sono scienziati insigniti del premio Nobel. Davvero confidano di trovare un angolo buio dell'universo che la scienza non possa mai sperare di illuminare? Certo questa difficilmente è una descrizione corretta o veridica di molti dei primi pionieri della scienza che, come Keplero, si dicevano fermamente convinti che vi fosse un Creatore a ispirare la loro scienza in vista di vette sempre più alte. A loro parere proprio gli angoli bui dell'universo illuminati dalla scienza fornivano abbondanti prove dell'ingegnosità di Dio.
E che dire della biosfera? La sua intricata complessità è davvero solo apparentemente progettata, come ritiene Richard Dawkins , stretto alleato di Peter Atkins in fatto di fede? La razionalità può realmente nascere mediante processi naturali non guidati che in qualche maniera casuale agiscono entro i vincoli delle leggi di natura sui materiali di base dell'universo?
La soluzione del problema mente-corpo è semplicemente che la mente razionale sia «emersa» dal corpo privo di ragione mediante processi bruti e non guidati?
Gli interrogativi riguardo alla validità di questo resoconto naturalistico non si dissolvono facilmente, come dimostra il livello di interesse nel pubblico. Allora il naturalismo è davvero imposto dalla scienza? Oppure è concepibile che il naturalismo sia una filosofia apportata alla scienza, anziché essere implicata dalla scienza stessa? Potrebbe essere perfino, osiamo chiederci, piuttosto simile a un'espressione di fede, analoga alla fede religiosa? Sarebbe quanto meno plausibile pensarlo, a giudicare dal modo in cui vengono talvolta trattati coloro che osano porre simili domande. Al pari degli eretici religiosi di un'epoca passata, potrebbero subire una forma di martirio mediante il taglio dei finanziamenti.
Si attribuisce ad Aristotele l'affermazione secondo cui per avere successo dobbiamo porre le domande giuste. Vi sono però certe domande che è rischioso porre, ed è ancora più rischioso cercare di darvi risposta. Ma sicuramente correre questo genere di rischio rientra nello spirito e nell'interesse della scienza.
Da una prospettiva storica questo non è un punto di per sé controverso. Nel Medioevo, per esempio, la scienza dovette liberarsi di certi aspetti della filosofia aristotelica prima di poter fare rapidi progressi. Aristotele insegnava che dalla Luna in poi tutto era perfezione e, poiché a suo parere il moto perfetto doveva essere circolare, i pianeti e le stelle si muovevano secondo orbite circolari perfette. Al di sotto della Luna il moto era lineare e vi era imperfezione. Questa opinione dominò il pensiero per secoli. Poi Galileo guardò con il suo cannocchiale e vide i contorni frastagliati dei crateri lunari. L'universo aveva parlato e un aspetto della deduzione di Aristotele, a partire dal suo concetto di perfezione a priori, si sgretolava.
Ma Galileo era ancora ossessionato dai circoli di Aristotele: «[...] per mantenimento dell'ordine perfetto tra le parti del mondo bisogni dire che le mobili sieno mobili solo circolarmente2. Eppure anche i cerchi erano condannati. Toccò a Keplero, grazie alla sua analisi delle osservazioni dirette e meticolose dell'orbita di Marte compiute dal suo predecessore nella carica di matematico imperiale a Praga, Tycho Brahe, compiere il passo ardito di ipotizzare che le osservazioni astronomiche avessero maggiore valore probatorio rispetto ai calcoli basati sulla teoria a priori secondo cui il moto planetario doveva essere circolare. Il resto, come si usa dire, è storia. Keplero avanzò l'ipotesi pionieristica secondo cui i pianeti dovevano muoversi lungo ellissi ugualmente «perfette» attorno al Sole collocato in uno dei fuochi, un' opinione in seguito illustrata brillantemente dalla teoria di attrazione gravitazionale di Newton, con la legge dell'inverso del quadrato, che condensava tutti questi sviluppi in un'unica formula sorprendentemente breve ed elegante. Keplero aveva modificato per sempre la scienza svincolandola da quella filosofia inadeguata che l'aveva imbrigliata per secoli. Sarebbe forse un po' arrogante presumere che un simile passo liberatorio non dovrà mai più essere compiuto.
Al che scienziati come Atkins e Dawkins ribatteranno che dall'epoca di Galileo, Keplero e Newton la scienza ha manifestato una crescita esponenziale e non vi sono prove che la filosofia del naturalismo, a cui la scienza è ora tanto strettamente legata (perlomeno a parere di molti), sia inadeguata. In effetti, secondo la loro opinione, il naturalismo non fa che favorire la scienza, la quale ora può procedere non più ingombra di quel bagaglio mitologico che l'ha ostacolata tanto spesso nel passato. Il grande merito del naturalismo, si sosterrà, è che non può in nessun caso ostacolare la scienza per la semplice ragione che considera supremo il metodo scientifico. È l'unica filosofia che sia del tutto compatibile con la scienza, sostanzialmente per definizione.
Ma è davvero così? Galileo certamente trovava inibitoria dal punto di vista scientifico la filosofia aristotelica nella sua prescrizione a priori di come dovesse essere l'universo. Ma né Galileo né Newton, e nemmeno in effetti molte delle grandi personalità scientifiche che contribuirono all'ascesa rapidissima della scienza a quell'epoca, ritenevano che la fede in un Dio
Creatore costituisse in tal senso un ostacolo. Anzi, la ritenevano decisamente stimolante: in effetti, per molti di loro era la motivazione principale dell'indagine scientifica. Stando così le cose, la veemenza dell'ateismo di alcuni autori contemporanei spingerebbe a chiedersi: perché sono convinti che l'ateismo sia l'unica posizione intellettualmente sostenibile? È realmente vero che tutto nella scienza punti verso l'ateismo? Scienza e ateismo sono alleati così naturali?
Niente affatto, dice l'eminente filosofo britannico Anthony Flew, che per molti anni è stato un paladino intellettuale di punta dell'ateismo. In un'intervista alla BBC3 ha annunciato che una superintelligenza è l'unica spiegazione valida dell'origine della vita e della complessità della natura.

Il dibattito sul progetto intelligente

Un tale annuncio da parte di un pensatore del calibro di Flew ha impartito una nuova sferzata di interesse al dibattito vigoroso, seppure talvolta animato, sul «progetto intelligente» (intelligent design). Almeno in parte l'animazione deriva dal fatto che l'espressione «progetto intelligente» sembra comunicare a molte persone un atteggiamento antiscientifico e cripto-creazionista relativamente recente, concentrato soprattutto sull'attacco alla biologia evoluzionistica. Ciò significa che tale espressione ha impercettibilmente modificato il proprio significato, comportando il rischio di dirottare di conseguenza anche il dibattito serio.

Ora «progetto intelligente» appare ad alcuni un'espressione curiosa, poiché di solito noi consideriamo un progetto il risultato dell'intelligenza; l'aggettivo è pertanto ridondante. Se quindi ci limitiamo a sostituire questa espressione con «progetto» o con «causalità intelligente», allora parliamo di un concetto assai rispettabile nella storia del pensiero. Infatti il concetto secondo cui vi è una causa intelligente alla base dell'universo, lungi dall'essere recente, è antico quanto la filosofia e la religione stesse. In secondo luogo, prima di affrontare l'interrogativo se il progetto intelligente sia un cripto creazionismo dobbiamo evitare un altro potenziale malinteso considerando il significato del termine «creazionismo» stesso. Infatti, anche il significato di quest'ultimo è mutato. «Creazionìsmo» denotava semplicemente la convinzione che vi fosse un Creatore. Però adesso è giunto a significare non solo la fede in un Creatore ma anche l'adesione a tutta una valanga di idee supplementari, fra le quali quella di gran lunga dominante è una particolare interpretazione della Genesi secondo cui la Terra ha un' età di appena qualche migliaio di anni. Questa mutazione del significato di «creazionismo» o «creazionista» ha avuto tre effetti assai incresciosi.

Prima di tutto pola Si tratta di interrogativi differenti. li secondo tra questi è sostanzialmente teologico e quasi tutti convengono sul fatto che si collochi al di fuori dell'ambito della scienza. Lo scopo dell'operare tale distinzione è sgomberare la strada per domandarsi se vi sia qualche modo in cui la scienza possa aiutarci a rispondere al primo interrogativo. Pertanto è spiacevole che questa distinzione fra due interrogativi radicalmente diversi sia continuamente oscurata dall'accusa che «progetto intelligente» sia una sintesi di «cripto creazionismo».

L'interrogativo spesso ripetuto sull'eventualità che il progetto intelligente sia scienza può essere piuttosto fuorviante, e lo è di certo se intendiamo l'espressione «progetto intelligente» nel suo senso originario. Supponiamo di formulare queste domande parallele: il teismo è scienza? L'ateismo è scienza? Quasi tutti darebbero una risposta negativa. Ma se ora dovessimo dire che quanto ci interessa realmente è se vi sia qualche prova scientifica a favore del teismo (o dell'ateismo), allora probabilmente ci sentiremmo replicare: e allora perché non lo avete detto prima?

Un modo per trarre un senso dall'interrogativo se il progetto (intelligente) sia o no scienza è reinterpretarlo così: vi sono prove scientifiche a favore del progetto? Se è così che va inteso il quesito, allora va espresso in maniera conseguente per evitare il genere di malinteso dimostrato dall'affermazione pronunciata nel processo di DoverB «che il progetto intelligente è un'argomentazione teologica, ma che non è scienza».4 In effetti nel film Expelled (aprile 2008), Richard Dawkins stesso sembra ammettere che si possa indagare scientificamente sull'eventualità che l'origine della vita rifletta processi naturali o possa essere l'esito di un intervento da parte di una fonte esterna intelligente.

In un articolo affascinante, «La pubblica istruzione e il progetto intelligente».5 Thomas Nagel, eminente docente di filosofia e ateo di New York, scrive: «Gli scopi e gli intenti di Dio, se esiste un dio, e la natura della sua volontà non sono possibili quali temi di una teoria o di una spiegazione scientifica. Ma questo non implica che non vi possano essere prove scientifiche a favore o contro l'intervento nell' ordine naturale di una simile causa non governata da leggi».6 Sulla base della sua lettura di opere quali Edge of Evolution [Limite dell'evoluzione] di Michael Behe (Behe è stato testimone nel processo di Dover), Nagel riferisce che il progetto intelligente «non sembra dipendere da massicce distorsioni delle prove e da incoerenze insolubili nella loro interpretazione».7 La sua valutazione ponderata è che il progetto intelligente non sia basato sul presupposto che sia «immune da prove empiriche» allo stesso modo in cui chi crede all'interpretazione letterale della Bibbia ritiene che questa sia immune da confutazioni probatorie, e conclude: «Il progetto intelligente è molto diverso dalla scienza creazionista».8

Il professor Nagel afferma inoltre di essere «da lungo tempo scettico riguardo alle pretese della teoria evoluzionistica tradizionale di rappresentare l'intera questione della storia della vita».9 Riferisce che è «difficile reperire nella letteratura scientifica accessibile le ragioni» di tali pretese. È sua opinione che le «prove attualmente disponibili» non giungono «neanche lontanamente» a confermare «la sufficienza dei meccanismi evoluzionistici tipici nello spiegare l'intera evoluzione della vita».10 rizza la discussione e offre un bersaglio apparentemente facile a quanti rifiutano senza indugio qualsiasi concetto di causalità intelligente nell'universo. In secondo luogo, non rende giustizia al fatto che vi sia un'ampia divergenza di opinioni sull'interpretazione della narrazione della Genesi perfino tra quei pensatori cristiani che attribuiscono un'autorità definitiva alla testimonianza biblica. Infine, oscura lo scopo (originario) di usare l'espressione «progetto intelligente», che è di operare una distinzionemolto importantefra il riconoscimento del progetto e l'identificazione dell'architetto.

Ora, come è ben noto, autori quali Peter Atkins, Richard Dawkins e Daniel Dennett asseriscono che vi siano valide prove scientifiche a favore dell'ateismo. Sono pertanto lieti di sostenere un'argomentazione scientifica a favore di ciò che è, in fin dei conti, una posizione metafisica. Pertanto proprio loro fra tutti non hanno motivo di obiettare se altri usano prove scientifiche per sostenere la posizione metafisica opposta, ossia il progetto teista. Naturalmente io sono ben consapevole del fatto che la reazione immediata da parte di alcuni sarà che non vi è alcuna argomentazione alternativa da avallare. Però questo giudizio potrebbe essere un tantino prematuro. Un altro modo di interpretare l'interrogativo se il progetto intelligente sia scienza consiste nel domandarsi se l'ipotesi del progetto intelligente possa condurre a ipotesi scientificamente sperimentabili. Vedremo più avanti che vi sono due aree principali in cui una tale ipotesi ha già fornito risultati: l'intelligibilità razionale dell'universo e l'origine dell'universo.

Un'altra difficoltà relativa all'espressione «progetto intelligente» è che l'uso stesso del termine «progetto» nella mente di alcune persone è inestricabilmente associato all'universo meccanicistico di Newton, superato dalla visione scientifica di Einstein. Inoltre, evoca ricordi di William Paley e delle sue argomentazioni ottocentesche che molti ritengono siano state demolite da David Hume. Senza pregiudicare quest'ultima questione, potrebbe essere pertanto più saggio, come si è suggerìto.. parlare di causalità intelligente o di origine intelligente, anziché di progetto intelligente.

Ho elaborato le argomentazioni presentate in questo libro nel corso di conferenze, seminari e dibattiti in molti paesi e, sebbene io ritenga che vi sia ancora molto lavoro da svolgere, è dietro sollecitazione di molti dei partecipanti a tali eventi che ho compiuto il tentativo di metterle per iscritto in un libro che è stato intenzionalmente mantenuto breve per via del suggerimento secondo cui era necessaria un'introduzione concisa alle questioni principali che potrebbero costituire la base per un'ulteriore discussione e analisi della letteratura specializzata più dettagliata. Sono grato per il gran numero di domande, commenti e critiche che mi hanno facilitato il compito, ma naturalmente mi ritengo l'unico responsabile delle restanti manchevolezze.

Sono opportuni alcuni commenti riguardo alla procedura. Ho cercato di inserire la discussione nel contesto del dibattito contemporaneo così come lo intendo io. Vengono usate di frequente citazioni di scienziati e pensatori di punta, con l'intento di tracciare un quadro chiaro di ciò che stanno dicendo quanti sono all'avanguardia in questo dibattito. Sono consapevole tuttavia del rischio che, citando al di fuori del contesto, non soltanto si possa non essere corretti nei confronti della persona citata ma anche, in questa mancanza di correttezza, si possa distorcere la verità. Spero di essere riuscito a evitare questo particolare rischio.
La mia menzione della verità mi induce a temere che certe persone di orientamento postmodernista possano essere tentate di non proseguire più la lettura, a meno che naturalmente non abbiano la curiosità di leggere (e forse perfino cercare di decostruire) un testo scritto da chi effettivamente crede nella verità.

Da parte mia confesso di trovare curioso che quanti sostengono l'inesistenza della verità si aspettino che io creda nella verità di quanto dicono loro! Forse li fraintendo, ma questi quando parlano con me o scrivono i loro libri mi sembrano esentare se stessi dalla loro affermazione di fondo secondo cui la verità non esiste. In fin dei conti, rivelano di credere nella verità.

In ogni caso gli scienziati dimostrano un chiaro interesse per la verità. Perché altrimenti si prenderebbero la briga di fare scienza? Ed è precisamente perché io credo nella categoria della verità che ho cercato di utilizzare soltanto citazioni che appaiano rappresentare correttamente il modo di vedere complessivo di un autore, cercando di evitare quelle che sembrano piuttosto espressioni infelici, dovute alla scarsa chiarezza espositiva (un problema in cui tutti noi studiosi possiamo imbatterci). Alla fine devo lasciare giudicare al lettore se ci sono riuscito oppure no.

E che dire dei pregiudizi? Nessuno può sfuggirvi, né l'autore né il lettore. Tutti noi siamo prevenuti nel senso che tutti noi abbiamo una visione del mondo che si compone delle nostre risposte, anche parziali, agli interrogativi che ci pongono l'universo e la vita. La nostra visione del mondo può non essere formulata in maniera precisa o perfino consapevole, ma esiste comunque. Naturalmente essa è conformata dalla nostra esperienza e dalle nostre riflessioni. Può cambiare ed effettivamente cambia, si spera, sulla base di prove concrete.
L'interrogativo centrale di questo libro si rivela essere in sostanza un interrogativo riguardo alla visione del mondo:
quale visione del mondo si adatta meglio alla scienza, il teismo o l'ateismo? La scienza ha seppellito Dio oppure no? Vediamo dove ci portano le prove.

NOTE

A li paradosso del gatto di Schrodinger è un esperimento mentale ideato da Erwin Schrodinger per dimostrare che l'interpretazione classica della meccanica quantistica risultava incompleta nella descrizione di sistemi fisici in cui il livello subatomico interagisce con il livello macroscopico - N.d.R.
B
Nel 2005, undici genitori di studenti del distretto scolastico di Dover (Pennsylvania) dimostraromo che il progetto intelligente era una forma di creazionismo, e che la politica della direzione del distretto richiedente la presentazione del progetto intelligente in alternativa all'evoluzione, come spiegazione dell' origine della vita aveva violato il primo emendamento della Costituzione degli Stati Uniti d'America, relativo alla libertà di parola, di culto ecc. - N.d.R.
1. «The Limitless Power of Science» [La potenza illimitata della scienza] in: Nature's Imagination - The Frontiers of Scientific Vision, a cura di John Cornwell, Oxford University Press, Oxford, 1995, pago 125.
2. Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo, a cura di Fabio Atzori, Sansoni-Rcs, Milano, 2001, pago 40.

3
. Radio 4 News, 10 dicembre 2004.
4. Kitzmiller, 400 F. Supp. 2d 707, 746.
5
. Philosophy & Public Affairs, Wiley InterScience, vol. 36, n. 2, 2008.

6
. op. cit., pago 190.

7
. op. cit., pago. 196-197.

8
. op. cit., pago 196.

9
. op. cit., pago 202.

10
. op. cit., pago 199.

INDICE

Prefazione - Che senso ha tutto questo? di Richard Fevnma 5
Capitolo 1 - Guerra fra visioni del mondo 15
Capitolo 2 - L'ambito e i limiti della scienza 36
Capitolo 3 - Riduzione, riduzione, riduzione 56
Capitolo 4 - Un architetto per l'universo? 70
Capitolo 5 - Un architetto per la biosfera? 95
Capitolo 6 - La natura e l'ambito dell'evoluzione 123
Capitolo 7 - L'origine della vita. 152
Capitolo 8 - Il codice genetico e la sua origine 168
Capitolo 9 - Questioni di informazione b 184
Capitolo 10 - La macchina delle scimmie 203
Capitolo 11 - L'origine dell'informazione 217
Capitolo 12 - Violare la natura? L'eredità di David Hume 241
Epilogo - Al di là della scienza ma non al di là della ragione 258

Note 263

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EVOLUZIONE - Un trattato critico: Certezza dei fatti e diversità delle interpretazioni - IL LIBRO


RETROCOPERTINA

Ricerche sperimentali di biologia evolutiva hanno dimostrato che la capacità di cambiamento microevolutivo è una caratteristica fondamentale della vita. Si può dunque ugualmente ritenere la macroevoluzione – l’origine di strutture complesse e di principali progetti di costruzione della vita – come un dato di fatto empiricamente provato?
Questo trattato analizza con sistematicità, obiettività e in modo comprensibile a tutti, l’intero ambito dei fenomeni microevolutivi così come le obiezioni di origine naturalistica sul concetto di macroevoluzione.
Si dimostra perciò ancora una volta che le risposte sull’origine e sulla storia della vita non sono possibili senza il superamento dei limiti ideologici. Emerge una chiara separazione tra i dati obiettivi, le interpretazioni teoriche e le diverse decisioni ideologiche per la valutazione delle teorie delle origini.
Sulla questione delle origini – direbbe Pascal – ognuno scommette sull’una o l’altra ipotesi. Spesso però le carte in tavola sono truccate, perciò è necessario fare chiarezza e distinguere ciò che è scientificamente accertato da ciò che è solo ipotesi o congettura.
Tale è l’obiettivo di questo libro.

EVOLUZIONE
Un trattato critco
Certezze dei fatti e diversità delle interpretazioni
Reinhard Junker - Siegfried Scherer
con la collaborazione di

Harald Binder - Michael Brandt - Nigel Crompton - Judith Fehrer
Daniel Keim - Sigrid Hartwig-Scherer - Peter Imming- Herfried Kutzelnigg
Roland SuBmuth - Henrik Ullrich - Gregor Wagner - Niko Winkler


NOTE ALL'EDIZIONE ITALIANA

L’iniziativa che abbiamo presa di far tradurre e pubblicare il presente libro è frutto di una serie di circostanze e coincidenze che ci fanno pensare a un disegno intelligente, mentre altri le potrebbero considerare solo e semplicemente come dovute al caso. Non ci dilunghiamo sulla questione, perché il libro affronta proprio questo dilemma, ma su un terreno molto più impegnativo e probante: quello degli esseri viventi.
Il problema più difficile era come garantire una buona diffusione a un libro che, rispetto a quelli in circolazione nel mondo accademico, è “controcorrente”. Abbiamo perciò scelto di coinvolgere quelle Associazioni – sempre più numerose – che desiderano la riapertura di un dibattito sulla questione delle origini e che sono in disaccordo con la consueta presentazione dogmatica delle teorie evolutive.
Con un semplice “passaparola” e senza fare appelli generalizzati, 15 Associazioni hanno aderito all’iniziativa, manifestando la volontà di far conoscere il libro e prenotando complessivamente un alto numero di copie. L’elenco delle Associazioni si trova nelle pagine finali (337-41 ????) e a tutte va la nostra riconoscenza; la più coinvolta è stata l’Associazione Italiana Studi sulle Origini (AISO), che intende organizzare una presentazione del libro in varie parti d’Italia. Costantino Ziogkos ha invece aderito all’iniziativa a titolo personale.
Dato che il libro è stato scritto da 14 specialisti diversi (vedere riquadro a p. 6 e pp. 319-20), la traduzione dal tedesco è risultata particolarmente impegnativa, ma Damaris Krättli Veneziani e Anna Sanna Nuzzolo hanno mostrato professionalità e tenacia (anche per la loro condivisione dei contenuti del libro), coordinandosi e coordinando i due collaboratori (Maurizio Veneziani e Francesca Laisceddu Happe): un sentito ringraziamento va a tutta l’equipe. Nonostante il contenuto approfondito, per lo più il linguaggio risulta accessibile, se si possiedono un po’ di nozioni di base.
L’Indice analitico (p. 331ss.) è stato ristrutturato al fine di renderlo più facilmente consultabile e, insieme all’Indice generale, dovrebbe consentire un rapido ritrovamento dei vari argomenti presenti.
È stata chiesta la revisione del manoscritto a specialisti di ambiente universitario, constatando piacevolmente la disponibilità anche di alcuni che si dichiarano evoluzionisti, ma che sono aperti al confronto e riconoscono la serietà scientifica di questo libro. La prof. Elena Ciani è quella che si è sobbarcata l’onere di leggere pressoché tutte le parti del libro, fornendo numerosi e preziosi suggerimenti. Alcuni capitoli sono stati pure rivisti dal prof. Antonio Russo e Enrico Serpagli, dal dott. Ronald Nalin e dalla dott. Laura Valisano. Aveva preso questo impegno anche il prof. Michele Sarà, che ha contribuito alla formulazione finale del titolo, ma poi è venuto improvvisamente a mancare. A tutti siamo molto riconoscenti per gli incoraggiamenti e i consigli dati, che sono stati per lo più accolti.
Sulla questione delle origini, direbbe Pascal, ognuno scommette su l’una o l’altra ipotesi. Spesso però le carte in tavola sono truccate, perciò è necessario fare chiarezza e distinguere ciò che è scientificamente accertato da ciò che è solo un’ipotesi o una congettura. Questo è l’obiettivo del libro ed il fatto che esso sia alla sesta edizione in lingua tedesca è segno che ormai è uno strumento collaudato, come anche ci hanno fatto pensare i primi lettori italiani di questa traduzione.

Fernando De Angelis

AUTORI e COLLABORATORI

Reinhard Junker (1956-). Si laurea in matematica e biologia a Friburgo con abilitazione all’insegnamento nei licei. Dopo il tirocinio, dal 1985 è collaboratore scientifico nella comunità di studi Wort und Wissen (Parola e conoscenza). Dal 1987, compie studi universitari di teologia, nel 1992 consegue il dottorato alla Facoltà evangelica di teologia a Leuven (Belgio) in teologia interdisciplinare (Critica delle concezioni dell’origine del mondo di tipo teistico-evoluzionistico). Settori di attività: biologia dei tipi base, biologia comparata, paleontologia.

Siegfried Scherer
(1955-). Si laurea in biologia e nel 1983 consegue il dottorato, venendo poi assunto come collaboratore scientifico all’università di Costanza. Nel 1984 gli viene conferito il premio BYK per la ricerca, nel 1986 soggiorna in Cina a scopo di ricerca. Nel biennio 1988-1989 è borsista DAAD al Department of Biochemistry (dipartimento di biochimica), Virginia Tech a Blacksburg (USA); in seguito vince una borsa di studio per l’abilitazione alla libera docenza della DFG, conseguendo nel 1991 l’abilitazione alla Facoltà di biologia dell’università di Costanza; dallo stesso anno è professore straordinario al Politecnico di Monaco di Baviera. Nel 2002 viene chiamato come ordinario a Vienna, nel 2003 riceve la cattedra di ecologia microbica al Centro Scientifico Weihenstephan dell’Università Tecnica di Monaco. Nel 2005 riceve il premio Otto von Guericke per la ricerca. Settori di ricerca: ecologia microbica molecolare, microbiologia degli alimenti, tassonomia ed evoluzione.


Harald Binder
(1959-). Si laurea in chimica alla Scuola superiore di specializzazione di Reutlingen e alle Università di Tubinga e di Costanza. Nel 1992, consegue il dottorato (Analisi metodiche sull’isolamento e sull’analitica di glicosfingolipidi di campioni di tessuti biologici). Dal 1993 al 1996 insegna biologia e chimica a livello liceale e dal 1996 è collaboratore scientifico della comunità di studi Wort und Wissen (Parola e conoscenza). Settori di attività: origine della vita, chimica e genesi dell’ambra, chimica della fossilizzazione.


Michael Brandt
(1957-). Si laurea in medicina umana a Magdeburgo e consegue il dottorato nel 1987 all’Accademia di Medicina Carl Gustav Carus di Dresda (Confronto della terapia di contatto convenzionale con l’afterloading nel trattamento di carcinomi ginecologici). Nel 1989 consegue la specializzazione in radiologia, che esercita privatamente nel DiakonissenkrankenhausSettori di attività: paleoantropologia, preistoria e protostoria. (ospedale diaconale) di Dresda.


Nigel Crompton
(1959-). Si laurea in biologia a Manchester e, nel 1987, consegue il dottorato all’Università di Gießen, fino al 1989 post doc alla Colorado State University, dal 1990 è coordinatore di un gruppo di ricerca sulla biologia cellulare e sulla radiobiologia all’Istituto Paul Scherrer. Nel 1998 consegue l’abilitazione in questa materia, diventando docente privato all’Università e al Politecnico federale di Zurigo. Dal 2002 è professore di biologia alla Cornerstone University negli USA e svolge attività di ricerca al Van Andel Research Institute (Grand Rapids) sull’apoptosi dei linfociti.


Judith Fehrer
(1964-). Si laurea in biologia a Kaiserslautern, indirizzo di fisiologia vegetale e biochimica, nel 1995 consegue il dottorato all’università di Kaiserslautern, sulla sistematica molecolare nei fringuelli. Nel triennio 1997-2000 è collaboratrice scientifica al Museo statale di scienze naturali di Görlitz, dal 1999 al 2001 è coordinatrice progettuale (biodiversità del genere Hieracium), dal 2002 dirige il laboratorio del DNA dell’Istituto di botanica dell’Accademia ceca delle scienze a Pruhonice (Praga). Settori di ricerca: processi di speciazione e sistematica molecolare.


Sigrid Hartwig-Scherer
(1955-). Si laurea in biologia a Costanza, dal 1980 al 1985 insegna biologia e chimica nei licei, poi compie studi universitari integrativi di antropologia all’Università di Zurigo, dove, nel 1993, consegue il dottorato in antropologia fisica. Dal 1994 al 2001 è collaboratrice scientifica all’Istituto di antropologia e genetica umana dell’Università Ludwig-Maximilian di Monaco di Baviera. Soggiorna diverse volte all’estero a scopo di ricerca. Settori di ricerca: sviluppo comparato dello scheletro nei primati, evoluzione umana.


Peter Imming
(1958-). Si laurea a Marburg in chimica e farmacia; nel 1987 ottiene il dottorato nel settore scientifico, nel 1988-89 è borsista DFG a Oxford, nel 1995 consegue l’abilitazione alla libera docenza per chimica farmaceutica. Dal 2004 è professore di chimica farmaceutica all’Università Martin-Luther di Halle-Wittenberg. Settori di ricerca: sintesi e isolamento di potenziali principi attivi, meccanismi di azione molecolare di sostanze medicinali.


Daniel Keim
(1965-). Si laurea in informatica, nel 1994 consegue il dottorato e nel 1997 l’abilitazione alla libera docenza all’Università di Monaco di Baviera. Nel 1997 diventa professore straordinario all’Università di Halle, dal 2000 è titolare della cattedra di analisi di dati e visualizzazione all’Università di Costanza. Ha al suo attivo svariati soggiorni a scopo di ricerca in diversi istituti degli Stati Uniti. Nel 2002 gli viene attribuita la cattedra di ingegneria dell’informazione al Politecnico federale di Zurigo. Settori di ricerca: analisi di dati e visualizzazione, indici e banche dati multimediali.


Herfried Kutzelnigg
(1941-). Compie studi universitari di biologia a Colonia e Düsseldorf e nel 1968 consegue il dottorato nel campo della genetica dei plastidi. Diventa collaboratore scientifico a Düsseldorf e assistente e Duisburg. Dal 1973 è consigliere accademico superiore nel settore botanico all’università GH di Duisburg, dal 1992 all’Università GH di Essen. Settori di ricerca: sistematica ed ecologia delle piante superiori.


Roland Süßmuth
(1934-). Compie studi universitari di chimica, biologia, fisica e filosofia all’Università di Tubinga. Nel 1966 è assessore all’insegnamento, nel 1968 consegue il dottorato (Un contributo sul meccanismo d’azione del mutageno 1-nitro-3-nitro-1-metil-guanidina). A seguire opera come scienziato in diversi ruoli nel settore statale. Nel 1980 consegue l’abilitazione alla libera docenza presso la Facoltà di biologia dell’Università di Hohenheim. Dal 1986 al 2000 è professore di microbiologia e biologia molecolare presso l’Istituto di microbiologia a Hohenheim. Settori di ricerca: microbiologia ambientale, microbiologia medica, effetti dei campi fisici sui microrganismi etc.


Henrik Ulrich
(1964-). Compie studi universitari di medicina umana a Berlino e Dresda. Direttore di reparto alla clinica Riesa-Großenhain (Sassonia) nel settore “radiologia diagnostica e interventistica”. Nel 1998 ottiene il dottorato presso l’Istituto di anatomia della Facoltà di medicina dell’Università Tecnica di Dresda (La storia della scoperta e dell’interpretazione dei cosiddetti archi e fessure branchiali nello sviluppo embrionale umano). Settori di attività: ontogenesi e filogenesi.


Gregor Wagner
Si laurea in biologia e consegue il dottorato in biologia cellulare e biochimica. Dopo un soggiorno all’estero come borsista post doc, opera nella ricerca bioscientifica di base.


Niko Winkler
Si laurea in biologia con indirizzo botanico, zoologico e biochimico. Consegue il dottorato scientifico sulla risposta molecolare allo stress. Subito dopo soggiorna per due anni negli USA come borsista post doc, poi torna in Germania dove opera nel campo della ricerca bioscientifica di base.

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ETICA DEL NUOVO TESTAMENTO

RETROCOPERTINA

Una riflessione sull'etica neotestarnentaria è sempre problematica, sia per l'impossibilità di trasferire semplicemente nei nostri tempi e nelle situazioni odierne i precetti etici contenuti nel Nuovo Testamento, sia oggi in particolare, in cui l'orizzonte etico tanto sociale quanto individuale è offuscato e incerto.
In questa che è stata definita «la migliore etica del Nuovo Testamento che oggi possediamo», Wolfgang Schrage non intende presentare un compendio né tanto meno una sintesi delle linee unitarie dell'etica neotestamentaria, bensì esaltare la libertà e pluralità dell'etica frammentaria e non sistematica del Nuovo Testamento, sulla base di principi ermeneutici chiaramente stabiliti.
Per W. Schrage un'etica del Nuovo Testamento deve essere prescrittiva e non descrittiva, ma non legalistica (più che di norme bisognerebbe parlare di modelli e criteri); deve sempre mirare a cogliere la coerenza interna della condotta cristiana in rapporto al kerygma.
Con questi presupposti l'esposizione di Schrage si attiene a uno schema evolutivo (che non implica alcun giudizio di valore) che dall'etica escatologica di Gesù e dagli sviluppi etici nelle prime comunità giunge all'ammonimento escatologico nell'Apocalisse di Giovanni passando per l'etica cristologica di Paolo e l'etica della responsabilità nelle deuteropaoline.

INTRODUZIONE

Oggetto di un'etica del Nuovo Testamento è lo studio dei principi ispiratori e delle motivazioni, dei criteri e dei contenuti dell'azione e della condotta di vita del cristianesimo primitivo. In un'epoca di disorientamento e d'incertezza di comportamenti sembra quanto mai urgente guardare indietro e riflettere sull'etica del Nuovo Testamento. Nonostante tutti i comitati, assemblee e sinodi e la produzione di una mole immensa di documentazione relativa ai problemi etici, la teologia e la chiesa sono pur sempre in grave ritardo e si alzano da più parti voci che lamentano un eccessivo impegno sociale, ricordando che decisiva è la fede, non l'azione, quasi che le due cose fossero alternative. Certo è solo la fede che salva, ma questa fede è efficace nell'amore (Gal. 5,6) e al suo ritorno il Figlio dell'uomo non chiederà che cosa si è creduto, bensì che cosa si è fatto o non fatto (Mt. 25,31 ss.). Per il Nuovo Testamento la fede non è primariamente né speculazione né accettazione di idee e teorie, non è né un esercizio liturgico, né abbandono mistico, bensì ascolto della parola ed esecuzione della volontà di Dio. Credere e fare sono indissolubilmente legati insieme.
Certamente, in tutte le epoche la chiesa ha dovuto combattere su due fronti, con un'alternanza di accentuazioni, affinché non ci fossero «o meri operatori senza fede o addirittura credenti inoperosi1 . [ Ma per quanto non si debba minimizzare il pericolo di un attivismo senza fede, pure bisogna essere estremamente attenti quando la fede cristiana, conformandosi alla mentalità borghese del benessere e a un diffuso narcisismo, minaccia di precipitare in un intimismo privato ed esclusivo o in un ripiegamento della chiesa su se stessa oppure di rifugiarsi, per rassegnazione davanti al presente, in una «religiosità oltremondana». Il Nuovo Testamento non potrà esser ritenuto responsabile di soluzioni e atteggiamenti di questo genere. La chiesa primitiva non è un'associazione misterica né un movimento monastico né un circolo filosofico. È una comunità di testimonianza e di servizio, è la chiesa per Dio e anche «chiesa per gli altri». Gesù stesso, ad esempio, non raccomanda ai suoi un'esistenza monastica nel deserto, come gli esseni; non li indirizza verso il regno interiore o ultraterreno della speculazione o dell'anima, come i mistici e gli gnostici, ma li manda nel mondo verso il prossimo del momento.
Anche nei casi in cui si prenda veramente sul serio che l'azione e il modo di vita dei cristiani nella realtà quotidiana abbiano un'importanza decisiva, spesso si pone tuttavia l'interrogativo se il pensiero di fondo e i motivi tematici del Nuovo Testamento vengano tenuti in debito conto e se la sua linea e il suo orientamento vengano mantenuti. È certamente vero che non è possibile trasferire, sic et simpliciter, secondo una malin-tesa fedeltà biblica, le indicazioni del Nuovo Testamento nel nostro tempo e che a questo punto si pongono ineludibili e importanti questioni ermeneutiche e teologiche. Chi, ad esempio, considerato lo stretto rapporto esistente nel Nuovo Testamento tra escatologia ed etica, ritenga l'escatologia neotestamentaria obsoleta, sarà portato, come J.T. Sanders (p. 29; cf. p. I29), a dimettere anche l'etica del Nuovo Testamento. E chi scambia la «fedeltà alla terra» col mero adattamento a ciò che è terreno e non permette più che si faccia sentire la contraddizione insita nella pro- messa e nel comandamento di Dio, ecco anche costui non ha più bisogno dell'etica neotestamentaria, considererà il Nuovo Testamento po- tenzialmente sostituibile, se non lo elimina addirittura del tutto quale strumento autoritario di una volontà aliena. Certamente la questione del corretto equilibrio tra fedeltà alla Scrittura da un lato e la conformità ai tempi, alla ragionevolezza e alla situazione concreta dall'altro, è tutt'altro che chiarita.
Comunque sia, tanto nella chiesa quanto nella teologia non dovrebbe sussistere alcun dubbio che, nonostante l'innegabile differenza di situazioni e di problemi, un riferimento al Nuovo Testamento rimanga imprescindibile, se il diverso comportamento richiesto oggi ai cristiani deve continuare a essere un comportamento cristiano e deve essere ancora fondato sul nome di Gesù Cristo e se la chiesa vuole restare nella continuità col Nuovo Testamento non solo per quanto riguarda la dottrina, ma anche per quanto attiene alla sua vita. Anche in un'epoca che cerca, con un'intensità sconosciuta alle precedenti, altri modelli di comportamento e che - per dirla con Lutero - deve formulare nuovi decaloghi, le soluzioni alternative vanno misurate col metro del Nuovo Testamento, giacché l'etica cristiana non può avere in se stessa la propria norma né trovare il suo fondamento e le sue ragioni nella riflessione e nella discussione. Il Nuovo Testamento non è, certamente, la premessa da cui trarre deduzioni, ma è sicuramente il termine decisivo di riferimento, perché è testimonianza della rivelazione escatologica della volontà di Dio in Gesù Cristo, che non è soltanto il riconciliatore e il redentore, ma anche il Signore imperioso. Già per questo semplice fondamentale motivo ogni etica cristiana va sviluppata sempre e comunque secondo l'orientamento del Nuovo Testamento.
Ora, il Nuovo Testamento non è certamente né un manuale né un compendio di etica cristiana con regole di valore generale o con un catalogo particolareggiato di comportamenti. Il Nuovo Testamento non contiene né una dottrina di tipo filosofico sui doveri e le virtù né definizioni e legittimazioni basare sul diritto naturale e assiomi simili del matrimonio e dello stato, del diritto e della proprietà, del lavoro e della società.
Nel Nuovo Testamento non si trova mai, o quasi mai, un interesse per principi morali universalmente validi, per affermazioni specifiche eternamente valide circa il giusto ordinamento sociale e politico, circa il reciproco rapporto dei sessi o programmi e pratiche indicazioni su come comportarsi e agire in altri settori problematici dell'etica. Ma nei diversi scritti che, ciascuno a suo modo, vogliono tutti rendere testimonianza della salvezza donata in Gesù Cristo e della signoria di Dio spuntata, come un nuovo giorno, in lui, i cristiani vengono chiamati a un comportamento coerente con questa realtà in un ambito che non è limitato alla condotta individuale del singolo. Piuttosto, nonostante alcune carenze dal punto di vista etico-sociale, sono visibili, almeno a livello di spunto e di suggerimento, modelli di comportamento relativi all'ambito sociale e alle strutture della società che non vengono assolutamente sottratte al rinnovamento. Certamente si può benissimo essere «una nuova creatura» anche nelle situazioni preesistenti, ma anche per i «rappresentanti del nuovo mondo»2 non è necessario che questo nuovo mondo sia oggetto meramente dell'attesa o dell'utopia. Anzi esso può divenire realtà sia parzialmente sia proletticamente. La chiesa ha lasciato già abbastanza a lungo la fede nella potenza trasformatrice del regno di Dio e dell'amore ai cosiddetti entusiasti e alle sette, accontentandosi della privacy etica e dell'introversione spirituale (cf. Wendland, Etica, 37 s.). (Continua...)

NOTE

1. M. Luther, WA 45, 689 a Gv. 15,10 ss.

2. M. Dibelius, Die Bergpredigt, in Botschaft und Geschichte I, 1953, 79-174:117.

INDICE

9 Introduzione
Capitolo I
25 L'etica escatologica di Gesù
Capitolo II
143 I primordi dell'etica cristiana nelle prime comunità
Capitolo III
162 La tematica etica nei sinottici
Capitolo IV
196 L'etica cristologica di Paolo
Capitolo V
290 L'etica della responsabilità verso il mondo nelle deuteropaoline
Capitolo VI
334 La parenesi della lettera di Giacomo
Capitolo VII
352 Il comandamento dell'amore fraterno negli scritti giovannei
Capitolo VIII
380 Le esortazioni al popolo di Dio in cammino nella lettera agli Ebrei
Capitolo IX
386 Esortazione escatologica nell'Apocalisse di Giovanni
Capitolo X
406 La questione dell'unità e del centro dell'etica neotestamentaria
417 Bibliografia generale
421 Indice analitico
425 Indice dei passi biblici
439 Indice del volume

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EPATITE C - L'EPIDEMIA SILENZIOSA - Una guida chiara per malati, familiari e medici

RETROCOPERTINA

Ci sono molti aggettivi per descrivere il virus dell'epatite C: sicuramente astuto, talvolta innocuo, spesso pericoloso, raramente un killer.
Si riscontra sempre una strana prudenza nel parlare di questa malattia, quasi ci fosse una sorta di indecisione tra l'essere realistici e il timore di allarmare troppo. Sta di fatto che numerose persone stanno aspettando con impazienza nuovi farmaci e terapie in grado di sconfiggere l'epatite C, una delle malattie virali più subdole dell'ultimo decennio.
Secondo gli ultimi dati dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), più di 170 milioni di persone nel mondo soffrono di epatite C, e il numero è in progressivo aumento. Anche l'Italia non si sottrae a questa epidemia, e le stime più recenti indicano una quota cospicua di popolazione affetta dal virus: le cifre non sono univoche, ma oscillano tra 1.500.000 e 2.000.000 di persone.
Questo libro, in questa nuova edizione aggiornata e ampliata, prende in esame innumerevoli aspetti legati a questa malattia, fornendo informazioni scientifiche dettagliate, utilissime da sapere per chi soffre di epatite C. Qui troverete:

- i farmaci disponibili;
- le terapie in sperimentazione;
- la legge sui risarcimenti;
- a relazione con l'invalidità lavorativa;
- gli indirizzi dei centri specializzati in epatologia,
- trapianti di fegato e gruppi di sostegno, ed altro ancora.

Questo è il primo libro in Italia che tratta l'argomento dell'epatite C in modo esauriente; ha un contenuto scientificamente dettagliato, ma al tempo stesso di facile lettura e consultazione: un'utile guida non solo per i malati e per chi sta loro vicino, ma anche per i medici di base.

INTRODUZIONE

Epatite C un fenomeno allarmante: poche ma concrete nozioni

Cosa è l' epatite C

L'epatite C, in passato conosciuta come "epatite non-A, non-B". è una forma di epatite che colpisce il fegato.
Ad oggi è la forma virale che danneggia di più quest'organo. compromettendone talvolta le funzioni vitali.
La malattia è asintomatica nella maggior parte dei casi; questo significa che moltissime persone si accorgono di avere un'infezione cronica dopo 10-15 anni dal momento in cui l' hanno contratta.
Nel momento in cui si scopre di avere la malattia, spesso il fegato ha già subito dei danni notevoli.
Per questa sua caratteristica di danneggiare in modo "subdolo", l'epatite C si è conquistata negli Stati Uniti il nomignolo di "The Silent Killer" - il Killer silenzioso.

Danni e conseguenze

I danni sono evidenti; se non è curata, la forma cronica ha diverse probabilità di sfociare in cirrosi nell'arco di 15-35 anni e alcune di queste cirrosi possono poi sviluppare anche il cancro del fegato. L'insufficienza epatica derivante dalla cirrosi da epatite C, è la causa principale di trapianto di fegato negli Stati Uniti e forse in tutto il mondo.
È ragionevole pensare, che su 100 persone che hanno l'epatite C:

15 persone eliminano il virus in maniera autonoma entro i primi sei mesi;

85 persone possono sviluppare un'infezione di lungo termine, e di queste

70 persone possono sviluppare una malattia epatica cronica, e di queste

15 persone possono sviluppare una cirrosi epatica nel giro di 20/30 anni, e di queste

5 persone possono morire a causa di complicazioni epatiche di lungo corso.

Non essendoci una casistica chiara e precisa, le proiezioni qui riportate possono variare, ma non più di un 5-10%.
Il dato certo, comunque, è che l' epatite C sta allungando in modo considerevole le liste di attesa per i trapianti di fegato e che sempre più spesso le persone muoiono in attesa di un fegato nuovo.

Epatite C nel mondo

Secondo il rapporto n. 36 del 1 Maggio 1998 emanato dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), più di 170 milioni di persone nel mondo soffrono di questa malattia, ed il loro numero sta aumentando.
Nei prossimi dieci anni si stima che il 10% di tutti coloro che soffrono ora di un'infezione cronica da epatite C svilupperanno la cirrosi epatica, ed una percentuale di essi (valutabile nel 5% dei casi/anno) svilupperà inevitabilmente l'epatocarcinoma.
Le persone che hanno l'epatite C sono circa quattro volte maggiori di quelle che hanno contratto l'HIV, o meglio l'AIDS, ma i fondi per la ricerca, cura e prevenzione per l' epatite C sono stati 366 volte minori di quelli destinati all' AIDS (rif. Usa).
Il fenomeno dell'epatite C è stato accantonato per il clamore suscitato dall' AIDS ed ora se ne stanno pagando le conseguenze, perché la ricerca è ancora in ritardo su questa malattia.
Si può ipotizzare che entro qualche anno, l'epatite C ucciderà più persone dell'HIV.
[Tratto dal rapporto del dott. Koop - Trustees of Dartmouth College]

Epatite C negli Stati Uniti

Da stime recenti, si suppone che negli Stati Uniti vivono circa quattro milioni di persone affette da epatite C, ogni anno sono diagnosticate 30.000 nuove infezioni e 8.000 persone muoiono per complicazioni dovute a questa malattia.
Senza un intervento effettivo, nei prossimi 10-20 anni queste cifre triplicheranno - considerando inoltre - che l'epatite C'è il maggior responsabile dei trapianti di fegato negli Stati Uniti. [Tratto dal Jama (Rivista dei medici americani) del 20-4-1997]

Epatite C in Italia

L'Italia non si sottrae a questa epidemia, e le stime più recenti indicano una fetta cospicua di popolazione affetta dal virus; le cifre non sono univoche, ma oscillano tra l.500.000 e 2.000.000 di persone.
Durante una trasmissione televisiva sono state divulgate le stime sulla popolazione italiana colpita dalla malattia, con percentuali che variano dal 3% al 16% secondo le regioni: queste cifre, se confermate, rendono chiaramente l'idea della vastità del fenomeno. Molte di queste persone non sanno ancora di avere la malattia, proprio perché non dà sintomi, ma ci si aspetta comunque che nel prossimo decennio le cronicizzazioni e le cirrosi raddoppino e triplichino, in linea con il rapporto n. 36 dell'OMS già menzionato.

Quali sono le persone a rischio?

Le categorie di persone maggiormente a rischio sono:

Persone che hanno ricevuto trasfusioni di sangue infetto prima del 1990.
Dializzati.
Emofiliaci.
Persone che hanno fatto uso di droghe per via endovenosa,
Personale sanitario/ospedaliero.
Persone che si sono sottoposte a tatuaggi o al body piercing o che dal barbiere, manicure, dentista, hanno ricevuto prestazioni con strumenti non adeguatamente sterilizzati.
Persone che hanno condiviso con altri siringhe di vetro usate (prima dell'introduzione delle siringhe monouso).
Rari sono i casi di contagio sessuale.

Cure e vaccini

Molti sono i farmaci in sperimentazione ma sfortunatamente non esiste ancora un vaccino: le cure attuali a base di antivirali stanno dando risultati incoraggianti ma ancora parziali. sebbene siano in grado di rallentare la malattia e le sue conseguenze.
Da non dimenticare però i costi e gli effetti collaterali di queste terapie, entrambi molto elevati.

Prevenzione e informazione

Nonostante la serietà della situazione. sono ancora poche le azioni di prevenzione ed informazione. e soprattutto quest'ultimo compito è lasciato ai medici specialisti ed ai medici ai base. gli uni stracarichi di lavoro, gli altri non ancora sufficientemente aggiornati sulla malattia e su tutte le complicazioni che ne derivano.
In tale contesto. abbiamo deciso di scrivere un libro che possa aiutare a fare chiarezza sui molteplici aspetti legati alla malattia dell' epatite C, senza avere la pretesa di supplire a niente e a nessuno.
Le persone amano essere informate. cercano e vogliono le informazioni, soprattutto quando ne va di mezzo la salute personale e quella dei propri cari.
Questa è di fatto la prima pubblicazione in Italia con innumerevoli informazioni utili sull'universo dell'epatite C. sicuramente la più completa. È destinata ad un pubblico di persone normali. soprattutto a chi è colpito dalla malattia stessa, perciò sono state eliminate la maggior parte delle terminologie medico-scientifiche e tutto è stato semplificato in modo da permettere una maggiore comprensione, soprattutto ai non addetti ai lavori.
Ci auguriamo che il nostro esempio sia seguito da altri, così da aumentare il livello di conoscenza che chiunque ha il diritto di avere su questa strana malattia.

INDICE


Ringraziamenti
Presentazione
Prefazione, di Claudio Puoti
Introduzione

1. Elementi di base
Cosa sono le epatiti? - Cosa succede nel corpo? - Vari livelli di gravità - Il periodo d'incubazione - Come si manifesta di solito l'epatite C') - Quali sono i tipi differenti di epatiti? - Qual è la funzione del fegato? - Virus dell'epatite C (HCV) - Quando fu scoperto il virus dell'epatite C? - Le persone più a rischio - In che modo si può trasmettere il virus HCV - In che modo non si può trasmettere il virus HCV - HCV e le trasfusioni di sangue - HCV e l'uso di droghe endovena - HCV e siringhe di vetro - Contagio dell'epatite C nel periodo neonatale - Trasmissioni per via sessuale - Esposizione lavorativa (operatori del settore sanitario) - Spazzolini da denti, rasoi, tagliaunghie - Emodialisi - Modi ipotetici di trasmettere l'HCV (lacrime, saliva, urine e altri fluidi del corpo) - Zanzare - Metodi curativi alternativi - Trasmissioni in famiglia - Altro - L'HCV ha qualche similitudine con l'HIV') - Casi di coinfezione - Cosa si può fare per prevenire? - Pulire le gocce di sangue - Cosa fare in caso di puntura di siringa - È possibile contrarre l'epatite più di una volta? - Domande e risposte

2. Informazioni medico/scientifiche
Qual è la differenza tra un gastroenterologo, un epatologo, e un infettivologo? - Come viene diagnosticata l'epatite C? - Test dell'anticorpo - Cos'è la PCR? - Cosa sono i genotipi, sottotipi e quasispecie? - La biopsia - Cos'è una biopsia del fegato? - La biopsia è un esame doloroso? - La fibrosi: il vero nemico - Epatite cronica persistente o cronica attiva: che differenza esiste? - Portatori sani, portatori asintomatici e soggetti guariti - Quali sono i maggiori sintomi dell'epatite C? - Affaticamento - Dolore al quadrante addominale superiore destro - Perdita della libido - Palmi arrossati - Nausea - Confusione mentale - Prurito - Problemi di vista - Qual è l'evoluzione della malattia? - Altri problemi medici correlati all'epatite C - Crioglobulinemia - Problemi autoimmuni e di tiroide - Sintomi simili all'artrite reumatoide - Fibromialgia - Manifestazioni dermatologiche - Domande e risposte

3. Indizi clinici dell'epatite C
Valori elevati degli enzimi del fegato - Livelli elevati di alfa-Fetoproteina - Itterizia - Epatomegalia - Splenomegalia - Teleangectasie - Ascite - Cirrosi - Ipertensione portale/varici - Encefalopatia epatica - Epatiti fulminanti - La probabilità di cancro aumenta con l'HCV? - Curare formazioni tumorali al fegato - Vaccinazioni contro altri tipi di epatiti - Domande e risposte

4. Epatite C, donne e bambini
L'HCV nelle donne - Gravidanza e allattamento - Come influisce il virus HCV sui bambini? - Domande e risposte

5. Farmaci e terapie efficaci
Interferone - Fattori correlati al successo della terapia - In quali situazioni la terapia di Interferone non è indicata? - Vari tipi di Interferone - Ribavirina - Ribavirina e Interferane associati - Domande e risposte

6. Farmaci e terapie utili in associazione all'lnterferone
Terapia della riduzione del ferro (salasso) - Acido ursodesossicolico - Amantadina - Ofloxacin - NAC (N-Acetyl Cisteina) - Maxamine" - GM-CSF - Tripla terapia antivirale - Domande e risposte

7. Farmaci e terapie in sperimentazione
Timosina alfa 1 (Zadaxin'Y) - Omniferon" - Heptazyme" - VX-497 - Interluchina I 10 (IL 10) - Tucaresolo - Altri trattamenti di sostegno

8. Farmaci e terapie del futuro
Inibitori della Proteasi - Terapia con Ribozimi - Interlukine L-12 - Terapia genica di crescita epatocitaria - Cura Genica sui telomeri - Altre strategie sperimentali - Domande e risposte

9. Il trapianto di fegato
La recidiva da epatite C dopo il trapianto di fegato - Il "fegato artificiale" - Il trapianto di fegato da donatore vivente - I trapianti di fegato in Italia - Domande e risposte

10. Prodotti e terapie alternative
Cosa spinge verso le terapie alternative? - Terapie alternative: illusioni o realtà? - Prodotti naturali e terapie alternative - "La terapia dell'umorismo" - L'amore - Domande e risposte

11. Alimentazione
Come devo comportarrni con l'alimentazione? - Secondo l'enciclopedia della Medicina Naturale - Cibi da evitare - Alimentazione e cirro si - Domande e risposte

12. HCV, droghe e alcol
Alcol - Tabacco - Marijuana - Cocaina - Domande e risposte

13. Affrontare la terapia con Interferone
Consigli generali - Come agisce l'lnterferone? - Quale risultato produrrà l'lnterferone? - È possibile continuare a lavorare mentre si fa la terapia con Interferone? - Effetti collaterali - Nausea - Caduta dei capelli - Stanchezza - Depressione - Importanza dell'acqua - Attività fisica - Domande e risposte

14. Convivere con l'epatite C e gestione dello stress
Problemi della vita creati dall'HCV - Epatite C e depressione - Convivere con la malattia cronica - Gestione dello stress - Il ruolo del partner - La sfera sessuale - Vincitori o vinti? La mia esperienza - Domande e risposte

15. Conclusioni
Una malattia sottovalutata - Stereotipi - Pensare in positivo

16. Il problema della trasmissione dell'epatite C (HCV) con ernoderlvati
Plasma e plasmaderivati - I principali mezzi di controllo della trasmissione dell'HCV e degli altri agenti infettanti - Le "Autorità di controllo" - Problemi ancora presenti - Principali riferimenti bibliografici

17. La L. 210/92
La legge sui risarcimenti - Principi di base - Domande e risposte - A chi rivolgersi - Il Difensore Civico - Il Medico Legale - La L. 210/92 (testo integrale)

18. L'invalidità
HCV e invalidità civile - Determinare le percentuali di invalidità - Le percentuali - Iter burocratico per il riconoscimento dell' invalidità - I diritti per chi ha acquisito l' invalidità civile - L. n. 104 del 5 febbraio 1992 - I benefici - Provvidenze economiche a favore degli invalidi civili

19. Esenzioni dal pagamento dalla quota di partecipazione sanitaria (Ticket)

20. Assistenza domiciliare epatologica

21. Centri specializzati
Centri cui rivolgersi - Centri trapianto del fegato (adulti e bambini) - Associazioni e gruppi di sostegno


22. Guida alla comprensione degli esami di laboratorio

Il Comitato EpaC

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EINSTEIN - Come io vedo il mondo: La teoria della relatività

INTRODUZIONE

Albert Einstein nacque a Ulm (Wùrttemberg) il 14 marzo 1879. Fece i primi studi a Monaco di Baviera nel ginnasio di Liutpold ed ebbe la prima educazione matematica da uno zio ingegnere.
Nel 1894, in seguito a un rovescio di fortuna, la famiglia Einstein lasciò la Germania e si trasferì in Italia dove il padre lavorò come elettro tecnico a Milano, a Pavia, a Isola della Scala e in altre località del Veneto.
Il giovane Albert peregrinò fino a Genova donde emigrò in Svizzera e, fra non lievi difficoltà economiche, si iscrisse alla scuola cantonale di Aarau, dove vi guadagnò il certificato di ammissione alla celebre scuola politecnica di Zurigo. Qui nel 1910 conseguì la laurea e l'abilitazione all'insegnamento della matematica efisica. Nel 1911 ottenne la cittadinanza svizzera e si occupò come perito tecnico dell'Ufficio Federale dei Brevetti di Berna.
Gli anni dal 1902 al 1909 rappresentano il periodo della sua più intensa produzione scientifica. La scoperta dei fondamenti della teoria speciale della relatività (relatività in senso stretto o dei moti multiformi e rettilinei) gli valse nel 1912 la nomina a professore ordinario di matematiche superiori nel Politecnico di Zurigo. Nel novembre 1913 ebbe una cattedra di fisica nell'accademia prussiana delle scienze di Berlino e nella primavera del 1914, succedendo a Enrico Van't Hoff, fu chiamato a dirigere il Kaiser- Weilhelm-Institut per la fisica.
Nel 1933 le persecuzioni politiche e razziali del nazismo indussero Einstein a lasciare l'Europa. Emigrò negli Stati Uniti d'America ed entrò a far parte dell'Institute for Advanced Studes di Princeton. A Princeton è morto nel 1955.
Albert Einstein ha dato alla fisica moderna il contributo di una creazione geniale che rimarrà nei secoli futuri una delle pietre miliari nella storia del pensiero umano. Nel 1905, con la memoria Zur Elektrodynamik bewegter Kòrper, gettò le basi della teoria speciale della relatività, fondata sulla costanza della velocità della luce nel vuoto quale limite superiore dell'osservabilùà di qualsiasi fenomeno.
Uno dei risultati che Einstein aveva dedotto da questa teoria, e cioè che massa ed energia sono equivalenti, doveva avere quarant'anni dopo una terrificante conferma, con una forza di distruzione mai conosciuta: lo scoppio della prima bomba atomica. Pochi sanno che in questo avvenimento Einstein ebbe una parte fondamentale. Si deve al suo diretto intervento se il Presidente Roosevelt mise a disposizione i colossali capitali necessari per quelle ricerche che dovevano portare alla bomba di Hiroshima. Nel 1939 i fisici Fermi e Szilard erano pervenuti a importanti risultati nel campo della fisica atomica, in particolare nella disintegrazione dell'uranio, e avevano intuite le tremende possibilità derivanti dall'impiego dell'energia atomica per scopi bellici. Tuttavia essi sapevano che non sarebbero stati ascoltati a meno che lo questione non venisse direttamente presentata da un'alta personalità mondiale; Fermi e Szilard conferirono con Einstein. Einstein non desiderava immischiarsi in questioni militari, né tantomeno desiderava incoraggiare la costruzione dell'arma più terribile che fosse mai stata costruita dall'uomo. Tuttavia egli sapeva bene che se la Germania fosse giunta per prima in possesso dell'energia atomica, non avrebbe esitato ad usarla come strumento di dominazione del mondo. Pochi giorni dopo Einstein scriveva al Presidente Roosevelt: «Alcuni recenti lavori di E. Fermi e di L. Szilard, che mi furono presentati manoscritti, mi convincono che l'ele- mento uranio possa essere usato come nuova ed importante fonte di energia nel prossimo avvenire.i, Una sola bomba di questo tipo ... che esplodesse in un porto... potrebbe assai facilmente distruggere l'intero porto insieme al territorio circostante».
Tralasciando i lavori, del resto notevoli, che egli ha compiuto sulla teoria dei moti browniani, sulla teoria statico dei campi gravitazionali, e il poderoso contributo apportato alla teoria dei quanti (si deve ad Einstein l'ipotesi del "fotone1, non si può trascurare, per lo sua immensa portata, l'ormai classica memoria apparsa nel 1916: Die Grundlagen der allgemeinen Relativìtatstheorie. Essa comprende una nuova teoria della gravitazione con le sue più brillanti conseguenze e previsioni: spiegazione dell'accelerazione secolare nei perieli dei pianeti; deflessione dei raggi luminosi in un campo gravitazionale; spostamento delle righe dello spettro verso il rosso ecc. Questa teoria doveva avere nel 1919 una clamorosa conferma dai fatti.
Ed ecco come.
Nella sua teoria Einstein aveva predetto lo spostamento delle immagini stellari durante una eclisse totale di sole tdeflessione dei raggi luminosi in un campo gravitazionale). 1129 marzo 1919 si sarebbe verificata una eclisse totale di sole che poteva offrire favorevoli condizioni per lo verifica della teoria di Einstein. La Royal Society e lo Royal Astronomie Society di Londra incaricarono un comitato presieduto dall'illustre fisico Sir Arthur Eddington di fare i preparativi per una spedizione nella zona in cui il sole sarebbe apparso totalmente oscurato. Furo- no inviate due spedizioni in due punti molto lontani fra loro entro lo zona di eclisse totale: una nel Sobral, nord del Brasile, l'altra nelle isole Principe, golfo di Guinea. Il 16 novembre 1919 lo Royal Society e lo Royal Astronomie Society annunciarono che i raggi di luce sono effettivamente deviati nel campo gravitazionale del sole e proprio nella quantità predetta dalla nuova teoria di Einstein. A. N. Whitehead, presente a quella seduta, racconta fra l'altro: «Fu per me una fortuna essere presente alla seduta della Royal Society a Londra quando l'Astronomer Royal annunciò che le lastre fotografiche della famosa eclisse, misurate dai suoi colleghi nell'osservatorio di Greenwich, avevano confermato lo predizione di Einstein secondo lo quale i raggi deviano passando vicino al sole. Vi era un'atmosfera di dramma greco. Noi eravamo il coro che commentava i decreti del destino, rivelati dallo svolgersi di avvenimenti eccezionali... sullo sfondo il ritratto di Newton a ricordarci che lo più grande generalizzazione scientifica stava ora, dopo più di due secoli, per ricevere lo prima modificazione.c. Una grande avventura del pensiero era giunta salva alla riva...».
In quel tempo era presidente della Royal Society Sir J. Thomson, il famoso fisico. Nell'aprire lo seduta egli definì lo teoria di Einstein «uno dei più grandi successi della storia del pensiero umano». E aggiunse: «Non è lo scoperta di un'isola fuori mano, ma di un intero continente di nuove idee scientifiche».
Negli ultimi anni della sua vita Einstein lavorava a una «teoria generalizzata della gravitazione», tendente a legare in un 'unica relazione le due teorie della relatività e dei quanti. Einstein avvertiva tuttavia: «A causa di difficoltà matematiche non ho ancora trovato' il modo pratico di controllare i risultati della mia teoria con una dimostrazione sperimentale».
A conclusione di queste brevi considerazioni, vogliamo riportare il giudizio sull'opera di Einstein di un grande fisico francese, Louis de Broglie, cui si devono, fra l'altro, le idee nuove che stanno alla base della meccanica ondulatoria: «Per tutti gli uomini colti, siano essi o meno votati a qualche ramo della Scienza, il nome di Albert Einstein evoca lo sforzo intellettuale geniale, che capovolgendo i dati più tradizionali della fisica è riuscito a stabilire la relatività delle nozioni'di spazio e di tempo, la inerzia dell'energia e l'interpretazione in qualche modo puramente geometrica delle forze di gravitazione. È infatti questa un 'opera ammirevole, paragonabile alle più grandi opere che s'incontrano nella storia delle scienze, ad esempio quella di Newton; di per se stessa, basterebbe ad assicurare al suo autore una gloria imperitura».

1Cfr. A. EINSTEIN, La teoria dei quanti di luce, Roma, Newton Compton ed., 1973.


INDICE

7 Nota biografica

COME IO VEDO IL MONDO

13 Società e personalità
21 Religione e scienza
32 La ricerca scientifica
37 I quanti di Planck
40 La questione del metodo
48 Evoluzione della fisica: Kepler e Newton
64 Evoluzione del concetto di realtà fisica
70 Caratteri della teoria della relatività
74 Cos'è la teoria della relatività?
80 Lo spazio, l'etere e il campo
96 Origine della teoria della relatività generalizzata
103 Testamento spirituale. Messaggio contro la guerra atomica

LA TEORIA DELLA RELATIVITÀ

113 I fondamenti della teoria della relatività generale

114 A. Considerazioni fondamentali sul postulato della relatività

114 1. Osservazioni sulla teoria della relatività ristretta
115 2. Ragioni che esigono un'estensione del postulato della relatività ristretta
118 3. Il continuo spazio-temporale. Esigenza della covarianza in modo generale per le equazioni
che esprimono le leggi generali della natura
122 4. Relazione delle quattro coordinate con le proprietà metriche dello spazio e del tempo.
Espressione analitica per il campo gravitazionale.

125 B. Mezzi matematici per la formulazione di equazioni covarianti in modo generale

126 5. Quadrivettore controvariante e covariante
128 6. Tensori di secondo ordine e di ordine superiore
131 7. Moltiplicazione dei tensori
135 8. Alcune proprietà del tensore fondamentale
140 9. Equazione della geodetica (o traiettoria del punto nello spazio-tempo)
142 10. Formazione di tensori per derivazione
147 11. Casi particolari importanti
154 12. Il tensore di Riemann-Christoffel

156 C. Teoria del campo gravitazionale

156 13. Equazioni del moto del punto materiale nel campo gravitazionale. Espressione per le
componenti del campo gravitazionale
158 14. Le equazioni del campo gravitazionale in assenza di materia
159 15. La funzione di Hamilton per il campo gravitazionale
164 16. Forma generale delle equazioni del campo gravitazionale
165 17. Le leggi di conservazione nel caso generale
167 18. Le leggi della quantità di moto e dell'energia per la materia, come conseguenza delle equazioni del campo

169 D. I fenomeni «materiali»

169 19. Equazione di Eulero per i fluidi perfetti e adiabatici
171 20. Equazioni del campo elettromagnetico di Maxwell per il vuoto

176 E. La teoria newtoniana come prima approssimazione

176 21. La teoria newtoniana come prima approssimazione
179 22. Comportamento dei campioni di lunghezza e degli orologi nel campo gravitagìonale
statico. Curvatura dei raggi luminosi. Movimento del perielio delle orbite dei pianeti.

186 Il principio di Hamilton e la teoria della relatività generale

186 1. Il principio variazionale e le equazioni del campo gravitazionale e della materia
188 2. Esistenza del solo campo gravitazionale
189 3. Proprietà delle equazioni del campo gravitazionale connesse con la teoria degli invarianti

195 Considerazioni cosmologiche sulla teoria della relatività generale

196 1. La teoria newtoniana
198 2. Le condizioni al contorno in accordo alla teoria della relatività generale
203 3. L'universo spazialmente finito con una distribuzione uniforme di materia
206 4. Su un termine addizionale per le equazioni del campo gravitazionale
207 5. Esecuzione del calcolo. Risultato

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DOVE GLI UOMINI SANNO GIÀ VOLARE - Breve viaggio nei sotteranei della Bibbia

Ferdinando Catalano L'Autore FERDINANDO CATALANO (Messina 1947) è conosciuto negli ambienti scientifici per i suoi lavori e per le sue pubblicazioni nel campo della fisica ottica. Ha insegnato Fisica, Optometria e Misure ottiche presso le Università del Molise e di Padova. È stato anche dirigente scolastico. Coltiva da anni un interesse per lo studio della Bibbia e per le tematiche religiose. Ha pubblicato il saggio Insegnaci a contare i nostri giorni [Tecnograf, 1992] e La vita e il respiro e ogni cosa [Aracne, 2009].  


EFFETTI BENEFICI

QAZAN
RELIGIONI, TEOLOGIE, SPIRITUALITÀ
"Queste montagne suscitano nel cuore il senso dell'infinito, con il desiderio di sollevare la mente verso ciò che è sublime."
Karol WOJTYLA

Traendo ispirazione dalla città tatara di Qazan, nella quale si trova il Tempio dell'universo e dove le grandi religioni monoteiste si incontrano e dialogano senza conflitti, la collana ospita volumi di argomento religioso, spirituale e teologico senza privilegiare una singola confessione. Si tratta di saggi dal carattere divulgativo, che non richiedono competenze specifiche per essere letti.

 

PREFAZIONE di FRANCESCO ARDUINI

Il cristianesimo è una religione di storici: così si esprimeva Mare Bloch (1886-1944)1, sottolineando come "gli altri sistemi religiosi hanno potuto fondare le loro credenze e i loro riti su una mitologia quasi estranea al tempo umano". I cristiani invece "come Libri sacri hanno dei libri di storia"2.
   Questo lavoro, dell'amico Ferdinando Catalano, offre una lettura del libro sacro dei cristiani, la Bibbia, per quello che realmente è: la testimonianza storica di un vissuto millenario.
    E con tale testimonianza, l'uomo di fede ha l'obbligo di confrontarsi ed interrogarsi in maniera seria, adogmatica, senza temere di arrivare a interpretazioni del racconto biblico così come realmente lo possediamo, e non come ci è stato tramandato o inculcato. Soltanto mediante uno sforzo consapevole, e a volte doloroso, possiamo riuscire a distinguere tra quello che crediamo dicano le Sacre Scritture e quello che effettivamente dicono. Qual è il rischio che si corre nel tentativo di evitare questo sforzo? Sempre per dirla alla Bloch, il rischio è che la storia mal compresa finisca inevitabilmente col trascinare con sé anche la Storia meglio intesa.
    Nelle pagine di questo libro, Catalano, smessi i panni del professore di fisica, abbandona i temi legati al rapporto tra scienza e fede a cui ci aveva abituati con i suoi precedenti lavori. Indossati "solo" i panni dell'uomo di fede, ci accompagna in un percorso di riflessione e meditazione biblica come soltanto un raffinato pensatore può fare, mostrandosi coinvolgente e convincente nei ragionamenti storico-teologici e nelle conclusioni a cui giunge.
    Pur non volendosi sostituire nella scrittura di manuali esegetici ai "ragionieri della teologia" (come l'autore definisce i biblisti di professione), grazie a questo libro Catalano ci presenta sotto una luce diversa, a volte inedita, 33 narrazioni bibliche, una per ogni capitolo, tratte sia dall' Antico che dal Nuovo Testamento. Alcune di queste sono relative ad episodi noti (ma lo sono poi realmente?) come quello che vede protagonista la donna samaritana, nel vangelo di Giovanni al capitolo 4, e altre relative ad episodi atroci, come ad esempio quello riportato nel libro dei Giudici, al capitolo 19, dove l'ospitalità è ritenuta talmente sacra da permettere che la dignità e la vita di una donna vengano distrutte pur di proteggere la vita di un altro ospite, un uomo. Si tratta di fatti cruenti (questo ma anche quello simile che coinvolge Lot e le sue figlie) che troppo spesso e con troppa leggerezza vengono addebitati a Dio da alcuni commentari, i quali lasciano velatamente intendere come il comportamento orribile subìto da tale donna fosse conseguenza della cultura ebraica sui "sacri" doveri di ospitalità3 a cui il padrone di casa doveva ottemperare. Si afferma che noi, oggi, commetteremmo solo un errore anacronistico se proiettassimo gli attuali diritti delle donne nel contesto biblico dell'epoca4: un'ovvietà, quest'ultima, menzionata forse nel tentativo di trovare una "ragione" al truce racconto?
    Ebbene Catalano ha qualcosa da direi in proposito. Qualcosa che probabilmente cambierà la nostra percezione di tutto l'episodio. Così come per i restanti 32.
   Sono certo che, come è successo a me, anche a Voi che state per leggere questo libro accadrà di soffermarvi su narrazioni bibliche, su pericopi evangeliche di cui, forse poco umilmente, pensavate di conoscere già tutto. E invece, attraverso le pagine che seguono, 1'autore si mostra capace di focalizzare la nostra attenzione su particolari sfuggiti anche ai più attenti lettori, e su questi è in grado di elaborare riflessioni che fanno vibrare le corde dell'anima.
    Si dice che Dio si avvicini a noi a una profondità di livelli proporzionale allo sforzo con cui noi stessi indaghiamo su di Lui. Un'indagine che il cristiano può compiere solo attraverso lo studio della Sacra Scrittura e la meditazione. Se questo è vero, se più indaghiamo su Dio e più Lui si avvicina a noi, allora mi sento di consigliare questo libro quale utile strumento alla più nobile delle indagini che potremmo mai voler intraprendere.

NOTE
1. È considerato uno dei padri della storiografia moderna.
2. M. Bloch, Apologia della storia (opera postuma). Einaudi, Torino I998. p. 8.
3. Cfr. A. Barnes, Notes on the Bible, consuhabile all'indirizzo http://sacred-texts.com/bib/cmr/bames/jdgoro.htm,
4. Si veda anche l' International Standard Bible Encyclopedia, Eerdmans, Grand Rapids 1988, alla voce "Ospitalità".


INTRODUZIONE

   Caro lettore, ti ringrazio per aver scelto di leggere questo libro. Non so cosa ti abbia spinto a farlo, se la curiosità del titolo, l'interesse per il sottotitolo o, forse, solo un gesto di riconoscenza verso chi te lo ha regalato. Beh, per essere onesti, non è proprio un libro in senso stretto, ma piuttosto una raccolta di pensieri e riflessioni "leggere", messe insieme dopo circa 40 anni di studio della Bibbia. Sì, la leggo e la studio ogni giorno da quarant'anni, ma non sono un teologo e neanche un professionista della fede. E questo infatti non è un libro per loro, per i ragionieri della teologia. Sia chiaro, non ho nulla contro i teologi, anzi ne ho grande rispetto per la loro capacità di scrutare le verità ultime tra le righe del testo sacro. Ma io non ho questa capacità, unicuique suum. A pensarci bene non è neanche un libro per soli credenti, ma per chi, credente o meno, ha la curiosità o l'interesse di voler scoprire tutta l'umanità in un libro che si dice divino e riconoscersi in taluni personaggi, nei loro pensieri, nobili o miseri. Il mio biglietto da visita ti farebbe pensare ad una persona con interessi culturali totalmente estranei e lontani dalla Bibbia. Eppure essa è la guida della mia vita e l'alimento quotidiano del mio spirito.
   Il fatto è che, dopo averla letta, studiata, vivisezionata come farebbe un anatomo-patologo ed aver trovato in essa il senso della vita presente e di quella futura, adesso, dopo quarant'anni, rileggendone ancora una volta alcuni brani, chissà quante volte letti e riletti o magari trovati per caso, succede che mi mette addosso la piacevole sensazione di sentirmi leggero di spirito e avere voglia di volare con la mente. Non so spiegare bene perché mi succede ma vorrei trasmetterti la stessa sensazione. Questa è la ragione di questo libro. Forse sarà perché dall'alto si osservano meglio gli intrecci tra i personaggi che la animano, tra le loro parole e le loro azioni o forse perché volando al di sopra del coro dei moralisti e dei guardiani dell' ortodossia, riesco a capire meglio le ragioni degli uomini prima ancora di quelle di Dio e riconoscermi in loro come in uno specchio. Perché se è vero, come per me è vero, che Dio attraverso la Sacra Scrittura rivela se stesso e la storia della salvezza, è anche vero che non destina gli uomini, mediante cui questa storia si compie, ad essere quello che sono e non guida la loro miseria e la loro nobiltà come farebbe un bambino con una macchinina telecomandata. Sono sceso nei sotterranei della Bibbia e vi ho trovato personaggi, parole, gesti "minori" che di minore hanno solo lo spazio di quelle poche righe che è stato loro dedicato, ma che, se illuminati a dovere, rivelano invece un'umanità straordinariamente ricca di lezioni per noi.
    Cercare i significati reconditi e i perché nei nascondigli delle parole, nelle intenzioni appena intraviste o da intuire e poi volare. Volare per poter capire e capire per poter volare. Ma per comprendere (che non significa necessariamente giustificare) le ragioni degli uomini che la Bibbia l'hanno abitata, devi prima completamente alleggerirti, come farebbe un deltaplanista prima di spiccare il salto, ti devi liberare da ogni pesante fardello come il pre-giudizio, l'arroganza del sapere di sapere o, peggio ancora, la presunzione del credere di sapere. Solo così potrai sentirti più leggero e far volare la tua anima tra la gente che cammina con i piedi per terra.
    J. Langer racconta in un suo saggio (Le nove porte, Milano 1967) di un famoso rabbino che aveva un discepolo venuto da lontano per ascoltare le sue lezioni, ma che non riuscì a sentirne nessuna. Appena il rabbino cominciava a leggere dalla Torà (i primi cinque libri della Bibbia) «E Dio disse», il discepolo usciva immediatamente nel cortile in preda ad una grande esaltazione, saltando come avesse voglia di volare e ripetendo con stupore «E Dio disse, e Dio disse».
Ti auguro buon viaggio.

                                                      Ferdinando CATALANO

P.S. Chissà quanti altri personaggi, quante parole e azioni non sono riuscito ad illuminare in questo breve viaggio nei sotterranei della Bibbia! Essa è una miniera inesauribile di umanità. Magari conoscete alcuni punti "nascosti" che a me sono sfuggiti, o forse li incontrerete leggendola. Vi sarò grato se vorrete segnalarmeli. Vi lascio la mia mail:

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DOPPIA SFIDA - Le poesie di Angela D'Aprile fanno vibrare...il cuore

INDICE

Oh se fossi un poeta!

Cammino

Se puoi contare su un amico

Quelle attese

Le sorelle

Emozioni

Perché

Correre dietro al vento

Il mostro

Suggerimenti

Bisogno di amore

Nostalgia

Nella tana

Cosa ci unisce

Mi impegno

Perché non dormi?

Una vita stressante

Sii serio

Bondage

Animale ferito

Ristagno

Non farti incarcerare

La dualità dell'anima

I tre passi dell’amore

Le donne

Un giardino sbarrato

Il tempo

La trappola

Il sudore del pittore

Vorrei essere una farfalla

Frasi celebri

Il fortilizio della legge

San Pietro

Il gabbiano

Aprile, dolce dormire

La trappola del male

Sovrano assoluto

Un vecchio cane

Parole

Ardere d’amore

Quella cosa meravigliosa

Il dito

Siediti

Il vagabondo

Al mio albero

Stella

Due persone che si amano

Il Tralcio

Il Tifone

San Valentino

Foglie in movimento

Chiccolino di grano

Convincente amore

La buona e la cattiva

La vita del camionista

Il buio

Il contadino e i suoi figli

I due vasi

Le donne

Buttati

Idee bomba

Ridi che ti passa

Questo amore

La mente di Giuliet

L'arancia nel letto

Parigi di notte

Bussano

L’amore in dolci melodie

Se devi amare

La lucertola

Mio caro e dolce figlio

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DOMANI, CHI GOVERNERÀ IL MONDO

RETROCOPERTINA

"È la prima volta che succede nella storia: ci ritroviamo in un mondo senza governo. La globalizzazione dei mercati non si è accompagnata alla globalizzazione del diritto. Questa è la fonte dei nostri malanni".
Jacques Attali

Domani, chi governerà il mondo? Gli Stati Uniti La Cina, l'India, l'Europa, il G20, l'ONU, le multinazionali, le mafie? Quale paese, quale coalizione, quale istituzione internazionale avrà i mezzi per fronteggiare le minacce ecologiche, nucleari, economiche, finanziarie, sociali, politiche militari che pesano sul futuro del mondo? Chi saprà valorizzare il formidabile potenziale delle diverse culture? Bisogna lasciare le redini del mondo alle religioni? Agli Imperi?Ai mercati? O forse andranno restituite alle nazioni, chiudendo di nuovo le frontiere. Un giorno l'umanità capirà che la strada più vantaggiosa e quella di costituirsi un governo democratico del mondo, che superi di interessi delle nazioni più potenti, protegga l'identità di ogni cultura è interesse generale dell'umanità. Cogliendo le difficoltà di un sistema sempre più incapace di gestire le crisi economiche e le grandi questioni internazional, Attali lancia la proposta di un "governo mondiale" a partire da dieci "cantieri" concreti: da un'alleanza per la democrazia ha un codice mondiale. Un governo del genere esisterà un giorno. Dopo un disastro, o nel migliore dei casi al suo posto. È urgente iniziare a pesarci, per il bene del mondo.

INTRODUZIONE

Da quando ha l'uso della ragione, l'uomo si è posto il problema del governo del mondo. Dapprima ha immaginato che fossero gli dèi a dominare la natura, e di non aver nessuna possibilità di controllarla. Poi alcuni uomini - preti, militari, oligarchi - hanno preteso di governare parti di mondo sempre più grandi, fino a cercare di conquistarlo tutto. Con la fede. Con la forza. Con il commercio:
Domani sarà controllato dagli Stati Uniti? Da una loro alleanza con la Cina? Dalla sola Cina? Dall'India? Dall'Europa? Dalle imprese? Dalle mafie?
Senza dubbio né dagli uni né dagli altri. Anche se i primi continueranno a essere molto potenti e gli altri lo diventeranno. Perché, diversamente da quello che si crede troppo spesso, il mondo sarà sempre meno sotto il controllo di un impero e sempre di più sotto quello del mercato.
Arriverà però un momento in cui si imporrà questa realtà: il mercato non può funzionare correttamente senza uno Stato di diritto; lo Stato di diritto non può essere applicato e rispettato senza uno Stato; uno Stato non può durare se non è realmente democratico.
Ma né un impero né il mercato possono governare gli immensi problemi che il mondo deve affrontare. Per fare questo servirà un governo mondiale, che dovrà assumere una forma molto simile ai sistemi federali di oggi; l'Unione Europea ne rappresenta senz'altro il miglior laboratorio. Lasciando ai governi delle nazioni il compito di assicurare il rispetto dei diritti specifici di ciascun popolo e la protezione di ogni cultura, questa amministrazione si farà carico degli interessi generali del pianeta e verificherà che ogni nazione rispetti i diritti dei cittadini dell'umanità.
La sua nascita sarà il risultato di un processo caratterizzato da un gigantesco caos economico, monetario, militare, ambientale, demografico, etico, politico; o invece, meno probabilmente, avverrà semplicemente al posto di questo caos. Prevederà una terapia choc; oppure si formerà gradualmente, nelle pieghe dell' anarchia, con l'accumularsi di reti tessute dagli Stati, dalle imprese, dai sindacati, dai partiti politici, dalle ONG, dagli individui. Sarà un governo totalitario o democratico, a seconda di come si instaurerà. Ma è ormai urgente cominciare a pensarci, prima che ci piombi addosso cogliendoci di sorpresa.

Da millenni, gli uomini si riuniscono in gruppi creando tribù, poi villaggi e, infine, insiemi sempre più grandi di individui. Dapprima pensano di essere sottomessi a forze superiori, quali la natura, gli dèi, un Dio, da cui ricevono tutto: la vita, il nutrimento, la salute, la morte. Per loro, l'invisibile guida il mondo e gli dèi ne costituiscono il primo governo.
Poi alcuni uomini, dei ribelli, pensano che non sia giusto essere sottomessi completamente alla natura e alla divinità. E si reimpossessano del governo del mondo.
Tra questi, alcuni principi - babilonesi, egiziani, assiri, cinesi e altri ancora in Africa, in America, nel resto dell'Asia - decidono di giocare il ruolo di padroni del creato, in nome degli dèi. Perlomeno, padroni di quelle parti di esso che riescono a immaginare. Per suggellare la loro alleanza con gli dèi, danno forma a una religione, mantenendo sotto il loro controllo i sacerdoti; ricevono tributi, creano un esercito e un' amministrazione, sorvegliano il resto del mondo, fanno trionfare il loro diritto, trasmettono ordini a distanza, attirano le élite dei popoli che hanno sottomesso prendendo in ostaggio i figli dei loro principi, gestiscono le coalizioni, scatenano conflitti tra i loro rivali.
Talvolta questi sovrani vivono in capitali stanziali, altri invece sono incessantemente in movimento. Governando aree sempre più estese, senza altri mezzi, per millenni, che il cavallo e la ruota, si allontanano dalla loro base, per realizzare nuove conquiste. Alla loro morte, o dopo qualche generazione, i loro imperi si sfaldano. E ne compaiono altri. Così, per alcune migliaia di anni, si affiancano e si succedono in alcune parti del mondo governi guidati di volta in volta da uomini dall' energia e dall' arroganza smisurate.
Gli ebrei sono forse i primi a concepire l'idea che esistano un solo Dio e un'unica specie umana, che non è composta solo da loro e alla quale non sono superiori.
Senza pretendere di dominare gli altri, senza altra volontà di conquista che quella di una terra detta "promessa", si dotano di una Legge. Secondo loro, perché venga il Messia destinato a salvare l'intera umanità e a regnare su di essa, tutti gli uomini devono rispettare sette importanti regole. Si tratta della prima definizione di uno Stato di diritto planetario, di un governo globale.
Più o meno nello stesso periodo, cinque secoli prima della nostra era, in un luogo vicino, alcuni filosofi greci, sofisti e poi stoici, che viaggiano per il Mediterraneo, pensano anche loro all'uomo come" cittadino del mondo" (letteralmente "cosmopolita"); proclamano l'uguaglianza dei greci e di tutti gli altri esseri umani, chiamati "barbari". Nel IV secolo prima della nostra era, in un piccolo paese, Alessandro tenta di creare un governo del mondo sulle basi di questa filosofia. Dall'Albania all' attuale Pakistan, dalla Macedonia all'Egitto, riesce nell' arco di qualche anno a conquistare tutti i popoli che lì vivono e a mescolarli tra loro.
Un po' di tempo dopo, da Roma, un nuovo impero, erede della civiltà greca, conquista più di un terzo del mondo, applicando le stesse regole degli imperi precedenti; e intanto in Cina, in India, in Africa e in America prendono forma altri governi.
Con l'avvento del cristianesimo in Occidente e in Medio Oriente, un nuovo potere, quello della Chiesa, rivaleggia con l'Impero romano. Entrambi sono convinti di avere ricevuto dall'unico Dio e da suo Figlio la missione di guidare tutti gli uomini.
Altrove, altri imperi - dalla Cina all'Ungheria, dall'Africa all' America - pensano anch' essi di essere padroni del mondo. Sono molto più vasti, più potenti e più civilizzati di quelli dell'Europa.
Tutti applicano gli stessi principi, utilizzano gli stessi mezzi, ricorrono alle stesse astuzie, esercitano lo stesso tipo di potere. Alcuni si legittimano con la fede, altri con la forza militare, tutti devono controllare le ricchezze e disporre di guide ambiziose e senza limiti.
Nell'VIII secolo l'islam concepisce l'Umma come fondamento di un nuovo impero, militare e universale, di fronte ai due imperi cristiani di Oriente e Occidente e al papa. La Cina e l'India sono ancora, economicamente e demograficamente, le prime potenze del mondo, ma non si spingono fuori dalle loro frontiere.
A partire dall'anno 1000, grandi imperi asiatici, dalla Cina a Tamerlano, da Gengis Khan ai Moghul, si dissanguano in continue battaglie; in Europa, alcune città mercantili inventano un nuovo modo di governare il mondo: mentre ovunque gli imperi sopravvivono solo con la guerra, il mercato ha bisogno di pace. Di volta in volta, Bruges, Venezia, Anversa e Genova impongono la loro legge, diventando, una dopo l'altra, i "cuori" del mondo mercantile. Esse governano zone sempre più ampie dei territori conosciuti.
Alla fine del XV secolo, dopo la scoperta del Nuovo Continente da parte degli europei e del fatto che la Terra è rotonda, quando i vari avatar dell'Impero romano sono scomparsi in Oriente e quasi altrettanto in Occidente, gli imperi dei nativi americani si sfaldano e quelli asiatici si richiudono nei propri confini; la Chiesa Cattolica (ovvero "universale") si crede ancora così potente da decidere di spartire le terre e i mari del pianeta fra i due nuovi imperi cristiani, la Castiglia e il Portogallo. Nel 1648, la fine della guerra dei Trent'anni lascia apparentemente il potere ai grandi Stati d'Europa, a scapito della Chiesa. In realtà, i centri mercantili, nomadi, s'impongono sempre di più sugli imperi e sulle nazioni stanziali: Amsterdam supera Lisbona, Madrid, Parigi e Vienna, e i Paesi Bassi, a loro volta, si affermano come i veri padroni del mondo.
La Cina e l'impero moghul in India producono ancora la metà del PIL mondiale con una popolazione superiore alla metà di quella dell'intera terra. Però, né l'una né l'altro influiscono più sulle dinamiche generali. In vari momenti, in ciascun "cuore", teorici e filosofi, quali l'abate di Saint-Pierre, Kant e Hegel, elaborano dei progetti in cui concepiscono un governo a livello globale o, perlomeno, un trattato mondiale, destinati ad assicurare infine la pace tra le nazioni.
Nel 1815, dopo la sconfitta del sogno rivoluzionario di un governo del mondo nel nome dei diritti dell'uomo, e mentre in America emerge un nuovo candidato all'egemonia planetaria, in Europa si costituisce un assetto definito "Concerto delle Nazioni". In realtà, sotto questa etichetta, la Gran Bretagna prende il potere su una vasta area che va dal Canada all'India. E sotto la facciata del sistema aureo, è la sterlina a governare il sistema monetario mondiale.
Le tecnologie si rivoluzionano, assicurando il trasporto degli uomini e delle idee. Alla fine del XIX secolo, ci vogliono ottanta giorni per fare il giro del mondo. Darwin sancisce l'unità della specie umana. Il libero scambio è presentato come un mezzo per realizzare la fraternità tra gli uomini, sbarazzandosi dei vincoli nazionali. Perché il mercato funzioni nel modo migliore possibile, crollano delle frontiere, si creano nuove norme, mettendo insieme iniziative provenienti da imprese capitaliste e da qualche utopista. I potenti cominciano ad aver bisogno di istituire governi che coinvolgano il mondo intero, non potendo più lasciare che siano solo dei sognatori a immaginarli. Questa è l'euforia di una mondializzazione felice.
Appaiono le prime "internazionali": quella dei lavoratori voluta da Marx nel 1864; l'Unione internazionale delle telecomunicazioni nel 1865; i primi giochi olimpici dell' era moderna nel 1896. In Occidente, la pace sembra assicurata perché rappresenta la condizione del progresso. La ricchezza prodotta in Europa supera per la prima volta quella prodotta in Asia. E le potenze europee continuano a sfruttare le loro colonie in nome di quella che chiamano civilizzazione.
All'inizio del XX secolo, una nuova crisi economica, poi politica, questa volta transatlantica, porta al protezionismo e a un conflitto per la prima volta "mondiale".
Di nuovo, francesi e tedeschi, rivali storici nell'impero dominante, si distruggono gli uni con gli altri, lasciando che un terzo incomodo, che si è mantenuto ai margini del conflitto, gli Stati Uniti, prenda il potere: il "cuore" lascia Londra e attraversa l'Atlantico per installarsi a Boston.
Una guerra mondiale, implacabili dittature e odiose ideologie invadono allora la terra. E anch' esse ne rivendicano il completo controllo.
Falliscono due tentativi di governo mondiale - ciascuno concepito dopo un conflitto e non per evitarlo la Società delle Nazioni e l'onu. La prima impotente davanti al nazismo, la seconda depotenziata dalla guerra fredda.
Dopo il 1945, due "cuori" sostituiscono Boston: prima New York, poi la California. Il dollaro prende il posto della sterlina. La coppia antagonista americano-sovietica domina il mondo. Per la prima volta, con l'arma nucleare, l'umanità ha i mezzi per suicidarsi e comincia a rendersi conto della scarsità delle sue risorse.
Nel 1989, dopo l'esplosione del blocco dell'Est, il potere è saldamente nelle mani degli Stati Uniti. 0, in ogni caso, essi credono che sia così. Si tratta, secondo loro, del "nuovo ordine mondiale".
Poi, come alla fine del XIX secolo, un ottimismo mondialista si impadronisce del pianeta; i continenti si aprono e si uniscono; i mercati diventano globali; alcune imprese assumono una dimensione plarietaria; nuove tecnologie, come Internet, riducono ancora il costo e il tempo necessari per far percorrere lunghe distanze alle persone, alle cose e alle idee. I valori dell'Occidente, primo fra tutti la libertà individuale, con le sue due incarnazioni, il mercato e la democrazia, diventano rivendicazioni universali, molto recentemente anche in Tunisia e in Egitto. Il mondo sembra uniformarsi, distruggendo le differenze culturali. In Asia, in America Latina, nell'Europa dell'Est e nel mondo arabo una parte dei poveri accede alla classe media. Numerose istituzioni internazionali, pubbliche e private, formali e informali, sembrano gestire tutti i problemi tecnici, politici, economici, culturali, sociali del pianeta; esse formano una sorta di amministrazione del mondo, multipla e disarticolata: per non parlare ancora di "governo", si parla di governance.
Oggi, i circa duecento capi di Stato possono andare ogni anno a quattromila conferenze organizzate per loro, contro una media di due all'anno nel XIX secolo. E ogni anno si contano più Stati e più conferenze.
Tuttavia, ancora una volta, niente da fare, tutto si spezza: una grave crisi economica mondiale sembra per molto tempo fuori controllo; le istituzioni internazionali, di ogni tipo, sono molto deboli; il loro impatto, su qualsiasi problematica, supera raramente lo 0,5 per cento di quello dei governi. I mercati diventano globali senza che si instaurino regole generali di diritto, e ancor meno una democrazia planetaria. Gli Stati più potenti possono assicurare al meglio il rispetto del diritto solo sul proprio territorio, lasciando incontrollati degli spazi dove potrà essere facilmente aggirato.
Gli Stati Uniti si indeboliscono senza che alcun paese sia nella situazione di prendere il loro posto alla guida degli affari mondiali; le più antiche nazioni si sfaldano; decine di Stati non trovano il modo di difendere la propria identità e di assicurare alloro interno un minimo di solidarietà in favore dei più deboli; Intere regioni diventano zone senza diritti; la finanza, le assicurazioni e le destinazioni a fini illeciti prendono ovunque il sopravvento a scapito dell'economia reale e dell'interesse generale; le valute sono instabili; si accentuano le disuguaglianze; aumentano le migrazioni; l'ambiente è sempre più degradato; manca l'acqua; proliferano i mezzi nucleari, biologici, chimici, genetici per distruggere l'umanità; si moltiplicano i rischi sistemici. Infine, catastrofi di ogni natura, come quella verificatasi nel marzo 2011 in Giappone con il terremoto, lo tsunami e il disastro nucleare, ci ricordano che siamo alla mercé dei flagelli naturali con conseguenze planetarie.
Oggi siamo a questo punto, trascinati da una forte crescita mondiale oppure sull' orlo del caos. La nostra concezione del futuro e del modo in cui potrebbe - dovrebbe o non dovrebbe - essere indirizzato sarà in grande misura conseguente a questa lunga storia.
Quale potrà essere la nuova superpotenza di domani? Chi potrà disporre di tutti i mezzi economici, militari, finanziari, demografici, culturali, ideologici per governare il mondo? Chi potrà averne voglia? Potremo di nuovo pronosticare, come molti fecero negli anni Settanta, la scomparsa degli Stati Uniti? E, questa volta, a vantaggio di chi? Chi potrà indirizzare le dinamiche planetarie di domani? In che cosa la storia degli ultimi tre millenni ci può aiutare per rispondere a queste domande relative ai prossimi tre decenni?
Se la Storia tende a ripetersi, gli Stati Uniti resteranno per molto tempo ancora la prima potenza militare, tecnologica, finanziaria, politica e culturale del pianeta, continuando però a regredire, almeno in valori relativi.
Poi, per la decima volta, un nuovo "cuore" rimpiazzerà quello vecchio e il sistema si riorganizzerà intorno a esso. Questo "cuore" imporrà il suo governo, come hanno fatto in passato i fiamminghi, i veneziani, i genovesi, gli inglesi e gli americani. Questo "cuore" ancora non identificato sarà americano, cinese, indiano o europeo.
Ciò non vuol dire che avrà i mezzi per governare il mondo: un paese potrà dominare gli altri senza però avere la capacità di gestire le minacce di qualsiasi natura che pesano sull'umanità. Nessun paese, nessuna alleanza, nessun G20 ne avrà i mezzi.
Ma la Storia non ripeterà lo stesso scenario: nessuna potenza avrà la possibilità di assumere il controllo del mondo; nessuna potrà farsi carico di questo fardello. Gli Stati Uniti non avranno più la leadership globale. La Cina non ne avrà mai i mezzi né il desiderio di prenderne il posto. Neppure l'Europa, né il G20. Un G2 tra Cina e Stati Uniti si sostituirà progressivamente all' attuale onnipotenza di questi ultimi, senza però poterli rimpiazzare del tutto e assumere il governo del mondo. Nessuno sarà in grado di gestire i problemi sistemi ci del futuro.
Si verificherà un caos policentrico, prima di lasciare il posto a un governo generale del mercato, cioè a delle imprese onnipotenti - per la maggior parte compagnie di assicurazione -, alla scomparsa progressiva di qualsiasi Stato di diritto, a un'anarchia esplosiva, a disuguaglianze estreme, a sempre maggiori migrazioni, al rarefarsi di numerose risorse, a guerre regionali molto violente, a disordini finanziari e climatici. Nessuna delle attuali istituzioni internazionali - né l'ONU, né il G8, né il G20 - resisterà alla potenza dei mercati e alla durezza delle crisi. Niente e nessuno sarà in grado di contenere l'economia criminale, la proliferazione delle armi, i disordini ecologici e tecnologici.
Si potrà allora vedere su scala planetaria ciò che si è conosciuto su scala nazionale all'inizio del xx secolo, dopo il fallimento della prima globalizzazione: un ritorno di nazioni, rette da dittature arroccate nei propri territori, che rivendicano l'ambizione di proteggere la loro cultura o di governare il mondo. Due ideologie con questa ambizione, potenzialmente totalitarie, si stanno già annunciando: quella ecologica e quella religiosa' curiosamente rappresentate entrambe dal colore verde. Dapprima tenteranno di imporsi con la sola forza della dottrina, per poi cercare di inserirsi nell'ideologia di una nuova democrazia.
Apparentemente, nulla sembra annunciare una simile evoluzione: il mondo è nelle mani di potenti, in primo luogo degli Stati Uniti, che non hanno alcuna ragione per voler cambiare alcunché dell' ordine costituito nel 1945; e, anche se lo volessero, avrebbero sempre meno mezzi per farlo. Da parte loro, le nuove potenze - Cina, India, Brasile, Indonesia, Messico, Turchia, Sudafrica, Nigeria ecc. - rifiuteranno anch' esse la creazione di un governo sovranazionale e democratico e preferiranno rivendicare il loro diritto al governo planetario.
Pensare a un governo mondiale non è però illusorio: la Storia ha molta più immaginazione di qualsiasi romanziere.
Bisognerà senza dubbio attendere che catastrofi di ordine finanziario, ecologico: demografico, sanitario, politico, etico, culturale, come quella del Giappone nel marzo 2011, facciano capire agli uomini che i loro destini sono comuni. Essi prenderanno allora coscienza delle minacce sistemi che che hanno di fronte. Realizzeranno che il mercato non può funzionare correttamente senza uno Stato di diritto mondiale, che lo Stato di diritto non può essere applicato senza uno Stato, e che uno Stato, anche se mondiale, non può durare se non è realmente democratico. Si renderanno conto che l'umanità dispone di importanti carte da giocare per crearsi un futuro: tecnologie, competenze, risorse umane, materiali e finanziarie. Manca soltanto un' organizzazione, un governo democratico efficace.
A questo punto, si apriranno molte questioni: un tale governo democratico sovranazionale potrà esercitare un potere reale su tutto il pianeta senza lasciare che sussistano numerose zone di non-diritto? In che cosa sarà meno corrotto, meno burocratico, più efficace dei poteri attualmente in carica? Come potrà dividere in modo equo risorse sempre più rare? Sarà in grado di ridurre i rischi di conflitto planetario? Potrà tener conto degli interessi di lungo termine? È immaginabile che un tale governo riesca a. combinare la democrazia liberale americana' la socialdemocrazia europea e la capacità di pensare a lungo termine della Cina? Infine, come evitare che questa struttura sia la semplice ratificazione della nuova onnipotenza di qualcuno, nazioni o imprese, che tenta di imporre a tutti gli altri una nuova forma di totalitarismo, nel momento in cui gli ultimi popoli sottomessi si liberano dai loro dittatori?
Molti hanno riflettuto su questi problemi per secoli. Soprattutto per inventare dei meccanismi di mantenimento della pace tra le nazioni; oggi, se la guerra resta un elemento di grande rilevanza, non è più il solo: gli uomini possono distruggersi in molti altri modi oltre che con la violenza delle armi.
Esistono innumerevoli progetti di governo del mondo. Il posto occupato dagli europei in questa riflessione non deve sorprendere: da una parte, almeno otto paesi del Vecchio Continente sono stati imperi con ambizione planetaria (greci, romani, spagnoli, portoghesi, francesi, olandesi, tedeschi, inglesi); il Vaticano e gli Stati Uniti sono anch'essi ispirati dal sogno europeo mondialista; d'altra parte, tutti gli europei e gli americani avrebbero interesse a un governo mondiale che espandesse la loro influenza sul resto dell'umanità. Questa constatazione non sarà di ostacolo alla seguente riflessione: l'Europa è stata anche la culla della democrazia; non deve dunque stupirsi di essere oggi uno dei luoghi in cui è maggiore la possibilità che venga ideato un governo democratico del pianeta. Non è il solo: anche in Cina, in India e in Africa si sta lavorando sul tema.
Per definizione, il miglior governo del mondo dovrà farsi carico del pianeta e dell'umanità. Non potrà dunque essere semplicemente multilaterale. Dovrà avere una certa dimensione sovranazionale.
Per delinearlo non basterà riformare uno Stato imperfetto: non c'è da prendere una Bastiglia, non c'è da rimpiazzare un sovrano, non ci sono ministeri o palazzi nazionali da occupare. L'aereo non solo non ha il pilota, ma neppure la cabina di pilotaggio. Non si può dunque pensare a un governo di questo genere in termini di presa del potere, né che esso scivoli dentro a un apparato di potere preesistente.
Si tratta sia di una difficoltà sia di un' opportunità: un' opportunità relativamente al pensare, una difficoltà relativamente all' agire.
In un mondo ideale, dove ciascuno avrà il diritto di circolare liberamente, si potrà immaginare un governo democratico planetario. Sarà dotato di un parlamento, di partiti, di un' amministrazione, di giudici, di forze di polizia, di una banca centrale, di una moneta, di un sistema di welfare, di un'autorità delegata al disarmo e di un'altra delegata al controllo della sicurezza del nucleare civile, e di un insieme di contropoteri. Avrà soltanto il compito di tutelare gli interessi generali del pianeta, aiuterà i più deboli a proteggere la loro identità e la loro cultura e verificherà che ogni nazione, ogni regione rispetti i diritti di ogni cittadino dell'umanità, lasciando ai governi di ciascun sottoinsieme il compito di assicurare il rispetto dei diritti specifici di ciascun popolo.
Nel mondo reale un simile governo è impossibile da realizzare. Però è invece possibile realizzarne un altro, più modesto e più pragmatico, in grado di trasformare progressivamente le organizzazioni esistenti per orientarle verso il modello ideale. Per evitare il disastro, basterebbero alcune riforme, quali la fusione del G20 con il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, ponendo sotto la sua autorità tutte le organizzazioni di competenza mondiale, come il FMI e la Banca Mondiale, e sottoponendo l'insieme al controllo dell' Assemblea generale delle Nazioni Unite. Un simile trattato sta in due righe. Può essere adottato in una giornata.
Alcuni lo vivranno come un' opprimente dittatura a livello globale. È verosimile che, se votasse oggi, gran parte dell'umanità vi si opporrebbe, mentre voterebbe senza dubbio un testo generale che affermi l'unità e la solidarietà della specie umana, o che arrivi persino a reclamare la costituzione degli stati generali del mondo. È dunque da qui che bisognerà cominciare.

INDICE

Introduzione 9
I primi sovrani del mondo - p. 23 Gli dèi, primi sovrani del mondo, p. 23 - Gli uomini-dèi, p. 25
- Il governo giudeo-greco del mondo, p. 28 - Il mondo secondo Roma, p. 34 - Città degli uomini, città di Dio (I-XII secolo) - p. 39 - Il governo cattolico, cioè "universale", p. 39 - I barbari governano il mondo, p. 47 - La Umma, governo mondiale dell'islam, p. 49 - Ritorno del governo romano in una parte del mondo: il "cesaropapismo", p. 55 - Il mondo in frantumi, p. 58 - Il progetto svizzero, p. 63 - Il "governo del mondo" in Oriente, p. 64 - I primi governi mercantili del mondo (1300-1600) p. 69 - Bruges, Firenze e "la società universale del genere umano", p. 71- Tentativo di governo cinese del mondo, p. 74 - Il governo veneziano del mondo, p. 78 - Scoperta del resto del mondo, unità del mondo, p. 81 - Il governo della ragione, p. 83 - All'ombra di Carlo V, re dell'universo, p. 86 - Il futuro delle anime, p. 89 - Genova, l'ultimo governo mediterraneo del mondo, p. 91 - La fine di Genova, p. 94 - Il primo governo atlantico del mondo (1600-1815) 96

La vittoria di Arnsterdam: l'esiguità fa la forza, p. 97 - Organizzare il mare, p. 99 - Declino dei vecchi governi del mondo, p. 101 - Primo progetto di governo mondiale, p. 104 - Il diritto di circolare, p. 106 - Apogeo e declino del governo olandese del mondo, p. 108 - Il governo del nuovo mondo: l'''Impero della libertà", p. 110 - La Rivoluzione, per la nazione e per il mondo, p. 112 - Governo unico del mondo, p. 115 - Primo governo contrattuale del mondo: il Concerto europeo, p. 118


I primi governi del mondo intero (1815-1914) p. 121 - La "super Gran Bretagna", p. 122 - L'emergenza dell'utopia europea e mondiale, p. 125 - Viaggi degli studiosi: sull'unità del mondo e degli uomini, p. 131 - L'utopia Bahà'i, p. 133 - La Prima Internazionale del Lavoro, p. 134 - Le prime istituzioni internazionali informali: il sistema aureo, p. 136 - Le prime istituzioni internazionali, p. 139 - Il giro del mondo in 80 giorni e l'unità di misura del tempo, p. 143 - L'Internazionale operaia, p. 147 - Esperanto o la lingua del mondo, p. 149 - La mondializzazione della concorrenza, p. 152 - Il governo del mondo attraversa l'Atlantico, p. 156 - Lo "Stato-mondo" o la guerra, p. 158 - Grandezza e decadenza del governo americano del mondo (1914-2011) p. 164 - Primo G2: la coppia angloamericana, p. 164 - Primo governo multilaterale del mondo: la SDN, p. 168 - I sogni di un governo totalitario del mondo, p. 174 - Il secondo governo multilaterale del mondo: l'Organizzazione delle Nazioni Unite, p. 179 - Il secondo G2: Stati Uniti e URSS, p. 195 - Il Sud entra nel mondo, p. 196 - Emergenza della "governance mondiale": dal G5 al G7, p. 199 - Il "governo del mondo" si sposta dalla parte del Pacifico, p. 203 - Inizio della seconda "globalizzazione", p. 204 - Alcuni successi del governo mondiale, p. 206 - Dal G8 al G20: i cinque choc, p. 209

Il governo del mondo, oggi p. 215 - La coscienza della razza umana, p. 215 - I valori del mondo:
Occidente e Brasile, p. 223 - Il governo mondiale di oggi: il terzo G2, p. 225 - L'ordinamento del diritto mondiale: l'OMC e la giustizia penale, p. 231 - Le istanze mondiali multilaterali, p. 233 - I trattati internazionali senza interventi governativi, p. 242 - Le istanze pubbliche informali, p. 244 - Le istanze private formali, p. 248 - Le istanze mondiali informali: le ONG, p. 253 - La seccante credenza in un governo mondiale segreto, p. 257 Domani, l'anarchia del mondo - p. 260 Il decimo introvabile "cuore" del mondo, p. 261 - Il governo mondiale del mercato, p. 269 - Disordini finanziari a catena, p. 272 - Una demografia fuori controllo, p. 274 - Da un conflitto a un altro, p. 276 - La penuria di materie prime, p. 279 - La distruzione della natura, p. 281 - La distruzione della vita dovuta all'impatto di un asteroide, p. 284 - TI mondo nel 2030, p. 286 - TI doppio verde, p. 289 Un governo ideale del mondo p. 291 -Le utopie teoriche, p. 294 - TI progetto federale, p. 302 - Diritti e doveri dei cittadini del mondo, p. 304 - Complernentarietà e ingerenza, p. 306 - Un Parlamento tricamerale, p. 306 - Un esecutivo planetario, p. 309 - Un sistema giudiziario credibile, p. 311 - Gli strumenti della democrazia, p. 311 - Un sistema finanziario mondiale sotto controllo, p. 312 - Domani, il governo del mondo p. 314

Alcune riforme proposte, p. 315 - Aprire dieci cantieri, p. 320 - 1. Trarre pragmaticamente vantaggio dal processo federale d'integrazione, p. 321 - 2. Prendere coscienza della ragione d'essere dell'umanità, p. 323 - 3. Essere più attenti alle minacce, p. 324 - 4. Far rispettare il diritto internazionale esistente: un Codice mondiale, p. 327 - 5. Procedere progetto per progetto: il rninilateralismo, p. 329 - 6. Un Consiglio di governo, p. 333 - 7. Una Camera dello sviluppo sostenibile, p. 335 - 8. L'Alleanza per la democrazia, p. 336 - 9. Liberare risorse per il governo del mondo, p. 337 - 10. Gli stati generali del mondo, p. 340

Appendice 1. Gli organismi mondiali 347

Appendice 2. I trattati "universali": un progetto di Codice mondiale? 365

Bibliografia 377

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DNA E DINTORNI - Evoluzionismo e prodotti della mente


RETROCOPERTINA

Quando si parla di DNA si parla di vita e dell'uomo, sua espressione più qualificante. Per la scienza, DNA e struttura organica sono un binomio inscindibile: l'uomo è tutto nelle sue molecole. Intelletto, memoria, parola, sono aspetti preminenti della natura umana ai quali la scienza non ha saputo dare sulla loro origine una connotazione condivisa, perché allo stato attuale sfuggono alla ricerca sperimentale, se non nella loro localizzazione e configurazione cerebrale. Se è vero che l'uomo è tutto nelle sue molecole che lo strutturano su programmazione del DNA, è pur vero che i prodotti mentali devono avere qualcosa da condividere col patrimonio genetico, cioè per quelle attribuzioni che non essendo organiche, comunemente definite spirituali, rientrano nei "dintorni" del DNA.
[ ... ] Benché gli attuali strumenti a disposizione dello scienziato ci permettano di confutare l'ipotesi di Darwin, non ho, tuttavia, la presunzione che questo mio libro rappresenti la verità assoluta, ma la speranza che allontani atteggiamenti faziosi e dogmatici di sedicenti studiosi. Le critiche costruttive nell'ambito della scienza medica, l'unica competente, saranno bene accolte.
(dalla prefazione dell'autore)

PREFAZIONE

Finora l'attenzione maggiore della comunità scientifica è stata rivolta all'aspetto somatico dell'individuo, lasciando in ombra la componente mentale, la cui natura sfugge alla ricerca sperimentale, se non nei suoi effetti.
La materia è energia statica che, diventata dinamica per cause sconosciute, ha dato origine alla vita. La vita, quindi, è coesione di due aspetti qualitativi dell'energia della materia: una forma attiva, sensoriale, corporea, con figurata in un essere vivente, e una incorporea o spirituale, rappresentata dalla mente.
Quasi tutti gli studi hanno avuto per oggetto, sotto il profilo genetico, il corpo. Alla mente è stato riservato un posto di secondo piano, che ha interessato più la filosofia e la teologia che la scienza.
Questo mi ha spinto a parlarne in questo libro, non per dare una risposta alle inevase domande dalla scienza che qualcuno di noi si pone, ma per rendere plausibile quello su cui non si pronuncia la ricerca sperimentale.
Le mie sono deduzioni logiche che possono anche non essere condivise. Hanno, però, il vantaggio di scaturire da osservazioni che affondano le radici nelle mie conoscenze scientifiche di medico e non sull'osservazione empirica dei "tuttologi".
Il libro è rivolto a chi, tra la frammentazione del sapere scientifico, voglia districarsi tra il certo, l'opinabile e le mistificazioni imperanti nei media, nella carta stampata, nel mondo telematico e nella televisione, pascolo abusivo di epigoni generosamente foraggiati col pubblico denaro, solo per influire con le loro sciocchezza su chi, fiducioso, crede di accedere alla cultura a buon mercato.
I "tuttologi" ragionano ed agiscono, solo con pratici criteri opportunistici ai quali conferiscono il crisma scientifico senza la verifica sperimentale. Per loro è "scienza" la manifestazione esteriore o quello che si vuol far credere.
E il metodo tanto in voga presso i popoli anglosassoni, tra i quali si distinguono gli statunitensi, tanto all'avanguardia in una tecnologia senz'anima, istintiva, che nulla dice al sentimento, quanto grossolani e incolti in cultura classica e umanistica.
La diffusa imposizione di questa naturale immagine ideologica da per sé vincente nel suo contenuto materialistico del profitto incondizionato, relega nel mondo dei folli chi osa metterla in discussione. Si elimina la pluralità di pensiero e, nel caso specifico della nostra origine, si misconoscono le prerogative umane, per imporre un modello unico di scimmia raziocinante, prodotto di un comunitarismo progettuale evolutivo per selezione naturale in cui l'umano, coerentemente alla configurazione darwiniana, differisce dagli altri per gradualità e non per connaturali, intrinseche qualità di specie.

Scrive il medico genetista Renato Dulbecco, Nobel per la Medicina:
Molti eventi sono dati per scontati senza una prova diretta. Per la mancanza di prove decisive si potrebbe sostenere che il concetto di evoluzione è astratto, teorico, forse frutto dell'immaginazione.

Di fronte alle attuali testimonianze scientifiche, tuttavia, anche i più noti evoluzionisti, ammettono, per correttezza, la fragilità del darwinismo.
Il genetista evoluzionista Luigi Luca Cavalli Sforza della Stanford University School of Medicine, Department of Genetic, Usa, scrive:

La selezione naturale non ha niente da vedere con l'interpretazione dello stesso Darwin o dei neodarwinisti. Quando voi sostenete che tutto è dovuto alla selezione naturale, in molti casi non vi è nessuna prova inconfutabile di un processo evolutivo. Vi sono stati tentativi di dimostrare che la mutazione non è sempre causale, ma tende ad essere adattativa, ma ciò non è stato ancora provato nonostante numerosi tentativi.

Afferma Roberto Cafiso, medico-psicologo:

Prestigiatori del sapere imbastiscono, irretiscono, manipolano. Soprattutto congetturano e vendono con fare sacerdotale le loro ricette di vita spacciandole per la vera verità. Cionondimeno hanno proseliti nel gregge dei confusi, e i profughi dell'esistenza, in coloro che, disorientati cercano ad oltranza centri di gravità stabili. Sono gli assetati di certezze che si accontentano anche di illusioni, purché accreditate dall'enfasi di un imbonitore che come un mago le dispensa saziando un po' la loro ansia conoscitiva ed esistenziale.

Per dissertare su un determinato argomento è necessaria una solida e specifica base generica e specialistica, ignorata da questi saprofiti del sapere. Se si parla di evoluzionismo in cui sono coinvolti aspetti totalizzanti della disciplina medica, è competenza del medico la disanima scientifica che, condotta con rigore e logica sperimentale per conoscenza completa del corpo umano nei suoi aspetti normali e patologici, gli consente di esprimere con autorevolezza il proprio parere, per cui la presunzione dell'onniscienza dei "tuttologi", pedissequi discepoli dell'esasperato e parcellizzato empirismo anglo-sassone, alla fine si rivela competenza in nulla.

DNA e dintorni. Evoluzionismo e prodotti della mente ho intitolato il libro.

Quando si parla di DNA si parla di vita e dell'uomo, sua espressione più qualificante. Per la scienza, DNA e struttura organica sono un binomio inscindibile: l'uomo è tutto nelle sue molecole. Intelletto, memoria, parola, sono aspetti preminenti della natura umana ai quali la scienza non ha saputo dare sulla loro origine una connotazione condivisa, perché allo stato attuale sfuggono alla ricerca sperimentale, se non nella loro localizzazione e configurazione cerebrale. Se è vero che l'uomo è tutto nelle sue molecole che lo strutturano su programmazione del DNA, è pur vero che i prodotti mentali devono avere qualcosa da condividere col patrimonio genetico, cioè per quelle attribuzioni che non essendo organiche, comunemente definite spirituali, rientrano nei "dintorni" del DNA.

Questo aspetto permette due diverse opinioni: una localistica per la quale nulla è concepito al di fuori del nostro cervello, ma, per il fatto che non offre spunti sperimentali, apre le porte alla seconda, definita trascendentale perché valica i limiti della nostra conoscenza. E un punto di vista recepito per fede, intesa non come intima convinzione o che si fonda sull'autorevolezza altrui, ma come risultato di un attestato razionale logico, coerente e consequenziale, che, in assenza di altri riscontri di pari valori, può essere condiviso, o considerato plausibile.
Discutere su tali argomenti senza avere una conoscenza sommaria sul DNA, comporterebbe ignorare l'aspetto unitario della nostra essenza in spirito e materia.
Il DNA, per gli incompetenti, richiama Darwin nella componente fisica del nostro corpo. Siccome spirito e materia sono una realtà unitaria essenzialmente identica, non si può parlare di spirito senza alcune premesse conoscitive sulla materia organica, di cui, secondo i neodarwinisti, lo spirito sarebbe un epifenomeno. Questo aspetto mi ha spinto ad accennare, nei primi capitoli, alle attuali conoscenze scientifiche in contrapposizione a quelle empiriche evoluzionistiche, in modo da chiarire la correlazione tra la nostra struttura fisica e i prodotti della mente.

Se è vero che la vita si esprime attraverso leggi inequivocabilmente costanti, se è vero che il DNA è sempre stato DNA anche prima che l'uomo ne prendesse coscienza, è anche vero che essa può manifestarsi in modi diversi in relazione agli strumenti a disposizione dello Scienziato. (Ida Pucci Minafra, già Professore Ordinario d'Istologia ed Embriologia all'Università di Palermo)

Benché gli attuali strumenti a disposizione dello scienziato ci permettano di confutare l'ipotesi di Darwin, non ho, tuttavia, la presunzione che questo mio libro rappresenti la verità assoluta, ma la speranza che allontani atteggiamenti faziosi e dogmatici di sedicenti studiosi. Le critiche costruttive nell'ambito della scienza medica, l'unica competente, saranno bene accolte.

CAPITOLO I (le prime 2 pagine)
DNA
È la più grande molecola complessa del nostro organismo, costituita da acido desossiribosio, fosforo e da una base azotata scelta tra le quattro, denominate Adenina, Citosina, Guanina, e Timina, Il suo compito consiste nel trasmettere agli eredi le caratteristiche genetiche dell'organismo originario.
Il prodotto finale prende nome di acido desossiribonucleico (nucleico perché si trova nel nucleo cellulare di ogni organismo vivente), conosciuto con l'acronimo DNA.
La basi azotate sono responsabili dell'informazione genetica; le altre molecole hanno funzione strutturale. Quindi, in riferimento alla base prescelta, abbiamo quattro molecole di DNA, ognuna con caratteristiche genetiche diverse.
Quando parliamo di base o nucleotide intendiamo riferirei ad una molecola di DNA, che, in effetti, è una sequenza di polinucleotidi, costituita cioè dalla somma di diversi nucleotidi che servono a caratterizzare e a distinguere il DNA da un altro: il numero di molecole diverse di acidi nucleici in sequenze codificanti per un carattere che così possono esistere è praticamente infinito, com'è praticamente infinito il numero di molecole proteiche che possiamo immaginare.
Il DNA si costituisce in tutti gli organismi viventi in unità corpuscolati, denominati cromosomi, localizzati nel nucleo di tutte le cellule.

Ogni specie presenta un numero costante di cromosomi, che si ricostituisce ad ogni generazione. Ogni cromosoma ha una sua morfologia rigidamente costante. Ogni piccola alterazione eromosomica (le cosiddette mutazioni, fondamenta su cui è costruita l'ipotesi evoluzionistica di Darwin e dei suoi seguaci) può portare conseguenze spesso drammatiche alla cellula e a tutte quelle che da essa deriva.
(Ida Pucci Minafra, Istologia, voL I, p. 178).

Il loro numero varia nelle diverse specie: nella nostra sono 46 disposti a coppia lungo una struttura lineare a doppia elica avvolta attorno ad un sostegno proteico, denominato istone: un'elica d'origine materna e l'altra d'origine paterna, in modo che ad un cromosoma paterno ne corrisponda di fronte uno materno, per un totale di 23 coppie. I due cromosomi posti l'uno di fronte all'altro, costituiscono una coppia di cromosomi omologhi.
I cromosomi sono suddivisi in tratti denominati geni che indicano l'entità ereditaria che trasmette ai figli i caratteri (forma e struttura del corpo).
I geni si esprimono mediante loro parti circoscritte denominate alleli ai quali è devoluto il compito di codificare per il singolo carattere, in base alle leggi di Mendel (cfr. cap. X, alla voce Si nasce intelligenti).
L'aspetto visibile corporeo, configura il fenotipo, in osservanza a quanto previsto e programmato nel DNA (genotipo).

La dinamica dell'espressione genica

La dinamica genica consiste nel mettere in atto il complesso delle direttive programmate nel genotipo per esprimere il fenotipo. In parole semplici, attivare l'intervento dei geni per dare corpo ad un organismo, mediante il controllo della sintesi delle proteine.
L'organismo appartenente alla stessa specie è un complesso unitario chimicamente omogeneo, costituito dalle stesse proteine, per cui il codice d'informazione deve essere contenuto nello stesso DNA.
Poiché il DNA ha il compito di trasmettere inalterata l'informazione genetica originaria e necessariamente deve potersi trasmettere immutato alle cellule figlie, si duplica in molecole identiche nelle varie generazioni di una stessa specie. Quindi, quanto maggiore è la diversità proteica fra due specie, tanto maggiore sarà la diversità del DNA da cui derivano.
La funzione principale del DNA è quella di essere il responsabile della sintesi delle proteine che caratterizzano...(continua)

INDICE

Prefazione

Capitolo I
DNA
La dinamica dell'espressione genica
Stabilità dinamica del DNA
DNA computer umano unico e irripetibile

Capitolo II
Risposta alle obiezioni degli evoluzionisti
Differenziazione non è uguale ad evoluzione
Relazione tra causa ed effetto
I trasposoni
La specie
Differenze organolettiche della carne
Specificità proteica della conduzione degli stimoli elettromagnetici
Diversità delle specie e calcolo matematico
La vita: proprietà dinamiche e strutturali dell'atomo

Capitolo III
L'autocoscienza
Stabilità dinamica della cellula
Ovocita fecondato, prima cellula staminale
L'autocoscienZf1 garantita dal neurone
La coscienza

Capitolo IV
L'uomo copia imperfetta della donna?
La risposta della genetica
Danvinismo e capitalismo

Capitolo V
Materia e spirito
Universi paralleli. La forza oscura

Origine dell'atomo
Formulazione della materia matematicamente programmata
La materia, aspetto qualitativo dell'energza elettromagnetica
Dominio dei poteri forti

Capitolo VI
Chi siamo
Ritorno a scuola
Il ruolo dei Normanni
Collocazione della Sicilta nel contesto nazionale
Primato culturale dell'Italta centro-meridionale

Capitolo VII
L'abitudine
Omeostasi e ciclo circadiano
EsterioriZiflifone dell'abitudine
Divagazione

Capitolo VIII
L'istinto
Psicodinamica dell'istinto
Conflitti emotivi e stimmate
Sensazione e percezione

Capitolo IX
L'emozione
Controllo dell'espressività emotiva
Risposta genetica e ormonale allo stress
Organizzazione degli istinti e degli stati emotivi

Capitolo X
L'intelletto
Natura dell'intelletto o intelligenza
Significato funzionale dei centri cerebrali
Ruolo della sostansp. bianca
L'energia oscura del cervello
Volume del cervello, intelligenza, ricordi genetici ed epigenetici
Intelletto qualità dell'energia elettromagnetica
Vita, intelletto e onde elettromagnetiche

Cablatura della rete neuronale e sue connessioni
L'Universo, la materia, la forza forte e la forza debole
Indice di cefalizzazione e universalità del conoscere
DNA e intelligenza
Si nasce intelligenti

Capitolo XI
Furore messianico dei seguaci di Darwin

Capitolo XII
La memoria
Sede della memoria
I diversi aspetti della memoria
Memoria primaria, secondaria e te'ifaria
Ruolo dell'apprendimento e della rete neuronale

Capitolo XIII
La cultura

Capitolo XIV
La parola
Parola e trascendente
DNA e trascendenza
Evoluzionismo e trascendenza
Organizzazione del linguaggio
Apprendimento del linguaggio

Capitolo XV
La dottrina filosofica e teologica della creazione
Considerazioni finali

Bibliografia

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DIZIONARIO ITALIANO-PUNJABI a cura di HARJINDER HIRA

RETROCOPERTINA

Il linguaggio è uno dei più preziosi tesori dell'umanità; e grazie ad esso ci possiamo distinguere dagli esseri appartenenti al mondo e animale ed è proprio il nostro modo di comunicare che ci permette di imparare e trasmettere attraverso le generazioni i tesori della conoscenza, della cultura religiosa, della politica e della morale... Cominciando dal Punjabi, possiamo esordire dicendo che intorno al 2500 a.C. circa, popolazioni indoeuropee, originarie del Mar Caspio, nonché delle steppe asiatiche, invasero l'Hindustn (India), spingendosi fino a Punjab e portandosi dietro la loro lingua, dalla quale discende il sanscrito antico, la lingua dei Veda; il sanscrito, straordinaria lingua letteraria dell'antichità, è una delle prime lingue d'arte della storia, il termine significa "perfetto e grammaticalmente compiuto", ad indicare la perfezione formale raggiunta da questa importantissima antica lingua. I primi libri sacri dell'induismo furono scritti, proprio sulle sponde dei fiumi del Punjab, in tale lingua da questo popolo di stirpe linguistica indoeuropea, ed in essi si trovano i primi accenni della storia del paese...

INTRODUZIONE

Il linguaggio è uno dei più preziosi tesori dell'umanità; è grazie ad esso che ci possiamo distinguere dagli esseri appartenenti al mondo animale ed è proprio il nostro modo di comunicare che ci permette di imparare e trasmettere attraverso le generazioni i tesori della conoscenza, della cultura religiosa, della politica e della morale. È di vitale importanza, quindi, quando ci troviamo in un paese straniero, riuscire a capire e comunicare bene nella lingua locale. Purtroppo negli ultimi decenni, molte persone di lingua punjabi giunte in italia, spesso si sono trovate a fronteggiare spinosi problemi a livello linguistico; anche a causa della scarsa disponibilità di libri per imparare l'italiano a partire dalla loro lingua. Il presente vocabolario, quindi, intende fornire ai lettori, in una forma la più scorrevole possibile e in una veste grafica snella, una valida guida all'interno di due lingue che, seppur distanti fra loro, appartengono alla grande famiglia delle lingue indoeuropee, e a scopo puramente informativo spenderemo in questa introduzione qualche rigo sul loro sviluppo e sulla loro storia. Fino ad oggi, infatti, non esisteva alcun dizionario che mettesse in contatto queste due lingue tanto diverse, quanto accomunate dalle stesse radici.
Cominciando dal Punjabi, possiamo esordire dicendo che intorno al 2500 a.c. circa, popolazioni indoeuropee, originarie del mar Caspio, nonché delle steppe asiatiche, invasero l'Hindustan (India), spingendosi fino al Punjab e portandosi dietro la loro lingua, dalla quale discende il sanscrito antico, la lingua dei Veda; il sanscrito, straordinaria lingua letteraria dell'antichità, è una delle prime lingue d'arte della storia, il termine significa "perfetto e grammaticalmente compiuto", ad indicare la perfezione formale raggiunta da questa importantissima antica lingua. I primi libri sacri dell'Induismo furono scritti, proprio sulle sponde dei fiumi del Punjab, in tale lingua da questo popolo di stirpe linguistica indoeuropea, ed in essi si trovano i primi accenni alla storia del paese.
La lingua sanscrita si suddivideva oltreché in sanscrito vedico, la lingua dei Rigveda, Yajurveda ecc., anche in s. ieratico, ossia quello della lingua s. esegetica dei Brahmana, Upanishad ecc., e quello dei grandi poemi epici, come Mahabharata e Ramayana, nonché quello classico o sanscrito per eccellenza, ovvero quello degli antichi grammatici indiani, come il celebre Panini.
Il Punjabi, come lingua, è dunque diretto discendente di questa antica forma di sanscrito, così come anche altre lingue indiane: il sindi, l'hindi, il gujrati, il mahrati, l'uria, il bhanqali..ecc.
In seguito queste stesse popolazioni indoeuropee si spostarono successivamente anche verso ovest, portando la loro lingua anche nelle regioni europee, dando così luogo alla grande famiglia delle lingue indoeuropee, antiche e moderne, quali le lingue germaniche, quelle neolatine o romanze (discendenti dal latino), le lingue baltiche, slave, oltreché, naturalmente, il greco e il latino.
Riguardo alla Lingua Italiana, essa è in sostanza l'evoluzione di una delle più conosciute ed affermate lingue di cultura dell'antichità in occidente: il Latino.
Quando nella tarda antichità il latino, quello letterario, stava perdendo la sua spinta propulsiva, come motore di tutte le attività intellettuali del tempo, assieme al corrispondente decadimento socio-culturale dell'Impero Romano, cominciarono progressivamente ad emergere i vari "volgari" della penisola italica, che fino a quel momento avevano
costituito una sorta di sostrato linguistico, sopito sotto il peso della lingua dominante.
A mano a mano che cresceva la distanza tra la lingua letteraria (il latino) e quella d'uso (ossia il volgare), parlata da chiunque, dotto o popolano che fosse, i "volgari" della varie aree della penisola premevano prepotentemente.
La frattura definitiva si ebbe durante il Sacro Romano Impero, quando Carlo Magno, nell'intento di rivalutare la lingua latina letteraria, fece istituire le scholae palatinae, dove veniva insegnato il latino classico, secondo i rigidi canoni fissati per sempre dalla prosa del più grande oratore latino, Cicerone, e dalla poesia di Virgilio. Tale evento
segnò il definitivo distacco tra una lingua ufficiale (perché pur sempre ancora utilizzata in vari ambiti, giuridico, letterario, scientifico, filosofico ecc.), e una lingua popolare, la sola che consentiva a tutti gli strati della popolazione di comprendersi vicendevolmente, almeno in una determinata area della penisola italiana.
Un altro evento, in ambito europeo, che sancì tale frattura, fu l'Editto di Strasburgo, un trattato volto a definire nuovi assetti geo - politici in Europa, sottoscritto dai figli di Carlo Magno e redatto in due lingue, il germanico e il francese, diverse dal latino, con l'utilizzo delle quali i due distinti eserciti, presenti alla cerimonia, poterono comprendere che cosa dicessero i rispettivi sovrani.
Da allora, i vari "volgari", europei e italiani, si andarono sempre più affermando, dimostrando una sempre maggiore maturità stilistica, sintattica e morfologica, e una maggiore adattabilità ai continui mutamenti fonetici del parlato.
Fino a quando, in Italia, un poeta e scrittore fiorentino, Dante AIighieri, nato nella seconda metà del '200, compose un'opera letteraria destinata a rimanere nella storia: un monumentale poema, frutto di tutte le sue riflessioni di ordine religioso, filosofico, scientifico e letterario. Egli diede a quest'opera il nome di "Commedia" , ma tutto il mondo ormai conosce la "Divina Commedia", titolo attribuito poi, pare, da un altro grande italiano, Giovanni Boccaccio, quasi contemporaneo di Dante.
Mai nulla era stato scritto in uno stile così bello e sublime prima di allora in Italia. Così, sin da quel momento, il fiorentino fu riconosciuto unanimemente quale modello assoluto della Lingua Letteraria Italiana, anche grazie al fatto che in questo volgare si cimentarono poi altri due grandi poeti e scrittori toscani: il già citato Boccaccio e Francesco Petrarca, costituendo così assieme a Dante, le cosiddette Tre Corone.
Da quel momento in poi, non sarebbero più sussistiti i "volgari" italiani, tutti fino ad allora su un piano paritario, ma sarebbero rimasti i vari "dialetti" italiani, e un volgare, il fiorentino, che fra tutti sarebbe emerso ed assurto a dignità di lingua letteraria e nazionale. Ma quando tutto ciò sarebbe accaduto? Perché l'Italiano, come lo conosciamo, si affermasse a livello nazionale, sarebbero dovuti trascorrere vari secoli, durante i quali vari studiosi avrebbero posto, ognuno secondo la propria opinione, la cosiddetta 'questione della lingua'. L'annosa 'questione della lingua' ebbe fine, nella prima metà deIl'800, ad opera di un grande scrittore milanese, Alessandro Manzoni che, con il suo celeberrimo romanzo "I Promessi Sposi", tutt'oggi letto e studiato nelle scuole italiane, consentì la diffusione della Lingua Italiana su scala nazionale, assumendo come modello il fiorentino illustre, - epurato di fenomeni fonetici e sintattico-grammaticali di tipo dialettale, - e contemperando così le necessità letterarie con quelle di comprensione da parte del vasto pubblico italiano. Tale opera, infatti, ben si inseriva, come indispensabile collante sociale, nel tessuto storico-culturale dell'Italia dell'800, proprio nel periodo che l'avrebbe vista liberarsi dal giogo straniero e raggiungere così la tanto agognata Unità politica.
Quella della Lingua Italiana è una storia straordinaria, un lungo cammino che ha visto il Latino evolversi fino a diventare la Lingua per eccellenza della Poesia, del Canto e della Musica, in Europa e nel mondo: l'Italiano.
Fatte tali premesse introduttive inerenti alla storia di queste due straordinarie lingue, non resta altro che augurare al lettore un buon lavoro ed uso di quest'opera, nella speranza che essa possa costituire uno strumento efficace per muoversi agilmente, soprattutto nel quotidiano, nel lessico di base della lingua italiana. Harjinder Hira

INDICE

Lettera A Pag. 17
Lettera B » 41
Lettera C » 51
Lettera D » 78
Lettera E » 93
Lettera F » 102
Lettera G » 113
Lettera H » 122
Lettera I » 123
Lettera J » 145
Lettera K » 146
Lettera L » 147
Lettera M » 156
Lettera N » 170
Lettera O » 176
Lettera P » 183
Lettera Q » 207
Lettera R » 210
Lettera S » 228
Lettera T » 263
Lettera U » 276
Lettera V » 280
Lettera W » 289
Lettera X » 290
Lettera y » 291
Lettera Z » 292

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